Ottagono 273, September 2014

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DESIGN ARCHITECTURE MAGAZINE

273

I - € 10,00 GB - € 16,50 NL - € 17,50 D - € 18,00 F - € 17,00 E - € 12,00 P - € 14,85 USA - US$ 21,95 BR - BRL 55,00 HK - HK$ 140,00

Biennale 2014

LA VERSIONE DI KOOLHAAS Compositori Comunicazione s.r.l. - Mensile - Anno XLIX - ISSN 0391-7487 - Poste Italiane spa - Spedizione in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 LO/MI

THE KOOLHAAS VERSION

09 / 2014

FULL TEXT IN ENGLISH

PORTOGALLO, SCUOLA DI PAESAGGIO IN TRASFORMAZIONE PORTUGAL: SCHOOL FOR TRANSFORMING LANDSCAPE // MARC SADLER & CALLIGARIS // PIUARCH // LISSONI ASSOCIATI RE-INTERPRETA IL RESORT & CASINÒ DI SAINT VINCENT LISSONI ASSOCIATI RESHAPES THE SAINT VINCENT RESORT & CASINO // SURTECO: SUPERFICI STAMPATE A REGOLA D’ARTE SURTECO: THE FINE ART OF PRINTED SURFACES


Ottagono 273 09/ 2014

BIENNALE 2014

50 / FOCUS ON

PASSAGGI CONTAMINAZIONI E ALTRO

Aldo Colonetti

Dentro e fuori la 14. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia diretta da Rem Koolhaas Venice: Rem Koolhaas’ 14th International Architecture Exhibition inside and out

‘Fundamentals’: perché architettura e non architetti? Forse siamo alla ricerca di noi stessi, piuttosto che decidere di salvare il mondo dalle barbarie, come scrive Rem Koolhaas ai margini di ‘Absorbing Modernity’, ovvero il compito affidato ai 66 paesi presenti alla Biennale di Architettura di Venezia: “È un secolo terrificante, quello compreso tra il 1914 e il 2014; ogni paese è stato distrutto, diviso, occupato, sfibrato e traumatizzato, ciononostante è sopravvissuto. Il ruolo dell’architettura è considerevole, ma forse non fondamentale quanto gli architetti auspicherebbero”. E ancora, perché ‘Elements of Architecture’? Forse anche qui siamo alla ricerca di pezzi di storia, comunque e nonostante la globalizzazione progettuale; sempre Koolhaas, “qui l’architettura emerge come un amalgama di componenti molto antiche e altre molto attuali; l’osservazione al microscopio fa scoprire insospettate qualità e storie inaspettate”. E infine, attraverso ‘Monditalia’, coinvolgendo tutti gli altri settori della Biennale (cinema, danza, teatro, musica), il tentativo di utilizzare il nostro paese come “stato emblematico di un contesto globale in cui altri paesi sono in bilico tra il caos e la realizzazione della loro potenzialità”. Perché proprio l’Italia e non altre nazioni? Forse in relazione al nostro essere, contemporaneamente, al centro e in periferia rispetto ai flussi della conoscenza, della ricerca e degli equilibri politici e strategici internazionali? Sono queste, e forse altre ancora, le domande fondamentali (torna sempre,

come una sorta di destino da cui non è possibile fuggire, il concetto di Rem Koolhaas. Allora ci ha azzeccato!) ma comunque riconducibili al grande tema della nostra esistenza: come è possibile vivere il mondo senza fare a meno della memoria e, insieme, evitando che troppi ricordi c’impediscano di leggere e dialogare con un futuro che è già qui, nella vita di tutti i giorni; ci condiziona, senza esserne coscienti spesse volte, ma nello stesso tempo ci consente di ‘vivere più a lungo e meglio’, se pensiamo alla materialità quotidiana dell’esistenza. È chiaro che l’idea di ‘meglio’ è relativa al luogo dove si vive, rispetto alle condizioni da cui si è partiti; tuttavia, se restiamo al nostro tema specifico, assistiamo a una globalizzazione progettuale che non trasferisce solo modelli da imitare, si nutre e si alimenta di cultura ‘locale’, intercettando materiali, processi e tecnologie altrimenti ai margini della conoscenza costruttiva. Si legga, da questo punto di vista, la riflessione, come sempre intelligente e inaspettata, di Virginio Briatore, sintetizzata in un’immagine fotografica emblematica: dalla terra veniamo e alla terra riconsegniamo il nostro progetto. Allora siamo di fronte a un’enciclopedia intelligente, la cui immagine è quella del labirinto che “richiede coraggio e astuzia per essere percorso fino al centro”. Ma qui, forse, il centro non esiste, perché l’universo dei testi e dei saperi, messi in campo dal ‘filosofo’ Rem, è privo di centro: “esibisce una pluralità di percorsi e richiede piuttosto riflessione e metodo per essere risolto”.

