Falesie di Arco

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COLLANA LUOGHI VERTICALI

EDIZIONI VERSANTE SUD


Prima edizione Maggio 2010 ISBN 978-88-96634-00-4 Copyright © 2010 VERSANTE SUD S.r.l. Milano via Longhi, 10, tel. 027490163 www.versantesud.it I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina

Angelika Rainer su Io Dio, 7c, Bassilandia (foto Marco Spataro)

Testi

Antonella Cicogna, Mario Manica, Davide Negretti

Disegni e cartine

Chiara Benedetto. Rilievi: Davide Negretti

Simbologia

Iacopo Leardini

Rilevazioni GPS

Lorenzo Garavaglia

Impaginazione

Carolina Quaresima

Stampa

Monotipia Cremonese (CR)

Nota L’arrampicata è uno sport potenzialmente pericoloso, chi lo pratica lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate, e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi scalata.


Antonella Cicogna Mario Manica Davide Negretti

Falesie di

ARCO 106 proposte Valle del Sarca Trento Rovereto Valli Giudicarie

EDIZIONI VERSANTE SUD


Introduzione

La nuova edizione: 106 proposte per oltre 3700 tiri su strapiombi e tetti, placche e muri verticali da offrire ai palati di tutti i climber.

La testa è già sui muri, le mani anziché strette al volante dell’auto che ci sta portando, affondano nella magnesite, già pregustano il tocco magico del calcare. Come un faro nella notte, Arco è il punto di arrivo di tutti noi climber. Arco è il nome che da qualsiasi parte del mondo si provenga sappiamo pronunciare. Ad Arco si scala praticamente tutto l’anno, e la roccia è un gioiello. Ad Arco c’è il Rock Master e il concentrato più portentoso di negozi di arrampicata di tutta Europa, nulla da invidiare a Chamonix e forse neanche a Yosemite. E c’è il gelato più spettacolare che mai climber abbia gustato (e che anche Yosemite e Chamonix ci invidiano). Ma Arco è anche il punto di partenza: la finestra aperta sull’intera Valle del Sarca, la nostra mamma roccia per eccellenza, e sulle sue sorelle. Se falesie come Nago e Massone rimangono indiscutibilmente nella top list delle greatest crags, negli ultimi quindici anni la Valle del Sarca sta vivendo uno sviluppo verticale esorbitante. Dalle vie di più tiri alle falesie monotiro, la scelta per chi voglia arrampicare qui è quasi imbarazzante. E in continua evoluzione. Un’evoluzione osmotica, che porta all’apertura di nuove falesie anche nelle Valli vicine: in Val di Ledro e Tenno, nelle Giudicarie, in Val di Gresta, nella Valle dell’Adige (Rovereto – Trento). A cinque anni dalla nostra prima guida, ecco quindi l’esigenza di presentare una nuova edizione di Falesie di Arco, aggiornata con 106 proposte rispetto alle precedenti 80, per oltre 3700 tiri su strapiombi e tetti, placche e muri verticali, da poter offrire ai variegati palati di noi climber. Contrariamente all’aspettativa, il lavoro non è stato affatto semplice o di poco conto. Più del novantacinque per cento delle “vecchie” proposte ha richiesto un vero lavoro di revisione e aggiornamento. Perché anche “solo” a distanza di cinque anni le falesie nascono, crescono, vengono richiodate, schiodate, amate, abbandonate, talvolta anche tristemente chiuse. E questo ci

ha fatto scoprire quanto sia mille volte più facile scrivere di una nuova falesia ex novo, anziché scovare quello o quell’altro singolo nuovo tiro su un muro già aperto, e il nome e il telefono di chi l’ha chiodato per avere conferma delle difficoltà... Davide è stato fondamentale, perché abitando ora in Valle del Sarca ventiquattr’ore su ventiquattro, è riuscito a mantenere alta l’attenzione sulle new entry e sulle iniziative chiodatorie in corso. E se nella guida precedente era entrato a lavoro in progress, per la realizzazione di questa nuova edizione Davide è stato più che fondamentale, fin dai suoi esordi. Dicevamo che la presente guida offre 105 proposte di arrampicata, circa un terzo in più della precedente edizione. Le novità sono tante, e lasciamo ai climber scoprirle sfogliando queste pagine. Parecchie delle falesie qui contenute sono state trattate anche nelle pagine dedicate alla Storia della Valle del Sarca. Certamente salterà all’occhio un ampliamento delle zone d’arrampicata nella vicina Valle dell’Adige, con Rovereto in testa, città dalla spiccata tradizione verticale, terra di moltissimi alpinisti di fama mondiale. Di questa zona, una delle ultime falesie inserite nella guida è San Colombano, a due passi da Rovereto. Presenta un’incredibile quantità di 8b chiodati e liberati da Stefano Ghidini. Abbiamo pensato che pubblicarla possa aumentare l’affluenza a questo meraviglioso muro dalle alte difficoltà e dal grande potenziale. Crescendo il numero di fruitori, la nostra speranza è che il Comune stesso possa ampliare gli orari di accesso al muro, frequentabile a orari prestabiliti in quanto sede dell’Eremo di San Colombano. Oltre le falesie che aprono o si ampliano, ce ne sono però alcune che chiudono. Gran parte della questione è legata all’ubicazione. Laghel non è più fruibile da due anni in quanto si trova su terreno privato. Ci auguriamo che il Comune di Arco possa arrivare a un accordo, perché si tratta di uno dei muri più belli del patrimonio arrampicatorio arcense, con accesso a piedi dal centro storico. Ad analoga sorte, in quanto su terreno privato, sembrerebbe destinata anche Nomesino


(Val di Gresta). Speriamo che questa voce sia del tutto infondata. Anche Pannone è stata chiusa dal Comune di Ronzo-Chienis perché non ritenuta in sicurezza. Mettere in sicurezza al cento per cento una falesia è oggettivamente impossibile, e chiudere rimane comunque la via più semplice per togliersi delle responsabilità. Ma tant’é, questo bel muro, peraltro poco frequentato, resterà così vietato ai climber. Va detto poi che, se la maleducazione e la mancanza di rispetto non sono gli unici argomenti a favore della chiusura di una falesia, certamente esse possono giocare un ruolo fondamentale. Sta a noi climber cercare di mantenere un comportamento educato e rispettoso, al di là che la falesia si trovi su terreno privato o comunale. Lo stesso dicasi per i parcheggi, spesso limitati o inesistenti. Facciamo sempre attenzione a non intralciare passaggi, e se è meglio lasciare l’auto anche un po’ più distante dalla falesia, col vantaggio di non disturbare e arrecare il minor danno possibile, facciamolo!

