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LA CHIMICA CHE GUARDA AL FUTURO È VERDE

di Giovanni Abramo

LA CHIMICA CHE GUARDA AAAA AAAAAAA AL FUTURO È VERDE

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Aarte del gruppo Trillium dallo scorso anno, Gabbioneta Pumps fa risalire la sua storia alla fine dell’Ottocento. Per decenni si è occupata del fluido acqua, entrando circa cinquant’anni fa nel mondo del petrolio e dei suoi derivati. Oggi svolge la sua attività nella sua bellissima sede di Nova Milanese, inaugurata nel 2016, dalla quale le pompe escono con destinazione mondo nei settori dell’energia, dell’Oil&Gas, della gestione delle acque industriali e dell’industria in generale. La presenza del gruppo Trillium sul mercato consente

CON L’AIUTO DELL’ING. GIACOBBE BRACCIO, ESPERTO DI QUESTO TEMA ALL’INTERNO DI ENEA, PROVIAMO A CAPIRE LO STATO DELL’ARTE E LE PROSPETTIVE DELLA CHIMICA VERDE, QUELL’AREA DI STUDIO E SVILUPPO FINALIZZATA ALL’ELIMINAZIONE DELLE SOSTANZE PERICOLOSE DALLA FILIERA DELLA CHIMICA. all’azienda di proporsi come “One-Stop Shop” per i IL SUO IMPATTO È contesti applicativi più disparati, con soluzioni che INFATTI ENORME SUI FRONTI DELL’INDUSTRIA, comprendono progettazione e project management, supply chain, produzione e servizio post vendita. DELL’ENERGIA E DEL Logistica Management: Inquadrato brevemente il profilo CONSUMO, ANCHE dell’azienda, vediamo come si svolge la sua supply chain COME PERCEZIONE E con riferimento al modello produttivo ETO, e cominciamo ASPETTATIVE DA PARTE DEL MERCATO come di consueto dalla logistica e dalla gestione dei materiali. Paolo Macchi: I nostri prodotti nascono principalmente dall’assemblaggio di componenti ottenut

A COLLOQUIO CON:

Ing. Giacobbe Braccio, dipendente Enea dal 1987, esperto di fonti rinnovabili, in particolare biomasse ed energia solare.

Attualmente responsabile della divisione bioenergie, bioraffinerie e chimica verde, costituita da circa settanta ricercatori strutturati con attività di ricerca finalizzate alla valorizzazione delle biomasse e degli scarti agricoli per la produzione di energia elettrica/termica, biogas/biometano, biocarburanti avanzati e intermedi chimici, a supporto anche del sistema agroenergetico e agroindustriale per aumentarne la produttività e redditività economica. Il tutto attraverso il frazionamento delle biomasse e l’utilizzo di processi chimici e biotecnologici proiettandone lo sviluppo nella direzione delle bioraffinerie.

La chimica verde è una particolare concezione che rappresenta le fondamenta su cui si basano gli studi della chimica e dell’ingegneria chimica focalizzata sulla progettazione di prodotti e processi che riducono al minimo o eliminano l’uso e la generazione di sostanze pericolose. Per approfondire l’argomento ne abbiamo parlato con l’ing. Giacobbe Braccio, che all’interno di ENEA ha la responsabilità della divisione bioenergie, bioraffinerie e chimica verde. Costituita da circa settanta ricercatori strutturati con attività di ricerca finalizzate alla valorizzazione delle biomasse e degli scarti agricoli per la produzione di energia elettrica/termica, biogas/biometano, biocarburanti avanzati e intermedi chimici, la divisione supporta anche il sistema agroenergetico e agroindustriale per aumentarne la produttività e redditività economica. Il tutto attraverso il frazionamento delle biomasse e l’utilizzo di processi chimici e biotecnologici proiettandone lo sviluppo nella direzione delle bioraffinerie.

Chimica Magazine: Prima di addentrarci nel discorso chimica verde, possiamo definire che cosa si intende per bioeconomia, da quando se ne è iniziato a parlare e con quali obiettivi?

Giacobbe Braccio: Per bioeconomia si intende l’utilizzo sostenibile di risorse rinnovabili di origine biologica per la produzione di materia e/o energia. L’uomo da sempre ha fatto uso della bioeconomia per soddisfare i propri bisogni, in maniera più o meno sostenibile, fino all’inizio dell’era antropocene, quando l’uomo ha iniziato a usare quasi esclusivamente le fonti fossili.

CM: Uno dei principali strumenti per attuare gli obiettivi della bioeconomia è operare per una chimica verde. Può dirci cosa si intende per chimica verde?

GB: La chimica verde si distingue dalla chimica grigia per l’approccio utilizzato nella progettazione e produzione di prodotti chimici e punta a ridurre o eliminare la produzione di sostanze nocive per il pianeta terra, gli ecosistemi e le emissioni climalteranti. Essa si caratterizza per l’approccio utilizzato nella progettazione e produzione di prodotti chimici che include: - Impiego di fonti rinnovabili, non fossili, preferibilmente di tipo residuale. - Impianti di piccola taglia distribuiti. Questo consente la valorizzazione di risorse/rifiuti locali eventualmente disponili riducendo l’impatto dovuto al trasporto e allo stoccaggio. - Processi a basso consumo altamente integrati e ad alta efficienza. - Processi in cui viene massimizzato il riciclo di alcune correnti (es. l’acqua) riducendo al massimo l’impiego di nuove risorse. - Processi caratterizzati da un minore livello di emissioni (anche attraverso maggiore controllo on line e abbattimento). - Impiego di catalizzatori al posto dei reagenti con la prospettiva di recuperarli e riutilizzarli a fine processo. - Riduzione dei solventi e sostituzione dei solventi, possibile sviluppando processi di sintesi che impieghino l’acqua o utilizzando “solventi” alternativi come i fluidi supercritici, liquidi ionici e i solventi eutettici profondi (DES). - Prodotti finali caratterizzati da una minore tossicità. In questo settore confluiscono quindi diverse tecnologie, comprese sia le biotecnologie che le tecnologie chimiche e chimico-catalitiche caratterizzate da un miglioramento in termini di sostenibilità complessiva.

