EDIZIONI VERSANTE SUD | COLLANA LUOGHI VERTICALI | TREKKING PRIMIERO HIKING CAMMINARE 116percorsiapiedinelPrimiero esullePalediSanMartino
Copyright © 2022 VERSANTE SUD – Milano, via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 Iwww.versantesud.itdirittiditraduzione,di
Fotografie Primiero Hiking Cartine Tommaso Bacciocchi. © Mapbox, © Open Street Map Simbologia Tommaso Bacciocchi
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio È una guida a KM ZERO!
Come i pomodori a Km 0? Certo! E la genuinità non è un’opinione.
memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Prima edizione Luglio 2022 ISBN 978 88 55470 490
Copertina © Primiero Hiking Testi Primiero Hiking - Simion Giancarlo, Gaio Aaron, Simoni Simone, Zugliani Hermann, Pintar Andrej, Nava Alessandro
Cosa significa? Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da autori locali.
Nota Il trekking è un’attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione.
E infine la cosa più importante: sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore
Silvia Ruju Stampa Press Grafica S.r.l. - Gravellona Toce (VB), Italy
Gli autori locali fanno bene a chi cammina: hanno le notizie più fresche e più aggiornate; non rifilano solo i sentieri più commerciali; reinvestono il ricavato nella manutenzione dei sentieri.
Gli autori locali fanno bene al territorio: pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio; sono attenti a promuovere tutte le località; sono in rete con la realtà locale.
Impaginazione
KmZERO
PRIMIERO HIKING CAMMINARE 116percorsiapiedinelPrimieroKmesullePalediSanMartino ZERO Guida fatta da autori che vivono e sviluppanoi sentieri sul territorio
FONDOVALLE PRIMIERO E DINTORNI 1.01. Via di Schener 46 1.02. Street Barch di Imer ............. 52 1.03. Speteme che rue trail 56 1.04 Solàn 60 1.05. Camp 64 1.06. Stoli di Morosna 68 1.07. Alpe Vederna 72 1.08. Malga Agnerola ................. 76 1.09. Mezzano Romantica 80 1.10. Sentiero degli Abeti Giganti 84 1.11. Giro del Lago Noana 88 1.12. Fonteghi e Valpiana 92 1.13. Giro di San Giovanni 96 1.14. Anello dei Falasorni............. 100 1.15. Monte Bedole da Camp 104 1.16. Fiera e Pieve 108 1.17. Via Nova 112 1.18. Piani di Molaren 116 1.19. Giro dei Sei Colmelli 120 1.20. Giro della Croce del Padela ...... 124 1.21. Le Vale e Caltena 128 1.22. Troi delle Caore 132 1.23. Family Trail 136 1.24. Madonna del Sass 140 1.25. Passeggiata dal Vallombrosa 144 1.26. Passeggiata della Campagna 148 1.27. Prati Piereni da Tonadico 152 1.28. Civertaghe da Siror 156 1.29. Petina da Siror 160 1.30. Anello dei Pinedi 164 1.31. Giro delle Pale Alte 168 1.32. Croce del Padela da Caltena 172 1.33. Anello dei Dismoni 176 SAN MARTINO DI CASTROZZA 2.01. Prà delle Nasse 180 2.02. San Martino - Fiera 184 2.03. Anello della Forcella Scanaiol 190 2.04. Malga Pala 194 2.05. Ces - Valcigolèra 198 2.06. Piani della Cavallazza ........... 202 2.07. Cavallazza da Ces 206 2.08. Forcella Ceremana 210 2.09. Anello delle Civertaghe 214 2.10. Crode Rosse 218 2.11. Pala Monda 222 PALE DI SAN MARTINO 3.01. Rifugio Velo 226 3.02. Rosetta Verticale 230 3.03 Risalita del Barone 234 3.04. Anello dell’altopiano 238 3.05. Ghiacciaio della Fradusta . . . . . . . . 242 3.06. Riviera di Manna 244 3.07. Comelle e Viaz del Bus 248 3.08. Bolver-Lugli e Vezzana 252 3.09. Quattro Ferrate delle Pale 258 3.10. Giro delle Pale Sud-Occidentali 264 3.11. Risalita al Rifugio Pradidali 268 3.12. Anello delle Lede 272 3.13. Giro delle Pale Meridionali 276 3.14. Regade dalla Val Canali 280 3.15. Giro delle Sedole 284 3.16. Camillo Depaoli e Cacciatore 288
SOMMARIO Mappa generale ...................... 6 Gli autori 8 L’irresistibile fascino del camminare 10 Primiero nella Storia 14 Le miniere 20 Le malghe 24 Lettura degli itinerari e legenda ........ 30 I Percorsi 36 Informazioni all’escursionista 40 Informazioni utili 44
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3.17. Monte Cimerlo ................. 292 3.18. Giro dei Vani Alti 298 3.19. Anello di Leslie Stephen 302 3.20. Croda Granda 310 PASSO ROLLE E VALLES 4.01. Anello delle Farangole 316 4.02. Laghetti Colbricon 320 4.03. Baita Segantini 322 4.04. Cristo Pensante 328 4.05. Juribello 332 4.06. Juribrutto 336 4.07. La Grande Guerra a Cima Bocche 340 4.08. Anello della Venegia ............ 344 4.09. Malga Bocche 348 4.10. Buse dell’oro 352 4.11. Monte Mulaz dal Valles 358 VAL CANALI E PASSO CEREDA 5.01. Anello del Castel Pietra ......... 346 5.02. Passeggiata in Bassa Val Canali 372 5.03. Rifugio Treviso 378 5.04. Malga Pradidali 382 5.05. Pedemonte / Portela 386 5.06. Prati Piereni 390 5.07. Giro del Col dei Cistri ........... 394 5.08. Passo Cereda da Transacqua 398 5.09. Zenguei e Stiozze 402 5.10. Passo Palughét 406 5.11. Anello del Col Molinai 410 5.12. Giro delle Pale Sud-Orientali 414 5.13. Piani Eterni da Sagron .......... 418 5.14. Col di Luna da Domadore 422 5.15. Tempio Tibetano 426 VETTE FELTRINE E CIMONEGA 6.01. Monte Pavione da Imer 430 6.02. Anello del Pavione 436 6.03. Monte Pavione da Valpiana 440 6.04. Neva 444 6.05. Giro delle Banche 450 6.06. Anello del Piz di Sagron 456 6.07 Anello del Sass de Mura 460 VALLE DEL VANOI E LAGORAI 7.01. Chiesetta di San Silvestro 464 7.02 Monte Totoga 470 7.03. Colmei di Ronco 476 7.04. Sora i Ardeni 480 7.05. Cima Valsorda da Zortea ......... 486 7.06. Anello del Lozen 490 7.07 Malga Grugola 492 7.08. Folga e Grugola 496 7.09. Laghi di Agnelessa e Pisorno 500 7.10. Valsorda e Tognola da Calaita 506 7.11. Monte Bedole da Calaita ......... 510 7.12. Laghi di Reganel 514 7.13. Masi di Tognola e Fiamena 518 7.14. Cima d’Asta da Caoria 522 7.15. Giro della Busa Alta 526 7.16. La Grande Guerra sul Cardinal 534 7.17. Cima Paradisi ................. 540 7.18. Stretta e Miniere di Pralongo 544 7.19. Anello del Lago Nero 548 5
1.01 1.041.02 1.07 1.15 2.05 2.06 2.07 2.08 3.03 4.02 4.03 4.04 4.05 4.06 4.07 4.08 4.09 4.10 6.02 7.01 7.02 7.03 7.04 7.05 7.06 7.08 7.09 7.127.11 7.13 7.14 7.15 7.16 7.17 7.18 7.19 Valsorda Val Regana ValledelVanoi ValdelLozen Va Cima di Lusia CATENA DEL LAGORAI MASSICCIO DI CIMA D’ASTA Tognola Monte Colbricón Cima Cavallazza Cima Cece Coltorondo Cima Paradisi Cima Folga Monte Cauriòl Cima d'Asta Monte Totoga Monte Monte Bedolé Monte Coppolo Passo Broccon V a l l e de l l o S c h e n è r Passo VallesP GRUPPO DI BOCCHE Paneveggio ValFosserenica 6
1.02 1.03 1.05 1.06 1.07 1.08 1.09 1.10 1.11 1.12 1.13 1.14 1.15 1.16 1.181.17 1.201.19 1.21 1.22 1.23 1.24 1.25 1.26 1.27 1.28 1.29 1.30 1.321.31 1.33 2.01 2.02 2.03 2.04 2.07 2.09 2.10 2.11 3.01 3.02 3.03 3.04 3.05 3.073.06 3.08 3.09 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 3.15 3.16 3.17 3.18 3.19 3.20 3.21 4.01 4.03 4.05 4.06 4.08 4.11 5.01 5.02 5.03 5.04 5.05 5.075.06 5.08 5.09 5.10 5.11 5.12 5.13 5.14 5.15 6.01 6.02 6.03 6.04 6.05 6.06 6.07 7.07 7.08 7.09 7.10 7.11 ValledelMis Val Canali Val Giasinozza VNeva alNoana Val Venegia Monte Mulaz VETTE FELTRINE CIMONEGA Monte Castelaz Cima Vezzana Cimon della Pala Monte Agnèr Croda Granda Cima Rosetta Cima Fradusta Pala di San Martino Cima CanaliCima di Ball Cima della Madonna Sass d'Ortiga Monte Vederna Bedolé PadellaMonte Cima Palughét Piz di Sagron Sass de Mura Monte Pavione PALE DI SAN MARTINO Passo Cereda asso VallesPasso Rolle 7
GLI AUTORI
Questa pubblicazione presenta alcuni dei più interessanti itinerari percorribili a piedi nel ter ritorio del Primiero, che spazia dall’ambiente porfirico del Lagorai della Valle del Vanoi, a San Martino di Castrozza, Passo Rolle, Passo Valles e Val Canali, con la loro prossimità alle dolomi ti delle Pale di San Martino, fino ad arrivare ad angoli forse meno conosciuti ma sicuramente suggestivi come quelli dei blocchi dolomitici delle Vette Feltrine e del Gruppo del Cimonega. I 116 itinerari proposti, che abbiamo personal mente percorso e tracciato, coprono ben 1354 chilometri e 450 ore di cammino e cercano di mettere in risalto, sia con il lavoro fotografico che con quello descrittivo, le bellezze storico-natura listiche dei nostri luoghi. Una guida per coloro che già conoscono, amano e frequentano queste valli, ma soprattutto per chi vi si approccia per le prime volte e desidera sco prirne i segreti percorrendone i sentieri. Gli itine rari raccolti cercano di coprire tutte le esigenze escursionistiche, proponendo un ampio raggio di difficoltà che spazia dalle semplici passeggiate ad impegnativi giri alpinistici. Obiettivo di questa pubblicazione è quello di sti molare la frequentazione e l’esplorazione di que sto straordinario territorio dalla lunga tradizione alpinistica e turistica. Una guida escursionistica che abbiamo rivisto ed arricchito rispetto alla prima edizione ma nella quale abbiamo deciso di preservare pressoché integralmente la straordinaria parte introduttiva di Samuele “Pape” Scalet, uno spaccato irrag giungibile sul nostro territorio, sulla sua storia e sulla filosofia. Cogliamo l’occasione per ringra ziarlo per l’eredità che ci ha lasciato, sperando di essere riusciti ad elaborare una seconda edizio ne all’altezza della sua autorevolezza. Ringraziamo inoltre Luigi Todesco, Carlo Bonin segna, Andrea Bettega, Valentina Taufer, Gior gio Simion, Tazia Lorenzet, Nicolò Simoni, Ada Simion e tutte le persone che qui non abbiamo spazio per citare ma che ci hanno dato un prezio so aiuto in questi anni.
