Camminare

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Ristampa Luglio 2013 Prima edizione Luglio 2005 ISBN 978-88-96634-75-2 Copyright © 2013 VERSANTE SUD S.r.l. Milano via Longhi, 10, tel. 027490163 www.versantesud.it I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina Il gruppo delle Pale di San Martino dal Passo Rolle (Archivio ApT San Martino di Castrozza, Passo Rolle, Primiero e Vanoi – foto Studio Bazan) Testi

Samuele Scalet

Tracciati ed elaborazioni fotografiche

Samuele Scalet

Disegni delle “Guane” e altri

Stefania Turato

Disegni del “Mazarol”

Giuliana Turra

Cartoline

Collezione Giuliano Conci

Segnaletica dei sentieri

SAT e Parco

Simbologia

Carolina Quaresima

Stampa Stampa Sud Spa

Nota L’escursionismo è un’attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, tuttavia vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta da persone esperte, prima di intraprendere qualsiasi escurisione.


Samuele Scalet

CAMMINARE Sentieri nelle Valli di Primiero San Martino Pale di S. Martino Rolle e Vanoi

EDIZIONI VERSANTE SUD


Indice Presentazione 8 Simbologia 14 Informazioni utili 15 L’iiresistibile fascino del camminare 16 Primiero nella storia 21 Gli statuti della Comunitas 26 Le miniere 29 Le malghe 33 Il Parco Naturale di Paneveggio Pale di San Martino 38 I Paesi 40 La grande guerra racontata da... 62 Le cartoline raccontano 68 Una passeggiata del dialetto 74 Introduzione tecnica 76

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PERCORSI A PIEDI Bassa Valle Media Valle Cereda Val Canali San Martino Rolle Pale di San Martino Vanoi - Lagorai

(1-11) 84 (12-33) 108 (34-45) 146 (46-55) 170 (56-70) 196 (71-77) 220 (78-108) 236 (109-120) 290

Tabella riassuntiva dei percorsi

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U

na guida non soltanto per coloro che giĂ conoscono, amano e frequentano queste valli e queste montagne, ma soprattutto per quanti desiderano scoprirne lo splendore segreto percorrendo itinerari facili o di avventura.

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I Paesi

IPrefazione Paesi Fiera di Primiero

Dei dieci paesi della valle, Fiera è l’ultimo sia in ordine di tempo che per dimensione e popolazione. Tutto il comune possiede infatti una superficie di appena 0,15 km2, pari a 500 m x 300 m, e una popolazione che non arriva a 600 fieracoli. Così si chiamano infatti gli abitanti di Fiera, ed è un termine probabilmente coniato dagli altri paesani invidiosi, non sempre benevolo perché in certi contesti significa una cosa come ‘stracapiaze’, ma non è appropriato in generale. Diciamo piuttosto che i fieracoli sono, o meglio erano, un po’ i signorini della valle dato che gli altri sono prevalentemente contadini e boscaioli. Il nuovo centro abitato nacque nella seconda metà del 1400, costruito dai Canopi venuti dal Tirolo del Nord per lavorare nelle miniere. Essi vi rimasero fino alla fine del 1700, primi ottocento, poi con l’inizio della decadenza delle miniere se ne andarono in parte, presto rimpiazzati da professionisti, commercianti, locandieri, trafficanti. La loro presenza è ancora riconoscibile dai cognomi tedeschi oggi sparpagliati in tutti i paesi della Valle come Bancher, Brandstetter, Broch, Cosner, Doff, Feldkircher, Ganz, Gubert, Iagher, Kaltenhauser, Kinspergher, Loss, Mott, Moz, Obber, Orler, Orsingher, Ploner, Schweizer, Taufer, Trotter. Per primi, nel 1400, vennero costruiti dai Canopi la chiesa, conosciuta anche come La Pieve di Primiero, e il Palazzo delle Miniere nell’unico terreno sopraelevato libero e abbastanza sicuro, poi, contrariamente a quanto avviene di solito, venne costruito tutto il resto del piccolo borgo. Ossia le abitazioni, dei magazzini, piccoli laboratori. Ma dove? L’unico terreno senza padrone era rimasto quello in basso vicino alla confluenza del Cismon con il Canali; una distesa sassosa 40

periodicamente invasa dai capricciosi allagamenti dei due torrenti, utilizzato soltanto di rado per i mercati periodici delle Fiere. I coraggiosi Canopi, per primo costruirono un buon argine verso il Cismon, per strappare all’acqua l’unico spazio libero. In un secolo il nuovo borgo aveva messo solide radici, tanto da divenire il centro commerciale e amministrativo della valle. Nel 1500 i Welsperg vi fecero costruire il loro palazzo, residenza alternativa al Castello e questo sancì ufficialmente il nuovo ruolo centrale di Fiera. La chiesa, terminata nel 1493, e il Palazzo delle Miniere sono di gran lunga ciò che di meglio è stato fatto a Fiera dal lato urbanistico. Lo stile della chiesa è uno dei migliori esempi di gotico addolcito dalla luminosa armonia latina, lontano dall’austerità cupa del gotico tedesco, riecheggia quello del Duomo di Schwatz in Austria, il paese di provenienza dei Canopi. All’esterno

