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Stress e malattie
from Artemedica n.11
Stress e malattie Come far fronte allo stress e prevenire le malattie
Intervista a Frank Meyer di Christoph Moeldner tratto da Info3, luglio 2008
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Lo stress è la maggior causa delle malattie fisiche e psichiche. Disturbi del sonno, paure, palpitazioni, problemi digestivi fino a serie malattie cardiovascolari, psicosomatiche o anche il cancro sono spesso riconducibili allo stress. In questa intervista il dottor Frank Meyer ci parla delle possibili cure naturali delle malattie da stress. (1).
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Cosa è lo stress e come agisce sull’uomo?
Eckhart Toll, nel suo bestseller Adesso! La forza del presente ha dato una definizione molto acuta: “lo stress sorge quando tu sei ‘qui’, ma vuoi essere là, quando sei nel presente, ma vuoi essere nel futuro”. Ciò significa che ogni qualvolta che non stiamo in quello che stiamo pensando, sentendo o facendo, sorge lo stress.
L’osservazione, la concentrazione e il controllo vengono meno, noi diventiamo nervosi e si presentano svariati sintomi fisici.
In che modo si manifestano i primi segnali di questi disturbi?
Vanno dal dolore e dalla tensione fino a una instabilità cardiovascolare, al fiato corto e a disturbi digestivi. Molte persone sono talmente stressate che non si accorgono di questi segnali. Ritengono che la situazione di stress sia una loro normale condizione. E anche se vanno dal medico non risulta alcuna forma patologica né dalla visita né dagli esami. Qui parliamo dei disturbi più lievi associati allo stress, che io prescrivo per proteggere l’organismo dagli effetti dannosi esercitati dallo stress. Sono da somministrare per lungo tempo. Il rimedio-tipo per il cuore è un estratto dalle foglie di giusquiamo, dai fiori della primula e il cardo. Questo rimedio, elaborato da Rudolf Steiner come regolatore delle attività cardiache, appartiene a uno dei primi rimedi antroposofici. Oggi questo rimedio è disponibile sotto il nome di Cardiodoron, anche raccomandato per chi vuol curarsi da sé. Per il fatto che allevia gli effetti della bassa pressione arteriosa, il Cardiodoron è considerato il rimedio per eccellenza della circolazione, ma non agisce solo come regolatore della pressione arteriosa, bensì migliora, come è stato dimostrato negli studi in doppio cieco, la variabilità della frequenza cardiaca regolando e sintonizzando i ritmi cardiaci con quelli respiratori in senso molto ampio.
sono tuttavia da prendere molto sul serio anche dal punto di vista di un quadro di patologia funzionale. Tali disturbi psicosomatici vengono spesso sottovalutati. Se il paziente viene dimesso con la sensazione che i suoi disturbi sono di natura psichica, ossia immaginaria, la spossatezza e lo stress vengono ulteriormente accentuati. Nessuno vuol fare la figura dell’ipocondriaco.
Esiste anche uno stress specificamente cardiaco?
Spesso il genere cardiaco ha un problema legato ai ritmi della vita ed è sovente costretto a un eccessivo dispendio di energie. Con il suo temperamento solare, egli accetta facilmente sfide, lasciandosi trascinare con ottimismo nelle più svariate imprese. Il suo entusiasmo trova conferma in un impegno spesso disinteressato che però facilmente diventa superficiale: all’apice a all’ebbrezza vitale segue sovente il precipizio. Ne consegue spesso una crisi di alta pressione arteriosa e persino l’infarto. I “cardiaci” sono spesso “workaholics” (alcolizzati dal lavoro) che cercano di dominare lo stress professionale mediante l’abuso di stimolanti come il caffè, le sigarette oppure droghe e medicinali.
Esiste una sorta di rimedio tipo per il genere cardiaco?
