Ottagono 263, September 2013

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DESIGN ARCHITECTURE MAGAZINE

Compositori Comunicazione s.r.l. - Mensile - Anno XLVII - ISSN 0391-7487 - Poste Italiane spa - Spedizione in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 LO/MI

263

I - € 10,00 GB - € 16,50 NL - € 17,50 D - € 18,00 F - € 17,00 E - € 12,00 P - € 14,85 USA - US$ 21,95 BR - BRL 55,00 HK - HK$ 140,00

09 / 2013

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UNA NUOVA VITA PER PORTI E WATERFRONT A NEW LIFE FOR HARBOURS AND WATERFRONTS // TYPE DESIGN: LA MATEMATICA DEI CARATTERI CHARACTER MATHEMATICS // CANTIERE BAGLIETTO: IL 13M TUTTO IN ALLUMINIO THE BAGLIETTO SHIPYARD: THE 13M ALL-ALUMINIUM BOAT // SPECIALE CERAMICA: FUNZIONALITÀ E RICERCA ESTETICA CERAMICS SPECIAL: FUNCTION AND AESTHETICS


56 / FOCUS ON

Ottagono 263 09/2013

SMART ECONOMY

SMART GOVERNANCE

SMART CITY

SMART LIVING

SMART CITIES Erica Marson, Alessia Pincini

SMART MOBILITY

SMART ENVIRONMENT

SMART PEOPLE

Le città di domani dovranno saper rispondere in modo puntuale e veloce ai cambiamenti, per garantire la miglior qualità di vita possibile ai cittadini Tomorrow’s cities will have to know how to promptly respond to changes, to guarantee the best possible quality of living for their inhabitants


Ottagono 263 09/2013

Una città smart ha le sue basi nelle smart grid, ovvero l’insieme di reti intelligenti di energia e informazioni che consente l’implementazione dei servizi nell’ambiente che ci circonda e garantisce al sistema stesso la capacità di rispondere in tempo reale ai cambiamenti in corso. Ma ci sono anche altri fattori da considerare: la sempre maggiore quantità di dati e di informazioni a disposizione e insieme la capacità di raccoglierli, analizzarli e usarli sono ulteriori elementi chiave nella costruzione del sistema che sarà in grado di migliorare concretamente la qualità della vita dei cittadini grazie alla sottostruttura creata da tali reti e al loro impiego in sei settori fondamentali: mobilità, economia, governance, persone, ambiente, vita quotidiana. Da queste consapevolezze nasce l’approfondimento delle prossime pagine, fermo immagine della situazione attuale e riflessione e stimolo per i passi futuri. Partendo dalla ricerca compiuta dall’University of Technology di Vienna, insieme ad altri istituti europei, abbiamo cercato di analizzare il significato di ciascun settore, facendo un giro del mondo 2.0 alla ricerca di casi esemplificativi. Alcuni temi sono stati illustrati attraverso un esempio unico; per altri abbiamo riportato più esperienze, come rappresentazione delle molte sfumature locali assunte. Quindi, per aiutarci a dare una definizione a ciascuna categoria, abbiamo raccolto una piccola comunità di persone smart, giornalmente impegnate sui temi legati ai nuovi orizzonti ICT (Information and Communication Technology). Non solo progettisti, architetti e urbanisti, ma anche esperti e ricercatori di vari settori, dalla scienza alla comunicazione, a dimostrare che solo attraverso l’integrazione delle competenze e delle conoscenze di tutti i sei ambiti di intervento si potrà dare vita alla città di domani: il luogo non dei luoghi ma delle relazioni aperte, del sapere condiviso, della tecnologia diffusa. Un domani che è più vicino di quanto pensiamo, che vede l’individuo al centro di una serie di processi sociali e produttivi, consapevole degli strumenti ideologici vincenti. Un futuro – e queste pagine ci aiutano già a prefigurarlo – in cui gli edifici saranno organismi, il lavoro si svolgerà ovunque, gli oggetti saranno concepiti secondo l’interazione con l’utente, i dati si raccoglieranno in tempo reale per consentire di monitorare situazioni ambientali o gestire le risorse energetiche, i trasporti saranno più sostenibili ed efficienti, gli strumenti urbanistici avranno forme partecipative e inclusive. Il futuro davvero smart, che si costruisce ora.

