DESIGN ARCHITECTURE MAGAZINE
Compositori Comunicazione s.r.l. - Mensile - Anno XLIX - ISSN 0391-7487 - Poste Italiane spa - Spedizione in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 LO/MI
268
I - € 10,00 GB - € 16,50 NL - € 17,50 D - € 18,00 F - € 17,00 E - € 12,00 P - € 14,85 USA - US$ 21,95 BR - BRL 55,00 HK - HK$ 140,00
distretto 2.0
ICONE DI CERAMICA INDUSTRY 2.0 CERAMICS ICONS
03 / 2014
FULL TEXT IN ENGLISH
KNIT DESIGN, LABORATORI DEL FILO KNIT DESIGN: YARN WORKSHOPS // SOCIAL THINKING: SOLUZIONI PER LA COMUNITÀ SOCIAL THINKING: COMMUNITY SOLUTIONS // MH WAY, THE MAKING OF MIX MATCH // OUTDOOR, ARREDO D’ESTATE OUTDOORS: SUMMER FURNISHINGS
36 / FOCUS ON
Ottagono 268 03/ 2014
SOCIAL
LIBERTÀ NELL’ACCESSO. Progettare soluzioni locali per sviluppare comunità autonome e dignitose. Le sfide future del sociale / FREEDOM OF ACCESS. Designing local solutions to develop independent and dignified communities. Future challenges in the social world
DESIGN Valentina Auricchio
Il sociologo francese Alain Touraine sostiene che stiamo entrando in una nuova era in cui i modelli passati si sgretolano e si forma un’alternativa sociale basata sull’etica, un mondo in cui la difesa dei diritti umani può essere il seme per ricreare legami comunitari. Chi ha avuto la fortuna di lavorare in progetti di cooperazione internazionale può sottoscrivere questa affermazione. La soddisfazione professionale che si ha quando, grazie al proprio operato, si formano nuove comunità è immensa e ripaga di tutte le fatiche dei lunghi mesi di sviluppo. L’etica di cui parla Touraine è alla base del lavoro, ma questo non vuol dire che siano progetti di volontariato, missionari o atti di carità, piuttosto strategie per avvicinare il modello sociale al modello economico. Il riscatto sociale e il benessere collettivo sono i fattori di sviluppo che motivano la realizzazione di progetti, dal prodotto multimediale all’architettura, che lavorano per migliorare la qualità della vita di comunità emarginate dal sistema economico globale. La persona è al centro esattamente come sosteneva
E. F. Schumacher nel suo libro Small is Beautiful (1973) in cui riteneva che fosse necessario generare un nuovo sistema di pensiero basato sull’attenzione alle persone, mentre i beni materiali e immateriali sarebbero venuti di conseguenza. In questo caso però è proprio la generazione di beni innovativi che innesca un cambio di tendenza e permette alle persone di evolvere. Gli obiettivi specifici di ogni progetto sono diversi, dalla formazione alla sanità, ma lo scopo sociale di ognuno è quello di capacitare le popolazioni locali per renderle autonome e libere di scegliere il proprio destino. Quindi non uno sviluppo imposto dall’alto, ma la creazione di strumenti e strutture per facilitare l’aggregazione e alimentare la dignità di gruppo. Una scuola per apprendere, una piazza per giocare, una piattaforma per vendere, un distretto per produrre, un ambulatorio mobile per curarsi, questi sono i progetti che abbiamo trovato e di cui vogliamo parlare per delineare una realtà internazionale molto ricca. Dal punto di vista metodologico i progetti condividono alcune strategie come ad esempio la
Ottagono 268 03/ 2014
co-progettazione, il coinvolgimento diretto della comunità nelle scelte progettuali e la necessità di partire dalle tradizioni per identificare un’identità territoriale perduta. Negli anni Settanta Victor Papanek, nel suo libro Design for the Real World (1972), indicava Buckminster Fuller come un designer che dedicava il 100% del suo lavoro a progettare per le necessità dell’uomo e suggeriva che gli altri designer potessero dedicarne almeno il 10%. Papanek non parlava solo di progetti per comunità emarginate, ma aveva uno sguardo molto più ampio sulla professione in tutte le sue applicazioni, dall’ecologia al design for all, tuttavia aveva sviluppato l’idea che i progettisti si fossero dedicati solo a una percentuale molto piccola della popolazione mondiale e che rimaneva il 90% della popolazione completamente ignorata dalla professione. Devo dire che il lavoro di Papanek negli anni è stato ignorato e messo da parte forse perché troppo estremo nelle sue affermazioni, ma rimane un punto di riferimento per coloro che desiderano approfondire il dibattito sulla progettazione sociale. Altrettanto interessanti e attuali sono