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L’IRRESISTIBILE FASCINO DEL CAMMINARE
È tornato il tempo dei sentieri, degli umili sentieri. Parliamo di quelli che si sono formati sulle tracce del continuo passaggio dei boscaioli, dei pastori, dei contadini, dei carbonai, dei minatori, dei cac ciatori, degli animali selvatici e domestici. Essi sono un libro aperto che racconta la vita, l’ingegno e le fatiche immense dei nostri antenati che hanno colonizzato le valli, i pendii, gli ultimi pascoli, dis sodando terreni strappati ai torrenti e alla vegetazione trasformandoli in magnifici prati che insieme ai boschi rigogliosi e alle montagne rappresentano tutta la ricchezza e la bellezza del territorio di cui si occupa questa guida. I sentieri, che i paesani chiamano “trói”, erano i canali attraverso i quali scorreva e pulsava la vita della comunità. Con essi ogni maso era collegato ai masi vicini e al fondo valle, e da quelli confinanti con il bosco partivano altri sentieri per la provvista di legna e legname. 10
Non dobbiamo perderli, perché sono un’eredità dei nostri avi cacciatori, il ricordo di una primordiale agricoltura e pastorizia, del lavoro nei boschi e alle carbonaie, nelle cave, alle fornaci, nelle miniere e nelle fucine. Essi permettono di percorrere liberamente a piedi il territorio incontaminato delle nostre valli, di conoscerlo, apprezzarlo, entrare in simbiosi con esso e in armonia con noi stessi. Non dobbiamo abbandonarli perché camminare nella natura non significa soltanto muovere le gambe per spostare il corpo da un luogo all’altro, camminare significa attivare un potente strumento per migliorare il nostro stile di vita, per progredire sulla via dello sviluppo interiore e sul potenziamento delle capacità intellettuali. Camminare e persino perdersi nella natura aiuta a capire noi stessi e a soddisfare il nostro bisogno di libertà e sete d’avventura. Camminare nella natura ci fa sentire parte di essa, ci aiuta a dimenticare che proprio lei ci ha fatto en trare in un mondo meraviglioso, dove ci incontriamo, percorriamo la stessa strada per un lungo trat to, poi scompariamo nel medesimo modo assurdo e improvviso in cui siamo arrivati. Poco alla volta, i luoghi frequentati, i panorami, i torrenti, le montagne, i boschi tra i quali abbiamo ritrovato l’essenza
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Coldosé (© Simone Simoni)
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di noi, entrano a far parte di noi e vivono con noi. Non soltanto viaggi esteriori, ma immancabilmente viaggi interiori molto più duraturi. Forse in questo effetto di interconnessione degli oggetti materiali e quelli dello spirito, quasi di identificazione, consiste il fascino irresistibile del camminare. Se sentite il desiderio di calmare e rinfrescare la mente, uscite da casa e camminate nella natura. Essa è una fonte inesauribile di ispirazione e non vi deluderà mai. Mettetevi comodi, guardate il cielo sopra di voi, le stelle se ci sono, e lasciate che la mente, i pensieri e le emozioni si perdano e si espandano in quell’immensità, in modo naturale e senza sforzo. Ascoltate il vostro corpo, “sentite” la sua forma e la sua massa nello spazio, ascoltate i messaggi che provengono dall’esterno, il gorgogliare di un ruscel lo, il fragore allegro di una cascata, la luna che si leva maestosa nella notte senza nuvole. Ammirate ciò che è dentro e ciò che è fuori e lasciatevi incantare, naufragare dolcemente nell’immenso fiume di luce senza rive e senza confini che ci accompagna. Tentate la difficile esperienza di rimanere soli con voi stessi. Cercate di raggiungere uno stato di grande equilibrio dove il buono e il cattivo, la pace e l’ansia, il piacere e il dolore sono svuotati di ogni identità e diventano trasparenti. Vi accorgerete che il vostro io va fondendosi con il tutto e voi stessi entrerete in una dimensione nuova di grande equilibrio interiore che vi farà sentire parte della vera dimensione a cui apparteniamo. Facendo queste espe rienze vi convincerete che questo che vediamo è il nostro mondo, fatto di cose vere, che possiamo toccare con mano, e non di schegge impazzite della nostra coscienza. Per fare un esempio, un torrente è bello, ma non si può dire di conoscerlo e di averlo fatto nostro finché non lo si è percorso a piedi attraversandolo a zigzag, scoprendo una a una le cascate, le pozze, i laghetti, le strozzature, i massi levigati, le sorgenti o essersi bagnati nelle sue acque; un bosco può essere bellissimo, ma non sarà possibile cogliere tutto il suo fascino, il suo mistero e il suo potere severo e naturale finché non lo si percorre a piedi. Perché il corpo sia in armonia con se stesso basta che insieme al cuore ci sia anche la testa. Se tutto va bene vi sentirete un po’ selvaggi, una cosa sola con il mondo, la terra, il cielo e le nuvole, potrete provare un sentimento così squisito e armonioso che, nonostante la naturale fatica, vi sembrerà di volare anziché camminare.
Se volete che camminare diventi un piacere, scegliete con cura il percorso che volete fare, valutan do l’impegno, il tempo disponibile, le previsioni meteo, l’ora di partenza. Decidete la modalità principale: da soli o in compagnia? Sono due esperienze completamente diverse, e lascia mo naturalmente a voi sviluppare l’argomento. Concentratevi su quello che desiderate fare se volete trarne il massimo beneficio. Procuratevi tutto quello che pensate vi possa essere utile e partite. Non vogliamo mandarvi all’avventura né darvi altri suggerimenti particolari, vi toglie remmo il piacere di organizzare da soli la vostra piccola o grande avventura. In questa guida troverete descritti più di cento percorsi a piedi, quasi tutti ad anello. Alcuni sono brevi e facili, altri lunghi e impegnativi; ge neralmente ben segnalati e facili da trovare, ma alcuni non lo sono, oppure lo sono in parte. Tutti però sono belli, ognuno con qualcosa di diverso e Certamenteparticolare.non troverete la folla. Non è come sulle piste da sci, perché sono 1354 chilometri disseminati su un territorio di oltre 400 chilo La bellezza del camminare (Disegno di A. Dupaigne «Les Montagnes» 1874)
metri quadrati! Potrete camminare liberamente e rilassarvi in un suggestivo ambiente di prati, bo schi, ruscelli, torrenti e laghi, pascoli e malghe, rocce e piccoli nevai; riempirvi gli occhi dei colori sbiaditi dell’altopiano o dei verdi delle foreste di abeti, larici e faggi, o dei grigi, ocra e giallo delle rocce delle Pale e del Lagorai. Questo soltanto per cominciare, perché le possibilità sono molte, e presto potreste essere in grado di ampliarle. C’è l’imbarazzo della scelta. Un particolare importante da decidere è l’ora della partenza. Se vi è possibile, e il percorso ha le caratteristiche adatte, fate in modo da non perdervi l’alba o il tra monto. Osservare il sorgere e il tramontare del sole sono esperienze sempre emozionanti, uniche, senza paragoni, quasi mistiche. Se ne avete visto uno, non avete ancora visto nulla, perché non si ripetono mai. Non dite mai “l’ho già visto”! Guardate l’orologio e potete dire. – ora! Un istante dopo, come un fedele amico, compare all’orizzonte un puntino luminoso che in meno di tre minuti trasfor ma, come in una magia, gli sfondi vasti, intermittenti, ora splendidi ora minacciosi e dominati dal caos, in un incantevole scenario dal quale emerge una esplosione di luce. Difficile da dimenticare. Poi al crepuscolo, mentre la valle è già buia, con le luci che cominciano ad accendersi e le montagne che sembrano farsi più fragili e trasparenti, immerse in un mare rosseggiante di sublime bellezza, potrete ammirare il bagliore dell’enrosadira. La Catena delle Pale inizierà a sfavillare e per pochi istanti tutto sarà luce. Poi le cime torneranno argentee, violette, grigie, eterne. Poco dopo apparirà la prima stella. Allora sentirete che il mondo è vostro, e la natura non è soltanto intorno a voi, ma anche dentro di voi! di Malga Pala (© Simone Simoni)
Pascoli
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Un’altra prova della presenza romana è l’indiscutibile origine latina di alcuni toponimi come Tran sacqua, Romanìc e Imer, Sass Maor e l’antica presenza di parole latine come ii, l’incitamento al cavallo perché cammini. Mentre l’esistenza di un toponimo generalmente considerato prelatino soltanto perché incomprensibile come Tonadico, per alcuni dimostrerebbe una presenza stanziale preromana, non databile con una certa precisione. Ma Tonadico è probabilmente il più latino dei toponimi della valle! È altamente probabile che Tonadico derivi da Tonavico, si pensi a Vico di Ton in Val di Non e tanti analoghi, dove vico significa notoriamente villaggio, mentre Ton non può che essere Giove Tonante , la più diffusa delle divinità, di qua e di là delle Alpi. Taranis per i Celti, Tinia per gli Etruschi, il veneratissimo Thor delle tribù germaniche e della Retia, in tutti i casi il più autorevole degli dei, protettore della casa, l’unico a disporre della potenza distruttiva della folgore e del Anchetuono.Cismon è un nome di origine latina che significa che viene di qua dai monti. Dev’essere quindi un nome di origine feltrina proposto da un geografo romano al seguito delle legioni. In valle veniva chiamato ghebo, certamente di origine veneta dove significa canale. A Venezia indica i per corsi lagunari dove l’acqua è più profonda. Ghebo può essere sia nome comune che nome proprio.
La prima traccia della presenza umana di cui abbiamo notizia certa risale a circa 14000 anni fa, verso la fine dell’ultima delle cinque glaciazioni del Quaternario. Durante i lavori d’asporto di un conoide sabbioso sul margine della strada statale, in località Val Rosna, nelle zona centrale della stretta gola dello Schener, è stato scoperto nel 1986 lo scheletro di un cacciatore paleolitico con il corredo di caccia. La sepoltura era ricoperta di grosse pietre con disegni stilizzati color ocra, di uomini, animali e alberi. Essa si trova 150 metri sopra il greto del Cismon, in un luogo facilmente raggiungibile soltanto “via ghiacciaio” che in quel punto doveva dunque avere tale spessore.
PRIMIERO NELLA STORIA
Altre tracce dell’età mesolitica, intorno a 9000 anni fa, sono state trovate nei pressi dei Laghetti di Colbricon, poco a ovest del Passo Rolle, intorno a quota 1930 m. Nel 1971 venne scoperta una zona ricca di selci semilavorate per ottenere lame da taglio. Cacciatori che, provenienti dalla pianura sul finire dell’ultima glaciazione, risalivano le valli ancora parzialmente ricoperte di ghiacci o le alte morene sui loro fianchi fino a raggiungere le quote più alte per inseguire le loro prede. Altri importante ritrovamento fu quello del 1966, in località Le Pezze Alte sul Bedolé, di tracce di due forni fusori per il bronzo, databili almeno al sesto-settimo secolo a.C. Anche se la scoperta non consente di affermare che a quell’epoca vi fosse già una popolazione stanziale, è perlome no un indizio e la prova che la valle era stata esplorata con cura, alla ricerca di minerali utili. Anch’essi fanno parte dei nostri antenati. Ma da dove venissero questi cercatori di rame e stagno non è facile stabilirlo. Vi sono buone ragioni per ritenere che fossero Etruschi, anziché Celti venuti da Nord, che da queste parti passarono due secoli più tardi. Sicuramente essi fecero parte delle grandi migrazioni neolitiche diramate dal centro caspico lungo la direttrice intermedia (balcanicomediterranea), alla quale appartennero Romani, Etruschi e Illiri (diventati poi Veneti), mentre i Celti percorsero quella danubiana, attraversando più tardi le Alpi verso sud guidati da Brenno, fino a raggiungere Roma mettendola a sacco, infliggendo ai Romani la più umiliante delle sconfitte della loro storia. Era il V secolo a.C. Primi insediamenti di epoca Romana La prova della presenza romana in valle, nei primi secoli d.C. è stata scoperta a Siror con il ritro vamento casuale, durante uno scavo, di un’antica tomba contenente ossa e delle monete romane datate con certezza alla fine del III secolo d.C. nel periodo dell’imperatore Diocleziano.