SWITCHOVERS CROSS-INFLUENCES AND MORE


Ottagono 273 09/ 2014

Noi ne proponiamo due di metodi; il primo proviene dal bellissimo e rigoroso Padiglione Italia curato da Cino Zucchi, dove il titolo stesso, ‘Innesti’, propone una risposta alle domande di questa Biennale; attraverso il concetto eracliteo ‘panta rei’, qui rivisto attraverso uno sfondo hegeliano, perché il passato rimane, pur superato, nel presente e sta alla base del nostro futuro, Zucchi mette in scena un metodo e una tradizione che sono italiani ma che potrebbero essere presi ad esempio a livello più generale, in cui il “il tumultuoso scorrere che travolge ogni cosa, mette in rilievo un ‘innesto’, che apporta un nuovo aspetto a contesti urbani, necessariamente stratificati”. In sostanza il nuovo, anche declinato da “innesti provocatori”, è cresciuto all’interno del preesistente, mettendo in rilievo, là dove si è comportato come un intelligente conoscitore della storia, una continuità nella diversità. La seconda proposta non c’entra con l’architettura, sposta l’attenzione sul cosiddetto ‘percepito’ verso questa disciplina da parte degli abitanti, ovvero noi: come pensiamo e giudichiamo l’architettura, quando esercitiamo il nostro ruolo di cittadini. L’ultimo report di un’importante istituzione, il Reputation Institute, che valuta ogni anno lo stato dell’arte delle attese del consumatore, ha messo in rilievo che il ‘consumatore’ (e noi sempre di più consumiamo architettura) oggi è molto attento alla reputazione di ciò che va ad acquistare o anche soltanto a conoscere: “Le minori disponibilità economiche, l’utilizzo di nuove tecnologie e una maggiore sfiducia nell’operato delle aziende hanno contribuito a modificare radicalmente il potere d’acquisto”. Questo accade anche nell’architettura; non è un caso che le tre aziende che operano in Italia che hanno raggiunto il rating più alto, in ordine BMW, Ferrero, Luxottica, rappresentino alcuni settori che coinvolgono, comunque, la qualità della vita in generale, indipendentemente dalla tipologia e dai costi. Nell’elenco di tutte le aziende e i marchi classificati non ce n’è uno che abbia a che fare con l’architettura, anche se siamo circondati e soprattutto costretti dalle logiche dell’architettura nelle nostre scelte di movimento, di benessere e soprattutto di investimento, non solo economico. Le subiamo senza avere la possibilità d’intervenire, ma soprattutto senza avere gli strumenti per giudicarle, da tutti i punti di vista, non solo quello espressivo ed estetico. Ecco perché, secondo noi, questa Biennale è ‘fondamentale’, non tanto in sé e per sé, ma per i nuovi punti di vista che è in grado di offrire all’architettura, già per la prossima Biennale.

FOCUS ON / 51

‘Fundamentals’: why architecture and not architects? Perhaps we’re striving to find ourselves, rather than deciding to save the world from savagery, as Rem Koolhaas writes in his introduction to ‘Absorbing Modernity’ – this being the task assigned to the 66 nations exhibiting at Venice’s Architecture Biennale: “The century between 1914 and 2014 is a terrifying one. Almost every country has been destroyed, divided, occupied, drained, and traumatised, yet has survived. Architecture’s role is substantial, but perhaps not as crucial as architects would hope.” So, again, why ‘Elements of Architecture’? Maybe here too we are seeking out pieces of history, regardless of design globalisation. And to quote Koolhaas another time: “Here architecture emerges like a melting-pot of ancient elements mixed with other very contemporary ones. Viewing them through a microscope reveals unimagined qualities and unexpected stories.” And lastly, in ‘Monditalia’, involving all the other Biennale sectors (cinema, dance, theatre, music), we see the attempt to use our nation of Italy as an “emblematic state of a global context where other countries hover between chaos and achieving their potential”. Why Italy and not other nations? Perhaps because it is both central and on the sidelines in the flow of knowledge, research and international strategy and political balances? These – and maybe others – are the fundamental questions (we return again to Rem Koolhaas’ concept, like a sort of fate that cannot be eluded, and so he got it right!) that can be traced back to an essential topic in our existence: how can we live the world without memory while, at the same time, managing to ensure that too many memories don’t hinder our reading of and our dialogue with a future that is already here, in our day-to-day lives. This conditions us – and we are often unaware of it – yet it also enables us to ‘live longer and better’, if we think about the daily materialness of existence. Of course the idea of ‘better’ is directly relative to the place where one lives, rather than where one started out. Nonetheless, if we linger on our specific topic, we can say that we are witnessing a design globalisation that does not merely convey models for copying, but that feeds on and feeds ‘local’ culture, intercepting materials, processes and technologies that would otherwise be on the sidelines to construction know-how. Virginio Briatore’s reflection – always intelligent and unexpected – should be read regarding this point. It is summarised in an emblematic photograph: we come from the earth and it is to the earth that we deliver our design. And so we find ourselves standing in front of a smart encyclopaedia, whose form is that of a maze that “demands bravery and shrewdness to reach its centre”. Yet here, perhaps,