i suoi libri sull’autoproduzione che miravano a democratizzare la professione, concedendo a tutti l’accesso a prodotti irraggiungibili perché troppo costosi. Il termine sociale è riduttivo perché culturalmente connota un determinato tipo di lavoro che non contempla un’analisi e un ritorno economico. La realtà invece ci insegna che solo grazie a un adeguato equilibrio tra valori sociali e requisiti economici si riesce a creare un modello di successo. Forse un giorno vivremo in un mondo senza modello economico, ma al momento, in questo mondo, è poco utile imbarcarsi in crociate utopistiche perché progettare vuol dire trovare soluzioni per un determinato contesto, accettando i limiti e le opportunità che si presentano di volta in volta. The French sociologist Alain Touraine claims we are moving into a new era where past models crumble and what is taking shape is a social alternative based on ethics; a world where defending human rights can been the seed to creating community ties. People who have been lucky enough to work on international co-operation projects may endorse this statement. The professional satisfaction stirred when new communities form through personal action is huge, fully compensating all the long months of development. The ethics Touraine speaks of are the foundations to this work, but this does not necessarily mean it involves missionary, volunteer or charity projects rather than strategies for narrowing the gap between the social model and the economic model. Social liberation and collective well-being are the development factors driving the implementation of projects – from multimedia
FOCUS ON / 37
products to architecture – that work to improve the quality of life in a community marginalized by the global economic system. The person is central, exactly as E.F. Schumacher stated in his book Small is Beautiful (1973): this author believed we needed to generate a new system of thought based on attention to people, while material and immaterial assets would come as consequences. However, in our cases it is precisely the generating of innovative assets that sparks a change in trend, and allows people to evolve. The specific aims of each project are different, from training to healthcare, but the social aim of every one of them is to empower local populations, to make them independent and free to shape their own destinies. Therefore, not development imposed from above, but the creation of tools and structures to facilitate socialization and to feed group dignity. A school for learning, a square for playing, a platform for selling, an industrial estate for production, a mobile clinic for health treatment – these are the projects we’ve found and want to talk about, to spotlight a very rich international reality. In terms of method, the projects share a few strategies, such as co-designing, direct community involvement in design choices and the need to set out from traditions in order to pinpoint lost local identity. Going back to the 1970s, Victor Papanek’s book Design for the Real World (1972) pointed to Buckminster Fuller as a designer who focused 100% of his work on designing for man’s needs, and suggested other designers could dedicate at least 10% of theirs to this purpose. Papanek was not speaking only of projects for marginalized communities, but had a much broader vision of the profession in all its contexts, from ecology to Design for All. Nonetheless, he developed the idea that designers were applying their know-how to benefit only a very small percentage of the world population and that 90% of this population was entirely ignored by the profession. I should say that Papanek’s work has been ignored and pushed aside over the years perhaps because he was too extreme in his statements; yet it does remain a cornerstone for those people wishing to go further into the debate on social design. Just as interesting and topical are his books on self-produced design, and these aimed to democratize the profession, enabling everyone to access items that were unattainable due to high price tags. The term ‘social’ is limiting since it has customarily been used to indicate a type of work that does not involve analysis and economic gain. Instead, reality teaches us that only thanks to adequate balance between social values and economic requirements can a successful model be created. Perhaps one day we will live in a world without economic models, but for the present, in this world, there is little advantage in embarking on utopian crusades, because designing means finding solutions for a specific context while accepting the restrictions and opportunities that arise in each single example. © RIPRODUZIONE RISERVATA