Il Castello
Queste circostanze fanno ritenere che i primi insediamenti stabili di una certa consistenza si siano formati in valle nel periodo in cui i Romani conquistarono la Provincia Cisalpina, subito dopo aver liquidato gli Etruschi cancellandone ogni traccia, vale a dire nel terzo secolo a.C. Le strade Com’era nella tradizione romana, il primo segno del loro dominio fu la costruzione di una grande strada, la Via Claudia Augusta che ebbe come seguito l’apertura di diramazioni nelle valli conti Della Pietra da poco terminato (Da A. Zieger – Primiero e la sua storia)
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gue, in particolare l’allargamento della Via di Schener (prima escursione della guida) per renderlo adatto ai cavalli e ai muli. Tale presenza è confermata da un importante documento lapidario, non datato, ma certamente di epoca romana che si trova nel duomo di Feltre, quale dedica dei dendrofori a CAIO FIRMIO CONSOLE per aver fatto costruire la Via Claudia Augusta Altinate. Essa partiva da Aquileia, attraversava il territorio di Feltre raggiungendo l’Altopiano di Sovramonte per Croce d’Aune. Attraversato il Cismon saliva a Lamon e per la Val Senaiga proseguiva per il Tesino e la Valsugana diretta a Maja (Merano). È recente a Lamon la riapertura del Ponte Romano sul Rio Senaiga. La mappa dà un’idea visiva dei percorsi stradali in epoca romana. Chi voleva entrare in Valle da Sud, poteva partire da Feltre che si trova al bordo della pianura veneta, ai piedi delle prime mon tagne, oppure da Fonzaso per un sentiero tortuoso e malcomodo. Partendo da Feltre, si doveva anzitutto salire al Passo Croce d’Aune (1000 m) e poi scendere sull’Altopiano di Sovramonte. Poco prima di Sovramonte si abbandonava la Claudia Altinate per continuare sulla mulattiera diretta a Nord che portava a Bettola. Si scendeva al posto di controllo del Castello dello Schener poi al capitello di S. Antonio, poco a Nord di Val Rosna, 100 metri sopra il greto del Cismon. Per arrivare a Pontet mancava poco più di un chilometro, ma le cronache del tempo definivano il tratto come difficilissimo e pericoloso e lo classificavano come il più impervio delle Alpi. Purtroppo questo tratto non si può più vedere perché nel 1882 vi è stata intagliata con centinaia di mine la nuova strada. Al tempo dei romani l’allargamento del sentiero dello Schener sarà stato certamente un avvenimento, ma quelli che non avevano né cavallo né mulo continuarono ad attraversare a piedi l’interminabile cañon con il carico sulla schiena. Quelli rimasti a piedi ebbero almeno due soddi sfazioni: contribuire a dare il nome alla gola della bassa valle e l’altra di sorpassare cavalli recal citranti e padroni spauriti, preoccupati di vedere animali e carico precipitare nel Cismon. Risalita, in un modo o nell’altro, la gola dello Schener, al Ponte di San Silvestro dove questa termi na, anche chi era risalito a piedi e con il carico, dimenticava subito tutta la fatica: una incantevole conca di prati circondati da boschi accoglieva e accoglie tutt’oggi i visitatori. Prà Imer, piano piano aumentò d’importanza fino a dare il nome a tutta la conca dell’alta valle che divenne Primer, su bendo poi col tempo diverse storpiature: Primerium, Primeja, Primör, Primiero all’epoca nostra, e Primier nel dialetto. Primiero dovette aspettare l’anno 1882 prima di avere una vera strada verso il Veneto. Le cronache raccontano del “giubilo delirante” della gente che vide il primo passaggio di una piccola carrozza lungo la strada intagliata nella roccia e a tratti puntellata in legno.
I Columelli e gli Statuti della Communitas
Le difficoltà e i pericoli della mulattiera dello Schener, se da un lato costituirono un serio pro blema per il transito, ancor oggi non del tutto risolto, dall’altro rappresentarono un’ottima difesa contro l’intrusione di popolazioni estranee calate da oltralpe con armi e bagagli. Erano guerrieri con donne, bambini e vecchi, ben informati sul fatto che gli imperatori romani erano impegnati a sgozzarsi l’un l’altro e l’impero in preda al disordine, decisi a trovarsi nuovi territori nella pianu ra veneta senza chiedere il consenso ad alcuno. Così arrivarono Unni, Ungari, Alani, Eruli, Goti, Bavari, Cimbri, Longobardi e infine i Franchi guidati da Carlo Magno, in ondate successive da mezzo milione l’una. Le popolazioni venete fuggiasche cercarono rifugio verso occidente, verso sud e in parte si ripararono tra i monti. Fu così che a Primiero la popolazione crebbe rapidamente e si formarono nuovi insediamenti nei luoghi più sicuri dalle innondazioni e più esposti al sole. La matrice comune dei vecchi e dei nuovi abitanti della valle e il desiderio degli ultimi arrivati di creare un luogo sicuro dove mettere le radici, facilitò molto la formazione di una organizzazio ne locale basata su una rappresentanza dei quattro quartieri (Imer con Canal S.Bovo, Mezzano, Transacqua con Pieve e Siror, Tonadico) poi chiamati columelli (Fiera non esisteva ancora). A capo di ogni columello veniva nominato un marzolo (eletto a marzo) e i quattro marzoli potevano fare 16
riunioni comuni per trattare problemi generali del Commune. Vennero così istituite regole chiare e semplici, contenute negli Statuti, riguardanti tutti gli aspetti della vita della comunità, inclusi lo sfruttamento interno dei pascoli e dei boschi e problemi confinari verso l’esterno. Venne proba bilmente creato anche un piccolo gruppo di uomini armati, non tanto per tener l’ordine, ma con l’incarico di controllare gli ingressi della valle. Nel VI secolo è ipotizzabile un tentativo di entrata in valle di un gruppo ostile, sorpreso e annientato a Prà Imer appena uscito dalla gola dello Schener. Infatti nel 1965 durante dei lavori di scavo è stata trovata una tomba comune con molte ossa e oggetti di fattura longobarda. Però alla fine del VI secolo i Longobardi, con il loro re Alboino erano ormai padroni del Veneto e in particolare di Feltre alla quale associarono il territorio di Primiero e Canale (San Bovo). La valle dimostrò invece una buona permeabilità alla penetrazione del cristianesimo la cui spi ritualità ben si inseriva nel tessuto ordinato della sua vita quotidiana. La prima chiesa sorta in valle (VI secolo), dedicata a San Silvestro, venne collocata con grande senso dello spazio e della sacralità nel punto che domina lo Schener e tutta l’alta valle, su un colle sovrastato da un pilastro di roccia, sulla riva destra del Cismon. La piccola chiesa e la montagnola sulla quale era costruita, vennero considerate come territorio sacro e intoccabile. La Rubrica 25 degli Statuti stabiliva pe rentoriamente: «DI NON ASCENDERE SOPRA IL COLLE DI SAN SILVESTRO - Stabbiliamo, che al cuno di Primiero, o d’altro Locho presumesse ascendere sopra il Col di San Silvestro con pretesto di custodir detto Colle o di costruir qualche edificio senza la licenza, deve essere quello castigato, in modo per simil Castigo, habbia a morire, e tutti li suoi Beni divengano del Commune». Prima che gli Statuti divenissero ufficiali anche all’esterno, passarono ancora quattro secoli. L’Eu ropa nel frattempo divenne carolingia con Carlo Magno imperatore del Sacro Romano impero, il quale, per tenere a freno l’esuberanza dei feudatari laici, adottò la politica iniziata da Costantino, seguita anche dai successori, della progressiva cessione dei feudi ai vescovi, alcuni dei quali di vennero anche principi, come quelli di Feltre e Trento. Nel 974 l’imperatore Ottone II ce dette Feltre e Primiero al vescovo con tutti i privilegi di riscossione di decime, dazi e im poste. L’investitura divenne ufficiale nel 1128 in una bolla di papa Lucio III, in cui la valle viene citata come Primeja Primerium. Naturalmente Primiero divenne subito ghibel lina e filotirolese perché l’istituzione della Ca nipa Primierensis che curava tutti gli interessi del vescovo non era ben vista. È certamente di questo periodo la costruzione del Castello della Pietra per volere del vescovo di Feltre, per difendere meglio i suoi interes si. Vi insediò un vicario e un capitano con una guarnigione armata. Nell’anno 1200 il Castel lo era appena stato completato, dotato di nu merosi locali, collocato sopra una gigantesca pietra all’ingresso della Val Canali in posizione dominante l’intera valle, inaccessibile, protetto da mura merlate e tre minacciose torri. Nel 1206 i marzoli proposero al vescovo di raccogliere loro stessi le imposte a nome del Commune e di anticipare ogni anno 10000 lire al vescovo. Turesino da Feltre accettò la propo Castel Schener in un disegno dei primi ‘800 17
Una volta preso atto che la comunità di Primiero pagava senza protestare, il vescovo cominciò ad aumentare le pretese. Per tutelare gli interessi della comunità, i marzoli si rivolsero all’impera tore Federico II che diede loro ragione scrivendo al vescovo: «…pro parte fidelium nostrorum de Primerio nuper nobis oblata est querela tu ab eis indebita servitia exigis …». Alla fine i marzoli vinsero la causa. Il vescovo ne uscì malconcio, mentre gli abitanti di Primiero maturarono un più radicato senso d’indipendenza. Si stava preparando il terreno per importanti cambiamenti. Un po’ ringalluzziti dal recente successo e appoggiati segretamente dai marzoli che avevano co minciato a comportarsi come dei veri capi di stato, all’inizio del 1300 pastori e boscaioli di Primiero oltrepassarono verso la Val di Fiemme il confine naturale del Travignolo e dell’Avisio e si spinsero fino a Bellamonte. Su richiesta dei fiemmesi, intervenne il vescovo di Trento che intimò agli ‘in vasori’ di ritirarsi, ma l’invito cadde nel vuoto perché i primierotti sostennero che dovevano pur pagarsi l’onere della manutenzione della strada che era a loro carico, e si spinsero nuovamente fino a Bellamonte dove incontrarono i fiemmesi pronti a riceverli. Nella piana detta di Tegoden, dopo che le due parti si erano scambiate reciproche accuse, si accese una mischia furiosa a pugni e bastonate nella quale i primierotti ebbero la peggio e si ritirarono in buon ordine a Paneveggio dove proposero agli inseguitori di aprire una trattativa che fu lunga e alla fine si stabilì che il con fine fosse costituito dal crinale del Lagorai da un lato e dal Rio Bocche sull’altro versante, dove si trova ancor oggi. I pastori di Primiero nel 1320 dovettero affrontare un’altra dura controversia con i feltrini che gli impedivano di pascolare in primavera nel loro distretto. Non ci furono scontri e la causa venne tratta con molta cura da Vecellius de Camino capitano di Feltre, il quale dopo una lunga serie di incontri con i due marzoli di Primiero, Jacobo Capola di Mezzano e Mario de Zasso di Transacqua e altri testimoni e giurati, diede ragione ai pastori di Primiero.
La piazzetta di Pieve sta e venne a Primiero per sentire le assicurazioni dei marzoli responsabili, ai quali rilasciò una procura scritta. In questo periodo (1257-1290) vennero ammodernati e adeguati ai tempi gli Statuti di Primiero, riconosciuti dal vescovo che si era riservato le questioni di giustizia penale. Gli Statuti erano costituiti da 82 Rubriche (articoli) in quattro Libri di cui ne diamo sei complete scelte tra le più caratteristiche e brevi, e il titolo di altre trenta. Gli Statuti completi si possono trovare in Notizie Storiche di Primiero di G.Rizzoli - Feltre - anno 1900.