FOCUS ON / 57

A smart city is built on a smart grid – a cluster of intelligent energy and information networks. These enable services to be provided in the environment surrounding us and ensure that the system itself can give a real-time response to any change underway. The ever greater quantity of available data and information, together with the ability to gather, analyze and use these, is a further key factor in building a system capable of improving citizens’ quality of living through a sub-structure created by the networks and their use in various sectors: mobility, economy, governance, people, environment and living. And it is precisely awareness of these aspects that has resulted in the discussion material presented on the following pages – a freezeframe of the current situation as well as reflection and drive for future steps forward. Starting with the research by Vienna University of Technology, together with other european institutes, we’ve looked into the meaning of each category, going on a world tour 2.0 to hunt out exemplary cases. Some topics have been illustrated by a single example, others have been investigated through several experiences, to show the many different local variations. We’ve also brought together a little community of smart people, who focus on aspects connected with new horizons in ITC (information and communication technology) on a day-to-day basis. They helped us set an introductory definition for each category: not only designers, architects and urban planners, but also experts and researchers in various fields, from science to communication. Only by integrating the knowledge and competences of all six sectors will we be able to truly create the city of tomorrow: not a place of places but a context of open relations, shared knowledge and widespread technology. A tomorrow that is closer than we realize, and that sees the individual as central to a series of social and production processes, and aware of effective ideological tools. A future – and these pages help us envisage it – where buildings are organisms, work is done anywhere, objects are conceived on the basis of user interaction, data are gathered in real time so that environmental situations or energy resources may be monitored, transport is more sustainable and efficient, and urban planning instruments are more inclusive and participatory. A truly smart future, one that is already under construction. ©RIPRODUZIONE RISERVATA


94 / PORTRAIT

Ottagono 263 09/2013

ODOARDO FIORAVANTI (Roma, 1974). Si trasferisce a Milano per studiare industrial design e laurearsi alla Facoltà di Design del Politecnico. Dal 2003 svolge la sua attività professionale nell’ambito del disegno industriale, sperimentando grafica ed exhibition design e occupandosi anche di formazione. Nel 2006 apre lo studio OFDS; i suoi lavori ottengono prestigiosi riconoscimenti, come il Premio Compasso d’Oro 2011 per la seduta Frida di Pedrali. Born in Rome (1974). Moved to Milan to study industrial design, and graduated at the Polytechnic (Faculty of Design). Since 2003 has been practising in the industrial design field, also exploring graphics and exhibition design, and teaching. Opened the OFDS studio in 2006. His works have been recognised with prestigious awards, such as the Compasso d’Oro 2011 for the Frida seat designed for Pedrali.

Le mille ‘braccia’ del designer THE DESIGNER’S 1001 ‘ARMS’ Silvia Airoldi

L’evoluzione della professione secondo Odoardo Fioravanti: verso una concezione più complessa che assorbe altre competenze, nel segno della ricerca formale ed estetica Evolution of the profession, according to Odoardo Fioravanti: towards more complex ideation that absorbs other disciplines, while exploring aesthetics and form


PORTRAIT / 95

Ottagono 263 09/2013

Dragonfly per Segis, 2013. Con seduta a sbalzo e quattro gambe in tubolare d’acciaio che si innestano sul fronte, questa seduta in cantilever, irruente e disinvolta, sembra lanciare una sfida alla statica: un singolare gioco formale che si ispira al corpo della libellula, sbilanciato sulle zampe anteriori. La scocca sottile in polipropilene caricato è rinforzata nella parte posteriore da nervature che, richiamando l’automotive, conferiscono fluidità alle linee. L’industrializzazione di Dragonfly, disegnata con Philippe Tabet di OFDS, è stata sviluppata in stretta sinergia con lo studio tecnico Segis. In basso. La declinazione del guscio su basi diverse. Dragonfly for Segis, 2013. With projecting seat and four tubular steel legs joined together at the front, this impulsive and carefree cantilever chair seems to challenge physics: an unusual play on forms that is inspired by the body of a dragonfly as it perches on its front legs. The slim filled polypropylene shell is reinforced at the back through ribbing, echoing automobile seats and bringing line fluidity. The industrial production of Dragonfly (designed with Philippe Tabet at OFDS) was developed working closely with the Segis technical office. Below. The shell on a different base.

Una foto mossa che rappresenti il processo di progettazione continuo, non escludendo nulla tra i materiali, nemmeno l’autore… Odoardo Fioravanti e il suo mestiere di designer si possono raccontare a partire da questo scatto dinamico – un concetto elaborato per rivelare la sua professione ‘dal vivo’ nella mostra ‘Odoardo Fioravanti Industrious Design’ a La Triennale di Milano nel 2010 – usando il linguaggio delle immagini che permea la narrazione del suo lavoro. Determinato, con un amore viscerale per il design, che affonda le sue radici profonde nella passione da bambino per la costruzione di piccoli oggetti, Odo – come ormai lo chiamano tutti – ha la dote concreta di combinare creatività, indagando anche ambiti di progetto inusuali, e ‘industriosità’ in una prassi fervida che dialoga in modo intelligente con lo sviluppo attuale e le richieste del settore. Idea, ricerca dei materiali, analisi dei metodi e dei processi, tecnologie, disegno ed elaborazione formale, costruzione ‘artigianale’ del modello – quasi una replica della bottega rinascimentale, “perché modellare gli oggetti mi consente di percepirli con tutti i sensi e col tatto in primis”, sottolinea Odo – realizzazione del prototipo e ingegnerizzazione, collaborazione con gli studi tecnici delle aziende… Il workflow scorre in una sequenza che continua a progredire. “Oggi fare il designer”, spiega Fioravanti, “significa occuparsi di parti sempre maggiori del prodotto,


