DESIGN ARCHITECTURE MAGAZINE
Compositori Comunicazione s.r.l. - Mensile - Anno XLVII - ISSN 0391-7487 - Poste Italiane spa - Spedizione in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 LO/MI
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I - € 10,00 GB - € 16,50 NL - € 17,50 D - € 18,00 F - € 17,00 E - € 12,00 P - € 14,85 USA - US$ 21,95 BR - BRL 55,00 HK - HK$ 140,00
retail
NUOVI SPAZI PER IL CONSUMO NEW CONSUMER SPACES
11 / 2013
FULL TEXT IN ENGLISH
INTERACTION DESIGN, DOPO IVREA INTERACTION DESIGN, AFTER IVREA // RISCHIO SISMICO, EFFICIENZA ENERGETICA, ACCESSIBILITÀ E EDIFICI STORICI EARTHQUAKE RISK, ENERGY EFFICIENCY, ACCESSIBILITY AND HISTORIC BUILDINGS // ATELIERZERO ARCHITECTS, DEBUTTO A TRENTO ATELIERZERO ARCHITECTS, A DEBUT IN TRENTO // ILLUMINAZIONE D’AUTORE DESIGNER LIGHTING
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THIS
SHOP ROCKS
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La merce si moltiplica per scomparire, il consumatore si trasforma in utente e detta le sue regole, la tipologia si dissolve e lo spazio del commercio si trasforma in territori simbolici e metaforici
Goods multiply to the point of disappearing. Consumers become users and dictate the rules. Types clear away and the spaces of commerce turn into symbolic, metaphorical realms
RETAIL(E)SCAPE Francesca Murialdo *
Il significato e l’ambito del retail sono vasti quanto vaghi; retail è un termine condiviso con discipline e persone che si occupano di cose vicine ma diverse, e si fa fatica a definirne i contorni disciplinari1; crea diffidenza, ha troppa parentela con commerciale, parola che, chissà perché, sembra rappresentare la parte malevola della società capitalistica. Il nostro punto di osservazione si concentra sulla #pratica del consumo, ossia sul come e dove le persone interagiscono con i prodotti, e sullo #spazio per la merce, reale o virtuale che sia. L’invasione del territorio di contenitori commerciali a diversa scala e l’improvviso interesse per il disegno di questi spazi per lungo tempo confinati dalla cultura del progetto a un ruolo di secondo piano corrispondono alla comparsa sugli scaffali delle librerie di un enorme numero di pubblicazioni su carta patinata che testimoniano l’enorme investimento, sia economico che culturale, che si è concentrato in questi luoghi negli ultimi venti anni. Superiamo la catalogazione degli spazi in base alla loro supposta tipologia, che spesso risponde più a logiche comunicative che di localizzazione (flagship store, concept store, …), per indagare e vedere come questi si stanno trasformando e come tali mutamenti rispecchino nuovi #comportamenti d’acquisto e #modelli di consumo.