Il distacco da Feltre e la dominazione Tirolese Nel 1336 inizia un periodo importante che porterà Primiero al distacco da Feltre per entrare a far parte del Nell’autunnoTirolo.del 1336 le truppe scaligere di Mastino della Scala, partite da Verona, invasero la Val Lagarina giungendo alle porte di Trento. Questo fatto allarmò Carlo di Lussemburgo (fi glio di Giovanni re di Boemia), in quel momento Reggente del Tirolo, che mise le basi politiche per cercare di prendere il controllo dalla zona. A caldeggiare l’intervento dei tirolesi ci fu Vene zia, impegnata a conquistare le città scaligere di Padova e Feltre, mentre i due potenti signori di Belluno, Giacomo Avoscano ed Endrighetto Bongajo parteggiavano rispettivamente per i veneziani e per gli Scaligeri. Fu così che Carlo, nella primavera del 1337 raccolse a Egna in grande segretezza un pic colo esercito di trecento cavalieri ben armati e 18
di Samuele
riforniti di tutto l’occorrente e un numero maggiore di uomini armati a piedi. Nel mese di giugno decise di dare il via alla spedizione passando da Rolle e dal Castello della Pietra con l’intento di garantirsi le spalle e sorprendere Feltre, chiunque ne fosse stato il padrone. Soltanto il genio sregolato e ambizioso di Carlo poteva scegliere un percorso così difficile, con un lungo tratto per sentieri appena visibili o inesistenti e alberi sradicati. Dopo aver attraversato la Val Male e Cistri, quando si avvicinarono al castello la sorpresa fu tale che la piccola guarnigione veneziana si diede alla fuga prima che il castello venisse circondato. Poi l’esercito di Carlo piombò su Feltre scaligera, assediata dai veneziani, i quali, sulla base dei racconti di quelli che ‘si erano salvati’ al Castello della Pietra, decisero di levare il disturbo. Carlo entrò a Feltre da trionfatore, tanto che i feltrini decretarono il primo di settembre come festa per la liberazione dal dominio scaligero e dal pericolo veneziano. Carlo ritornò a nord, per diventare il nuovo imperatore Carlo IV di Lussem burgo, lasciando Feltre nelle mani dei nobili di quella città, Belluno al fido Giacomo da Avoscano, mentre Bonifacio de Lupis, suo fido cavaliere, venne nominato Capitano di Primiero con completa indipendenza da Feltre per effetto della sua investitura imperiale. Nel 1401 la giurisdizione di Pri miero venne infeudata definitivamente (fino all’inizio del XIX secolo) al nobile Giorgio Welsperg di Monguelfo e ai suoi discendenti dal duca Leopoldo d’Austria, a titolo di compenso della somma di 4000 fiorini in oro che aveva avuto in prestito dai Welsperg. La famiglia Welsperg si stabilì nel Castello della Pietra, in ottime condizioni di conservazione, circondato da vasti prati e dal rigoglioso bosco del Tamajon che forniva selvaggina, legname per la manutenzione e grandi cataste di legna per riscaldarlo!
Verso il 1550 un primo incendio semidistrusse il castello che venne ricostruito in quindici anni benché i danni non fossero gravi. Nel 1611 un nuovo incendio fece danni più gravi al punto che il conte Sigismondo stabilì con un accordo del 1440 in una tassa annua fissa sulla popolazione. I lavori si trascinarono a lungo e il castello venne rifatto soltanto parzialmente riducendosi a ben poca cosa rispetto all’originale. Va tuttavia precisato che la famiglia Welsperg non ebbe mai pro blemi di casa perché fin dai primi anni del 1500 aveva fatto costruire nel centro di Fiera il palazzo di famiglia (oggi Albergo Roma) dove abitava quasi tutto l’anno. Il 26 dicembre 1675, il castello prese fuoco nuovamente riducendosi a un cumulo di rovine. La famiglia Welsperg dovette abbandonarlo. Venne di nuovo parzialmente ricostruito i primi anni del 1700, ma nel 1725 un violento turbine di vento scaraventò l’intero tetto, male ancorato, in fondo alla valle. Da allora venne abbandonato per sempre. Scalet
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Ingresso della miniera “Valparoline” a Canal San Bovo (© Collezione G. Conci)
LE MINIERE
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Nel 1300 iniziò per la valle un periodo di eccezionale attività durato quasi 500 anni. Era scoppiata la febbre delle miniere! Per il forte impatto economico e sociale che ebbe, venne chiamato il periodo d’oro. A torto credo, e vedremo il motivo. Vennero scoperti minerali d’argento, oro, piombo, rame e ferro che si estraevano da centinaia di cunicoli. Nel 1464 erano 500 con più di 100 officine per la lavorazione e 3000 addetti. Le miniere più ricche erano quelle di Monte Arzon nel Vanoi e di Val Martina sopra Siror per l’argento. Il triangolo Pieve-Gobbera-Bedolé è probabilmente il più antico e produceva rame e ferro. Il giacimento metal lifero di Transacqua alla base del Monte Padella, detto anticamente Monte Asinozza per la siderite e la galena argentifera. Qui le miniere avevano preso il nome dal loro santo protettore: S. Giovanni, S. Gaetano, S. Teresa, S. Carolina, S. Giuseppe, Ponte delle Beate.
La valle ebbe un risveglio traumatico. Dopo secoli di vita tranquilla fatta di pastorizia ed esportazione di legname, le strade, riempite di cavalli, muli e asini per il traino di carretti o per la soma, diventa rono rumorose e polverose. La valle venne invasa dal fumo dei forni accesi giorno e notte; i boschi scuri e silenziosi vennero saccheggiati per produrre legname per puntellare le gallerie e produrre carbone; vaste aree vennero occupate da montagne di materiali di scarto. Cominciarono ad arrivare in gran numero da Schwatz, antica località mineraria nel Nord Tirolo, esperti e ben pagati minatori chiamati canopi, fonditori, fabbri e boscaioli, uniti nella Confraternita dei Canopi. Primiero divenne una colonia mineraria con i valligiani emarginati e costretti alle attività meno redditizie.
Poco a valle degli altoforni per la fusione del minerale di ferro, in via Forno, c’era anche una piccola officina vicino alla rosta, dove si fabbricavano martelli, tenaglie e soprattutto chiodi, grandi e piccoli.
L’attività di prospezione e scavo riprese dopo la prima guerra mondiale per conto della Breda di Milano, poi sospesa durante la seconda e mai più riattivata. Era tuttavia parere degli esperti che i lavori, quantunque abbandonati, meriterebbero di essere ripresi con larghezza di mezzi finanziari, certi di ottenere risultati positivi.
Quelli con la testa larga e piatta e il gambo corto, si chiamavano broche. Venivano applicate sotto le dalmedhe come protezione e antiscivolo. Tutto era fatto rigorosamente con il maglio e poi rifinito a mano. Quando chiusero le miniere, l’officina divenne un mulino, un magnifico mulino con le ruote dentate fatte a mano in legno duro, poi andato distrutto.
di Samuele Scalet 21
Chi erano i proprietari di questa grande macchina per frugare e rapinare il sottosuolo della valle? I primi a comperare delle concessioni di scavo furono degli imprenditori veneti, che le ebbero dal vescovo di Feltre, signore e principe della valle. Dopo l’annessione di Primiero al Tirolo arrivarono anche dei tedeschi, con i Welsperg primi della lista, seguiti dalle famiglie Botsch, Römer, Neydeck, Veis, Byandis che si unirono in consorzi minerari. Essi fecero il bello e il cattivo tempo fino al 1472 quando l’arciduca Sigismondo d’Austria si rese conto del profitto che avrebbe potuto ricavare sfrut tando direttamente le ricchezze minerarie della valle. Con due decreti ravvicinati avocò a sé il diritto di vendere concessioni e di sfruttare senza alcun limite i boschi per le necessità delle miniere e no minò un Giudice Minerario tedesco, di sua fiducia, con poteri superiori a quelli degli stessi Welsperg. Le sue disposizioni, sempre favorevoli ai canopi e alle famiglie tedesche, erano legge per tutti. Il ricavato dell’attività mineraria veniva spedito dal giudice alla Camera di Innsbruck. Il centro di questo potere era il Palazzo delle Miniere dal quale passavano tutte le disposizioni ri guardanti prospezioni, scavi, cunicoli, trasporti, lavorazione dei minerali e commercio. Questa situazione provocò naturalmente delle reazioni. La prima a lamentarsi fu la comunità che era stata privata dei suoi boschi, sua principale fonte di entrata. Ma la protesta, che era iniziata con le prime concessioni, era sorda e poco efficace perché si concretizzava con tagli e fluitazioni notturni, con conseguenti multe e arresti! Il vescovo di Feltre ricorse al papa e alla Repubblica di Venezia in quanto privato degli introiti che riteneva gli spettassero. Di nuovo a Venezia si rivolsero gli imprendi tori veneti che erano stati espropriati delle loro concessioni, ma Venezia cautamente e saggiamente non si mosse nonostante le sue mire espansionistiche sulla terraferma per rifarsi delle perdite subite in oriente. Nel 1487, supponendo che i veneziani volessero iniziare la conquista del Tirolo risalendo la Valsugana e la Val Lagarina, Sigismondo d’Austria giocò d’anticipo: fece arrestare 150 commercianti veneziani che si trovavano a Bolzano per la Fiera di mezza quaresima per usarli come strumento di ricatto e pose l’assedio alla veneziana Rovereto. Dopo 37 giorni Rovereto si arrese; allora i veneziani decisero di muoversi e scoppiò una guerra che si trascinò finché il papa riuscì a convincere i contendenti a incontrarsi a Venezia e trattare la pace. Vennero reciprocamente restituiti i territori occupati e, per quanto riguarda la Valle di Primiero venne sancita la restituzione delle concessioni delle miniere ai proprietari veneti. Chi non ebbe soddisfazione furono il vescovo di Feltre e la comunità di Primiero. L’attività estrattiva si ridusse progressivamente fino a interessare soltanto le miniere di siderite (fer ro) e piombo argentifero di Transacqua fin verso il 1870. Il minerale veniva lavorato alla Ferrarezza di Transacqua (1500 t/anno di ferro), che era situata alla fine di via Forno. Il nome della via e i ruderi da poco rimossi di una officina da fabbro lungo la vecchia rosta che insieme al Canali creava il quartiere ‘artigianale’ Isola, è tutto quello che è rimasto.