100 / DESIGN ENCYCLOPAEDIA

Ottagono 263 09/2013

T come

TYPE DESIGN PROGETTAZIONE PARAMETRICA E ASSISTITA DEI CARATTERI PARAMETRIC AND COMPUTER-ASSISTED FONT DESIGN Alessio D’Ellena*, Luciano Perondi*

La tipografia è da trent’anni strettamente interdipendente con l’informatica, occorre quindi sfruttare il computer e la matematica come strumenti a supporto della progettazione Typography has been directly dependent on information technology for the last 30 years, making the computer and maths essential support tools in typeface design


DESIGN ENCYCLOPAEDIA / 101

Ottagono 263 09/2013

La tipografia è una tecnologia che permette la composizione di testi scritti attraverso la combinazione di elementi preconfezionati. Per come è stata concepita 550 anni fa, è una tecnologia la cui struttura si basa su un ecosistema conservativo la cui resa in termini di significato deve poter essere garantita. Il modo più efficace per farlo è la ripetizione e la consuetudine, in particolare nelle forme e nelle proporzioni dei glifi, questione di cui si occupano i disegnatori di caratteri (type designer). La tipografia è da trent’anni strettamente interdipendente con l’informatica e ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di avvicinamento tra uomo e macchina già con i primi linguaggi ad alto livello alla fine degli anni Cinquanta. Non si può quindi parlare di tipografia senza intersecare l’informatica, anche se chi usa e produce tipografia oggi, cioè chiunque componga una e-mail o stampi una relazione, ma soprattutto chi disegna caratteri, lo fa quasi sempre escludendo l’aspetto informatico e matematico alla base, sfruttando il computer come semplice strumento di disegno vettoriale o di editing. Si può osservare che il disegno delle lettere e la tipografia sono stati, in una prima fase pionieristica, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, strettamente connessi con il ragionamento sugli strumenti matematici e informatici, in cui si poteva interagire con il programma attraverso uno schermo il quale però dialogava tramite interfacce primordiali. Tre esempi classici sono il software Ikarus del 1975, il linguaggio PostScript del 1976 e Metafont del 1977-79. Un momento fondamentale per la digitalizzazione e l’informatizzazione della tipografia è stato il lancio della stampante LaserWriter Apple nel 1985, che ha imposto il linguaggio PostScript come standard per la trasmissione di documenti digitali. Progressivamente, con la diffusione degli strumenti personali, si è passati ad applicare una logica imitativa e simulativa della tipografia tradizionale e a confinare il progetto e la produzione dei caratteri entro software di disegno vettoriale; tale filosofia ha caratterizzato gran parte della produzione di caratteri negli anni Novanta. Ma i caratteri tipografici hanno necessità di forte coerenza dimensionale e formale tra i singoli glifi: tale coerenza viene ottenuta ‘ad occhio’, ma il processo sarebbe molto più rapido se ci fossero strumenti in grado di dare indicazioni al progettista mentre lavora riguardo alla correttezza del proprio disegno. La differenza infatti tra un editor di disegno vettoriale e un software per il disegno assistito (CAD) risiede nella filosofia di progettazione e nella struttura dell’oggetto che deve essere progettato. Il primo sistema è uno strumento alternativo alla carta,