Tutti gli approfondimenti su All the details at www.ottagono.com


94 / FACTORY

Ottagono 273 09/ 2014

PROFONDITÀ DI SUPERFICIE SURFACE DEPTH Valentina Auricchio PHOTOS Luca Capuano

QUANDO LA COPIA SUPERA LA REALTÀ. CREATIVITÀ E KNOW-HOW AL SERVIZIO DEI PROGETTISTI PER UNA CUSTOMIZZAZIONE CHE RISPETTA L’ECOLOGIA WHEN THE COPY EXCEEDS THE ORIGINAL. CREATIVITY AND KNOW-HOW SERVING DESIGNERS IN ECOLOGICAL CUSTOMISATION


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FACTORY / 95

Per riprodurre un materiale complesso e multiforme come il legno, oltre all’uso di macchine all’avanguardia e di strumenti computerizzati, è fondamentale l’esperienza diretta degli addetti ai lavori, chiamati a partecipare attivamente a tutte le fasi della lavorazione. In order to reproduce such a complex, multiform material as wood, as well as avant-garde machinery and computerised instruments, hands-on experience at all stages of the process is essential.

Come sono fatti i nostri mobili? Siamo sicuri di conoscere bene i materiali che ci circondano e il perché delle scelte costruttive? Ecco una realtà di cui pochi conoscono la storia, ma che appartiene a più del 70% dei prodotti d’arredo presenti nelle nostre case (porte, pavimenti e arredi). Si chiamano ‘superfici decorative’, ma si tratta di un consolidato processo produttivo capace di riprodurre, su carta o su plastica, un’immagine digitalizzata. La tecnologia nasce negli anni Cinquanta quando, in sostituzione dell’impiallacciato e del legno massiccio, per ridurre costi e spreco di materia prima, è nata l’esigenza di ricoprire le superfici di porte e pavimenti con una pellicola sottile di carta. “Abbiamo iniziato negli anni Sessanta”, afferma Dieter Baumanns, amministratore delegato di Bausch Decor e BauschLinnemann e presidente del consiglio direttivo e responsabile marketing, vendite e sviluppo di Süddekor GmbH, “quando, per essere alla moda, le persone verniciavano le porte di bianco. Il costo economico ed ecologico del legno impiallacciato era superfluo e stampando su carta si otteneva un risultato migliore”. Oggi il gruppo Surteco (acronimo di surface technology corporation) è diviso in due strategic business unit, carta e plastica, ed è leader globale nella produzione di bordature e tra le prime industrie nella creazione di superfici stampate. Conta circa 2.700 lavoratori con un fatturato annuo di circa 630 milioni di euro. “La copia è meglio dell’originale, creiamo oltre 150 motivi l’anno”, seppure la tecnologia possa generare infinite fantasie digitali, il valore dell’impresa risiede nella capacità storica della riproduzione di essenze naturali.

Nello stabilimento Bausch Decor di Buttenwiesen (Baviera) si svolge l’iter completo di realizzazione analogica di un decoro, dall’elaborazione del campione alla messa in produzione. Il modello di legno di partenza è studiato fino al più piccolo dettaglio e la copia viene prodotta solo quando considerata perfettamente somigliante all’originale. In the Bausch Decor factory in Buttenweisen (Bavaria) the entire analogical production process of a decorative element is carried out, from creating a sample to the start of production. The initial wood specimen is studied to its tiniest detail and the copy is realized only when it is considered to be a perfect resemblance of the original.