Stupendi balconi fioriti a Fiera h


si presenta con linee semplici e disadorne che esaltano l’arditezza del campanile e lasciano spazio alla riflessione interiore. L’interno affascina per l’armonia delle parti, la semplicità e la bellezza delle linee e la sapiente distribuzione della luce. Costruita con dovizia di mezzi e decorata dai migliori artisti dell’epoca, si racconta che in una colonna delle chiesa sarebbe stata murata una somma in fiorini d’oro che permetterebbe l’immediata ricostruzione se una calamità la distruggesse! Dedicata a Maria Assunta, di particolare rilievo religioso e artistico si presenta il trittico ligneo dell’altar maggiore, scolpito dal Maestro Narciso da Bolzano, che racconta i passi salienti della storia di Maria, permanentemente esposto ai visitatori della chiesa. Insieme all’immagine, segue una breve descrizione dovuta a don Stefano Fontana. «La cassa divisa in tre sezioni contiene nella centrale, più larga e profonda, sotto un ricco baldacchino sporgente, la coronazione della Vergine in figure libere, parte ad alto rilievo. Il Padre accanto al figlio, con il mondo, lo scettro e la barba fluente, in posa ieratica, sotto la simbolica colomba, incorona la Madonna inginocchiata. Nello sfondo, più in alto, tre angeli sostengono un tappeto d’oro, ben panneggiato e foderato di rosso. Anche il manto ampio e strascicato della Vergine, in sottoveste azzurra, viene sollevato da

due angeli. Un velo bianco le cade sulle spalle lasciando libera la capigliatura, che si nota, come nelle altre figure, folta e ondulata. I movimenti sono contenuti, parlanti e veri. Le sezioni laterali, tagliate a metà in due zone portano quattro pannelli con baldacchino. Nell’Annunciazione risulta lo straricco abbigliamento dell’Arcangelo; nella Visitazione possono sorprendere le maniche larghe e pesanti di S. Elisabetta che porta un’ampia cuffia a turbante. Nella Nascita la luce irradia dal bambino sulle vesti della madre; al di sopra tre angeli librati nell’aria con lungo cartiglio. La Circoncisione, la rappresentazione migliore, presenta un sacerdote con strana copertura del capo, che offre al sommo sacerdote vestito d’indumenti vescovili il Bambino in un panno bianco. Dietro due donne con veli candidi. Chiude la scena un tappeto pendente dalla parete. Sulle portelle vi sono incisioni di valore molto più modesto». Il Palazzo delle Miniere, costruito nello stesso periodo della chiesa è una magnifica e severa costruzione gotica nello stile del castello, con mura merlate, feritoie e porte di grande spessore. Chiuse le miniere, cambiò diverse destinazioni. Attualmente, dopo un intelligente restauro, è diventato un museo con sale per incontri e manifestazioni culturali. I Canopi, l’amministrazione e la servitù Welsperg

L’antico ingresso di Primiero in un bassorilievo conservato presso l’Hotel Iris h 41


I Paesi

di origine tirolese diedero origine a un’isola tedesca circondata da popolazioni che parlavano un dialetto prevalentemente italiano, frammisto di termini tedeschi tanto che fino ai primi ottocento il sindaco veniva chiamato Burgermeister. Fiera però divenne ben presto il centro d’attrazione di commercianti, persone facoltose in cerca di buoni investimenti, operai in cerca di lavoro e intellettuali di origine italiana, tant’è che alla fine prevalse l’italiano. Fiera, nata tedesca, alla vigilia della prima guerra mondiale diventò irredentista, ma continuò a essere un’isola, quasi un corpo estraneo nella comunità. Mentre gli altri comuni avevano a capo un marzolo ciascuno, Fiera, forse per una questione di bilinguismo, fino al 1647 nominava due “deputati” e in seguito un Burgermeister eletto a san Silvestro per un anno. Il primo sindaco, nel 1648, fu Gian Batta Vidali che diede un segno di buon vicinato decidendo di fare la festa di S.to Antonio da Padova in unione con i marzoli. Ma questa era soltanto la facciata, in realtà Fiera continuava a rifiutarsi di contribuire alle spese comuni per guardie, sanità, strade, riunioni, visite pastorali, missioni, ecc. La controversia con il resto della Comunità