Nella medicina antroposofica abbiamo a disposizione i cosiddetti rimedi-tipo che lo stress cardiaco può essere uno stimolo a sviluppare l’intelligenza del cuore nel senso di una mitezza illuminata
È possibile che ci sia un rapporto fra salute del cuore e concezione di vita? Lo stress cardiaco può essere uno stimolo a sviluppare l’intelligenza del cuore nel
senso di una mitezza illuminata. È una caratteristica che nell’antica Grecia, dove si dava maggiore peso alla dieta allo stile di vita e alla profilassi che non alla cura della malattia, veniva chiamata “Sophrosyne”. Si esprime nel modo più tangibile nelle due iscrizioni tramandateci nel tempio di Apollo di Delfi: “Conosci te stesso” e “Non eccedere in nulla”. Quest’ultima vale sia per il piacere, sia per il lavoro. È importante trovare l’equilibrio fra lavoro e riposo, fra quiete e attività, riuscire a creare un giusto rapporto fra dovere e divertimento.
E come possiamo conquistarci più tranquillità, più mitezza? Basta stare più attenti ai nostri sentimenti. Già un solo litigio con il coniuge provoca dei danni alle nostre arterie che sono clinicamente riscontrabili. E ciò non dipende tanto da quello che dice l’altro, ma da ciò che ne facciamo. Se, per esempio, qualcuno cerca di offendermi, io posso reagire perché mi sento disprezzato e sminuito nella mia dignità e mi arrabbio. Arrabbiarsi significa esporre l’organismo a un’esplosione di fuoco e di stress. Posso però anche provare a cominciare facendo un bel respiro profondo, trattenerlo un momento e tentare di percepire i sentimenti suscitati dall’esternazione. Quindi posso provare a opporre ai miei risentimenti la riflessione che l’offesa non esprime nulla rispetto al valore della mia persona. Se ciò mi riesce, avrò nel conflitto un atteggiamento molto più positivo, più sovrano, e non avrò neanche le conseguenze fisiche di un’offesa - come i picchi di ormoni dello stress, l’attivazione del sistema nervoso simpatico con stimolazioni cardiache, circolatorie e pressione arteriosa elevata - manifestazioni che avrò in forma molto più lieve. In altre parole, lo sviluppo della mitezza non implica freddezza e insensibilità. Ma si tratta di imparare a coltivare un certo rapporto con i propri sentimenti. Daniel Goleman ha chiamato questa facoltà “intelligenza emozionale”. L’intelligenza emozionale ha un importante significato socio-culturale in quanto essa ci offre una vasta gamma di possibilità di comunicazioni pacifiche che ci aiutano a risolvere molti conflitti, ma soprattutto ci permette un rapporto salubre e non violento con noi stessi.
Oltre alle malattie cardiache quali possono essere le ripercussioni a lungo termine di una situazione di stress permanente?
Praticamente tutte le malattie cosiddette dell’uomo civilizzato: il diabete mellito tipo II e l’osteoporosi sorgono in relazione con lo stress. Anche il cancro viene favorito dallo stress. La parola stress ha origini tecnicoscientifiche legate alla misurazione della tensione e della capacità di resistenza dei materiali usati nella costruzione di macchinari. Se si porta questo confronto all’organismo umano, allora abbiamo tutti una soglia oltre la quale lo stress provoca disturbi funzionali e che a lungo andare si trasforma in vere e proprie patologie fisiche. Lo stress ha molti volti: la stessa causa che provoca in un soggetto l’ulcera duodenale, provoca ipertensione arteriosa in un altro.
E quindi gli uomini reagiscono in modo individuale allo stress?
La tipologia delle nostre reazioni allo stress dipende dall’ereditarietà e dalla nostra costituzione. I rimedi corrispondenti sono altrettanto molteplici. Lo stress di stomaco si può curare, spesso con ottimi risultati, con un preparato a base di Nux vomica e di noce moscata (Nux moscata); i disturbi cardiaci di tipo nervoso possono migliorare con l’uso esterno di una pomata a base di oro. Esiste tuttavia un rimedio che è valido per ogni tipo di stress e che consiste nel rafforzare il sistema ritmico mediante un’attenzione particolare a uno stile di vita scandito e strutturato ritmicamente.
