Davide Ludovisi
Il potere dei dati IL DATA JOURNALISM E LE NUOVE FORME DEL COMUNICARE
Libertà è la libertà di dire che due più due fa quattro. Garantito ciò, tutto il resto ne consegue naturalmente. George Orwell, 1984
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“Fa piuttosto schifo. Non so bene cosa sia, ma proprio non va”: talvolta ci troviamo preda di una sensazione simile. Può capitarci, soprattutto se non siamo esperti, di fronte a un’opera d’arte, un film, una pietanza, un libro. La medesima sensazione è provocata spesso dal giornalismo, e in particolare da quello nostrano, che forse emerge più di quanto dovrebbe. È pur vero che noi italiani tendiamo a combinare l’esterofilia a un’attitudine all’autocritica (in genere autoassolutoria), tuttavia provando a confrontare l’informazione prodotta dalle grandi testate italiane (quelle online in primis) con quella delle corrispettive inglesi, americane, spagnole, tedesche, francesi, possiamo affermare che il nostro giornalismo non fa una gran figura. Cosa c’è che non va, allora? Come mai l’informazione prodotta nel nostro paese è molte volte un concentrato di approssimazione, commenti inopportuni e scarso rispetto per i lettori, nella disperata e goffa ricerca di un click a ogni costo? Non vanno tante cose, e questo libro non le potrà elencare tutte ma solo suggerirne alcune. O meglio ancora, tenterà di illustrare un approccio un po’ diverso e relativamente nuovo di intendere il giornalismo: il data journalism. Si tratta, in sostanza, di applicare il rigore dell’analisi e della gestione dei dati all’informazione, utilizzando gli strumenti dell’evoluzione tecnologica, potenziando spesso l’interattività con il lettore attraverso il multimedia.
Rileggere quest’ultima frase tutta d’un fiato fa un certo effetto. In realtà, banalizzando un po’, stiamo semplicemente usando un’etichetta, data journalism, per definire un metodo giornalistico particolarmente focalizzato sui recenti cambiamenti tecnologici – derivanti soprattutto da Internet – e che fa largo uso della statistica. Avremo modo di renderci conto, in realtà, di quanto limitanti siano questi tentativi di definizione.
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È quindi il data journalism la soluzione al cattivo giornalismo? No. Tuttavia può rivelarsi utile nel migliorarlo, tanto quanto una penna che scrive bene può essere utile a prendere appunti (se si scrivono idiozie rimarranno comunque tali, ma ci sarà pur sempre bisogno di penne nuove...). Ho voluto realizzare questo libro prima di tutto per capire, e per raccontare ciò che ho capito. Non ha la pretesa di essere esaustivo, ma di offrire un punto di vista esterno di un mondo in costante e rapida evoluzione, contestualizzandolo nell’ambito dell’informazione più in generale, presente e passata (con un pizzico di futuro). Nel fare questo ho intervistato un sacco di gente esperta, che offrirà uno spaccato molto interessante dei vari ambiti che il fenomeno del data journalism va a toccare. Nella prima parte si cercherà di fare un po’ il punto sulle conseguenze che la recente rivoluzione digitale ha portato al mondo del giornalismo, e quali sono le radici di ciò che chiamiamo data journalism. Nella seconda parte affronteremo il grande tema degli open data, cosa rappresentano per la libertà di espressione, anche con l’aiuto di diversi esempi che mostrano come sono stati utilizzati per fare informazione, non necessariamente giornalistica in senso stretto. Nella terza parte daremo un’occhiata a cosa c’è nella
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cassetta degli attrezzi di un data journalist, quali sono gli strumenti e le tecniche più utilizzate, sia per la gestione che per la visualizzazione dei dati. Nella quarta parte vedremo che succede quando il gioco si fa duro: si parlerà di WikiLeaks, di Edward Snowden, e della potenza (nonché dei rischi) delle inchieste di data journalism. Nella penultima parte, la quinta, proveremo a immaginare gli scenari di questo tipo di giornalismo a livello internazionale, anche sulla base di quanto accaduto finora nel mercato editoriale. Infine, nella sesta parte, ci occuperemo di casa nostra, di cosa sta o non sta succedendo in Italia, con diverse – e belle – sorprese.
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