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© JANOS GRAPOW

102 / BACKSTAGE

(RE)INVENTARE UNA META (RE)INVENTING A RESORT Francesco Scullica *

* Politecnico di Milano


BACKSTAGE / 103

PROGET TO / PROJECT S A I N T V I N C E N T R E S O R T & C A S I N O , S T . V I N C E N T , A O S TA ( G R A N D H O T E L B I L L I A , PA R C H O T E L B I L L I A , ‘ L ’ E V E ’ S PA , C E N T R O C O N G R E S S I B I L L I A / B I L L I A C O N G R E S S C E N T R E , CAS I N O D E L A VA LL É E , R I STO R A N T I E B A R / RESTAURANTS AND BARS) PROGET TO ARCHITET TONICO GENERALE, ARREDAMENTO E ARCHITET TURA DEGLI INTERNI GENERAL ARCHITECTURAL DESIGN, FURNISHINGS AND INTERIOR DESIGN L I S S O N I A S S O C I AT I - P I E R O L I S S O N I ; D A V I D E C E R I N I , ANDREA PIAZZALUNGA (RESPONSABILI DI PROGET TO PROJECT MANAGERS)

© LISSONI ASSOCIATI

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/

COORDINAMENTO GENERALE, STRUT TURE E IMPIANTI, COST MANAGEMENT / GENERAL MANAGEMENT, STRUCTURES AND SYSTEMS, COST MANAGEMENT T E K N E I N G E G N E R I A - R E F . I N G . G I OVA N N I C H I E S A P R O G E T T O D I R E C U P E R O E R E S TA U R O RESTORATION PROJECT S T U D I O E N R I C O V I L L A N I E / A N D LU C A V I L L A N I A R C H I T E T T I PROGET TO ILLUMINOTECNICO / LIGHTING PROJECT L I S S O N I A S S O C I AT I E / A N D S T U D I O L U C E - S A C C H I S PA (CONSULENZA ILLUMINOTECNICA / LIGHTING CONSULTANCY) D I R E Z I O N E L A V O R I , C O N TA B I L I TÀ E S I C U R E Z Z A SITE MANAGEMENT, SAFETY AND ACCOUNTS S T U D I O Q U A R A N TA A P PA LT O G E N E R A L E / M A I N C O N T R A C T O R ZOPPOLI & PULCHER REALIZZAZIONE ARREDI SU MISURA E BOISERIE MADE-TO-MEASURE FURNISHINGS AND WAINSCOTING PA O L O C A S T E L L I S PA I M P I A N T I S PA E P I S C I N E R I A LT O G R O U P

/

SPA AND POOL SYSTEMS

PER IL PROGET TO DEL CASINO

/

CASINO PROJECT

CONSULENTI STRUT TURE, SICUREZZA E DIREZIONE LAVORI / STRUCTURES, SAFETY AND SITE ENGINEERING CONSULTANTS SITEC CONSULENTI IMPIANTI / SYSTEMS CONSULTANTS PA S T O R E T E N G I N E E R I N G ARREDI SU MISURA / MADE-TO-MEASURE FURNISHINGS G A B A N A A R R E D A M E N T I ; PA O L O C A S T E L L I S PA

IN APERTURA. IL GRAND HOTEL

(CON

F A C C I ATA D I C O L O R E G I A L L O ),

I L PA R C H O T E L

(CON

RIVESTIMENTO

SOPRA. LA REALIZZAZIONE DEL NUOVO CORPO DI ACCESSO AL GRAND HOTEL BILLIA E LA

SUPERFICIE / AREA 5 5 .000 M 2 D I C U I 3 5 .0 0 0 M 2 D I N U O V O I N T E R V E N T O 5 5,000 M 2 , O F W H I C H 3 5 , 0 0 0 M 2 N E W L Y D E S I G N E D

I N L E G N O ), I L PA D I G L I O N E P E R

P R O S P I C I E N T E PA R T E I N T E R R ATA

INTERVENTI SUL VERDE ESTERNO,

A B O V E . C R E AT I O N O F T H E N E W

/ YEAR 2011 ( P R O G E T T O / DELIVERY) ANNO

P R O J E C T )-2013

(CONSEGNA /

BANCHETTI/EVENTI E GLI

C H E O S P I TA I L C E N T R O B E N E S S E R E .

CON I COLLEGAMENTI TRA I DIVERSI

GR AND HOTEL BILLIA LOBBY UNIT

LIVELLI E AMBIENTI FUNZIONALI.

PLUS THE FACING UNDERGROUND

OPENING PAGE. GR AND HOTEL

( Y E L L O W ), P A R C C L A D D I N G ), T H E

(W O O D BANQUE TING/

HOTEL

E VENTS HALL AND THE REDESIGNED GREEN ARE AS AND ROUTES CONNECTING DIFFERENT LE VELS AND ZONES.

ARE A HOUSING THE WELLNESS CENTRE.