Con un terzo in più di proposte rispetto alla prima nostra guida, e senza mai dimenticare che il lavoro di chiodatura, pulitura, manutenzione, richiodatura delle falesie ha più che mai il volto e le mani di pochi, tenaci e sfegatati appassionati, il nostro augurio rimane immutato: che Falesie di Arco possa contribuire al vostro divertimento! Possa farvi tornare a casa con nuovi sogni, nuovi progetti, nuova voglia di mettere mani e piedi su tutti i gioielli della Valle del Sarca e delle sue sorelle, che qui in queste pagine abbiamo voluto presentarvi. Antonella Cicogna Mario Manica Davide Negretti

RINGRAZIAMENTI Sono due gli amici a cui vorremmo in particolare dedicare questa guida, due instancabili e appassionati chiodatori, peraltro molto diversi tra loro. Danilo Bonvecchio è professore di filosofia e guida alpina; Fabio Leoni è climberalpinista, titolare dei negozi Vertical Sport. Fabio e Danilo hanno chiodato centinaia di tiri nella Valle del Sarca e nella Valle dei Laghi. Circa la metà delle falesie dell’intera zona: falesie scoperte e chiodate per intero, oppure richiodate ex novo, spesso e volentieri di tasca propria. Senza la loro sana follia questa guida non sarebbe mai potuta uscire, né sarebbero potute nascere tutte quelle fantastiche lunghezze che sappiamo, o che scopriremo in questa guida, e che richiamano climber da ogni angolo del nostro universo verticale. Parimenti, un ringraziamento speciale va agli oltre settanta amici sottoelencati – climber, chiodatori, appassionati – che si sono resi disponibili e hanno spassionatamente condiviso con noi il loro tempo e le loro conoscenze sulle falesie, aiutandoci ad arricchire la guida di tiri e luoghi di arrampicata quanto mai preziosi, nonché di fotografie. Grazie quindi a: Fabrizio Agosti, Fabio Albertoni, Renzo Angelini, Simone Banal, Mauro Bertolasi, Fabio Bertoni, Mauro Bianchi, Andreas Bindhammer, Edy Boldrin, Danilo Bonvecchio, Mirko Bosetti, Cristian Brenna, Tiziano Buccella, Michele

Cagol, Luciano Calderan, Paolo Calzà, Roberto Capucciati, Franco Cavallaro, Lino Celva, Oswald Celva, Eugenio Cigalotti, Marco Curti, Carletto Dalbosco, Gianguido Dalfovo, Alberto Damioli, Anderson De Morais, Daniela Izzo, Marta Dionisi, Sandro Donati, Simone Elmi, Simonetta Facchini (APT Comano), Donato Falcone, Massimo Faletti, Nicolas Favresse, Ivan Feller, Michele Feller, Diego Filippi, Rudi Filippi, Roland Galvagni, Lorenzo Garavaglia, Michele Ghezzi, Stefano Ghidini, Mauro Girardi, Luca Giupponi, Armando Grisenti, Cristoforo Groaz, Guardia di Finanza Soccorso Alpino Tione, Rolando Larcher, Giovanni Leonardi, Fabio Leoni, Damiano Levati, Daniele Lira, Paolo Malesardi, Sabrina Malfer, Devid Mambrini, Giuseppe Mantovani, Loris Manzana, Remo Marchi, Silvano Matassoni, Ilaria Mattevi, Sauro Merighi, Marco Molinari, Andrea Mutti, Giorgio Nicolodi, Luca Ondertoller, Luca Onorevoli, Elio Orlandi, Davide Ortolani, Andrea Pandini, Alberto Postinghel, Giorgio Potrich, Bruno Quaresima, Angelika Rainer, Florian Riegler, Massimiliano Santi, Franco Scandolari, Marco Scolaris, Gianni Scrinzi, Marco Spataro, Nicola Tarolli, Maja Vidmar, Ulla Walder, Andrea Zanetti, Maurizio Zanolla. Tutte le falesie pubblicate in questa guida hanno il placet dei loro scopritori, chiodatori o richiodatori.


Informazioni

INFORMAZIONI GENERALI Le falesie proposte nella presente guida riguardano le zone di: Valle del Sarca, Valli Giudicarie, Rovereto e Trento.