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Palazzo delle Miniere - Palazzo del Dazio (© Simone Simoni)
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LE MALGHE
Durante le grandi migrazioni diramate dal centro caspico, per sopravvivere le antiche popolazioni neolitiche portarono con sé il bestiame, soprattutto pecore e capre che per la loro struttura fisica minuta e agile sono capaci di raggiungere facilmente i pascoli d’alta montagna che offrono spazi più sicuri per alimentarsi e prolificare. Sui pascoli più comodi si diffuse il bestiame vaccino, ma questo avvenne più tardi quando iniziò la creazione dei masi con il dissodamento dei terreni per evitare la transumanza invernale. Quando arrivarono sulle Alpi, i neolitici trovarono pascoli liberi in abbondanza per i loro greggi e li occuparono. All’inizio ci sguazzarono tutti allegramente, ma ancor prima dell’anno mille comincia rono le regolari investiture dei primi abbozzi di masi e malghe con relativi confini e decime. Signo rotti di turno e principi vescovi gestirono l’assegnazione e sfruttarono i pascoli tramite l’affitto, ma questo non bastò a evitare liti, sconfinamenti, scontri violenti, specialmente per evitare i tentativi di comunità esterne di entrare nel territorio già assegnato. Così i Comuni ebbero il diritto legale di 24
poter sequestrare il bestiame, imponendo agli evasori gravi sanzioni. Diritto che venne poco eserci tato perché molti comuni non avevano confini chiari e concordati con i vicini. Transacqua e Tonadico li regolarono soltanto nel 1269. Ma verso Fiemme non c’erano confini e questo portò allo scontro di Bellamonte. Questo episodio tuttavia, a confronto di altri, fu uno scontro molto civile. Per i diritti di pascolo la Valsugana venne coinvolta in lotte violente, furti, distruzioni di case, ponti e strade. La lotta per l’Alpe di Val di Fumo tra Daone e Cedegolo portò a un atto di efferata violenza: nel 1656 i pastori di Cedegolo assalirono i pastori di Daone, che secondo loro si erano stabiliti abusivamente nel loro territorio, ne catturarono sette e li affogarono a testa in giù nella loro calgera del latte pronta per fare il formaggio, poi tagliarono i garretti a tutte le bestie! Pur senza arrivare a questi estremi, le controversie furono numerosissime, alle quali si cercò di porre rimedio con un intrico di regole sui tempi e costi dei pascoli e dei transiti. Persino le pozze d’acqua erano affittate e se veniva a mancare l’acqua si doveva pagare l’affitto a un altro in proporzione al numero delle bestie. All’inizio del 1800 quasi tutti i paesi del trentino possedevano malghe e pascoli. La valle più ricca era quella di Primiero che ne possedeva oltre 80 con una capacità ricettiva di 4500 capi di bestiame vaccino, buona parte del quale proveniva dalla provincia di Belluno. I formaggi e le ricotte di Primiero erano rinomati e arrivavano sulle tavole dei veneziani. Malga Fossetta (© Andrea Bettega)
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Malga Venegiota Simone Simoni)
(©
In tutte le malghe noterete la casera vera e propria, separata dal stalon, dove si producono (o si pro ducevano) burro, formaggio e ricotta con la zangola o il batilat per il burro, la mussa per sostenere la calgera di rame di grandi dimensioni per il formaggio e le carote per le ricotte; un locale fresco, ge neralmente a Nord, per conservare il latte dentro recipienti di zirum (cirmolo) detti mastele, di forma circolare, larga e piatta; un locale buio con poca ventilazione per conservare e lavorare il formaggio e un locale per dormire. Un tempo i tetti delle costruzioni erano di scandole, oggi sostituiti dai più comodi tetti di rame o dai più economici tetti di lamiera zincata. Oggi il latte viene generalmente consegnato due volte al giorno al caseificio centrale, per un prodotto più curato. Dal caseificio poi una parte dei prodotti torna alla malga, che è diventata in molti casi un Agritur. La vita della malga inizia nella tarda primavera quando se carga, con la consegna del bestiame dai proprietari ai pastori assunti per gestire l’alpeggio. Finché il latte veniva lavorato sul posto, l’orga nico di una malga media era costituito da un casaro (caser) responsabile della produzione e anche capomalga, coadiuvato da un aiutante; poi due o tre vacheri, responsabili delle mucche da latte, del loro pascolo e della mungitura; due manderi, responsabili della custodia, del pascolo e della salute delle manze. L’estensione della malga determina il numero massimo di capi con i quali può essere caricata. Grosso modo 1 ettaro per ogni capo di bestiame. Una malga media possiede 100 ettari di pascolo per 100 capi con un organico di cinque persone. Il capomalga sveglia tutti di buon mattino, impartisce gli ordini per la giornata e si intrattiene con i visitatori, i turisti, gli ospiti, gli eventuali proprietari in visita di cortesia.
Chi va a camminare nelle nostre valli incontrerà malghe, masi e scofe. Qual è la differenza? C’è una grande differenza, e può non esser abbastanza chiara per tutti. Le malghe si trovano alle quote più alte, generalmente tra 1500 e 2500 metri, hanno una capacità ricettiva variabile, ma ampia. Appar tengono perciò a società o ai Comuni. L’erba viene raramente falciata perché la brucano gli animali stessi: mucche, manze, cavalli, asini, pecore. La malga è frequentata soltanto d’estate. I masi hanno invece un’estensione minore, si trovano a quote più basse e appartengono a pochi proprietari, nel migliore dei casi a uno solo. Si trovano praticamente da fuori paese fino a circa 1800 metri e sono sempre provvisti di una cucina detta casera e di una o due stanze per dormire. Nei masi l’erba viene prevalentemente falciata, essiccata (così l’erba diventa fieno!) al sole e poi accatastata nei fienili in grandi mucchi pigiati, detti mità, e conservata per l’inverno quando i pascoli non sono agibili. I masi sono dunque frequentati, talvolta anche abitati, sia d’estate che d’inverno. Le scofe sono invece dei masi privi di casera. Quando si va a tagliar l’erba si pranza al sacco e, se si deve dormire, il fieno appena raccolto può fare da letto (in dialetto leta). di Samuele Scalet Malga Agneròla 1.08; 6.01; 6.02; 6.03 Malga Boalòn 7.05 Malga Bocche 4.07; 4.09 Malga Canali 3.12; 3.14; 3.15; 3.18; 3.20; 5.03; 5.04 Malga Ces 2.05; 2.06; 2.07; 2.08 Malga Civertaghe 1.28; 2.02; 2.09; 3.01 Malga Costoncella 4.02 Malga Crél 2.03 Malga Fosse 2.06; 2.10; 2.11; 4.01 (di Sopra e di Sotto) Malga Fossetta 1.31; 5.08; 5.10 Malga Fossernica (di Dentro e di Fuori) 7.17 Malga Grùgola 7.07; 7.08; 7.10
La giornata in malga inizia verso le quattro, quando è ancora buio, con la prima mungitura. Da alcuni anni si usano le mungitrici meccaniche, ma prima era un’operazione manuale faticosa che richiedeva sensibilità e pratica, e durava tre o quattro ore per una media di 25 vacche per mungi tore. Il mungitore stringeva il secchio tra le ginocchia e sedeva sul scagn de molder, fatto in modo da consentire dei piccoli movimenti di posizione. Dopo un massaggio alle mammelle per stimolare il rilascio del latte, che va fatto anche con le mungitrici meccaniche, iniziava la mungitura vera e propria con la spremitura del latte dai capezzoli. L’operazione durava 8-10 minuti con una media di 15-20 litri di latte.
Malga Juribello 4.05; 4.08 Malga Juribrutto 4.06; 4.07 Malga Nèva 6.04; 6.05 Malga Pala 2.04; 2.10; 2.11; 3.02 Malga Pradidali 3.15; 5.04 Malga Rolle 4.02; Malga Scanaiòl 2.03; 7.10 Malga Tognòla 2.03; 7.10 Malga Valcigolèra 2.05 Malga Val de Stùa 1.10 Malga Valazza 4.06; 4.07 Malga Venégia 4.08 Malga Venegiòta 4.08; 4.11 27
Vacheri e manderi escono verso le otto per l’operazione pascolo, con qualsiasi tempo, con una prov vista di sale in un sacchetto, alimento indispensabile per gli animali, di cui sono ghiotti. Se necessa rio si coprono le spalle con un mantellaccio e la testa con un cappello di feltro a larghe tese.
I malgari conoscono il nome della maggior parte delle bestie e le chiamano o le allontanano cam biando il tono della voce. Man a mano che passano i giorni si stabilisce una sorta di reciproca intesa: loro sanno quello che vogliono i pastori e i pastori sanno come trattarle per ottenere ciò che vogliono senza irritarle. Le incitano a spostarsi verso il pascolo prescelto, lentamente, brucando l’erba. Sof fermandosi all’abbeveratoio fatto di tronchi scavati detti laibi, pieni di fresca e limpida acqua. Nel tardo pomeriggio la mandria delle vacche rientra per la seconda mungitura e quando il lavoro è terminato è di nuovo buio.
Alto Primiero (© Simone Simoni) 28
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NOME DELL’ITINERARIO
In genere il nome degli itinerari riporta i topo nimi del territorio e spesso indica il punto di ar rivo e la linea che si seguirà per raggiungerlo; in altri casi troverete invece un loro nome come Family Trail o Anello di Leslie Stephen.
Difficoltà Indica il grado di difficoltà secondo la ta bella di pagina 33. Impegno fisico È un valore soggettivo che cerca di ren dere il più omogeneo possibile valutan do distanza, dislivello e difficoltà tecnica di ogni itinerario. Si esprime su cinque valori da facile, una stella, a particolar mente impegnativo dove le cinque stelle indicano la necessità di un ottimo alle namento per percorrere l’itinerario nei tempi indicati. Bellezza Probabilmente è il valore più difficile da assegnare ad un itinerario; la valutazio ne è ovviamente soggettiva e premia i panorami e la varietà degli ambienti che si attraversano durante il cammino. Le montagne e le valli del Parco merite rebbero tutte cinque stelle tuttavia una classificazione è stata necessaria; non lasciatevi trarre in inganno dal giudizio espresso, spesso è frutto di una valuta zione complessiva e ovviamente itinerari brevi presentano caratteristiche diverse da una lunga traversata... scegliete dove camminare sempre e soprattutto in base alla vostra esperienza.
LETTURA DEGLI ITINERARI E LEGENDA
Gli itinerari sono stati tutti percorsi o controllati alla data di pubblicazione della guida, le infor mazioni e i dati riportati possono essere però soggetti a cambiamenti per fattori esterni non prevedibili e che si potrebbero verificare con il tempo e il susseguirsi delle stagioni. Eventi meteorici intensi, fenomeni di dissesto o l’in tervento dell’uomo possono modificare anche radicalmente le condizioni e le caratteristiche del tracciato. Le informazioni relative ad ogni itinerario sono così organizzate. Fascetta orizzontale d’apertura: numero pro gressivo, provincia, area geografica, titolo dell’i tinerario. Fascetta verticale sinistra: provincia, area ge ografica, titolo dell’itinerario, numero progres sivo. Colonna verticale sinistra: contiene informa zioni tecniche fondamentali per inquadrare ve locemente l’itinerario. Colonna verticale destra: contiene alcune note tecniche, la descrizione dettagliata del percorso e il profilo altimetrico.
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COLONNA VERTICALE DI SINISTRA
Pagina a fronte: planimetria con le località e i waypoint attraversati. Con i dati e le informazioni organizzate in quest’ordine, riuscirete a comprendere le carat teristiche dell’itinerario e a verificare se è adat to alle vostre aspettative, all’esperienza, al tipo d’impegno fisico e di tempo necessario per com pletarlo. Vi esorto a verificare sempre che quan to state per affrontare sia in linea con la vostra preparazione fisica e tecnica per evitare di tro varsi in situazioni o ambienti difficili da gestire.
Distanza Qui troverete indicati i chilometri totali dell’itinerario dall’inizio alla fine; se si tratta di un anello la lunghezza è com plessiva, altresì indica la distanza da percorrere solo per la salita.
Segnavia Trovate indicata tipologia dei segnavia e la loro frequenza sul percorso.
Dislivello positivo Per valutare il dislivello positivo sono sta ti considerati tutti i tratti in salita di ogni itinerario; è un valore arrotondato ma che permette di valutare l’impegno fisico necessario per concludere il percorso.
Fonti d’acqua Sono indicati i punti di approvvigiona mento idrico. Rifugi o bivacchi Troverete le indicazioni relative ai rifugi e ai bivacchi presenti sugli itinerari, non tutti sono gestiti e per pernottare è bene sincerarsi della disponibilità di posti let to telefonando ai gestori. Vie di fuga Può essere un’informazione molto utile in itinerari molto lunghi o impegnativi sapere dove poter interrompere il cam mino in sicurezza per raggiungere una strada o un luogo sicuro Tipo di terreno Sono stati definiti quattro tipi di fondo, in modo da permettere una migliore analisi dell’itinerario: prato, bosco, roccia, urbano.
Tempo di percorrenza È un valore medio che è stato ricavato tenendo conto della lunghezza e del di slivello dell’itinerario procedendo con un passo regolare e non veloce; all’aumen tare della difficoltà del percorso è stata considerata una migliore forma fisica. Come per la distanza il valore è com plessivo solo se si tratta di un anello.
Altitudine minima Indica il punto di minor quota raggiunto da un itinerario.
Altitudine massima Indica il punto di maggior altitudine raggiunto da un itinerario; è un dato im portante da conoscere viste le caratte ristiche del territorio. Prestate sempre attenzione al suo valore e controllate sempre le condizioni del tempo nel mo mento stesso in cui iniziate l’itinerario.