142 / WORLD JOURNEY

Ottagono 273 09/2014

COSTRUIRE PAESAGGIO BUILDING LANDSCAPE Elisa Pegorin

PORTOGALLO, DAL NORD AL SUD L’ARCHITETTURA COME SEGNO COSTRUITO CONTRIBUISCE A DETERMINARE LA MORFOLOGIA DEL TERRITORIO E NE DIVENTA PARTE INTEGRANTE PORTUGAL, FROM NORTH TO SOUTH: ARCHITECTURE AS CONSTRUCTED INTERVENTION CONTRIBUTES TO SHAPING THE TERRITORY AND BECOMES AN INHERENT PART OF IT


WORLD JOURNEY / 143

© HUGO CARVALHO ARAÚJO

Ottagono 273 09/2014

È ormai acquisito che il ‘paesaggio’ – ovvero la relazione tra l’uomo (e dunque l’architettura) e l’ambiente che lo circonda – assume significati differenti secondo il contesto culturale. Diversa è la nozione di paesaggio nell’arco temporale – dall’antichità a oggi – come diversa è la sua percezione nelle culture occidentale o orientale. Considerando il ‘paesaggio’ come un sistema in continua trasformazione in conseguenza delle attività umane – prima delle quali l’architettura – è interessante l’analisi del contesto mediterraneo svolta da Armando Rabaça nel suo saggio Entre o corpo e a paisagem (Tra il corpo e il paesaggio) in cui l’architetto indaga, a partire dalla storia antica, come il costruire abbia sempre implicato un atto di reinterpretazione delle relazioni tra pieni e vuoti. È forse però vero che oggi il peso relativo dei termini coinvolti in questa operazione è cambiato. Lo testimoniano non poche esperienze dell’architettura contemporanea portoghese che, in radicale opposizione a un passato di diffusa (e a tratti indecorosa) antropizzazione del territorio, appaiono sempre più attente all’inserimento delle nuove costruzioni nell’ambiente, urbano o naturale che sia. Presentiamo in queste pagine sette progetti recenti realizzati in Portogallo, inseriti in altrettanti tipi – o per meglio dire topoi – di paesaggi diversi, e a diverse latitudini: nell’oceano delle Azzorre, lungo il fiume Douro, tra le colline della valle ‘dourense’, ai limiti di un bosco, ai margini del fiume Lima, tra i vigneti nei dintorni di Viseu, nelle distese secche delle piane dell’Alentejo. Ciò che accomuna questi progetti, che rispondono con linguaggi differenti a programmi molto diversi tra loro, è un atteggiamento che, come un filo rosso, si può seguire con continuità tra le diverse ‘scuole’ del Portogallo: la volontà di raggiungere un’integrazione tra architettura e luogo non attraverso la mimesi ma con un segno chiaro del costruito, pur tuttavia capace di restituire il senso di questo nuovo rapporto col paesaggio. Non a caso, la parola lugar in portoghese non indica un mero ‘luogo’, bensì tutte le sue caratteristiche culturali, materiche e spaziali che il locus porta in sé.

It is now well established that ‘landscape' – or rather the relationship between man (and therefore architecture) and his surrounding environment – takes on different meanings depending on the cultural context. The notion of landscape through time – from antiquity to the present – varies, as does its perception in eastern and western cultures. Considering ‘landscape' as a system that constantly mutates due to human influences – the first of these is architecture – the analysis of the Mediterranean context carried out by Armando Rabaça in his essay Entre o corpo e a paisagem (‘between body and landscape’) is stimulating. The architect sets out from ancient history to investigate how building has always implied an act of reinterpreting the relationships between solids and voids. However, it is perhaps true that the relative weight of the factors involved in this process has now changed. This is illustrated by a sizeable quality of examples in contemporary Portuguese architecture which, radically contrasting with widespread (and sometimes inappropriate) anthropisation of the local area, is growing ever more attentive to the way new edifices are included in their context, whether it be urban or natural. Here on these pages we present seven projects recently completed in Portugal, included within the same number of types – or rather topoi – of landscape, and at different altitudes: on the Azores near the ocean, along the Douro River, in the Douro Valley hills, on the edge of a wood, beside the Lima River, among the vineyards around Viseu, and on the dry rolling plains of the Alentejo. What these projects share is that they respond with different languages to contexts that vary from one other. This common denominator can be followed in continuity through Portugal’s various ‘schools’: the desire to achieve integration between architecture and place, not through imitation but with a clear constructed mark, one nevertheless capable of expressing the sense of this new relationship with the landscape. It’s no coincidence that the word lugar in Portuguese does not merely indicate a ‘place’, but also the cultural, physical and spatial features held within it. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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