82 / DESIGN ENCYCLOPAEDIA
Ottagono 268 03/ 2014
K come
KNIT DESIGN OVVERO PROGETTARE CON UN FILO
OR DESIGNING WITH YARN Giovanni Maria Conti* in collaborazione con/in collaboration with Martina Motta*
Il lavorare a maglia oggi è un ambito progettuale frastagliato in cui esistono filatori, progettisti, tecnici, siti per l’approfondimento e il divertimento Knitting today is a complex design scenario in which there are spinners, designers, engineers, and sites for insights and fun
Ottagono 268 03/ 2014
Un filo che emerge da una maglia non è un difetto ma rappresenta il racconto della sua presenza. Il filo non è solo un insieme di fibre. Può essere l’elemento da cui prende forma un’opera d’arte, un oggetto tridimensionale, un prodotto da indossare. È un elemento carico di valenze simboliche ed è una delle prime immagini introdotte già dall’infanzia con la fiaba dei fratelli Grimm La bella addormentata nel bosco dove Aurora si punge filando con un fuso; il filo dunque rievoca il mondo della tessitura, della maglia, del fatto a mano, della tradizione. La maglieria usa diversi fili: di lana, di cotone, di lino. Ma anche i fili sintetici, le mischie di filo provenienti dalle piante o dagli animali. È forse uno dei saperi manuali più antichi al mondo; tutte le donne, giovani o meno giovani, ricche o povere, nubili o sposate, con i fili hanno realizzato nel tempo diversi oggetti: dai corredi nuziali a piccoli oggetti per i loro congiunti. “Fare la maglia significa saper attorcigliare il filo in un certo nodo, stringerlo in un punto e ripetere il gesto in modo seriale, salvo poi interrompere la serie con una variante e quindi tornare alla riproduzione multipla dell’identico. Bisogna saper applicare uno schema” (Silvana Annicchiarico, Tramate tramate, le streghe son tornate, in Dritto Rovescio, Electa Mondadori, Milano 2009, p. 10). Affinché oggi si possa parlare di design della maglieria, ovvero di progetti il cui scopo è quello di realizzare dei capi di abbigliamento sfruttando le tipicità delle tecniche realizzative per ottenere abiti capaci di esprimere lo spirito del tempo, è fondamentale comprendere che il passaggio del lavorare a maglia da hobby a progetto è la trasposizione di “una lavorazione prettamente manuale, un gesto apparentemente semplice che si può intendere come la metafora della stessa creatività umana che mette insieme artigianato e design, sensibilità estetica unita oggi all’evoluzione tecnologica ponendo l’attività del designer della maglieria a metà strada tra tradizione e modernità” (Annicchiarico ibidem). Specificando che il lavoro a maglia ai ferri prende il nome di aguglieria e la produzione attraverso macchine lineari artigianali o industriali prende il nome di maglieria industriale o maglieria confezionata, possiamo affermare che la sfida progettuale del design della maglieria sta nel comprendere come da un unico filo si possa realizzare un capo confortevole, portabile, desiderabile. La ricerca non si ferma solo alla scelta del
DESIGN ENCYCLOPAEDIA / 83
filato, del punto o della lavorazione ma parte dall’applicazione di un calcolo geometrico per generare una forma, in cui l’azione progettuale implica la conoscenza tecnica e l’utilizzo degli strumenti per la realizzazione del prodotto. Fino a oggi il lavoro a maglia è stato associato a qualcosa di antico, custodito nella manualità delle persone anziane che producono prodotti troppo spesso relegati a nicchie tipologiche specifiche; inoltre come ‘mestiere’, quello della magliaia, è sempre stato visto come un’arte minore da tramandare da nonna a nipote. In realtà, l’ambito della maglieria attualmente è ben altro; dai blog in cui apprendere come lavorare ai ferri, ai siti on line che promuovono crociere dove potersi rilassare, esprimere la propria creatività e ampliare le abilità manuali sferruzzando. In Italia è uno dei settori produttivi più ampi che nel tempo ha identificato ‘zone’ distrettuali diffuse come quelle intorno a Biella e