Periodo di fruibilità Il grafico che è stato scelto permette di valutare rapidamente in che periodo dell’anno è opportuno affrontare un iti nerario. La maggior parte dei sentieri rimane coperto di neve o ghiaccio anche fino a tarda primavera, in alcuni casi an che in piena estate e possibile trovare chiazze di neve; il colore verde indica il periodo ottimale, il giallo che è neces sario prestare attenzione alle condizio ni della roccia, nei mesi indicati con il rosso sconsiglio vivamente di affrontare l’itinerario che potrebbe risultare molto pericoloso. QR-code In ogni giro troverai un qr code con le co ordinate del punto di partenza 31
CLASSIFICAZIONE DEI PERCORSI IN BASE ALLA DIFFICOLTÀ
T T = Itinerarituristicosustradine, mulattiere o comodi sentieri, con percorsi ben evidenti e che non pongono incertezze o problemi di orientamento. Si svolgono in genere sotto i 2000 m e costituiscono di solito l’accesso ad alpeggi o rifugi. Richiedono una certa conoscenza dell’ambiente montano e una preparazione fisica alla camminata.
Possono avere singoli passaggi su roccia, non esposti, o tratti brevi e non faticosi né impegnativi grazie ad attrezzature (scalette, pioli, cavi) che però non necessitano l’uso di equipaggiamento specifico (imbragatura, moschettoni, ecc.). Richiedono un certo senso di orientamento, come pure una certa esperienza e conoscenza del territorio montagnoso, allenamento alla camminata, oltre a calzature ed equipaggiamento adeguati.
tecnicaIntroduzione
COLONNA VERTICALE DI DESTRA
Testo principale Caratteristiche generali dell’itinerario Breve descrizione e nota introduttiva alle carat teristiche generali dell’itinerario. Descrizione Relazione completa dell’itinerario Profilo altimetrico Indica in modo rapido le pendenze positive e ne gative che presenta l’itinerario.
EEA EEA = per escursionisti esperti con attrezzatura Percorsi attrezzati o vie ferrate per i quali è necessario l’uso dei dispositivi di autoassicurazione (imbragatura, dissipatore, moschettoni, cordini) e di equipaggiamento di protezione personale (casco, guanti).
E E = Itinerariescursionisticochesisvolgono quasi sempre su sentieri, oppure su tracce di passaggio in terreno vario (pascoli, detriti, pietraie), di solito con segnalazioni; possono esservi brevi tratti pianeggianti o lievemente inclinati di neve residua, quando, in caso di caduta, la scivolata si arresta in breve spazio e senza pericoli. Si sviluppano a volte su terreni aperti, senza sentieri ma non problematici, sempre con segnalazioni adeguate. Possono svolgersi su pendii ripidi; i tratti esposti sono in genere protetti (barriere) o assicurati (cavi).
EE EE = per escursionisti esperti Itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari. Sentieri o tracce su terreno impervio e infido (pendii ripidi e/o scivolosi di erba, o misti di rocce ed erba, o di roccia e detriti). Terreno vario, a quote relativamente elevate (pietraie, brevi nevai non ripidi, pendii aperti senza punti di riferimento, ecc.). Tratti rocciosi, con lievi difficoltà tecniche (percorsi attrezzati, vie ferrate fra quelle di minor impegno). Rimangono invece esclusi i percorsi su ghiacciai, anche se pianeggianti e/o all’apparenza senza crepacci (perché il loro attraversamento richiederebbe l’uso della corda e della piccozza e la conoscenza delle relative manovre di assicurazione). Necessitano: esperienza di montagna in generale e buona conoscenza dell’ambiente alpino; passo sicuro e assenza di vertigini; equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguati.
PAGINA A FRONTE Mappa Permette di visualizzare lo sviluppo del per corso con l’indicazione dei punti di riferimento principali per l’orientamento, i waypoints che troverete nella descrizione e le località princi pali toccate dall’itinerario. La macchina fotogra fica indica un punto panoramico di particolare bellezza dove consiglio una sosta. Nei files GPX che potrete scaricare registrando la Guida con il codice univoco troverete tutti i waypoint e gli spot fotografici.
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Baita Segantini con il Cimon della Pala (© Simone Simoni)
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1. FONDOVALLE PRIMIERO E DINTORNI 2. SAN MARTINO DI CASTROZZA 3. PALE DI SAN MARTINO 4. PASSO ROLLE E VALLES 5. VAL CANALI E PASSO CEREDA 6. VETTE FELTRINE E CIMONEGA 7. VALLE DEL VANOI E LAGORAI
Anzitutto una guida per chi? Se vogliamo indicare un utente, possiamo dire che è dedicata a coloro che amano percorrere a piedi il territorio, vecchi e nuovi sentieri, per visitare prati, boschi, monta gne, laghi, malghe, … Una guida fatta per essere usata, ma anche per essere letta, perché la parte descrittiva generale, in particolare la storia, occupa uno spazio considerevole, e ci auguriamo che risulti piacevole e utile anche a coloro che non amano far fatica sui sentieri. In poche parole, un libro per Nellatutti.guida
COM’È ORGANIZZATA LA GUIDA
sono quindi descritti ed illustrati più di cento percorsi divisi in sette aree geografiche per facilitare la ricerca e la scelta:
I PERCORSI
Ogni itinerario viene descritto in una scheda numerata secondo la zona geografica ed un numero progressivo. Ad esempio 1.01 indica il primo percorso del FONDOVALLE PRIMIERO E DINTORNI. 36
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Passo Rolle da Punta Rolle (© Simone Simoni)
Cimon della Pala da Passo Rolle (© Simone Simoni)
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Nell’ultimo decennio la tecnologia satellitare ha fatto enormi passi avanti, portando un efficace stru mento di navigazione nelle tasche e perfino al polso di ognuno di noi; sono a decine infatti le app per smartphone che permettono di tracciare e navigare sulla base di una traccia GPX o consultare una cartina topografica digitale con il rilevamento istantaneo della posizione. Nel suo progresso tecnologico però il sistema GPS assume anche un altro ruolo nel mondo delle attività outdoor con la diffusione di comunicatori satellitari - un tempo utilizzati sostanzialmente solo dalle spedizioni alpi nistiche - anche tra i comuni utenti della montagna con possibilità di comunicare anche in assenza di rete telefonica, di inviare rapidamente una richiesta di SOS o di essere rintracciati da remoto accedendo alle informazioni sulla posizione. Se da un lato questa evoluzione porta indubbi vantaggi all’escursionista occasionale che può usufru ire di mezzi di navigazione e comunicazione precisi ed affidabili, dall’altro ne favorisce un certo impi grimento, sostituendosi alla voglia di ricerca e conoscenza del territorio. È quindi sicuramente utile sfruttare le innovazioni che, al giorno d’oggi, il progresso tecnologico mette a nostra disposizione ma è buona norma, quando si esce in escursione, non affidarsi ciecamente all’algoritmo di un’appli 40
INFORMAZIONI
ALL’ESCURSIONISTA GPS, ALTIMETRO E BUSSOLA
Pale di San Martino dall’Alpe Vederna (© Simone Simoni)
Villa Welsperg e le Dolomiti della Val Canali (© Simone Simoni)
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cazione o alla batteria di un telefono cellulare. Nessun dispositivo elettronico infatti potrà mai sosti tuire l’importanza di studiare il percorso, conoscerne le criticità, ipotizzare una timeline di marcia, individuare i punti di approvvigionamento acqua, valutare eventuali vie di fuga in caso di emergenza e tenere costantemente monitorate le condizioni metereologiche quando si va in escursione. Basandosi su triangolazioni spaziali, il segnale GPS funziona generalmente bene su tutto il territo rio, tranne quando queste triangolazioni risultano difficili data la conformazione del terreno in una certa posizione; ad esempio, in prossimità di pareti verticali (come quando ci si trova in mezzo a canaloni o nelle vie ferrate) il segnale viene meno. La rete dei cellulari invece ha le antenne orientate normalmente verso le zone più popolate, in montagna si riscontrano pertanto vaste zone d’ombra che rendono assai precario l’uso della rete cellulare da parte degli smartphone. Delle considerazioni diverse si devono fare sull’altimetro e sulla bussola. Se il GPS può essere con siderato un oggetto opzionale, in quanto dipendente dal segnale, l’altimetro e la bussola sono degli strumenti estremamente utili ed affidabili. Se ad esempio state seguendo una strada in salita e avete individuato la strada sulla mappa, ad esempio 1:25000 con le curve di livello con una distanza di 25 metri, riportando la quota dell’altimetro sul punto della strada che si trova sulla stessa quota, si individua la propria posizione sulla carta. Stesso discorso per la bussola, che può risultare parti colarmente valida nel caso in cui si cerchi di localizzarsi con ampi riferimenti naturali noti e nel caso in cui si voglia capire la propria posizione in base alla direzione che si sta percorrendo.
IL CLIMA E LE PREVISIONI METEO
Bosco misto di conifere e latifoglie a Transacqua (© Simone Simoni)
Fino a qualche anno fa, quando non esistevano ancora app meteo sugli smartphone e programmi meteo televisivi nazionali e regionali, si osservava la direzione del vento in quota. Con il vento da Nord tutti sapevano che si possono fare progetti impegnativi, mentre con venti da Sud o peggio da Sud-Ovest, occorre essere più cauti. E questo riguarda sia quelli che fanno lavori all’aperto, sia l’escursionista che progetta una camminata. Il metodo è ancora valido e sarebbe una bella cosa continuare a osservare il cielo e poi confrontare le proprie deduzioni con le previsioni ufficiali. Una particolarità di questa valle, comune a tutte le valli alpine con orientamento Nord-Sud del ver sante meridionale delle Alpi è il vento locale quasi sempre presente. Il vento del mattino, che nelle Pale non ha un nome, soffia da Nord a Sud nella notte e nelle prime ore del giorno. Poi cala d’inten sità rapidamente e altrettanto bruscamente si inverte, e spira da Sud durante tutto il pomeriggio. Questo accade in primavera inoltrata, estate e primo autunno. L’effetto di questo ciclo è che il vento del mattino spazza le montagne da Nord e il cielo diventa blu intenso, mentre le grandi pareti rivolte a Sud si riscaldano. Si creano così delle potenti correnti termiche che richiamano l’aria satura di umidità confinata sulla Pianura Veneta. Il risultato del sollevamento e del conseguente raffredda mento dell’aria sono la caduta di piogge abbondanti sulle prealpi e la formazione di temporali sulle pareti e sui rilievi maggiori nel pomeriggio. Per evitare sorprese è meglio valutare la temperatura. Se fa molto caldo il fenomeno è più accentuato. Un capo di vestiario adatto a un acquazzone non dovrebbe mai mancare quando si va nelle Pale. Ma 42
Vi sono degli ottimi proverbi locali che aiutano a fare delle buone previsioni.
(Se la pioggia viene da Passo Cereda sarà abbastanza abbondante - “ghèda” è una grembialata, quantità di cose nel grembiule tenuto sollevato per le cocche -, se viene da San Martino sarà poca, se viene dalla Valle dello Schenèr sarà tanta - “stèr” è una misura di quantità di circa 20 litri -)
Entrambi hanno una spiegazione scientifica e la loro efficacia è praticamente vicina al 100%. Se sul Sass Maor, o sulle Pale c’è una fascia di nubi a forma di cintura significa che c’è inversione termica, generalmente tra 2.100 m e 2.500 m, l’atmosfera è stabile e difficilmente hanno luogo perturbazioni.
Se la vien da Zareda la vien con la ghèda, Se la vien da San Martin la vien col scudhelìn, Se la vien dal Schenèr la vien col stèr.
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questo non è un buon motivo per non andarci! Quando l’atmosfera è turbolenta e nuvole e nebbie ribollono nei canaloni e nelle valli, si creano scenari inaspettati, seguiti spesso dal furbesco ritorno del sole. Gli spettacoli non mancano. Naturalmente in tutte le stagioni vi sono periodi più o meno lunghi di bel tempo. Se è possibile conviene approfittarne.
