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Focus Demenza - La dignità del destino richiede conoscenza

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AUTUNNO 2008 • NUMERO UNDICI • NEWSLETTER TRIMESTRALE • ANTROPOSOFIA OGGI • ARTEMEDICA

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La demenza determina oggi l’ultima fase della vita di innumerevoli uomini. Nel 2007 sono state registrate nel mondo circa 30 milioni di persone affette da questa malattia. Per la medicina ufficiale le cause della demenza rimangono ancora, dopo cento anni, nel buio. Michaela Gloeckler ne riconosce una preparazione alla nascita nello spirito. Così come illustrato nella conferenza del 9 maggio tenuta al Goetheanum nel quadro del congresso terapeutico, essa ne trae dei possibili spunti per accompagnare e curare dei pazienti affetti da demenza.

Missione di una malattia del tempo È esperienza quotidiana nella cura dei malati e degli anziani che quando un Io umano si escarna, quando si allenta il rapporto con il proprio corpo orientandosi in una direzione puramente spirituale, ciò, visto da fuori, appare come una perdita di controllo e di competenza. Se si vuole continuare a riconoscere dignità alle esperienze di questi malati, si deve quindi compensare l’apparente immagine deficitaria, si deve, per così dire, sostituire la perdita con una qualità terapeutica che abbia la competenza e la conoscenza che restituisca la dignità alle persone affette dalla demenza. Quanto più sensibilità e compassione si sperimentano nei confronti di una tale sintomatica perdita, tanto più aumentano le possibilità professionali nella terapia.

quando più sensibilità e compassione si sperimentano nei confronti di una tale sintomatica perdita, tanto più aumentano le possibilità professionali nella terapia

Con il suo aforismo sulla nascita spirituale della morte Novalis ha puntualizzato questo aspetto dando un orientamento di accompagnamento spirituale della morte e della terapia

Demenza: la dignità del destino richiede conoscenza

di Michaela Gloeckler tratto da Das Goetheanum, 1 agosto 2008

della demenza: Quando muore uno spirito, nasce un uomo. Quando muore un uomo, nasce uno spirito. La nascita fisica significa un oscuramento della coscienza e una perdita di competenza spirituale. La nascita nello spirito, per contro, significa uno rischiaramento della coscienza con perdite di competenze fisiche.

Il lato spirituale del processo di morte Nell’anno 2007 sono stati registrati all’incirca 30 milioni di persone affette dalla demenza. Cosa è questo, anche dal punto di vista economico, in confronto alla nascita fisica di miliardi di bambini che hanno bisogno di essere curati ed educati? Perché abbiamo nella preparazione della nascita nello spirito un campo visuale così ristretto? Dipenderà forse dall’insicurezza di ciò che ci aspetta alla fine della nostra vita? Nel suo diario Rilke ha dato una svolta positiva a questa insicurezza: O Signore, dà a ognuno la propria morte. La morte che scaturisce da quella vita in cui ha avuto amore, senso e sofferenze. Poiché siamo solo la coppa e la foglia.

La grande morte che ognuno porta in sé, questo è il frutto di cui si tratta. Tutta la vita: amore senso e bisogno. In fin dei conti tutto dipende da quella nascita spirituale. Essa è il senso della vita. A Meister Eckhart viene attribuito questo aforismo: “Se io fossi un re e non lo sapessi, non sarei un re. Ciò significa che se io fossi un essere umano buono e creato da Dio, e non ne sapessi nulla, non lo sarei”. Sperimentare l’incarnazione con l’individuale corpo fisico chiaramente delimitato, aiuta la percezione della coscienza del proprio sé. La vita vista

sotto questa angolazione è lo sviluppo embrionale della coscienza nella preparazione alla morte. Di ciò Rilke era consapevole.

Ma come dobbiamo orientarci nella cura, la medicina, nella pedagogia, nel lavoro sociale, in modo da conservare la dignità anche quando l’essere umano si sta escarnando e qualora non sia più adatto alla vita sulla Terra? Ciò diventa possibile se attraverso lo studio dell’antroposofia di Rudolf Steiner ci accosteremo a chiari concetti rispetto al lato spirituale del processo di morte.