La valle del Sarca Non è una novità. La Valle del Sarca è unica. Il Lago di Garda rende questa zona mite 350 giorni l’anno e ci permette di scalare anche quando il resto d’Italia è al freddo. Ma a parte l’arrampicata sono tantissime le occasioni di sport all’aria aperta qui. Decine di percorsi di mountain bike e passeggiate a piedi. Base jumping, parapendio, canyoning, windsurf e vela sospinti dal Pelèr mattutino o dall’Ora pomeridiana. E nei mesi di neve, strepitose sciate a poche decine di chilometri da Arco, sul Monte Bondone, sul Monte Stivo, in Dolomiti. Anche con le pelli di foca o sugli sci stretti. In Valle sono tantissimi i luoghi imperdibili creati per mano dell’uomo. Arco col suo Castello; i suoi Parchi e giardini, le ville stile liberty e i palazzi rinascimentali. Dro, borgo medievale, dai vicoli tortuosi e i bei portali. I Castelli di Drena, Madruzzo, Tenno. Quello di Toblino (ora adattato a ristorante, ma in posizione fantastica); la Rocca e il Bastione di Riva. Ci sono poi i luoghi creati dalla natura. Perché la Valle del Sarca è il risultato vivente delle vicende glaciali quaternarie, quando il grande ghiacciaio atesino vi scorreva fino a 1700 metri. Ne sono testimonianza i laghi, concentrati in un brevissimo spazio (tanto che la Valle nella parte alta è chiamata anche Valle dei Laghi): Cavedine, Toblino, S. Massenza, Lagolo, Lamar e Terlago che, oltre al lago di Garda, costituiscono veri e propri gioielli della natura e spesso ci accompagnano nelle nostre arrampicate. Ed è sempre il ghiacciaio atesino il padre di vari fenomeni della Valle, tra i quali le marmitte dei giganti; le frane delle marocche cadute dove ora sorgono i paesi di Pietramurata e Drò, definite quanto a intensità e grandiosità (187 milioni di metri cubi) il fenomeno più imponente di questo tipo in tutte le Alpi. In questo paesaggio selvaggio e pietroso scorre il Sarca, che nasce dalla gola del Limarò, tra il Dain Picol e il Dain Grande, e bagna la media e bassa valle per finire

nel lago di Garda. Ed è sempre della valle del Sarca la dolina più grande di tutto l’arco alpino. Tra olivi e viti, boschi punteggiati dal pino nero, è qui che sorge la valletta di Làghel, poco oltre la chiesetta di S. Maria di Laghel, oltrepassata l’omonima falesia in direzione della falesia Muro dell’Asino. Al centro della valletta, quando le piogge sono nutrite e ravvicinate, ecco che si forma un lago che poi scompare, e le cui acque vengono assorbite da un inghiottitoio, alimentando molto probabilmente una sorgente sotterranea. Natura e uomo sono un tutt’uno in questa terra, vivono fianco a fianco. Sulla pianura che si stende lungo il corso del fiume Sarca fino alle sponde del lago di Garda, la comunità fa crescere uve, mele, kiwi, susine. Sui pendii terrazzati dagli splendidi muretti a secco, si prende cura degli ulivi, perpetuando gesti e segreti di una coltura antica. Ci sono anche le industrie, lo sviluppo del commercio e del turismo, che in parte hanno cambiato la fisionomia della Valle. Ma lasciate le strade provinciali, i ritmi sembrano un po’ rallentare, sanno farci dimenticare le corse quotidiane, gli stress del lavoro, della città. Il sole scalda le nostre schiene in parete fino a pomeriggio tardo, e il profumo degli arbusti, dei fiori, delle rocce entrano in noi, invadono i nostri sogni, fino a spingerci a far ritorno, qui, di nuovo. Le valli Giudicarie Le falesie trattate nella guida sono situate nelle valli Giudicarie esteriori e centrali. La roccia non ha nulla da invidiare a quella della Valle del Sarca, con il vantaggio che in estate può offrire il clima fresco delle Dolomiti del gruppo del Brenta. Natura e uomo hanno saputo compenetrarsi ottimamente in questo territorio variegato e innumerevoli sono i luoghi da visitare. Nelle Giudicarie esteriori, le acque delle Terme di Comano erano note fin dal tempo dei Romani per le loro proprietà curative, mentre il Castello di Stenico è oggi sede del Museo Provinciale d’Arte. Nelle Giudicarie Centrali, nei pressi di Coltura, il villaggio di Iron, spopolato dopo la peste del 1630, è rimasto ancora inalterato nella sua struttura urbanistica e architettonica, mentre


il Parco Naturale Adamello Brenta fa da sfondo alle falesie di questo tratto di Giudicarie. Trento e Rovereto Vicinissime alla Valle del Sarca, Trento e Rovereto, offrono meravigliosi centri storici e musei. Per questi rimandiamo ai siti delle Aziende di promozione turistica (Apt) nel capitolo “Informazioni”. ACCESSI STRADALI E PUNTI DI PARTENZA A seconda della zona trattata, abbiamo voluto individuare punti comuni di partenza e da questi abbiamo calcolato le distanze. Le informazioni sono aggiornate a maggio 2010, ma non possiamo garantire che la viabilità rimanga immutata in futuro. La scelta dei parcheggi è stata fatta con l’obiettivo di rispettare il più possibile le proprietà private e la viabilità.

Per chi arriva dall’Autostrada A22 ModenaBrennero: uscire a Rovereto Sud - Lago di Garda Nord. Seguire le indicazioni Lago di Garda. Dopo Nago alla rotonda a destra, seguire direzioni Arco e, alla rotonda successiva, svoltare a destra verso Trento (lungo la valle del Sarca) fino a Sarche. 38 km circa. Per chi arriva dall’Autostrada A 22 BrenneroModena: uscire a Trento centro. Seguire le indicazioni Strada Statale 45 Bis Gardesana Arco-Riva del Garda fino ad arrivare a Sarche, 19 km circa. Il punto di partenza per le falesie di Nembia, Lago Nembia, Molveno, Cavedago, Spormaggiore e Vigo Di Ton, è l’uscita dal casello autostradale di San Michele-Mezzocorona dell’A22 Modena-Brennero (Brennero-Modena).