Lo spazio dedicato alle attività commerciali è per definizione multiforme, organizzato in molteplici scale, diluito tra diverse funzioni e ha man mano assunto nel corso del tempo forme derivanti da relazioni con il proprio intorno – fosse quest’ultimo fortemente caratterizzato o un non luogo – distinguendosi per la sua elasticità tipologica e raccogliendo al suo interno modalità qualitativamente e quantitativamente disomogenee: spazi di retail sono il mercato, il bazar, il singolo negozio, il grande magazzino, il centro commerciale, il supermercato e anche quello virtuale del web. Storicamente i luoghi del commercio sono tra gli spazi privilegiati in cui si sono discusse e messe in atto istanze sociali, economiche e politiche che hanno trasformato il mondo moderno; il ruolo, l’organizzazione e la forma di questi luoghi sono al tempo stesso specchio e precursore delle trasformazioni della società. Il negozio (o qualsiasi altra forma di spazio per il commercio) non può essere ridotto solo alla sua apparenza fisica ma la sua forma è il risultato di una sintesi di fattori economici, sociali e materiali. L’analisi degli spazi all’interno dei quali ci si relaziona con la merce è una chiave di lettura per l’analisi della società e una spia per comprendere quali siano le dinamiche che governano questi processi, che si
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riflettono sulle abitudini e sui mezzi di comunicazione. La storia del retail è la storia della società, delle sue regole e delle sue relazioni. Il negozio Knitže di Adolf Loos è tanto invitante quanto espressamente esclusivo, pensato per la classe sociale che ne avrebbe comprato i prestigiosi capi di abbigliamento; i department store, viceversa, sono stati realizzati per la classe media con l’idea che lo shopping si sarebbe trasformato in attività ludica, democratizzando servizi che fino a quel momento erano appannaggio solo dell’élite. Lo spazio contemporaneo della vendita, quindi, è un luogo complesso che integra al suo interno molteplici aspetti non solo spaziali e funzionali ma fisici, sociali, culturali ed economici che ne determinano il carattere e la specificità. È il luogo nel quale la cultura materiale e i bisogni dei consumatori si manifestano; territori simbolici e metaforici dove ciò che viene rappresentato è il valore, tutt’altro che intrinseco, della merce, non più solo la sua disponibilità. L’insieme di trasformazioni significative che investono oggi lo #spazio per la merce e la #pratica del consumo hanno importanti ricadute sia sull’organizzazione della nostra vita quotidiana, sia sulla forma delle nostre città. È evidente come sia in atto un radicale cambiamento da parte delle aziende, delle necessità del cliente, della tipologia della merce, del ruolo del punto vendita, degli strumenti di progetto: il negozio oggi non è più al termine di un processo di produzione ma al suo centro, interfaccia che traduce e rappresenta le istanze dei due protagonisti, le aziende e i consumatori, determinando un panorama in continua mutazione. The meaning and scope of retail is as vast as it is vague. The word retail is shared with disciplines and people doing things that are close but different. Precise disciplinary boundaries1 cannot be easily drawn. Retail inspires distrust, having too close a kinship with the word commercial which, for some reason, seems to stand in for capitalist society’s most malevolent aspects. Our vantage point focuses on the #practice of consumption: how and where people interact with products and #space for goods, whether real or virtual. Commercial enclosures on various scales are taking over local areas and these places are showing a sudden interest in design after long being relegated to the back burner of design culture. This corresponds to the appearance of a vast number of glossy publications on bookstore shelves evincing the huge cultural and economic investment concentrated in these places over the last two decades. Let’s dispense with cataloging spaces based on their supposed type, often having more to do with communication traits than spatial ones (flagship store, concept store,