h Il campanile della chiesa e il Palazzo delle Miniere in una classica vista dalla Rivetta 42

si concluse nel 1682 con un arbitrato del bar. Sigismondo Welsperg tra i procuratori di Fiera, Francesco Leporino e Benedetto Piazza e quelli della Comunità Zuane Scalet e Zambana dei Micheli. Fiera diventò la quinta regola e si stabilì solennemente che la sua contribuzione alle spese sarebbe stata proporzionale al numero dei suoi abitanti come per le altre quattro regole. Fiera cessò di essere un paradiso fiscale e mise in regola il suo registro dell’estimo. Il centro di Fiera si affaccia con negozi, uffici e abitazioni su Via Terrabugio, Via Guadagnini e Via Fiume ed è collegato alla parte storica della Chiesa e del Palazzo delle Miniere dalla Rivetta. Quest’ultima è famosa per due ragioni: perché offre un magnifico scorcio del Palazzo delle Miniere e del campanile e per il suo disastroso incendio del 1902. Vi lascio al vivo racconto di don Musner, cappellano di Fiera: «Nel silenzio della notte, verso le dieci, fu notata una colonna di fumo e fuoco salire dal tetto della casa attigua al bel palazzo Piazza a metà della via. Risuonò il grido d’allarme e la gente cominciò ad accorrere. Anche dalle ville al bagliore del fuoco e al richiamo delle campane

h La Residenza Welsperg del 1500 a Fiera


confluirono volonterosi, ma le fiamme più rapide, quasi sospinte da una forza occulta s’erano impadronite dei tetti vicini e in un batter d’occhio l’incendio aveva preso proporzioni spaventevoli. I primi arrivati si precipitarono nelle abitazioni a svegliare, a condur via vecchi e bambini prima che restassero vittime della vampa irruente che passata dall’altra parte della strada accresceva le rovine. In mezzo al crepitar delle fiamme, allo scrosciar delle travi, al martellar delle campane, saliva il

grido concitato dei pompieri e quello straziante della gente inebetita. … Soltanto verso le due del mattino il fuoco potè essere circoscritto… L’intera Rivetta, fino alla Casa Goldwurm, Weiss, all’Osteria al Mercato sullo stradone era diventata un campo orribile di fumo e fuoco in cui anche due donne trovarono la tomba e 40 famiglie perdettero tutto». Ecco il risultato dell’incendio nell’immagine della cartolina pieghevole. Due sono i personaggi nati a Fiera e passati alla

Fiera, Pieve e la Chiesa delle Pale Alte h

L’entrata di Fiera negli anni ‘20 h

h La magnifica scultura lignea gotica dell’altar maggiore

Lo splendido interno della Chiesa h 43


Val Canali Prefazione Questa zona comprende appunto la Val Canali che si estende da Castelpietra Lago Welsperg fino al Passo Canali sul bordo dell’Altopiano delle Pale poi, come a completare il ramo di sinistra di una grande Y, la Val Pradidali che termina alla base delle grandi pareti del Sass Maor e della Cima Canali e infine la magnifica conca dei Piereni. La rara bellezza di queste due valli attira molti turisti, ma appena uscite dalle linee di grande frequentazione trovate boschi, silenzio e panorami difficili da dimenticare.

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j Val Canali da Croce Padella f Il laghetto Welsperg

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h Un angolo speciale delle Pale in Val Pradidali

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Bassa Valle - Salita dal parcheggio Fosna alla base del Sass Maor 54


Val Canali

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I torrenti Canali e Pradidali

 E 350m Greto del torrente, (sentiero, strada per il ritorno) Sud 30% 2,30 h (salita) 1 h (discesa) 4 3 Parcheggio a Castrona (1100m) Tabacco f. 022 25.000