Carpi, in cui si è sedimentata non solo una vasta conoscenza tecnica, mutuata da quel ‘saper fare’ tradizionale a mano, ma soprattutto un ricco tessuto industriale che ha partecipato a pieno titolo alla diffusione nel mondo del concetto di made in Italy quale sinonimo di alta ricerca e qualità. Da pochi anni all’interno del corso di laurea in Design della moda, nell’ambito della Scuola del Design del Politecnico di Milano, il design della maglieria è stato inserito all’interno del percorso formativo di primo livello, rappresentandone una sfida dal punto di vista sia della didattica che della ricerca perché significa approfondire un settore produttivo del made in Italy unico e con logiche produttive e industriali diverse da quelle del design tessile o della confezione. Se da un lato non esiste una ‘pratica’ codificata di progettazione della maglia, dall’altra possiamo affermare che il procedimento progettuale più consono prevede delle fasi quali il disegno, la realizzazione di prove sperimentali dei punti parallelamente alla realizzazione di modelli tridimensionali, quindi la ‘messa sulla macchina’ per ottenere la forma desiderata. Non a caso, se il capo di maglia è realizzato senza cuciture, è possibile sfilare tutto e riutilizzare il filo. Un filo che ci pervade – essere appesi a un filo, sul filo del rasoio, il filo del discorso, tirare le fila, per filo e per segno – che diviene mitologia come il filo di Arianna o la tela di Penelope per farsi design, specchio della cultura materiale contemporanea.
* Giovanni Maria Conti PhD, ricercatore presso il Politecnico di Milano, si occupa di Cross Fertilization tra moda e design ed è il responsabile del Laboratorio di Design della maglieria per cui svolge attività didattica e di ricerca. Visiting Researcher presso diverse università in India, in Cina, in Brasile, è segretario del corso di laurea in Design della moda della Scuola del Design. PhD, Politecnico di Milano researcher in fashion and design cross-fertilization, the head of the knitwear design laboratory for which he conducts teaching and research activities. Visiting researcher at several universities in India, China and Brazil. Secretary of the School of Design’s fashion design degree course. * Martina Motta Giovane designer laureata in Design del sistema moda al Politecnico di Milano, dopo la tesi di laurea magistrale in Knit Design ha scelto di proseguire la ricerca in questo campo: da allora segue gli studenti e i laureandi del Laboratorio di sintesi finale in Design della maglieria al Politecnico di Milano e si occupa dello sviluppo di progetti di abbigliamento e accessori in maglia. Young designer graduated in Fashion System Design at the Politecnico di Milano. After her thesis in Knit Design she chose to continue her research in this field: since then she has been assisting students in the Final Synthesis Studio of Knitwear Design at the Politecnico di Milano and deals with the development of design projects for knitted clothing and accessories.
106 / BACKSTAGE
Ottagono 268 03/ 2014
PROGET TO / PROJECT OSTELLO AL CURÒ / CURÒ HOSTEL L O C A L I TÀ / S I T E C O N CA D E L B A R B E LL I N O, VA L B O N D I O N E (BERGAMO) PROGET TO ARCHITET TONICO ARCHITECTURAL DESIGN PA O L O B E L L O N I PROGET TO E D.L. PER LE STRUT TURE DESIGN AND SITE ENGINEERING AND MANAGEMENT CED INGEGNERIA PROGET TO E D.L. PER L’IMPIANTISTICA SYSTEMS DESIGN AND ENGINEERING DIGIERRE
3
COMMITTENTE / CLIENT C A I - C L U B A L P I N O I TA L I A N O (SEZIONE DI BERGAMO) INIZIO LAVORI APRILE
/
FINE LAVORI AGOSTO
/
/
APRIL
/
S TA R T O F W O R K
2012
END OF WORK
AUGUST
2013
SUPERFICIE / AREA S U P E R F I C I E N E T TA 403 M 2 D I C U I 143 M 2 D I N U O V O I N T E R V E N T O / 4 0 3 M 2 N E T S U R FAC E A R E A , O F W H I C H 1 4 3 M 2 N E W LY B U I LT COSTO DELL’INTERVENTO
790000 €
RITROVO IN VETTA MOUNTAIN MEETING-PLACE Stefano Lento
/
COST
Ottagono 268 03/ 2014
BACKSTAGE / 107
L A P U L I T U R A D E L L E F A C C I AT E H A C O M P O R TAT O I L M I G L I O R A M E N T O D E L L E P R E S TA Z I O N I S TAT I C H E D E L F A B B R I C AT O E L A M E S S A IN PRISTINO DELLA TESSITURA M AT E R I C A . T H E FACA D E C L E A N I N G A LS O I M P R O V E D T H E E D I F I C E ’ S S TAT I C
P E R F O R M A N C E A N D R E - I N S TAT E D I T S O R I G I N A L M AT E R I A L S .