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and so on). Instead let’s investigate how the spaces are changing and how these changes reflect new #buying behaviors and #consumption patterns. Spaces for commercial businesses are, by definition, many-shaped, organized on many scales, spread out between different functions. Over time, they have gradually taken forms based on relationships with their surroundings. This is true whether the surroundings are very distinctive or are a non-place, defined by type flexibility and encompassing non-homogenous quality and quantity. Retail spaces are a market, a bazaar, an individual store, a department store, a shopping center, a supermarket, and the virtual spaces of the Internet. Historically, the places of commerce have been special ones where social, economic, and political needs that have shaped the modern world have been presented and put into action. These places’ roles, organization, and form are at once mirrors and heralds of societal transformation. A store (or any other kind of space for commerce) cannot be reduced to its physical appearance alone, as it was shaped by a merging of economic, social, and material factors. Studying spaces in which we relate to goods can serve as a key to studying society. It can provide a clue to understand the dynamics that govern these processes, reflected in habits and communication tools. The history of retail is the history of society, its rules, and its relationships. Adolf Loos’s Knitže shop was as inviting as it was pointedly exclusive as it was designed for the social class who would buy its prestigious clothing. Department stores, in contrast, were made for the middle class with the idea that shopping would become a recreational activity, democratizing services that had theretofore been only for the élite. Contemporary retail spaces are complex places combining many aspects that go beyond the spatial and functional to be physical, social, cultural, and economic as well, shaping their personalities and specific traits. This is the place where the material culture and consumer needs show themselves. They go beyond being places where merchandise is made available to become symbolic, metaphorical realms where what is being represented is the value of the goods (which is anything but intrinsic). The combination of major changes currently affecting the #space of goods and the #practice of consumption have deep effects on how our lives are organized and the forms of our cities. A dramatic change is obviously underway in terms of companies, customer needs, types of goods, the roles of sale outlets, and design tools. Stores today are no longer the point of arrival of a production process. Instead, they are its center; an interface that translates and represents the needs of the two primary players – the companies and consumers – creating an ever-shifting landscape. © RIPRODUZIONE RISERVATA
* Francesca Murialdo Architetto, si divide tra laboMint e LA.BO.works, occupandosi di progetti – pensati, disegnati, realizzati, solo immaginati o scritti – come occasioni per sviluppare la ricerca sul design degli spazi. È docente alla Scuola del Design del Politecnico di Milano e ha da poco pubblicato il libro Practice of Consumption and Spaces for Goods. Architect, she spends her time between laboMint and LA.BO.works, working on projects – conceived, designed and built, or just imagined and written – that are pretexts for developing research on the design of spaces. She teaches at the School of Design at the Politecnico di Milano and recently published the book Practice of Consumption and Spaces for Goods.
NOTE/NOTES: 1. Il termine retail deriva dal francese retailler, ritagliare in piccoli pezzi e, per estensione, significa vendita di prodotti al dettaglio./The word retail comes from the French retailler: to cut in small pieces and by extension it means selling products individually.
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© SIMONE MUSCOLINO
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Museo Achille Castiglioni, ‘La memoria degli oggetti’, e1 (Exhibition Unit, IDII), Milano, 2005. Spostando le cuffie sul tavolo si attiva il videoclip riferito al processo che dalla prima prototipazione porta al prodotto finale. Museo Achille Castiglioni, ‘La memoria degli oggetti’, e1 (Exhibition Unit, IDII), Milan, 2005. When the headphones on the table are moved, the videoclip start up showing the process from the creation of the first prototype to the finished product.
Ha la spina? C’è un’interfaccia IT PLUGS IN? THEN IT HAS AN INTERFACE Stefano Mirti *
I congegni digitali comunicano con noi attraverso nuove tecnologie. Fare in modo che la nostra relazione con il dato congegno x sia piacevole e sensata è il territorio dell’interaction design Digital devices communicate with us through new technology. Interaction design’s domain is to make our rapport with these devices meaningful and pleasant
Per cinque anni (dal 2001 al 2005) in Italia abbiamo avuto uno dei centri più importanti del design nella sua versione globale: IDII, acronimo che sta a indicare Interaction Design Institute Ivrea. Un luogo singolare, definito da alcuni (più che correttamente) come un monastero e un aeroporto. Un monastero perché si era in un territorio appartato, una ‘zona’ ideale per poter lavorare in tranquillità e con metodo, senza alcuna distrazione; un aeroporto perché era un via vai continuo di persone che arrivavano e partivano dai luoghi più interessanti e improbabili (non di rado, anche discretamente esotici). Che cosa era IDII? Era un centro di ricerca fortemente voluto da Roberto Colaninno nel suo ruolo di amministratore delegato di Telecom Italia. Un’istituzione che operava su tre livelli: un master biennale in interaction design, un’unità di ricerca, cui si affiancava poi un’unità di progetto. Il design delle interfacce – in un periodo in cui nessuno sapeva che cosa fosse – declinato sotto forma di insegnamento (un centinaio di studenti diplomati nei cinque anni); una costellazione di ricerche su temi che erano ai tempi fantascienza