Chi ha già percorso il primo anello del Gruppo Canali, ha già fatto il primo passo per conoscere il Torrente Pradidali e la sua controfigura, ossia il Torrente Canali. Anche ai torrenti bisogna rendere giustizia altrimenti si offendono e non si sa quello che può accadere. Tutti conoscono il torrente Canali e la sua valle; ben pochi conoscono la Val Pradidali, e ancora meno sono quelli che conoscono il suo torrente. Il Torrente Pradidali sgorga già pieno di giovanile energia poco sopra Malga Pradidali e subito si getta con uno scroscio potente sulla prima cascata e poi giù lungo la valle, scavalcando massi bianchissimi, in una specie di danza rumorosa che si fa sentire fin sopra le cime che la circondano. Quando incontra un piccolo torrentello che viene da sinistra e lo sente a mala pena ruzzolare, il Torrente Pradidali tira dritto come se non avesse visto nessuno. Crede di chiamarsi ancora Pradidali e non immagina di aver preso il nome di quel rigagnolo. Alla prova dei fatti il Canali non regge. Si vede dalla foto che sarà un decimo del Pradidali. Così, per render giustizia, diciamo a lui che è il più grande, ma che per consolazione gli han dato il nome del più piccolo. Una volta stabilito che Canali e Pradidali sono due torrenti e un’anima sola, quella del Pradidali, possiamo tornare a Castrona, poco sopra dove lo avevamo lasciato con il primo anello Canali. A Castrona il torrente viene imbrigliato per formare un bel laghetto azzurro, incanalato e spedito a far il lavoro di tenere in rotazione i generatori elettrici della centrale dell’Azienda elettrica a Tonadico. Così a valle c’è poca acqua, mentre a monte la corrente è impetuosa e generalmente non può essere guadato. Si può camminare su una delle due sponde accompagnati dal fragore del suo impeto, rilassarsi al sole, prendere la tintarella, rinfrescarsi, incantarsi ad ammirare i giochi di luce, suoni, l’intreccio dei merletti luminosi che continuano a ripetersi identici, dando l’impressione che il tempo non passi mai. 189


Bassa Valle - I torrenti Canali e Pradidali 55 190

Il punto forte di questa esperienza consiste nel seguire tutte le acrobazie dell’acqua a partire dalla presa, fino alla sorgente, stando più che è possibile nel greto, vicino alle pozze e ai salti. Il divertimento consiste nell’ammirare da vicino il gioco dell’acqua che scende ed esplorarne il percorso, cercando nel contempo di inventarne uno in controcorrente adatto a noi Piano, piano risalite una sponda, meglio quella occidentale, osservando e ascoltando i cambiamenti fino alla Malga Pradidali, poi ancora più avanti a scoprire l’acqua che esce con forza da sotto le radici degli alberi. Credo che pochi torrenti nascano con l’energia esuberante del Pradidali. Un’esperienza che merita d’esser fatta, vissuta provando a infilare le braccia nelle gallerie dalle quali sgorga l’acqua impetuosa e fresca. Se la fate con l’attenzione che merita, questa esperienza ve la ricorderete a lungo. Dedicatele tutta una mattina, poi, se volete, rifate l’esperienza con il piccolo Canali! Buon divertimento! Il punto di partenza più indicato è il parcheggio di Castrona, all’altezza di Villa Welsperg, ma di là del torrente.

Le sorgenti h Il laghetto di Castrona i

Il Ponte di Malga Pradidali g


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San Martino Prefazione San Martino è uno di quei luoghi baciati dalla fortuna che hanno tutto: gli spazi d’avventura per l’estate e per l’inverno e soprattutto la bellezza aggressiva degli splendidi Campanili di Val di Roda, e quella imponente della Pala di San Martino e del Cimone. Raramente al mondo si trova un centro turistico con le montagne così vicine e così alte. I percorsi di questa zona interessano tutto il vasto territorio che circonda San Martino, delimitato dalla base occidentale delle Pale, Zivertaghe, Calaita, Tognola, Lagorai e Passo Rolle.

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San Martino, 1898 h San Martino visto dal Col Bricon i


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San Martino - Anello: Biotipo protetto “Prà delle Nasse” Anelli: Orti forestali A e B 56 194

