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L'intuizione di Paolo
from Artemedica n.11
di Paulette Prouse
Per meglio comprendere le tensioni religiose che oggi tengono spesso il mondo col fiato in sospeso, occorre fare qualche riflessione di carattere storico, analizzando l'esperienza di Paolo, pioniere di una nuova coscienza, il quale aveva certamente intuito la grande potenzialità di cambiamento necessaria per un rapporto di fratellanza col Cristo.
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Le tre grandi religioni monoteistiche, l’Islam, l’Ebraismo e il Cristianesimo, hanno molte cose in comune, almeno nelle loro forme ufficiali. Sono tutte e tre legate alla Legge, all’autorità e quindi alla sottomissione, e di conseguenza sono poco tolleranti nei confronti di chi è diverso; si interessano spesso di politica e ciò è comprensibile perché la Legge ha bisogno di potere per farsi rispettare. A prescindere dal fatto che in queste culture sono esistite da sempre correnti più o meno sotterranee e molte volte perseguitate. Attualmente la più fondamentalista tra queste religioni è indubbiamente l’Islam, con un rapporto di “schiavitù” con la divinità: quando pregano i Mussulmani sono sempre accovacciati per terra con la fronte nella polvere e le donne non si devono mostrare. Ma anche il Cristianesimo ha alle spalle pagine molto tristi. E non è solo l’inquisizione spagnola; in tutta Europa, fino a relativamente poco tempo fa, si è praticata la caccia alle streghe: quando ci si voleva sbarazzare di qualcuno, soprattutto di una donna, bastava accusarlo di stregoneria, per torturarlo fino a estorcergli una confessione e bruciarlo vivo sulla pubblica piazza. L’Ebraismo è un capitolo a se stante. Gli Ebrei continuano a sposarsi prevalentemente fra loro e ciò li mantiene in una situazione di drammatica consanguineità, completamente fuori dal tempo, che non può che portare a gravi disagi psicologici e, soprattutto, al rifiuto degli altri, anche perché, contrariamente alle altre religioni, l’Ebraismo non fa proselitismo per non contaminare il proprio sangue. Naturalmente ci sono sempre delle eccezioni e si spera che, col tempo, i matrimoni misti saranno sempre più frequenti.
Le religioni della Legge Ma veniamo al punto centrale, ovvero l’esperienza di Paolo sulla via di Damasco. Sarebbe stato logico pensare che Paolo, dopo quella esperienza, si recasse direttamente a Gerusalemme da Pietro e gli altri apostoli, ma lo fece solo tre anni dopo. Prima di impegnarsi concretamente aveva bisogno di un periodo di riflessione e perciò andò nel deserto arabico. Cosa aveva di così importante da fare, proprio lì nel deserto?
Andò al Sinai per trovare il genio di Mosè e riceverne l’ispirazione di come compiere la sua missione: è come se volesse prendere il testimone dalle mani stesse di Mosè e portarlo avanti verso una nuova era. Non va dimenticato che Paolo era formato alla severa scuola dei Farisei, nella quale si era conquistato grande prestigio, divenendo persino membro del Sinedrio. Oltre a essere scuole dove si studiavano i testi sacri, questi luoghi erano anche importanti centri di misteri in cui venivano praticati esercizi iniziatici che hanno portato Paolo a percepire la discesa del Messia verso la Terra. Ma i Farisei avevano un concetto sbagliato del ruolo del Messia e della sua intima natura. Era un errore molto diffuso, che ancora oggi non è del tutto superato. Anche Giuda fu vittima di questo errore. Emil Bock fa il parallelo fra il movimento dei Farisei e quello dei Gesuiti, i quali, parlando del Cristo Re, dimostrano anche loro di non avere compreso la vera missione di Cristo. Sono anch’essi uomini di cultura, che hanno una grande disciplina e percorrono una via iniziatica che sviluppa molta volontà portando a una sorta di sottomissione alle severe regole dell’ordine, ossia a una Legge. Non mi permetterei di giudicare il gesuitismo o la massoneria - Steiner ha sempre messo in luce un legame tra i due movimenti a partire da una certa data - perché sono convinta che esistano fra questi molte persone eccezionali, piene di buone intenzioni, ma è probabile che in cima alla piramide ci siano alcune personalità che non agiscono in favore di una sana evoluzione, altrimenti non esigerebbero un’assoluta ubbidienza. In tutti i movimenti spirituali c’è il pericolo di un’eccessiva sapienza teorica, non sempre ben digerita, che porta a una forma di superbia che impedisce un sano rapporto con gli altri. Non per niente Rudolf Steiner ha raccomandato che si faccia un passo nella conoscenza e tre nella morale; e parlando di morale non intendeva certamente ricordare di non rubare e di non ammazzare, questo lo sappiamo tutti, ma si riferiva soprattutto all’elemento sociale che in genere vuol dire riconoscere e rispettare gli altri.