Valle del Sarca Il punto di partenza in auto per tutte le falesie della Valle del Sarca è Arco, in particolare il ponte sul fiume Sarca (grande parcheggio) di facile individuazione. Per chi arriva dall’Autostrada A22 ModenaBrennero: uscire a Rovereto Sud - Lago di Garda Nord. Seguire le indicazioni Lago di Garda. Dopo Nago, alla rotonda a destra, seguire direzione Arco. 22 km circa. Per chi arriva dall’Autostrada A22 BrenneroModena: uscire a Trento Centro. Seguire le indicazioni Strada Statale 45 Bis Gardesana Arco-Riva del Garda fino ad arrivare ad Arco. 35 km circa. Rovereto e dintorni Il punto di partenza per le falesie di questa zona è l’uscita dal casello autostradale di Rovereto Sud, A 22 Modena-Brennero (Brennero-Modena). Trento e dintorni Il punto di partenza per le falesie di questa zona è l’uscita dal casello autostradale di Trento Centro, A 22 Modena-Brennero (Brennero-Modena) Valli Giudicarie Il punto di partenza per quasi tutte le falesie di questa zona è Sarche, al bivio per Madonna di Campiglio.


Breve storia dell’arrampicata sportiva in Valle del Sarca

Cenni storici

1972. La Est dei Colodri: il primo passo verso la rivoluzione Iniziata negli anni Trenta, l’esplorazione verticale della Valle del Sarca prende vita sulle pareti del Monte Casale, del Dain e del Brento. Continuerà per alcuni decenni con itinerari di carattere dolomitico finché nel 1972 Ugo e Mario Ischia, Giuliano Emanuelli e Fabio Calzà, tutti alpinisti di Arco, si accorgeranno dello straordinario potenziale della parete Est dei Colodri, firmandone in quell’anno la prima via: Umberta Bertamini. Seguiranno in breve la Barbara, la Katia, l’Agostina, la Sommadossi, la Renata Rossi…: tutte vie diventate classiche sulla Est, create dai fratelli Ischia, Giuliano Stenghel, Franco Monte, Maurizio Giordani, Roberto Bassi, Luigi Giacomelli, Franco Zenatti, Giovanni Groaz… 1982. Il primo spit: la rivoluzione I trecento metri di calcare rosso-grigio della Est assisteranno a una nuova rivoluzione per la Valle del Sarca. Nel 1982 verrà infatti piantato il primo spit. Saranno Heinz Mariacher e Roberto Bassi (tra gli apritori della Renata Rossi e White Crack) a farlo quando, dall’alto, espressamente per l’arrampicata sportiva, realizzeranno Specchio delle mie brame, variante alla Renata Rossi, 6b+. Nessuno ancora immagina che da quel gesto si svilupperà una delle zone d’arrampicata sportiva più interessanti del panorama internazionale. 1982-1984. L’intuizione di Heinz Mariacher Quando nella mentalità alpinistica c’è solo spazio e tempo per vie lunghe, Mariacher (autore di molte difficili salite in Marmolada spesso con la compagna di vita e fortissima Luisa Iovane; scalatore di difficilissime vie al Karwendel e di spericolate solitarie in Dolomiti) sarà tra i primi a leggere in poche decine di metri di roccia la possibilità di dar vita a un difficile, divertente, adrenalinico e formativo spazio di confronto verticale. Un’intuizione che la Valle del Sarca premia mettendo a disposizione un’infinità di placche lisce e verticali da pulire e attrezzare. Tra il 1982 e il 1984, mentre ai Colodri, al Casale, a Cima alle Coste o in Mandrea, si continueran10

no ad aprire vie lunghe, sulle pareti attorno ad Arco, Mariacher, Luisa Iovane, Maurizio Zanolla (Manolo), Roberto Bassi, Aldo Leviti, e più tardi Bruno Pederiva, diventeranno i pionieri dell’arrampicata sportiva in Valle. Nella palestra di fronte a Ceniga, Aldo Leviti e Renato Bernard apriranno la via Nuovi Orizzonti di 6b. Alla Spiaggia delle lucertole Roberto Bassi e Mauro De Gasperi attrezzeranno Honky Tonky 6b, la prima via totalmente a spit che poi Mariacher salirà slegato. Nuovi Orizzonti, San Paolo, Swing Area, Spiaggia delle Lucertole, saranno le prime falesie, mentre sulle placche e i tetti delle Marmitte dei Giganti metteranno le mani Bassi e Leviti (cui seguiranno più avanti Diego Depretto e Luigi Colà). La scala di difficoltà MaMaBo Non c’è via che, con perfetta tecnica di piedi e piena disponibilità di volare (fatto insolito per chi è cresciuto sulle imponenti pareti alpine), non si salirà rigorosamente dal basso senza resting, pronti a tornare a terra per ripartire in caso di volo, come voleva la scala di difficoltà MaMaBa (Manolo, Mariacher, Bassi). Ed è con questa che i pionieri delle falesie della Valle del Sarca saliranno e libereranno itinerari che ancora oggi mettono i brividi addosso: i 25 metri di Super Swing, muro bianco di 7b+, aderenza e tecnica di difficile intuito; Tom Tom Club, che alla seconda lunghezza, con una difficile sequenza di movimenti in placca, si aggiudica il 7b; La signora degli appigli, 7 c, capolavoro storico di Manolo, con un singolo ancora oggi molto difficile; Dracurella, 7a al primo tiro e 7c+ al secondo, su placca estrema tecnicissima, altro capolavoro di Manolo; i 26 metri di aderenza di Nisida 7c e il 7c di Tom e Jerry patria di microappigli, movimenti delicati su rovesci. Due vie di tecnica estrema che Luisa Iovane salirà in rotpunkt nel 1985. 1985. Trapano e strapiombo: la nuova svolta Col passare del tempo, la notorietà delle rocce della Valle farà il giro dei climber a livello internazionale, richiamando nuovi volti a confrontarsi sulle sue falesie, ad aprire e provare nuove vie. Arriveranno Wolfgang Güllich, i fratelli Remy, Jerry Moffat, Ron Fawcett, Patrick Edlinger. ���� E i gradi saliranno. La Gola di Toblino sarà scoperta da Roberto Bassi