Anche questi tre proverbi hanno un fondamento Il ballo della Guana Litegosa oggettivamente scien tifico. Quando la perturbazione viene da Passo Cereda o dallo Schenèr è portata direttamente dall’a ria umida confinata sulla Pianura Veneta che è la vera fonte dei temporali pomeridiani. Da San Martino può invece venire ben poco. I dati pluviometrici estivi della valle danno ragione ai proverbi. Un altro proverbio che trova conferma nei dati pluviometrici della valle è quelle dell’Ascensione: Se la vien de la Sènsa par quaranta dì no se fa sentha. (Se piove durante il giorno dell’Ascensione, pioverà per altri quaranta giorni)
L’Ascensione cade quaranta giorni dopo Pasqua, è quindi una data variabile tra aprile, maggio, metà giugno. Questi sono nettamente i mesi più piovosi dell’anno, è pertanto assai probabile che si veri fichi la previsione!
Ecco una coppia molto efficace: Quando el Sass Maór el ha la thentura, ciapa la fàlth sentha paura. (Quando il Sass Maór ha la cintura, prendi la falce senza paura) Quando el Sass Maór el ha el capèl, peta là la fàlth e ciapa el restèl. (Quando il Sass Maór ha il cappello, lascia lì la falce e prendi il rastrello)
Quando le nuvole sono alte e formano un cappello non c’è inversione termica, l’atmosfera è turbo lenta e sono probabili dei temporali. Un altro gruppo di proverbi riguarda la provenienza della perturbazione.
APT di San Martino di Castrozza: tel. 0439Funivia768867 Rosetta Tel. Guide0439-68204Alpinedi
Madonna (2358 m) – SAT Tren Dato San Martino in 3,30 h circa a piedi oppure 2,30 h dal parcheggio di Malga Zighertaghe. tel. Rifugio0439-768731Treviso(1629 m) – CAI Treviso Dal parcheggio in località Malga Canali in 0,50 h Rifugiotel.c.a.0439-62311Mulaz(2571 m) – CAI Venezia Dal parcheggio in località Malga Veniai in 2,50 h tel.c.a.0437-599420
Centro Visitatori di Villa Welsperg in Val Canali. Aperto tutto l’anno. Tel. 0439-64854 (Staff Parco) - 0439-765973 Centro Visitatori di San Martino di Castrozza. Apertura estiva e da Natale a Pasqua. Tel. Centro0439-1905216Visitatoridi
S. Martino di Castrozza Tel. 0439-768795 | 342 9813212
I RIFUGI
INTERNET www.trentinotrasporti.itwww.primiero.eventswww.primiero.tn.itwww.vanoi.itwww.imereventi.itwww.visittrentino.infowww.mezzanoromantica.itwww.ecomuseo.vanoi.itwww.parcopan.orgwww.primieroiniziative.comwww.sat.tn.itwww.arpa.veneto.itwww.meteotrentino.itwww.aquilesanmartino.comwww.sanmartino.comwww.primierohiking.com
I NUMERI DEL PARCO
Paneveggio. Apertura estiva e da Natale a Pasqua. Tel. 0463-576283
(2278 m) – CAI Treviso Dal Cant del Gal in 2,30 h oppure 1,30 h dalla stazione a monte della Funivia della Rosetta. tel. Rifugio0439-64180Velodella
CAMPEGGI Val Canali – Primiero tel. 0439-62426
Imer: tel. 0439-67001 San Martino: tel. 0439-68234
APT APT di Primiero: tel. 0439-62407
Passo Rolle (Guardia di finanza): tel. 0439-68040
INFORMAZIONI UTILI
CARABINIERI Transacqua: tel. 0439-762008 – 762487
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Rifugio Rosetta (2578 m) – SAT Trento Da San Martino in 3 h circa a piedi oppure con Cabinovia Colverde + Funivia Rosetta. tel. Rifugio0439-68308Pradidali
SOCCORSO ALPINO Numero telefonico 112 Di Primiero: tel. 0439-762385 Di San Martino di Castrozza: tel 0439-768868
Imer – Primiero: tel 0439-67468
Torrente Noana (© Simone Simoni) 45
Questa escursione consente di ripercorrere i posti più rappresentativi di una via commerciale storica, insieme al tratto del tracciato più noto che porta da Sovramonte fino a Pontét, dove storicamente fino al 1918 era situato il confine tra Venezia e il territorio degli Asburgo.
PONTE OLTRA – VIA DI SCHENÈR – PONTÉT 13,54h km 725 m 630 m 790 m ÙÙÙÙÙ ÙÙÙÙÙ E VIA DI SCHENER1.01417,4m 500m 600m 700m 796,2m0km2681012 413,462 1 2 3 4 5 6 7 8 difficoltà impegnofisico bellezza segnavia altitudineminima distanza altitudinemassima dislivellopositivo GenLugDicAgoOttSetNov Giu MagAprMar Feb tempodipercorrenza fontid’acqua viedifuga tipoditerreno rifugiobivacchi FONDOVALLE PRIMIERO E DINTORNI 40% bosco 20% prato 40%segnaliassentiurbano bianchi e azzurri poco visibili nel bosco DESCRIZIONE. Dal lontano 1882, anno in cui fu inaugurata sul fon do della Valle dello Schenèr la prima strada carrabile per il Primiero, ancora oggi principale arteria di comunicazione da e verso la valle, questa antica via è stata completamente dimenticata e giace ora in stato di abbandono. Grazie soprattutto al lavoro di M. Melchiorre, dal 2016 è cominciato un processo di riscoperta di questo storico accesso.
La nostra escursione parte da Ponte Oltra e si sviluppa su quasi 14 km passando per Zorzoi, quindi Sorriva di Sovramonte per poi seguire una delle vie di comunicazione che permettevano le relazioni e gli scambi commerciali con il Primiero. La prima parte del percorso è una variante della tradizionale Via delle Vit, ora in cattive condizioni. Arrivati a Zorzoi si attraversa su strada l’abitato in direzione Sorriva, dove si può ammirare la Chiesa di San Giorgio (1), risalente al VIVII secolo, che contiene pitture del ‘300 oltre a dipinti più recenti di Andrea Nasocchio da Bassano (chiedere al sacrestano per la visita).
Dalla Chiesa di San Giorgio, si prosegue salendo verso la Chiesa di San Rocco di Sorriva (2), girando subito a destra dopo l’edificio e sa lendo verso il Col dei Mich. Poco prima di arrivare a Col dei Mich, si possono ammirare un bell’edificio privato in pietra calcarea, costruito secondo la tipologia dei frontoni “a gradone”. e poco dopo l’Antica Torre (3), ora adibita a ristorante. Siamo a 770 m, la massima alti Proseguendotudine.
si ritorna, scendendo brevemente, sopra Zorzoi alla Chiesa di San Zenone (4) e rimanendo paralleli alla strada, ma a quota superiore, si arriva restando nel bosco ad incrociare la strada per Bettola (5). A Bettola avveniva il controllo delle merci e persone in 46
Bettola Roe Alte LagodelloSchener 1 2 3 4 5 6 7 8 Antica Torre Castel Schener Chiesa di San Rocco di Sorriva Chiesa di San GiorgioChiesa di San Zenone Zorzoi SSP473 SR20 Col del Mich Pontét 61238745 Chiesa di San Giorgio Chiesa di San Rocco di Sorriva Antica Torre Chiesa di San Zenone AttraversamentoCastelBettolaSchener Rio Rosna Roe Alte WAYPOINT 47
FRATAZZA - MALGA TOGNOLA - FORCELLA SCANAIOL - CREL - FRATAZZA ÙÙÙÙÙ 1400 m 2087 m 835 m 16 km ÙÙÙÙÙ 4,30hE SAN MARTINO DI CASTROZZA2.031400 1600m 1800m 2000m 2096m0km16,628 4 261214 810 1 2 3 4 5 6 7GenLugDicAgoOttSetNov MagAprMar Feb tipoditerreno difficoltà impegnofisico bellezza segnavia altitudineminima distanza 80% bosco - 20% prato Malga Tognola di Siror altitudinemassima dislivellopositivo Ben segnalato tempodipercorrenza fontid’acqua viedifuga rifugiobivacchi
DESCRIZIONE. L’itinerario parte a San Martino di Castrozza, presso il parcheggio degli impianti Tognola, in località Fratazza, e risale la Val Tognola, per poi aggirare Cima Tegnazza e scendere di ritorno verso Malga Crel, attraverso la Forcella Scanaiol. Parcheggiata l’auto presso uno degli ampi piazzali in località Fratazza (1.400 m), il percorso inizia lungo il rio Tognola, proprio dietro la base degli impianti di Tognola, imboccando una strada sterrata che inizia quasi pianeggiante e transitando subito sotto la Malga Fratazza (1) Dopo un primo tratto, la strada incrocia la strada forestale per Mal ga Crel (Sentiero No. 350). Ignorando le indicazioni per Malga Crel / Calaita, si segue la strada verso destra in direzione San Martino di Castrozza, per qualche centinaio di metri per poi imboccare, a sini stra, l’altra strada forestale che sale, in direzione Malga Valcigolera e Malga Tognola (2) - Sentiero No. 368 di Valzanchetta -. Dopo alcuni ampi tornanti, la strada prosegue seguendo la Valcigolera, fino ad un ponte che la attraversa; subito dopo questo ponte si prende, alla sinistra di un bivio (3) la Strada Forestale Tognola (Sentiero No. 352) in direzione Malga Tognòla.. Con un tratto pianeggiante, la strada ci riporta nella Val Tognola; poco prima dell’attraversamento della valle (1.690 m), un cartello indica sulla destra un sentiero in direzione Mal ga Tognola - sentiero ecologico, Sentiero No. 352 -. Il sentiero sale con pendenze più accentuate nel bellissimo bosco della zona, con spazio per qualche scorcio panoramico sulle Pale di San Martino alle spalle, fino a giungere alla vasta area aperta dell’Alpe Tognola con i suoi impianti da sci. Superato il primo impianto sciistico, si sale lungo il prato fino alla Malga Tognola di Siror (4 - 1.981 m).
Da Malga Tognola, si segue il sentiero che parte pianeggiante in di rezione SO, segnalato come Sentiero No. 9 in direzione Malga Arzon / Forcella Scanaiol. Il sentiero prosegue tra boschi, prati, zone umide
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ANELLO DELLA FORCELLA SCANAIOL
Malga Fratazza Malga Tognola di SirorForcella Scanaiol Malga Scanaiol Malga Crel 1 2 3 4 5 6 7 2326 Cima Cavallazza Punta2229Ces 2539 Cima Val Cigolera 2383 Cima Tognola 2467 Cima Scanaiol Forcella2424Ceremana 2235 Cima Tognazza SS50 6123745 Malga Fratazza Bivio Valcigolera Bivio strada forestale Tognola Malga Tognola di Siror Forcella Scanaiol Malga Scanaiol Malga Crel WAYPOINT 191
2.03
Rientrando verso San Martino con le Pale sullo sfondo (© Aaron Gaio) con rigagnoli, con pendenze tranquille, salen do soltanto nell’ultima parte, fino alla Forcella Scanaiol (5 - 2.087 m), punto più alto dell’itine rario. Attenzione solo, a circa metà sentiero, ad una poco visibile e poco segnalata deviazione per Malga Arzon, che si ignora mantenendosi sul sentiero principale. Dalla Forcella Scanaiol si scende rapidamen te, entrando nel bosco e raggiungendo in poco tempo Malga Scanaiol (6 - 1.745 m); da qui si prende sulla sinistra, in direzione N-NE un sen tiero che è indicato verso Malga Crel e San Mar tino di Castrozza. Il sentiero porta sulla foresta le “di Calaita” - Sentiero No. 350, che si percorre verso San Martino, fino a Malga Crel (7 - 1.598 m, leggermente sopra la strada forestale che ne attraversa i pascoli) e successivamente San Martino di Castrozza, tagliando nel bosco sulla destra in discesa, lungo un sentiero che scende direttamente in località Fratazza, ben segnalato.