La ricerca delle cause è agli inizi Visto dalla posizione del materialista non ha molto senso attribuire a se stessi e agli altri un processo più o meno lento di morte. In riferimento a ciò anche il “turismo della morte” (l’eutanasia attiva) svizzero e olandese è coerente col pensiero materialista. Attualmente il 90% degli affetti di demenza viene curato dai parenti e solo il 10% è in istituzioni professionali. E quindi il 90% viene assistito per lo più da donne non adatte e senza alcuna preparazione. Ne risulta grande sofferenza non solo per chi è affetto dalla malattia ma anche per chi assiste. Qui sorge il compito, soprattutto di una terapia con una base di conoscenza spirituale legata all’antroposofia, di offrire una preparazione per i parenti in piccoli gruppi regionali ma anche a dare uno stimolo a formare gruppi autonomi assistiti da alcuni terapisti ben preparati. Le prime descrizioni e documentazioni sull’Alzheimer hanno ormai 102 anni. Una signora di 50 anni di allora, di nome Auguste, è diventata come una sorta di segnale, un simbolo della forma di demenza senile (con le sue numerose sfaccettature) più diffusa. Il 2% dei sessantacinquenni ne è già affetto e circa 30% dei novantenni. La ricerca delle cause non ha raggiunto risultati significativi. Si può tuttavia affermare con una certa sicurezza che quanto più spiritualmente attiva è una persona, tanto più riesce a compensare una demenza senile non solo nella fase iniziale ma anche in fase più avanzata. Analisi fatte su depositi di Beta-4Amyloid nel cervello mostrano chiaramente che il quantitativo presente non è in proporzione con la gravità dei sintomi della malattia. Proprio persone intelligenti, ben adatte alla vita, dotate, che non hanno bisogno di aiuto, ma che non hanno neanche dovuto lottare e impegnarsi spiritualmente ne sono spesso colpite, sorprendendo spesso chi sta loro intorno.

Il senso del processo di morte Per comprendere la correlazione interiore fra incarnazione ed escarnazione occorre il paradigma della medicina antroposofica chiamata salutogenesi: l’essere umano pensa, sente e vuole con le medesime forze e leggi che stanno alla base dello sviluppo del corpo e della formazione della figura umana. Incarnazione significa l’incorporazione di forze animico-spirituali; con l’escarnazione queste forze vengono di nuovo liberate dal corpo. Grazie alla ricerca neuro e psiconeuroimmunologica, oggi è conoscenza empirica che il fatto di pensare in modo costruttivo, di sviluppare sentimenti positivi e di vivere con iniziative autonome eserciti un’azione risanatrice sul corpo. Solo non si capisce perché è così e come si è creato? Rudolf Steiner lo spiega in modo lapidario: “Cresciamo con le stesse leggi con le quali siamo animicospiritualmente attivi”. La malattia significa che il corpo si spiritualizza parzialmente, vuol dire liberarsi anzitempo oppure separarsi in modo irregolare dall’entità spirituale incarnata. E quindi la malattia è sempre un segno che qualcosa viene distrutto e muore. Come muore l’essere umano? Cosa è in sostanza il processo di morte? Con la morte liberiamo le stesse forze spirituali impegnate al mantenimento del nostro corpo fisico. Ciò significa che il lavoro prosegue anche dopo la morte. Dopo tre giorni muore anche il corpo eterico, dopo averci fatto vedere, in quanto portatore del mondo dei nostri pensieri, ancora una volta tutto ciò che durante la nostra vita è passato attraverso la nostra coscienza, tutti i nostri ricordi. Tratteniamo solamente e portiamo nel post-mortem la capacità eterica con la quale durante la vita ci siamo completamente identificati, compenetrati e fatti tuttuno con la volontà e i sentimenti. Tutto il resto svanisce. Così come le sostanze del corpo fisico si legano alla terra, così si dissolve nell’etere cosmico la parte del corpo eterico che non siamo riusciti a fare nostra. Durante il tempo del Kamaloka, che inizia pochi giorni dopo la morte e che corrisponde come durata al tempo che abbiamo trascorso durante la vita per dormire, si dissolve dal corpo astrale, quale portatore dei nostri sentimenti, tutto ciò che non è autenticamente nostro. Solo allora è concluso il processo del morire e solo ora può verificarsi un risveglio nello spirito.

Il malato si orienta già in un contesto spirituale Questa consapevolezza permette di ristabilire la dignità di un malato affetto da demenza in modo che egli senta profondamente, anche se inconsciamente, che noi lo comprendiamo persino con le sue manifestazioni esteriori. Anche nei casi di malati costretti a letto e che apparentemente vivono in uno stato vegetativo, perché l’astrale e l’Io non sono più abbastanza attivi nel corpo, si può sperimentare che sempre di nuovo vengono dette cose significative, in cui irrompe qualcosa direttamente dal mondo spirituale senza la deviazione attraverso il cervello che riflette. Quanto più le persone che assistono il malato sono coscienti che l’Io del malato si aggira già in una dimensione spirituale, tanto più si sviluppa sensibilità per un giusto gesto terapeutico, come la cura dello spazio, l’avvolgimento, dedicando al proprio lavoro una sottile percezione. Già di per sé l’atteggiamento “Sia fatta la tua volontà”, per quanto sia possibile, crea intorno al malato sorprendente tranquillità e sicurezza. Se, per contro, il corpo astrale è ancora molto operoso nonostante l’attività dell’organizzazione dell’io si sia già emancipata dal corpo fisico, i nervi sono a fior di pelle, il malato si spaventa facilmente, cammina avanti e indietro agitato e apparentemente senza scopo come se fosse sospinto da una forza incontrollata. Accompagnandolo con

se io fossi un essere umano buono e creato da Dio, e non ne sapessi nulla, non lo sarei

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