sul finire del 1984. Nuovi Orizzonti (poi chiusa ai climber perché su terreno privato) sarà sempre più frequentata e sviluppata da Diego Depretto. Massone entrerà nel vocabolario di noi climber a fine 1985 per merito di Giovanni Groaz e Danny Zampiccoli, e di cui si prenderà cura in buona parte Depretto, che chioderà e svilupperà nel tempo diversi settori. Con l’avvento del trapano e l’entrata in gioco di un nuovo stile su strapiombi, il 1985 segna un ulteriore punto di svolta nell’arrampicata sportiva in Valle del Sarca e apre le porte a nuovi protagonisti: Rolando Larcher, Danilo Bonvecchio, Diego Mabboni, Giorgio Manica… accanto all’instancabile Roberto Bassi che, ormai Signore della placca, continuerà l’opera di scoperta, pulizia, ripristino e chiodatura della Valle, abbandonata invece da Mariacher, Iovane e Zanolla. 1986. I primi 8a e 8a+ Nel 1986 entrano nella storia verticale della Valle i primi 8a e 8a+. A settembre di quell’anno, a San Paolo e all’Eremo, Rolando Larcher chioda e libera due vie scavate con prese artificiali: Elefant Baby 8a e Gravity Games 8a+ (ora 8b/8b+ perché modificata da François Legrand). L’anno successivo, nel 1987, sarà sua la libera del primo 8a naturale a Passo San Giovanni: Fafifurni, dodici metri di resistenza e precisione su microtacche chiodati da Angelo Giovannetti. Non si farà attendere la risposta di Bassi, che alla Gola, ovviamente in placca, libererà Futura 8a+, diciotto metri di muro su microappigli. 1987. Il primo Rock Master della storia Dopo due edizioni di Sport Roccia (nel 1985 la prima gara di arrampicata sportiva si tiene alla Parete dei Militi in Valle Stretta, Bardonecchia, suggerita e patrocinata dal giornalista di Tuttosport Emanuele Cassarà e dagli alpinisti Andrea Mellano e Alberto Risso, edizione in cui Roberto Bassi vince il Campionato Italiano; nel 1986 si terrà in due prove: a Bardonecchia e ad Arco sul muro giallo dei Colodri con vincitore Patrick Edlinger), sarà la parete del Castello arcense a tenere a battesimo il primo Rock Master della storia dell’arrampicata sportiva (vincono Lynn Hill e Stefan Glowacz).

Fine anni Ottanta. I primi 8b e 8b+ La Valle del Sarca però non è più la sola regina dei climber. La via Poppey aperta nel 1987 a Nomesino, in Valle di Gresta, da Ermanno Dossi e Giuliano Dorigatti, allargherà ulteriormente gli orizzonti verticali dei climber che, su questo muro dagli appigli impossibili, buchetti per mono e bidita, prese svasate, troveranno nuove sfide. Come sei cambiata Ugo 7c+, molto continua nella parte alta e un singolo in partenza su monodito, sarà una delle prime vie impegnative chiodata da Giorgio Manica. L’anno successivo, Larcher chioderà diversi bei tiri, tra i quali il suo primo 8b (Energia=Mc2) in strapiombo (oggi svalutato 8a/b). Sul finire degli anni Ottanta le pareti che scalano i big inizieranno a cadere a suon di 8b e 8b+. Mujado, 8b secondo il suo apritore 8b+ per i ripetitori, è una via in placca ultratecnica tutta naturale che Roberto Bassi libererà alla Gola, ormai una delle sue seconde patrie in Valle. Larcher libererà Maratona 8b, chiodata da lui stesso a Massone (la prima via al settore Pueblo). La nascita di Nago Nel frattempo si svilupperanno e nasceranno nuove falesie. Grazie alla volontà di Danilo Bonvecchio si attrezzeranno e cresceranno Santa Massenza (scoperta da Bassi), San Siro (scoperta da Stefano Pegoretti, detto Pecos) e prenderà vita la sua Terlago, patria di lavagne verticali di fantastico calcare, solcate da piccole tacchette e microappigli, sulle quali forza di dita e buona memoria dei piedi in progressione sono la parola d’ordine. Sulle rocce dove gli austriaci nella Grande Guerra avevano sistemato le loro trincee per contrastare gli italiani appostati sul lato opposto della valle, a Nago, entrerà invece in scena l’instancabile Diego Depretto che prenderà a chiodare la falesia, con successivo intervento di Luigi Colò nella parte alta, per farne una delle più belle e conosciute della Valle insieme a Massone. I primi anni Novanta Gli anni Novanta assistono a un consolidamento senza cambi di rotta dell’arrampicata sportiva in Valle. Per la bellezza e varietà delle sue rocce, per il Rock Master che ormai si svolge su strutture artificiali richiamando migliaia di appassionati da tutto il mondo, Arco è uno dei luoghi mito, meta da mettere sotto le dita nella vita di un climber. 11


Rotpunkt dei tiri più duri 14

UNDERGROUND ST. ANGER ZAUBER FEE MANGUSTA X-LARGE THIN ICE CLAUDIO CAFFÈ REINI’S VIBES PATAGONIA ADIDAS HALEBOOP AEREODROMO ATHENA LA PIETRA MURATA PKK GRAVITY GAMES (tiro di Larcher modificato) TAIFUN MUJADO FUEGO SUPER MARATONA MARATONA MIKE JORDAN TROPPO SCHWAR CAMPAÑERO COL BLU AMEN L’ALVARON L’ALLOCCO MADAME DOC STRUDEL BOY SOUL MAN UCCEL DI BOSCO VIA TIPO GERARDO MARCO GELATO AL CHIARO DI LUNA PRIMA O POI JENA CAMPESINOS TESTER PLUS LILLO FISCHIO CHE RISCHIO TROPPO BUONI CON LE DONNE