CM: Qual è la situazione attuale in Italia?

GB: La situazione italiana è positiva. Nel 2020 le attività connesse alla bioeconomia hanno generato quasi 320 miliardi di euro, occupando circa 2 milioni di persone. In particolare, circa 70 miliardi sono stati generati da settori quali tessile bio-based (25 miliardi), chimica bio-based (5 miliardi), gomma e plastica bio-based (2 miliardi), bioenergia (3.5 miliardi) e valorizzazione rifiuti biodegradabili (7.4 miliardi) (dati Rapporto Federchimica).

CM: La chimica verde rappresenta un rischio o un’opportunità? Può rappresentare a suo avviso un motore per l’economia circolare?

GB: La vera sfida è sostenere la ripresa e diminuire il consumo delle risorse. La chimica verde può rappresentare una vera opportunità se accoppiata a politiche in grado di innescare una rivoluzione culturale, che va oltre anche il concetto di economia circolare. Gli scienziati si occupano di mettere a punto nuove tecnologie sempre più sostenibili, ma sta alla politica definire una strategia di medio-lungo periodo in grado di disaccoppiare la crescita economica del Paese dal consumo delle risorse. Chimica verde ed economia circolare rappresentano quindi due pezzi dello stesso puzzle: utilizzo virtuoso delle risorse nel rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi. Più specificatamente, l’obiettivo chiave della transizione ecologica è la decarbonizzazione dei settori produttivi. Se la decarbonizzazione del settore energetico punta all’introduzione di tecnologie “distributive” basate sull’impiego dell’idrogeno già nel prossimo decennio, la decarbonizzazione del settore della chimica verde passa attraverso l’incremento del carbonio rinnovabile nelle produzioni chimiche. In generale un’efficace transizione ecologica in tutti i settori richiederà una trasformazione incrementale che passerà, anche nel settore dell’energia, attraverso l’impiego di biocarburanti di seconda generazione o prodotti di tipo drop-in. Numerose sono le sfide a carico della ricerca scientifica chiamata anche a sviluppare percorsi congiunti con il settore produttivo e i decisori politici. Gli equilibri geopolitici degli ultimi mesi, in seguito alla guerra, hanno enfatizzato non solo le criticità energetiche del nostro paese, ma anche quella di beni di prima necessità come il grano per il quale arriva dall’Unione Europea il via libera all’incremento delle semine. Tutto questo sarà associato verosimilmente a un incremento anche di sottoprodotti delle lavorazioni al quale sarà necessario dare una vita utile. Queste materie prime residuali insieme a quelle derivanti dalla gestione dei rifiuti solidi urbani potranno offrire l’opportunità per sviluppare filiere locali e possono dare un contributo alla diversificazione degli approvvigionamenti e la creazione di percorsi virtuosi in cui i cascami di processo diventano carbonio organico da restituire ai suoli sotto forma di ammendanti o biostimolanti. Tutto questo però richiede un adeguamento anche del sistema normativo che deve sia stabilizzare il mercato lato domanda sia fornire riferimenti normativi nuovi rispetto ai nuovi bioprodotti che possono essere immessi.

CM: Quali sono le proiezioni per il futuro? GB: La guerra in Ucraina ha innescato una crisi economica ed energetica alla quale bisogna rispondere, a livello europeo, con una strategia industriale in grado di diversificare l’utilizzo delle risorse e valorizzare le peculiarità del territorio europeo. Alcune missioni e strategie erano state definite a valle dell’emergenza pandemica. La guerra in Ucraina ci obbliga a rivederle e proporre una nuova visione per l’Europa, soprattutto in termini di energia e consumo di materie prime. CM: Adesso spostiamoci sul quadro normativo. Qual è la situazione attuale? GB: L’utilizzo di residui per dar vita a materiali di uso comune è un aspetto fondamentale nella revisione della direttiva UE sui rifiuti, che prevede la riduzione della quantità di rifiuti da smaltire in discarica al di sotto del 25%, entro il 2025, con precisi target di gestione su rifiuti riciclabili e biodegradabili (tal quali) e un tendenziale azzeramento dello smaltimento in discarica entro

Chimica verde ed il 2030. Inoltre con il decreto legislativo economia circolare numero 199 del 8 novembre 2021, viene rappresentano due pezzi recepita in Italia la direttiva 2018/2001 dello stesso puzzle: utilizzo UE sulle energie rinnovabili nota anche virtuoso delle risorse nel come RED2. Con tale atto inizia uffirispetto dell’ambiente e cialmente in Italia il percorso che deve degli ecosistemi portare all’adozione di un nuovo quadro legislativo. Le nuove norme devono supportare il conseguimento degli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e supportare soprattutto l’obbligo del raggiungimento dei target del piano nazionale energia clima (PNIEC), attualmente in fase di riformulazione in seguito alla presentazione e attuazione del piano “Fit to 55” e “RepowerEU”. Nel campo energetico la bioenergia, ossia l’energia ottenuta dallo sfruttamento delle biomasse, svolgerà un ruolo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi che l’UE si è prefissata. CM: In conclusione, che cosa si aspetta dal legislatore nel prossimo futuro? GB: Un quadro normativo chiaro e stabile e di medio periodo, a supporto di una strategia industriale condivisa a livello europeo, fondata su azioni complementari e tra di loro dipendenti.

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