L’ospitalità è solo il primo proposito da tenere in conto nella progettazione di nuove strutture recettive, divenute ormai non solo luoghi di pernottamento ma anche presidi d’incontro tra genti e culture. Ne incarna l’idea l’ostello di Curò, posto nell’alta bergamasca, più precisamente a Valbondione, e voluto dalla sezione regionale lombarda del Club Alpino, in occasione dei 140 anni della propria fondazione. L’intervento, oltre a essere inserito nel piano di sviluppo per le nuove generazioni, è stato finanziato dalla Regione Lombardia, coadiuvata dal supporto della Fondazione Cariplo e dalla Banca di Credito Bergamasco. L’ostello è nella sua categoria quello posto a quota più alta in Italia (tra i primi in ambito europeo) e fa della contestualizzazione uno dei suoi principali punti di forza. Un’attenta analisi dei vicini insediamenti denuncia la natura
grezza di manufatti edificati con sola pietra e calce. Un valore non da poco se si considera che, tra le prime opere di lavorazione sul manufatto, l’architetto Paolo Belloni, non nuovo alla progettazione di strutture per il ritrovo e capace di mettere in scena un’architettura dalle forti tinte organiche, ha inteso ripulire le superfici dagli intonaci stratificatisi col tempo. Non solo pietra ma anche legno, si fondono in una struttura mista in cui l’esistente incontra il nuovo, senza per questo rinunciare ai necessari comfort di un organismo costruito; vengono usati cappotti isolanti capaci di ridurre al minimo il ponte termico altrimenti elevato, viste le rigide temperature del luogo. Le scelte formali corrono di pari passo a valutazioni di carattere funzionale quale l’incremento di superficie, utile a garantire un maggior numero di posti letto. L’attuale configurazione si
DALLE IMMAGINI SI EVINCE COME L E M U R AT U R E E S I S T E N T I S I A N O S TAT E L I B E R AT E D A G L I I N T O N A C I D I S U P E R F I C I E P E R L A S C I A R E A FAC C I A V I S TA L A S T R U T T U R A I N P I E T R A . T H E I M A G E S I L L U S T R AT E H O W T H E EXISTING WALLS WERE FREED FROM P L A S T E R T O R E V E A L N AT U R A L S T O N E STRUCTURE.
112 / ITALIAN JOURNEY
Ottagono 268 03/2014
ITALIAN JOURNEY / 113
Ottagono 268 03/2014
LA MATERIA CAMALEONTICA A C H A M E L E O N M AT E R I A L Valentina Croci
© LUCA CAPUANO
LA PIASTRELLA IN ITALIA, DALLE REALTÀ STORICHE A CARATTERE ARTIGIANALE ALLE INDUSTRIE AUTOMATIZZATE. TECNOLOGIE E DESIGN TRASFORMANO IL MATERIALE NATURALE AVVALENDOSI DEL SAPERE DIFFUSO NEI DISTRETTI. UN MADE IN ITALY CHE AFFRONTA LA CRISI CON UNA CRESCENTE VOCAZIONE INTERNAZIONALE TILES IN ITALY, FROM HISTORIC ARTISAN FIRMS TO AUTOMATED FACTORIES. TECHNOLOGY AND DESIGN TRANSFORM NATURAL MATERIALS, DRAWING ON THE KNOWHOW RESIDING IN INDUSTRIAL DISTRICTS. A MADE IN ITALY SECTOR TACKLING THE SLUMP WITH AN INCREASINGLY INTERNATIONAL VISION