9a Massone 8c+/9a L’Eremo 8c+ L’Eremo 8c Nago 8c Massone 8c Terlago 8c Terra promessa 8c Massone 8b/c Coel dela Val dela porta 8b+ Coel dela Val dela porta 8b+ Massone 8b+ Terra promessa 8b+ Massone 8b+ Massone 8b+ Bassilandia 8b/8b+ L’Eremo 8b/8b+ Massone 8b/8b+ La gola 8b Massone 8b Massone 8b Massone 8b Massone 8b Massone 8b Bassilandia 8b Climax 8b Coel dela Val dela Porta 8b Terlago 8b Coltura 8b La gola 8b Nomesino 8b Nomesino 8b Ranzo 8b Terra promessa 8b Terra promessa 8b San Colombano 8b (L1+L2) San Colombano 8b San Colombano 8b San Colombano 8b San Colombano 8b San Colombano 8b San Colombano 8b San Colombano

Manfred Stuffer Andreas Bindhammer Christian Bindhammer Rolando Larcher Stefan Fürst Nicolas Favresse François Legrand François Legrand Rolando Larcher Riccardo Scarian Heinrich Pfostl François Legrand François Legrand Reinhold Scherer Gianguido Dalfovo François Legrand Roberto Bassi Oswald Celva Rolando Larcher Rolando Larcher François Legrand Heinrich Pfostl Gianguido Dalfovo Andrea Stenico Rolando Larcher Gianguido Dalfovo Rolando Larcher Cristian Giovannini Martin Elser Stefan Fürst Danilo Bonvecchio François Legrand Gerhard Hörhager Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini Stefano Ghidini


2 2

3

Sanderland

4 4

N45 55.248 E10 53.381

Tenno

6

02

SW

650

N45 55.248 E10 53.381 Punto GPS parcheggio Quota

N45 56.690 E10 49.145

N45 56.690 E10 49.145 Punto GPS base falesia

450

Esposizione

Bellezza Splendido

Bello

Discreto

Chiodatura

Aiuto! Occhio! Buona Ottima

Affollamento

Basso Medio Alto Ressa

ComoditĂ

Scomoda Sconnessa Comoda

Parcheggio

Difficile Discreto Buono Ottimo

Non esaltante

Legenda

02

23 6c 7a 7b 7c 8a ?

Principianti Scuole

Si scala con pioggia

Per famiglie 15


Arco

ARCO 3 Placche di Baone 4 Bus de la Stria 5 Padaro 6 Salt de la cavra 7 L’orto 8 Calvario 9 Laghel 10 Muro dell’asino 11 Red point wall 12 Monte Colt 13 La cantina del Bibo 14 Massone 15 Terra promessa

32 36 40 42 46 50 52 54 58 64 66 70 86

16 Grottosauro 90 17 Piccola Dallas 94 18 Sport Roccia 86 98 19 Massi di Prabi 100 20 San Paolo 104 21 Swing Area 108 22 Diamante del BA.RO. 110 23 Eremo 114 24 Ceniga 118 25 Ottava meraviglia 120 26 La fattoria degli struzzi 124 27 La pizzeria 126

Padaro

Sport Roccia Il Calvario

Massi di Prabi

Monte Colt

Ottava meraviglia Ceniga

Diamante/Eremo 30

San Paolo Swing Area


Ballino

27

Dro 26

Ceniga 24 25 11 13 23

Lago di Tenno

12

Padaro

21 20

6

5

7 8

Tenno

3

16 15

22 17 14

10 19 9 18

Massone

4

Varignano

ARCO

Bolognano

Varone

Santa Barbara Riva del Garda Nago

Biacesa

Lago di Garda

Pannone

Torbole Passo S. Giovanni Loppio

31


03

57 3a 3b 3c 4a 4b 4c 5a 5b 5c 6a ? 3 3 2 3

2

1

3 5

7

Placche di Baone

Arco

11

03

Placche di Baone N45 55.450 E10 52.283

17

S 170

Per chi ama facili salite su placca appoggiata, o per chi desidera muovere i primi passi sulla roccia, le grigie placche di Baone sono un banco di prova ideale, formativo e molto accessibile. Le vie sono di più lunghezze, con altezza massima di 100m, e difficoltà dal 3b al 6a. Da tener presente però che le protezioni sono quasi sempre distanti, alcune molto (7-8 metri): uno scivolone da primi su queste lavagne non è davvero consigliato. La falesia è divisa in due settori, quello di sinistra (Attimo fuggente) è il più facile. Lunghezza corda: 60 metri. Discesa: in doppia sulle vie. Attenzione: l’ultimo tiro di Ondulina è poco interessante e uscire dalla via può risultare rischioso con pericolo per chi affolla la base della parete, spesso bambini, per la caduta di sassi. Soleggiata e immersa tra le verdi coltivazioni di olive, la falesia è comodissima per le famiglie, dotata di area picnic, rastrelliere per biciclette, area sosta, servizio igienico. Non lasciare nulla in macchina, frequenti i furti.

ACCESSO Da Arco verso Chiarano in auto 3,5 km. Dal ponte sul fiume Sarca (1), seguire direzione centro di Arco-Riva del Garda (2). Attraversato il centro di Arco, girare a destra per Chiarano (3). Si oltrepassa l’Ospedale e, all’altezza della Casa di Cura Eremo, si svolta a destra sempre in direzione Chiarano (4), seguendo ora anche le indicazioni Padaro-S. Giovanni (o Baone). Entrati nella frazione di Chiarano, subito dopo essere passati sotto a un evidente arco a volta di una casa, proseguire per il bivio a sinistra (Via al Monte) e seguire le indicazioni Placche di Baone/Falesie (5). Si attraversano le olivaie e si arriva al posteggio appena sotto la falesia (6). Da lì in pochissimo per tracce di sentiero si giunge alle vie. Attenzione! Per monovolumi o camper, entrati a Chiarano è consigliabile parcheggiare sulla destra, subito dopo essere passati sotto l’arco a volta della casa. Via al Monte è infatti molto stretta. In tal caso in 15 minuti di comoda strada-acciottolato, sempre imboccando Via al Monte, si arriva alla base della falesia (300/400 m da Chiarano). ATTIMO FUGGENTE ONDULINA

1 N45 55.248 E10 53.381 2 N45 55.075 E10 52.930 3 N45 55.145 E10 52.859 4 N45 55.175 E10 52.246 5 N45 55.243 E10 52.247 6 N45 55.450 E10 52.283

Chiarano

In questa falesia è proibito alterare le vie esistenti o chiodarne di nuove se non previa autorizzazione dell’Ufficio tecnico del Comune di Arco.