San Martino

56  Facile, turistico o di studio 100m Sentiero Sud 50% Parcheggio presso Centro visitatori (vedi mappa)

25.000

Tabacco f. 022 Kompass f. 622

Anello: Biotipo protetto “Prà delle Nasse” Anelli: Orti forestali A e B Anello: Biotipo protetto “Prà delle Nasse” Il Biotopo protetto “Prà delle Nasse” è una torbiera situata nella periferia occidentale di San Martino di Castrozza. Una delle poche zone umide nelle Dolomiti che per loro natura scaricano facilmente le acque. Si tratta quindi di un sito con caratteristiche assai rare, interessante per gli studiosi, ma anche per gli appassionati osservatori. La torbiera ha l’aspetto di un prato pianeggiante, assai umido, in cui prevale una vegetazione palustre, parzialmente circondato da una cintura di latifoglie e poi dal bosco di abeti rossi. L’interesse della torbiera è dovuto principalmente al fatto che vi crescono specie animali e vegetali assai rare. Il sentiero di visita è indicato in verde sulla mappa e la numerazione indica i posti più caratteristici, accompagnati da una tabella illustrativa sul posto. Chi è interessato ad approfondire può far riferimento al Centro Visitatori. Anelli: Orti forestali A e B Gli orti forestali costituiscono una vasta area di studio e sperimentazione di piante di varia provenienza, su terreni mediamente normali per l’ambiente tipico del Parco. Si possono percorrere liberamente e offrono camminate brevi, comode, in un ambiente salubre, facile da raggiungere, adatto per far due passi anche nei piccoli ritagli di tempo. L’anello B richiede appena 2 ore mentre A si può percorrere in 3 ore. Si tratta però di passeggiate alle quali può essere dedicato un tempo molto variabile.


San Martino

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Anello: Malga Ces - Laghi Colbricon

 E 260m Sentiero a fondo naturale Sì Sud 10% 2h 4 2 Parcheggio Malga Ces (1670m)

25.000

Tabacco f. 022 Kompass f. 618

Anello molto interessante, facile, divertente e assai frequentato. Si parte dal parcheggio di Malga Ces (1670 m), poco a monte di San Martino, in salita con direzione Nord seguendo il sentiero ben segnalato con numerazione locale 14 che porta al Rifugio Colbricon sulla sponda orientale del Lago superiore di Colbricon. Dopo circa 1,00 ora si raggiunge il Rifugio a quota 1922 metri. Per avere un panorama sui due laghi di maggior interesse, ed eventualmente anche per godere di maggior tranquillità, vale veramente la pena di scendere al Passo Colbricon percorrendo la sponda del Lago in senso orario sul sentiero SAT 348 (5 minuti), e salire poi (ora con il 349) lungo i pendii orientali della Cima Colbricon per 20 minuti. Il panorama da questo punto vi sorprenderà e vi ripagherà largamente della modesta fatica! Se poi ci arrivate al sorgere del sole potreste catturare immagini da collezione. Quando decidete di scendere, ritornate al Passo dove ritrovate il SAT 348 da percorrere verso Sud per rientrare a Malga Ces. Qui vi aspetta uno dei migliori agritur della Valle per chiudere in bellezza!

San Martino dalla Cavallazza g

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Marco Rocca, trentino, ha sempre avuto una grande passione per la montagna fin da quando era bambino. Ama cercare percorsi solitari e poco conosciuti, e quando gli chiedono perché va in montagna gli piace rispondere con una battuta del film “Balla coi Lupi”: quando il generale chiede al soldato Kevin Costner perché volesse andare da solo in un avamposto sperduto lui risponde semplicemente: “Voglio vedere la frontiera, prima che scompaia”. Ha scritto alcuni racconti e molti articoli di montagna, pubblicati su varie riviste outdoor e soprattutto su “La Rivista del C.A.I.”. Con Paolo Bonetti e Paolo Lazzarin ha pubblicato nel 2006 il volume “Dolomiti - Nuovi Sentieri Selvaggi”.

45 escursioni e 5 percorsi a tappe

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Paolo Bonetti nasce a Bologna da padre della provincia di Ferrara e madre della dolomitica Val di Zoldo. La frequentazione spontanea dei monti di Zoldo nelle estati dell’infanzia e della prima giovinezza, consolida la passione che in anni più maturi si concretizzerà nella attività alpinistica e nel campo della pubblicistica di montagna. Per numerosi anni insegnante di Fisica nella Scuola di Ottica di Pieve di Cadore prosegue oggi, con pubblicazioni e sul campo, la sua attività incentrata sull’alpinismo dei pionieri e l’escursionismo di ricerca. Ha collaborato e collabora con diversi editori (Tamari, Zanichelli, Panorama, Vivalda, Cierre, Versante Sud) e testate (La Rivista del Cai, Alpi Venete, Alp, Bergsteiger, Alpin).

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Gian Luca Boetti è dal giornalisti della montagn sue foto e i suoi testi de più importanti editori ital decine di guide e libri. Ha reportages e servizi di vi monografie, numeri spe con 60 fra le più prest settimanali italiane ed eu di Repubblica, Specchio Montagna, Oasis, Itinera Meridiani Montagne, Qu L’Alpe, Grandes Espacios, A montagna lo porta a pie sui monti del Mediterrane sempre attento all’ambien tenuto mostre, illustrato immagini per campagne incontrato gli studenti co tramite l’immagine. Ecco Versante Sud.


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