Come ci si può difendere dalla perdita del ritmo nella vita quotidiana?
Tutti i ritmi biologici del nostro organismo sono legati fra di loro, sono come le diverse voci in un’opera orchestrale; essi sono in sintonia e si rapportano l’uno con l’altro. Perciò un modo di vivere con un sano ritmo agisce direttamente in maniera stabilizzante sul ritmo cardiaco e su tutti gli altri processi ritmici dell’organismo, come per esempio sui processi della digestione. Gli esseri umani dovrebbero svolgere la loro attività professionale nel senso del loro ciclo basico attività-riposo (BRAC, ovvero basic restactivity cycle). Se dopo una fase di attività di circa 90 minuti non segue una fase di recupero di circa 20 minuti non siamo più, secondo l’affermazione di Ekhart Toll, presenti e concentrati su ciò che facciamo, cominciamo a divagare e sorgono sintomi di stress. Se dopo un’ora e mezza non è possibile fare una pausa, bisognerebbe per lo meno svolgere delle attività meno impegnative.
Quali ritmi esterni sono particolarmente importanti?
Un’importanza particolare è rivolta al ritmo sonno-veglia. Studi epidemiologici hanno dimostrato che se questo ritmo viene interrotto per molti anni, come in alcune professioni (infermieri con regolari turni notturni o personale di volo con jetlag), aumenta il rischio di cancro. Fa parte dell’igiene sonno-veglia che nelle ore serali non vengano più svolte attività che richiedono grandi sforzi. D’altro canto si possono effettuare alcuni esercizi di preparazione al sonno che possono essere di grande aiuto, come la meditazione, rivivere a ritroso le esperienze fatte durante la giornata o tenere un diario. Il ritmo del respiro e quello dei movimenti nel camminare sono strettamente coordinati col ritmo cardiaco. In un modo di vivere con pochi movimenti è della massima importanza ristabilire, ricalibrare l’equilibrio ritmico perso. Da una parte ciò è possibile con semplici esercizi di respirazione in quanto si inspira e si espira con grande calma, oppure attraverso il camminare con passo accurato, ad esempio in forma meditativa che nel Buddismo è un’importante componente dell’esercizio di concentrazione e che anche in Occidente è in forte espansione. Il passo tripartitico dell’euritmia, soprattutto nell’ambito dell’euritmia curativa, l’arte della parola terapeutica e la musico-terapia sono tutte forme di terapia che nella medicina antroposofica sono particolarmente indicate per accompagnare il trattamento farmacologico delle patologie dovute allo stress.
Note 1) Per “cardiaco” o “genere cardiaco” si intende un tipo umano, un temperamento, non necessariamente un cardiopatico, ma qualcuno con predisposizione alle malattie cardiovascolari.
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I nostri defunti
testo inedito tratto dal lascito di Georg Kühlewind(1) tratto da Info3 n.4 2006
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Non sappiamo come facciamo a pensare. Non sappiamo da dove vengono le nostre intuizioni. Noi non percepiamo la nostra attenzione, grazie alla quale percepiamo il resto. Questo perché tali capacità si radicano nel cielo, nella parte celeste della nostra anima. Questa sfera sarebbe reperibile nel superconscio, nella regione della sorgente della nostra consapevolezza. I piccoli lampi della sorgente, della fonte di luce, con cui facciamo esperienza, con cui testimoniamo tutto ciò che accade a noi (e a chi se no?). Dato che questo stato di veglia fulmineo e la sua fonte non sono legati né al corpo, né al senso di sé, dato che appartengono al cielo in cui non siamo separati l’uno dall’altro, ma uniti a tutto e a tutti, a volte ci perdoniamo a vicenda, perdoniamo noi stessi e tutti. “Siamo della sostanza di cui sono fatti i sogni e la nostra piccola esistenza è avvolta da un sonno(2)”. Prospero parla con una profonda conoscenza dell’essere umano. Noi sogniamo nella catena di causaeffetto della vita: ciò che ci accade non è pilotato da noi; una vita nel sogno. Nei nostri cieli sovraconsapevoli dormiamo senza sogni.