Laghel

Chiodatori: P. Calzà, D. Depretto, R. Galvagni, C. Mattei, altri. Vigne

Riva del Garda 32

Arco


Settore Attimo fuggente 1 SENZA NOME ? 100m Via sporca e poco interessante 2 VIA CIP 3b 110m Placca di aderenza poco interessante e un po’ sporca 3 VIA MAR 3b 110m Placca di aderenza con chiodatura lunga e sporca in alto 4 VIA 01/01/2000 3b 110m Placca di aderenza divertente e facile 5 VIA C.G. 3c 90m Placca appoggiata compatta, bella 6 VIA D.B. 3b 100m Placca appoggiata bella e divertente 7 VIA BOTTONI BIANCHI 3b 100m Placca appoggiata facile, di piedi nel 3° tiro. Molto bella 8 VIA PAOLO 3c 100m Facile via interessante di aderenza 9 SENZA NOME ? 100m Progetto. Mancano le soste Settore Ondulina 10 SENZA NOME 6a 25m Precari passi su placca appoggiata 11 SOLARIUM 5b 50m Interessante anche se un po’ usurato e sporco d’erba in alto 12 SENZA NOME 5c 25m Placca interrotta da serie di tettini con prese rovesce

PLACCHE DI BAONE ATTIMO FUGGENTE

3a ?

?

3a

3a 3b

3a

3b

?

3c

3b

3b ?

3b

3b 3b

3b 3b 3c

4a

?

3a

2

3b

3b

3b

3b

3b

3b

3a 1

3b

3a 3b

3 4

5

6

7

8

9

33


Il lavoro di chiodatura e richiodatura, nella Valle del Sarca ha spesso il volto e le mani di pochi, tenaci e sfegatati, appassionati. Gente che ci mette il proprio tempo, la passione, le finanze, il materiale spesso e volentieri di tasca propria. E sovente senza la possibilità di rientrare degli investimenti fatti. Danilo Bonvecchio è uno di loro. Fabio Leoni pure. Anche se lui dice: «Chiodo per passione ma per me può avere un ritorno maggiore per via dei negozi!». Spesso le loro mani hanno lavorato assieme, altrettanto spesso separatamente, con il risultato di aver chiodato, ripulito, richiodato almeno metà delle falesie presenti in Valle del Sarca. Babilonia e Piccola Dallas sono alcune delle ultime nate per entusiasmo e volontà di Fabio, che nella Valle del Sarca è nato (Pietramurata) e qui ha imparato a scalare, esportando poi nel mondo l’arte verticale appresa, dalla Patagonia all’Alaska, passando per il Capitan. Come trovi i siti da chiodare? Spesso mi capita di andare letteralmente in esplorazione interi pomeriggi, camminando lungo fasce rocciose che ritengo possano offrire cose interessanti. Come mi è capitato nel 2007 con Piccola Dallas, una falesia di 27 tiri su roccia eccellente, all’ombra tutto l’anno, a pochi passi dal centro storico di Arco. Bassilandia, chiodata quasi interamente da me, ha una roccia altrettanto bella. Anche Babilonia, nel suo piccolo, è fantastica: un muro con un’estetica tutta sua, davvero impegnativo, per un’arrampicata molto tecnica verticale ma con leggero strapiombo e passaggi sia di dita sia di equilibrio. Mi dedico anche a microsettori di tre o quattro tiri, certamente non destinati al pubblico essendo ridotti ma che, avendo un loro fascino particolare per la bellezza delle linee, vale la pena valorizzare. Il primo settore chiodato sistematicamente? Giardino di Nato, quattordici anni fa. Con sistematicamente intendo dire sfruttando tutta la parete e provando tutte le linee dal facile al difficile. È stata anche la prima volta in cui abbiamo sistemato la base stessa della falesia, curando l’accesso e tutta la zona attorno al muro. Avevamo realizzato un vero e proprio giardino, e da qui il nome alla falesia.

Tut bel

Intervista a Fabio Leoni 202

Quando una linea è bella? La bellezza della linea coincide con la naturalezza del gesto. Quando ci sono gli appigli esattamente dove li vorresti trovare. Quando chiodo una linea, che sia facile o difficile, cerco