che permette di disegnare forme arbitrariamente, mentre l’altro è uno strumento che aiuta a progettare sistemi coerenti, facendo calcoli e tenendo conto di vincoli che altrimenti sarebbe molto difficile avere sotto controllo. Dato che un carattere è evidentemente un sistema (e volendo anche un insieme di illustrazioni lo è), il secondo modello sarebbe più appropriato: nessuno metterebbe in dubbio l’utilità di un CAD per la progettazione di un edificio, poiché è necessario includere il calcolo strutturale. Durante gli anni Novanta è stato sviluppato dalla Adobe il sistema Multiple Master, che consentiva al fruitore di caratteri (il tipografo-utente) di interpolare personalmente le forme tra un peso di un carattere e un altro. In questo modo era possibile ottenere qualsiasi peso intermedio partendo da due o più estremi e un unico carattere poteva avere così una infinità di varianti intermedie. Il sistema non ha avuto successo tra gli utilizzatori di caratteri, perché probabilmente richiedeva troppo impegno nella scelta, ma lo ha avuto tra i disegnatori, in quanto consentiva di generare automaticamente numerosi pesi intermedi, cosa piuttosto proficua commercialmente. Una parte consistente dei designer di caratteri ha via via cercato di ottenere una sempre maggiore indipendenza in termini produttivi dagli editor, arrivando a integrare i software di disegno con algoritmi personalizzati e avvicinandosi alla programmazione, rinunciando in alcune situazioni al dogma dell’interfaccia Wysiwyg (in cui l’interfaccia presenta immediatamente una proiezione di quello che sarà il risultato finale). Il lavoro del type designer si è avvicinato nuovamente a una dimensione artigianale in cui gli strumenti di lavoro vengono sviluppati o personalizzati in autonomia. La famosa frase di Donald Knuth: “asking an artist to become enough of a mathematician to understand how to write a font with 60 parameters is too much” (chiedere a un artista di diventare abbastanza matematico da capire come descrivere una font con 60 parametri è troppo) risulta oggi datata. Il termine ‘carattere parametrico’ in tipografia fa riferimento all’insieme delle relazioni esistenti tra tutti gli elementi e parametri tipografici (altezza ascendenti, dimensione delle grazie, spessore dei tratti, ecc.); la variazione numerica di questi parametri consente di ottenere ogni volta un disegno inedito. In quest’area, parallelamente all’evoluzione della tipografia tradizionale, a partire già dalla fine degli anni Ottanta, si sono sviluppati caratteri e sistemi tipografici parametrici non necessariamente connessi a fini strettamente funzionali, ma che indagano le potenzialità estetiche, espressive, sperimentali di questa filosofia progettuale.

* Alessio D’Ellena Grafico, type designer, illustratore, ciclista. Graphic artist, type designer, illustrator, cyclist. * Luciano Perondi Si occupa di scrittura (tipografica e non) come progettista e come insegnante. Dal 2007 è docente di ruolo presso l’Isia di Urbino. Ha ricevuto una menzione d’onore al XX Compasso d’Oro. Specialised in script (typography and other), he is a designer and lecturer. Since 2007 he has been professor at the ISIA of Urbino. He received an honourable mention at the 20th Compasso d’Oro award.


136 / WORLD JOURNEY

Ottagono 263 09/2013

WATER LANDSCAPES Elena Franzoia

NON PIÙ REALTÀ INDUSTRIALI MONOFUNZIONALI, PORTI E WATERFRONT SI RIVELANO VOLANI DI SVILUPPO PER VISIONI URBANE INNOVATIVE, ALL’INSEGNA DELLA QUALITÀ DELLA VITA PORTS AND WATERFRONTS ARE NO LONGER MONOFUNCTIONAL INDUSTRIAL REALITIES, BUT DEVELOPMENT FLYWHEELS FOR INNOVATIVE URBAN PROSPECTS, TARGETING QUALITY OF LIFE


WORLD JOURNEY / 137

Sviluppo economico, riqualificazione urbana, superamento delle barriere infrastrutturali, ricomposizione del rapporto mare-città, nuove culture della pianificazione incentrate su consapevolezza ambientale, mix funzionale e qualità della vita. E ancora, bonifica dall’inquinamento, recupero del patrimonio esistente, implementazione di dotazioni e servizi. Sono questi i principali obiettivi delle innumerevoli operazioni di recupero dei waterfront, fluviali e marittimi, che connotano l’approccio urbanistico degli ultimi decenni, teso a smantellare la precedente visione del porto come realtà industriale monofunzionale. In Europa, Londra, Barcellona e Amburgo; in Asia, Shanghai e Hong Kong; in America, New York, Boston e Vancouver; sono solo alcuni esempi di una pratica che, nonostante l’attuale crisi finanziaria, rimane uno dei maggiori volani di sviluppo della pianificazione internazionale, in grado di riposizionare intere aree metropolitane all’interno della concorrenza globale. Prova ne sia l’Europa del Nord, che prosegue un programma giunto oggi a toccare – dopo le grandi aree metropolitane costiere – centri considerati di strategica importanza per i prossimi anni, come la danese Aarhus o l’olandese Almere. Quanto al Mediterraneo, la Dichiarazione di Barcellona del 1995 ha sancito un partenariato tra i Paesi dell’Unione Europea e altri dodici Stati affacciati sul ‘Mare Nostrum’, volto ad affrontare in modo coordinato aspetti economici, sociali, umani e culturali e questioni riguardanti la sicurezza delle città mediterranee. In questo contesto si situa il vasto progetto di riqualificazione del waterfront di Marsiglia, Capitale Europea della Cultura 2013, che recupera la visione del porto come crogiolo di razze e saperi, favorendo interscambio e dialogo tra i popoli.

©MIKKEL FROST

©JDS ARCHITECTS

Ottagono 263 09/2013


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