Gli anni nel deserto Ma torniamo a Paolo, che nel deserto arabico non è solo stato sulle tracce di Mosè, ma ha anche passato un certo tempo presso i misteri Ismaeliti, di cui molto è fluito nell’Ebraismo. E quindi abbiamo di nuovo un’analogia fra Paolo e Mosè che, dopo la fuga dall’Egitto, era rimasto con il suo popolo per 40 anni nel deserto. Cosa ha trattenuto gli Ebrei per tutto questo tempo nel deserto? La Terra Promessa non era poi così lontana! Il popolo d’Israele ha incontrato i misteri di Ismael di cui ha accolto molti aspetti, e Mosè ha incontrato Jetro, una grande guida dei misteri Ismaeliti che lo aiutò a conquistarsi una nuova forza di pensiero che ha sede nel chakra della fronte (simboleggiato dalle famose corna di Mosè). In seguito a questo incontro, l’Ebraismo era diventata sempre più una religione della morale, completamente disgiunta dalla natura; era molto cambiata rispetto all’epoca
dei patriarchi, epoca in cui la natura non veniva rinnegata e l’Ebraismo non era molto dissimile dalla religiosità delle tribù pagane. Ma attenzione a non confondere i misteri di Ismael, che era la matrice dell’Arabismo, con l’Islam che nacque parecchi secoli dopo e aveva la missione di smussare, con la passionalità, l’eccessivo intellettualismo della corrente ismaelita, portatrice di un intelletto prematuro che avrebbe danneggiato una sana evoluzione dell’umanità. Era un passo troppo lungo, occorrevano passi più modesti (klein aber mein, dicono i tedeschi, ossia: piccolo ma mio). Possiamo essere grati all’antroposofia che ci offre una così grandiosa visione storica: che nonostante la torre di Babele, ogni confessione, ogni gruppo etnico, ogni lingua forma ciascuno un frammento di questo splendido mosaico che è la storia dell’umanità. Ma chiunque avesse voluto tornare alle origini del Giudaismo per purificarlo avrebbe dovuto ripetere l’espulsione di Hagar e del suo figlio Ismael, perché la legge accolta da loro ha fatto il suo tempo. All’orizzonte si era levato il Sole della libertà che è incompatibile con un legame di servitù, perché un’autorità interiore, individuale doveva prendere il posto della servitù.
Tutti conosciamo la storia terribile di Abramo che ha avuto un figlio dalla schiava egiziana di nome Hagar, che in Arabo vuol dire Sinai. È dunque una storia allegorica
Caravaggio, La Conversione di San Paolo sulla via di Damasco di una realtà evolutiva che passa come un filo rosso dall’antichità più remota fino ad oggi. E oggi forma un ascesso che ha bisogno di scoppiare. La corrente ismaelita si distinse da quella ebraica di Isacco per un più rapido sviluppo dell’intelletto, mantenendo però un carattere volitivo e indomabile. È un aspetto che doveva essere eliminato dalla corrente di Isacco per essere riassorbito più tardi attraverso Mosè, non appena il popolo ebraico avesse sviluppato le forze per accoglierlo. Per questo ci sono voluti 40 anni nel deserto. Era una tappa necessaria per poter sviluppare, in un lontano futuro, un pensiero permeato dallo spirito, un Io libero.
Il compito di Paolo: dalla Legge alla libertà La Legge era un passaggio obbligato, ma guai a non superarla. Paolo aveva il compito di portare l’uomo dalla Legge alla libertà che fa dell’uomo un fratello di Cristo e non un servo di Dio.
Anche gli uomini di oggi si trovano in una situazione di svolta paragonabile a quella di Paolo; per l’umanità intera è giunta l’ora di Damasco a causa di una nuova situazione dovuta a un allentamento delle varie parti costitutive dell’uomo. Si stanno creando nuove opportunità, soprattutto attraverso gravi crisi esistenziali. Una grande fragilità, un senso di impotenza e un rapporto alterato col tempo. Paura e fretta sono due parole chiave per l’uomo di oggi. Ricordiamoci che nella Scienza dello spirito viene detto che Mosè era per l’uomo occidentale il Signore del Karma fino a un certo momento della storia e, successivamente, il compito di gestire il karma degli uomini passa nelle mani di Cristo con un rapporto squisitamente personale in un “tu per tu” col singolo uomo. Diventa chiaro che il ruolo di Paolo, il primo uomo ad avere l’esperienza del Cristo eterico, diventa un ruolo chiave del passaggio verso questa nuova coscienza.
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