esattamente queste caratteristiche. Titanic a Nago vorrei averla chiodata io: uno spettacolo! Parlo di un 7a, una difficoltà che ora riesci a fare dopo qualche mese che scali. Ha ogni cosa al punto giusto. Quindi per me bellezza non è una questione di difficoltà, o del fatto che io possa o meno scalare la linea che apro. Nelle vie che non sono al mio livello perché sono troppo dure, parlo di 8a+, 8b, 8b+, se vedo la fattibilità del progetto, una volta chiodate le faccio provare a chi è più forte, per avere un riscontro, dato che per me resteranno sempre un progetto. Com’è avvenuto a Bassilandia. E solitamente ho la riprova che così come le ho chiodate le vie possono essere liberate rispettando la naturalezza del movimento. Cosa non vorresti da una falesia? Nelle falesie che sono state preparate con tanta cura, mi è capitato di trovare gente che ruba piastrine, che non rispetta il lavoro fatto, che toglie i moschettoni dalle soste. Queste cose mi danno veramente fastidio. Mi dà molto fastidio la mancanza di rispetto per le cose altrui. L’atteggiamento usa-egetta che capita di trovare nelle falesie. Molti muri si trovano su proprietà privata. E sono in forse per la maleducazione di noi climber. Di solito c’è il tacito consenso da parte del titolare del terreno, che ci lascia scalare finché si rispetta il terreno che ospita la falesia. Ma quando il rispetto viene a mancare, allora i proprietari negano l’accesso. E sta a noi tutti contribuire a che non si arrivi a questo punto. Il quadro dell’arrampicatore tipo nella valle del Sarca? È in continuo movimento. Una bella percentuale cerca luoghi nuovi per scalare vie non unte, per godersi quindi le falesie che periodicamente chiodiamo noi. Poi c’è una fetta costituita dai top climber, che viene a ripetere i tiri duri in Valle, anche se di tiri durissimi ora, rispetto all’evoluzione attuale dell’arrampicata, ce ne sono troppo pochi. C’è anche un incremento continuo dell’arrampicatore straniero, non più solo di lingua tedesca: si sono aggiunti polacchi, sloveni, cechi, americani e inglesi. C’è una richiesta di arrampicata che la Valle non soddisfa? Oggi c’è una richiesta altissima di vie facili, oserei dire il sessanta per cento complessivo. Tante famiglie vorrebbero scalare in falesie di difficoltà media, anche se ad Arco non è semplice soddisfare pienamente questa richiesta per colpa della roccia: solitamente compatta, quasi sempre verticale, con appigli piccoli. Per una falesia di gradi bassi, la nostra roccia risulta difficile da chiodare. Di settori facili ce ne sono, alcuni sono stati valorizzati, ma ce ne vorrebbero veramente di più. La loro ricerca porterebbe a uno sviluppo ulteriore dell’arrampicata, ma va anche detto che per questo tipo di muri il lavoro di pulizia è spaventoso. A parte quelli di Arco, mi viene in mente San Giovanni, sui massi, dove vanno intere famiglie: un percorso a buconi gestito dal Comune molto frequentato. Ai chiodatori spetta gran parte del merito di ciò che Arco è oggi, ma restate sempre “i soliti ignoti”… Quando chiodo una falesia non sono a caccia di meriti. Sostanzialmente noi chiodiamo per passione. Ci piace chiodare per poterci scalare le “nostre” vie, per poterle “tenere” un annetto o due, e poi renderle pubbliche, farle conoscere e farle arrampicare agli altri. Il grande successo di Arco lo si deve molto ai chiodatori. Se fossero rimaste solo le falesie storiche,

di Massone o Nago, pur essendo bellissime la gente sarebbe andata comunque da altre parti: a Finale Ligure, per esempio. Ad Arco e in Valle oggi si viene a scalare da tutto il mondo perché ogni due anni si pubblica una guida nuova, perché si aprono sempre nuovi settori, perché dietro c’è veramente un lavoro gigantesco di ricerca, scoperta, pulitura e chiodatura, spesso da parte dei privati. Basta sfogliare una guida di arrampicata per accorgersi di quanti hanno contribuito allo sviluppo della Valle del Sarca. È un lavoro importante che ha dato un contributo enorme allo sviluppo economico della zona, ma che viene ancora poco sostenuto. Quanto costa chiodare una falesia? È una passione cara. Un tassello completo lo paghi circa un euro e mezzo. Se si calcola che su un tiro ne vanno circa quindici più la sosta, il conto è presto fatto: una trentina di euro per linea, e questo facendo un calcolo medio. E quanti ce ne sono in tutta la Valle tra monotiri e vie di più lunghezze? Un privato chiodatore difficilmente rientra delle spese, eppure la Valle è chiodata in gran parte da loro. Penso che i chiodatori potrebbero essere sostenuti molto di più anche dalle stesse amministrazioni locali, che già prestano un intervento di manutenzione e di salvaguardia di alcune zone. Come deve essere un compagno di chiodatura? A dire la verità chiodare non è sempre qualcosa da condividere: all’inizio si è quasi gelosi delle proprie scoperte. Se trovo una piccola falesia dove posso chiodare io solo, non coinvolgo altri. Chiaramente se trovo falesie più grandi allora chiamo altri amici, altrimenti il lavoro diventa ciclopico. Nel mio caso la persona con cui ho chiodato di più è stato Danilo Bonvecchio, fortissimo in placca e che ha chiodato davvero metà Valle del Sarca. Materiale, quale usi? Chiodiamo ancora coi tasselli zincati e le piastrine zincate. Con le resine ci possono essere dei problemi strutturali, quindi il tassello è ancora la soluzione migliore. Bisognerebbe comunque chiodare in inox perché con quello si ha una garanzia di durata contro la corrosione. A questo proposito vorrei suggerire ai frequentatori delle falesie della Valle del Sarca di segnalare ai negozi di arrampicata qualsiasi problema ravvisino in falesia. Se scalando si accorgono di qualcosa di anomalo - su una sosta, su un moschettone di calata, se vedono qualche piastrina che si muove – lo comunichino ai negozi di montagna che sono i più attivi in questi contesti. Tranne per le falesie gestite dalle amministrazioni comunali, infatti, non c’è un’istituzione vera e propria di salvaguardia e di manutenzione dei muri. Noi personalmente cerchiamo di farlo il più possibile, ma il territorio è grande! Di tutte le falesie che hai aperto quali preferisci? Bassilandia. Chi ha avuto il coraggio di “tirar giù” il primo albero sono stato io! Come scegli i nomi alle vie delle tue falesie? A volte a caso, altre in base alla tipologia della roccia, o per il tipo di passaggi. A Piccola Dallas, la via Fatima è stata chiamata così perché con quel chiodo lunghissimo…. Be’ abbiamo visto la Madonna. E Braveheart, con quel moschettaggio da panico… per farla occorre un cuore davvero impavido!

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