Qui c’è il regno del silenzio, del Logos che sta al di sopra delle parole e dei concetti, al di là dei linguaggi. Qui c’è la sorgente, la pura fonte della nostra capacità di comprensione, di parola. I defunti vivono nel regno del Logos silente. Dicono a se stessi: questa è la sua
lente i defunti vivono nel regno del Logos si-
entità. Ciò che là è entità, sulla Terra si manifesta come capacità. Abilità del corpo e dell’anima, queste parti dell’entità che nella loro esistenza animico-corporea si sono separate dal regno superiore. Qui, dopo la morte, penetra l’entità animicospirituale dopo che si è purificata dalle sue forme, dal suo stare attaccata alle forme. Nelle nostre meditazioni, a volte, ci destiamo per istanti in queste sfere dei mondi, e se potessimo percepire le loro dichiarazioni come si esprimono nel silente linguaggio primigenio che sta al di là dei linguaggi potremmo incontrare le nostre sorelle ritenute defunte. Ma come possiamo riconoscerle nel fitto delle dichiarazioni che risuonano mute? “Lunghezza d’onda” è una buona metafora per questo tipo di messaggio: esse dichiarano i loro veri nomi, che non sono i nomi di qualcosa, che di per sé non è nessun nome, bensì quel nome che è uno con la nostra entità, non si ha null’altro accanto. Il modo, il come della parola è il vero unico contrassegno, nessuno parla così. Dipende da noi riconoscere senza segni - che sono trascorsi - le persone cercate. Quanto più abbiamo amato la persona che non è identica al suo segno - la prima cosa che riconosciamo sono i segni - il suo significato, la sua essenza, tanto più facile è trovare il modo di parlare, che è il nome. Quando nella meditazione abbandoniamo la simpatia e l’antipatia dell’anima, le singole immagini dell’esistenza umana, le immagini dei momenti creativi, il sorriso, gli sguardi, allegri e tristi, curiosi e rassegnati, li guardiamo tutti assieme, li leggiamo assieme, possiamo trovare il come, lo stile, i gesti e la realizzazione dell’ultima vita terrena. Realizzazione che è tale anche quando nell’accezione terrena sembra mancare. Quando procediamo nella meditazione delle immagini concentrate, sullo sfondo possiamo sentire il suono. Immedesimandoci possiamo destarci a quell’essere che in parecchie vite terrene si è rivelato con stili molto differenti (come un pittore o un compositore possono mutare il loro stile e ciò nonostante restare riconoscibili) che, tuttavia, consentono di riconoscere una sorta di affinità, lo stile superiore. “Ogni entità tende verso la perfezione” (Tommaso d’Aquino) e questa “tensione” o “tendenza” (forse la si può equiparare al Kavana del linguaggio dei Chassidim) è lo stile maggiore, più globale che sia percepibile al di sopra dello stile. Esso dà forma, plasma la nostra volontà conoscitiva: è l’intuizione dei nostri confratelli defunti in noi. È l’incontro, il risveglio nel terzo cielo, la percezione del linguaggio nel “terzo” cielo, ove vive sempre la nostra entità superiore, nel sonno che avvolge il nostro piccolo essere quotidiano da cui potremmo risvegliarci ad ogni istante.
Note 1) Georg Kühlewind, 2 novembre 1999. 2) “We are such stuff as dreams are made on, and our little life is rounded wich a sleep”, The Tempest (La tempesta), William Shakespeare.