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Experientia Di Experientia si è parlato di recente sulle colonne di Ottagono (maggio n.260). È però importante menzionare questa società fondata a Torino da Pierpaolo Perotto, Mark Vanderbeeken, Michele Visciola e Jan-Christoph Zoels per la specificità che la caratterizza. Progettisti di grande qualità (e di successo) pongono al centro della ricerca le persone, il loro comportamenti e l’osservazione dei medesimi. Negli ultimi anni, le 35 persone di questo gruppo internazionale hanno lavorato con alcune delle aziende più importanti del mondo – tra le quali Alcatel-Lucent, Asus, Intel, Mozilla, Samsung, SAP, UniCredit, UNStudio – sviluppando progetti di user-research, etnografia, interaction design e strategic design. È anche molto interessante notare come le sfide più recenti vadano a incrociare il design con mondi tradizionalmente altri: la salute, l’urbanistica, i servizi finanziari e la mobilità. Il progetto inteso dunque come innovazione di prodotto, servizio e processo, mettendo le persone e gli utenti al centro. Experientia afferma che per progettare bisogna comprendere come vivono per davvero le persone. Adesso e nel futuro. Ne conseguono cinque aree di azione: visione/ comprensione/progetto/ prototipazione/testing. In Italia, tutto questo è cosa rara.
* Stefano Mirti Dopo laurea e dottorato al Politecnico di Torino e un post-doc alla Tokyo University, diventa lecturer alla Tama Fine Art University di Tokyo e professore associato all’IDII (2001-2005). Partner di Interaction Design Lab dal 2006 al 2012. Attualmente insegna design presso l’Università Bocconi di Milano, è direttore scientifico di Whoami, prototipo di scuola on line dell’Accademia di Design e Arti Visive Abadir di Catania, ed è partner di IdLab di cui è il responsabile delle attività di progetto. After his undergraduate and doctorate at the Polytechnic of Turin and a post-doc degree at Tokyo University, he became lecturer at the Tama Fine Arts University (Tokyo) and an associate professor at IDII (2001-2005). Partner at Interaction Design Lab from 2006 to 2012, he currently teaches design at the Bocconi University in Milan, he is the scientific director of Whoami, a prototype for an online school at the Academy of Fine Arts Abadir of Catania, and a partner at IdLab where he is in charge of design. @stefi_idlab on Twitter and Instagram
Experientia was already recently spotlighted in Ottagono’s pages (May, no. 260). But we can’t fail to mention this company founded in Turin by Pierpaolo Perotto, Mark Vanderbeeken, Michele Visciola, and Jan-Christoph Zoels given its uncommon traits. Top quality (and successful) designers put people, their behaviors and their observation thereof at the center of their research. The 35 people in this international group have worked with some of the world’s leading companies. Clients include the likes of Alcatel-Lucent, Asus, Intel, Mozilla, Samsung, SAP, UniCredit, UNStudio (to name just a few) for whom they develop projects on user-research, ethnography, interaction design and strategic design. It’s also fascinating to see how their recent undertakings cross design with worlds that are traditionally apart from it, such as healthcare, urban planning, financial services, and mobility. Design is taken to mean innovation in products, services, and processes, putting people and users at the center of focus. Experientia shows how, in order to design, we must understand how people really live. Today and in the future. This leads to five action areas: vision/understanding /design / prototyping /testing. In Italy, this is an uncommon thing. www.experientia.com
DE-GA Spa Building dashboard è un sistema di controllo e gestione delle risorse energetiche, pensato per un complesso in fase di costruzione a Torino. Gli utenti hanno accesso diretto a informazioni essenziali riguardanti notifiche e avvisi, disponibilità di servizi ecologici ad alto valore aggiunto, iniziative e attività dei condomini. DE-GA Spa Building dashboard is an innovative energy demand management system for a new, low-carbon-footprint real estate development in Turin, Italy. Users have quick access to relevant information concerning alerts and notifications, sustainable service availability, and the local community of residents.