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SCANAIOLFORCELLAOFLOOPCASTROZZADIMARTINOSAN
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MALGA CES – PASSO COLBRICÓN – FORCELLA CEREMANA – BIVACCO ALDO MORO – PUNTA CES 2.08 ÙÙÙÙÙ 1670 m 2565 m 1100 m SAN MARTINO DI CASTROZZA 13 km ÙÙÙÙÙ FORCELLA CEREMANA 6hEE 1667m 1900m 2100m 2300m 2572m0km26810 412,557 1 2 3 4 5 6 7 8 9 GenLugDicAgoOttSetNov MagAprMar Feb tipoditerreno
DESCRIZIONE. Questo itinerario, che parte da Malga Ces, compie il giro della Cima Colbricón e presenta una possibile deviazione che porta a raggiungere il Bivacco Aldo Moro lungo il percorso della Tran Sislagorai.parteda Malga Ces (1.670 m), a San Martino di Castrozza, in un pri mo tratto che sale lungo il Sentiero No. 348 in direzione dei Laghi di Colbricón. Dopo un tratto iniziale che risale la pista da sci, il sentiero svolta a destra e comincia a risalire immerso nel bosco (1). Al termi ne della risalita, si raggiungono i famosi Laghi di Colbricón (2), due laghetti di origine glaciale situati tra le cime Colbricón e Cavallazza poco sopra i 1.900 metri di altitudine. Dai laghi, il tracciato prosegue sulla sinistra lungo il Sentiero No. 349 (3), costeggia le sponde sud occidentali del lago più alto (1.922 m) per poi lasciare i laghi alle spalle e raggiungere alcuni resti di costruzioni, in un sito di importanza storica sia per gli eventi relativi alla Grande Guerra che per i ritrovamenti di resti di un insediamento di cacciatori di epoca mesolitica. Dopo un breve tratto in discesa, il Sentiero No. 349 conduce ai 1.908 m del Passo del Colbricón (4) (da cui sarebbe possibile rientrare a Malga Ces, attraversando il Pian delle Cartucce, per completare un anello più breve); riprende poi a salire verso la Forcella Colbricón e la Cima Colbricón lungo il percorso classico del la Translagorai. Durante la risalita della vallata che porta alla forcel la, posta tra Cima Colbricón (sulla sinistra, a S) e il Colbricón Piccolo (sulla destra, a NO), il paesaggio si apre. Giunti a Forcella Colbricón (2.420 m) (5), da cui si apre una visuale di tutto rispetto sulle Pale di San Martino, sulla Val di Fiemme e su una parte della Catena del La gorai, il sentiero affronta un brevissimo tratto in discesa, per poi se guire il pendio in un saliscendi che conduce direttamente alla vicina Forcella Ceremana (2.428 m) (6). Il sentiero tra Forcella Colbricón e Forcella Ceremana ha un paio di varianti a quote differenti: anche se difficoltà impegnofisico bellezza segnavia altitudineminima distanza dal Passo del Colbricón è possibile rientrare a Malga Ces 40% bosco, 15% prato, 45%
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Bivaccoroccia Aldo Moro altitudinemassima dislivellopositivo Su sentieri camminabili ben segnalati, a tratti tecnici tempodipercorrenza fontid’acqua viedifuga rifugiobivacchi
Laghi di Colbricón 1 2 3 4 5 6 7 8 9 La g h i /G h i a cc i a i Passo del Colbricón Forcella Colbricón Forcella Ceremana Cavallazza2326 CeremanaCima2699di Cima Piccolo Colbricon BivaccoAldoMoro Punta2229Ces SS50 619238745 LaghiBivio di Colbricón Sentiero No.349 Passo del Colbricón Forcella Colbricón Forcella Ceremana Bivacco Aldo Moro Sentiero No. 337 Punta Ces WAYPOINT 211
CEREMANAFORCELLACASTROZZADIMARTINOSAN
è necessario qualche piccolo salto tra le rocce, il terreno è ricco di tracce e qualsiasi di essa può essere tranquillamente percorsa. Dalla Forcella Ceremana il tracciato offre un’in teressante variante che permette di raggiungere il Bivacco Aldo Moro (7): proseguendo per circa 2,5 km sempre lungo il Sentiero No. 349 “Achille Gadler” è possibile, infatti, giungere al bivacco. La via per il Bivacco Aldo Moro (2.565 m), tra rocce e massi situati sulle pareti settentriona li di Cima Ceremana e delle Cime di Bragaröl (che costituivano una parte della linea AustroUngarica durante la Prima Guerra Mondiale), permette di immergersi nel tipico paesaggio lu nare che solo il Lagorai può regalare. Il bivacco è posto su una selletta delle Cime di Bragaröl; da essa si possono osservare a sud le Buse di Malacarne, l’Alpe Tognola e, più in lontananza, il massiccio Folga-Arzon. Dal bivacco, il rien tro alla Forcella Ceremana percorre lo stesso tratto a ritroso. Concludendo questa deviazione, vale la pena segnalare la presenza di una bella scaletta metallica che sale una parete rocciosa, sul sentiero che poi prosegue verso la conca di Forcella Colbricón leggermente ad est rispetto al Sentiero No. 349. Il rientro dalla Forcella Ceremana segue il Sen tiero No. 337 (8), che scende in un primo tratto molto ripido per poi passare sotto le rocce di Cima Colbricón e proseguire verso Punta Ces. Da Punta Ces (2.235 m) (9) si può gustare l’ulti mo panorama a 360 gradi offerto dell’itinerario, con un’ottima visuale su San Martino di Castroz za e sulle Pale di San Martino, per poi riprendere la discesa verso Malga Ces, seguendo la traccia del percorso “Vertical Ces”, che porta diretta mente alla malga.
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2.08
Bivacco Aldo Moro (© Aaron Gaio)
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(©
Scendendo Ceremana Aaron Gaio)
da Forcella
VEZZANAEBOLVER-LUGLIMARTINOSANDIPALE
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3.08 proposito di studiare meglio il Cimón de la Pala, ritenuto all’epoca erroneamente più alto. Da Cima Vezzana il sentiero proseguirebbe ver so il Bivacco Brunner; l’itinerario qui proposto rientra però verso il Rifugio Rosetta percorrendo inizialmente a ritroso la traccia che riporta al Passo del Travignolo. Durante questo breve trat to, dalla sella sopra al Passo del Travignolo, con una deviazione da 10-15 minuti, è possibile rag giungere anche la meridionale Cima del Nuvolo (3.075 m). Dal Passo del Travignolo, il percorso procede scendendo lungo il Sentiero No. 716; in questo tratto bisogna prestare attenzione in al cuni passaggi dove si può trovare neve anche in
Altopiano delle Pale di San Martino da Cima Vezzana (© Simone Simoni) estate inoltrata. Terminata la discesa, il Sentiero No. 716 risale sulla destra verso SO in direzione Passo Bettega (6) (2.658 m). Dal Passo Bette ga il sentiero discende ancora leggermente, per poi mantenere la quota fino a giungere nei pres si del Rifugio Rosetta (7), sul lunare Altopiano delle Pale di San Martino. Dall’altopiano, e più precisamente dal Passo di Rosetta, parte il Sentiero No. 701 verso il Rifugio Colverde, che l’itinerario percorre in discesa fino al Rifugio Colverde prima e San Martino di Ca strozza poi, rientrando così al punto di partenza. 257
VALLE DEL E GRUGOLA
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DESCRIZIONE. Questa classica escursione parte da Calaita, località con omonimo lago situato all’angolo orientale del gruppo del Lago rai, nell’alta Valle del Lòzen. La prima parte dell’itinerario si sviluppa nel bosco e segue inizialmente la strada forestale del Sentiero No. 347 in direzione ovest che inizia dalla strada di accesso al Lago di Calaita, poche centinaia di metri prima di giungere al lago. Dopo aver percorso un piacevole tratto pianeggiante ed aver superato un bivio (1), sempre proseguendo lungo la strada, ci si imbatte su un secondo bivio (2), da dove parte, sulla destra verso O, un sentiero che sale in direzione Malga Grùgola (Sentiero No. 358). Una volta giunti a Malga Grùgola (1.782 m) (3), il Sentiero No. 358 prosegue salendo lungo la Valle di Grùgola, scavata dall’omonimo ruscello. Durante la salita della Valle di Grùgola, che conduce alla Forcella Fólga, la visuale si apre e la vegetazione diventa meno fitta, permettendo di entrare nel magico paesaggio offerto dal Lagorai, con una magnifica vista sulla vallata ed i monti in lontananza. Poco dopo aver oltrepassato il versante meridionale del Col Móngo (2.146 m) (4) si giunge a Forcella Fólga (2.195 m) (5). Si abbandona quindi il sentiero principale e ci si incammina, verso N, lungo la traccia che conduce a Cima Fólga. Il tracciato, che a tratti non è perfettamente segnalato, segue la cresta per poi inerpicarsi su pendii erbosi; il ter reno non è tecnicamente difficile e si può facilmente raggiungere la cima salendo sul terreno erboso. Una volta giunti a Cima Fólga (2.436 m) (6), si rimarrà incantati da una delle più belle viste panoramiche sul Lagorai, con una visuale che include anche tutte le Vette Feltrine e le dolomiti delle Pale di San Martino. Da Cima Fólga l’escursione prosegue lungo il crinale (con qualche piccolo passaggio tecnico) che unisce le Cime Fólga e Grùgola, verso NE in direzione Cima Grùgola (2.405 m) (7). Da Cima Grùgola il per difficoltà impegnofisico bellezza segnavia altitudineminima distanza 40% bosco, 50% prato, 10% roccia altitudinemassima dislivellopositivo Ben segnalato,da forcella Folga alla Cima Folga le tracce si perdono tempodipercorrenza fontid’acqua viedifuga tipoditerreno rifugiobivacchi
VANOI E LAGORAI FOLGA
CALAITA – CIMA FÓLGA – CIMA GRÙGOLA – LAGO PISÓRNO ÙÙÙÙÙ 1595 m 2436 m 865 m 10,8 km ÙÙÙÙÙ 4,30hEE 7.08 1599m 1900m 2000m 1800m 2100m 2200m 2300m 2446m0km268410,456 1 2 9 10 11 12 3 4 5 6 7 8 GenLugDicAgoOttSetNov Giu MagAprMar Feb
Palon2174diFolga Coston2085 Agnelessa2318 2467 Cima Scanaiol RifugioMiralago Malga Grùgola Col MóngoForcella Grùgola Lago Pisórno 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 diLagoCalaita Forcella Fólga 2271 Cima d’Arzon 2431 Cima Folga 2397Cima Grùgola SP239 121110619238745 Primo bivio verso sx Sentiero No. 358 Malga Grùgola Col AcquedottiSentieroLagoPossibileForcellaCimaCimaForcellaMóngoFólgaFólgaGrùgolaGrùgoladeviazionePisórnoNo.347MalgaDòch WAYPOINT 497
Lago Pisórno (© Simone Simoni)
corso scende rapidamente alla Forcella Grùgola (8), da dove prosegue lungo il Sentiero No. 347 proveniente da Forcella Fólga. L’itinerario pro cede in discesa lungo il Sentiero No. 347 verso N, rientrando verso il Lago di Calaita. Durante il rientro al Lago di Calaita è possibi le fare una breve deviazione (9), segnalata con cartelli dopo un paio di tornanti della discesa, che consente raggiungere il Lago Pisórno (2.227 m) (10), limpidissimo laghetto incastonato tra le nere rupi della Cima d’Arzon. Il Lago Pisórno, piccolo ma profondo laghetto di alta quota, se condo la leggenda, è abitato da streghe e spiriti maligni; si narra che se uno vi getta dei sassi o infastidisce le acque, gli spiriti faranno poco dopo cadere la grandine. Il percorso scende infine lungo il Sentiero No. 347 (11) e, dopo aver superato gli Acquedotti Malga Dòch (12) e aver seguito il corso dell’im petuoso Torrente Lòzen, rientra al Lago di Ca laita (1.604 m).
7.08
GRUGOLAEFOLGALAGORAIEVANOIDELVALLE
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di
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Sulle creste Cima Fólga (© Aaron Gaio)
TUTTOILNECESSARIOPERLETUEAVVENTURE VERTICALINELLEDOLOMITI M O U N T A I N S T O R E NIVALISMOUNTAINSTORE ViaGaribaldi17a,FieradiPrimiero PrimieroSanMartinodiCastrozza(TN) Tel +390439763967 Mailinfo@nivalisfiera.com