Sopra. Prototipi di interfaccia utente intuitivi e self-learning per la TV on line ad alta definizione in 2D e in 3D per Alcatel-Lucent: servizi e offerte sono di facile accesso e il sistema di informazioni è goal oriented e non function oriented. Sotto. Un progetto per Intel sull’uso del tablet nel sistema sanitario. Lo screenshot mostra i profili dei pazienti e dati sul personale medico.
Above. Engaging, intuitive and self-learning user interface prototypes for AlcatelLucent’s high definition 2D and 3D Online TVs. Services and content offerings are easy to access, and the systems are goal-oriented rather than functionoriented. Below. A project for Intel analyzes tablets as innovation opportunities in the healthcare system. The screenshot highlights user interfaces that support doctor workflows and patient engagement.
© MARIA LUISA LADDAGO
118 / ITALIAN JOURNEY
Ottagono 265 11/2013
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ITALIAN JOURNEY / 119
INNOVARE LE PRESTAZIONI NEL RISPETTO DELL’ESISTENTE BETTER PERFORMANCE WHILE RESPECTING T H E PA S T Keoma Ambrogio
MIGLIORAMENTO VS ADEGUAMENTO, UN GIUSTO EQUILIBRIO TRA ISTANZE CONSERVATIVE E PRESTAZIONALI IMPROVEMENT VS CONFORMITY. THE RIGHT BALANCE BETWEEN CONSERVATION AND PERFORMANCE
142 / SHORT STORIES
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Opera prima DEBUT WORK Paolo Ceresatto photo Tommaso Giunchi
I giovanissimi Atelierzero Architects ridisegnano i confini della Galleria Civica di Trento. Grazie al MART diretto da Cristiana Collu The bright young Atelierzero Architects redraw the boundaries at Trento’s Galleria Civica. Thanks to the MART, helmed by Cristiana Collu
SEZIONI TRASVERSALI / CROSS SECTIONS
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A soli 28 anni, i tre soci di Atelierzero Architects firmano la loro prima realizzazione importante, il restyling degli spazi della Galleria Civica di Trento, recentemente entrata a far parte della costellazione del MART, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Alessandro Triulzi, Stefano Grigoletto e Piermattia Cribiori, tutti classe 1985, si sono conosciuti sui banchi del Politecnico di Milano, sede di Milano Bovisa, e dopo la laurea nel 2009 hanno seguito percorsi diversi. Piermattia vola in Giappone alla corte di Kengo Kuma e poi, tornato in Italia, comincia a collaborare con lo studio dell’architetto Tommaso Giunchi occupandosi tanto di architettura che di fotografia. Stefano nel frattempo collabora a tempo pieno con Operastudio Architetti Associati seguendo soprattutto la parte relativa ai tanti concorsi cui lo studio partecipa; dimensione progettuale che lo porterà in seguito a lavorare anche con lo Studio Boeri. Alessandro invece si divide tra il cantiere – lavora come project manager e site director per un’impresa di costruzioni – e l’università, dove è professore a contratto e membro di un team che si occupa della valutazione dell’impatto sismico sul costruito storico. La passione per l’insegnamento li accomuna tutti e, da prima della fine degli studi, prestano il loro tempo alla didattica come assistenti in diversi laboratori di progettazione del Politecnico. Il sogno della libera professione è però un richiamo irresistibile, “l’approdo naturale a cui tutti e tre volevamo giungere nel più breve tempo possibile, perché la gavetta nei grandi studi serve ma prima o poi bisogna cominciare e prendersi le proprie responsabilità”. Nel 2010 iniziano a mettersi alla prova con piccoli
SHORT STORIES / 143
In apertura. Alessandro Triulzi, Stefano Grigoletto, Piermattia Cribiori nel cantiere della Galleria.
Opening page. Alessandro Triulzi, Stefano Grigoletto and Piermattia Cribiori at the gallery construction site.
SEZIONE LONGITUDINALE / LONGITUDINAL SECTION