FERRATE in LOMBARDIA

Page 1


ANDREA “BEDOII” CARÌ

FERRATE in LOMBARDIA

40 itinerari sulle Alpi e Prealpi di Varese, Lecco, Como, Sondrio, Bergamo e Brescia + Traversata alta delle Grigne e Sentiero Roma

Prima edizione Ottobre 2024

ISBN 978 88 55470 940

Copyright © 2024 VERSANTE SUD – Milano, via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Copertina Ferrata Varenna © G. Meneghello

Testi Andrea Carì

Disegni Eugenio Pinotti

Cartine Tommaso Bacciocchi. © Mapbox, © Open Street Map

Simbologia Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Francesco Rioda

Stampa Press Grafica s.r.l. – Gravellona Toce (VB), Italia

Km ZERO

Cosa significa?

È una guida a KM ZERO!

Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da autori locali.

Come i pomodori a Km 0?

Certo! E la genuinità non è un’opinione.

Gli autori locali fanno bene a chi cammina: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate; – non rifilano solo i sentieri più commerciali; – reinvestono il ricavato nella manutenzione dei sentieri.

Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio; – sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale.

E infine la cosa più importante: sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore

Nota

L’alpinismo è un’attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo.

Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione.

Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio

Km ZERO

FERRATE IN LOMBARDIA

40 itinerari sulle Alpi e Prealpi di Varese, Lecco, Como, Sondrio, Bergamo e Brescia, Traversata alta delle Grigne e Sentiero Roma

ANDREA CARÌ
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio

Sommario

La scala di difficoltà nelle vie ferrate

Note tecniche inerenti all’andar in ferrata

inerenti all’orientamento

Ferrata Casa delle Guide di Introbio

Ferrata allo Zucco Pesciola

Ferrata Cai Mandello al Sasso dei Carbonari

Traversata Alta delle Grigne

Ferrata del Monte Ocone

Ferrata del Nido di Santa Croce

Ferrata Maurizio al Monte Alben

28. Ferrata Passo della Porta alla Presolana

29. Ferrata al Monte Sarrandone

30. Ferrata alla Corna delle Capre

31. Ferrata alla Corna del Bene

32. Ferrata alla Corna di Caspai

33. Ferrata Nasego

34. Ferrata del Parco di Casto

35. Ferrata del Crench

36. Ferrata del Fregio

37. Ferrata delle Ginestre

38. Ferrata Spigolo Bandiera

39. Ferrata di Campione del Garda

40. Ferrata al Corno di Grevo

41. Ferrata Sentiero dei Fiori

by Michele

I NOSTRI PUNTI VENDITA:

AGORDO

Località Le Campe, 6b 32020 La Valle Agordina (BL)

ALMENNO

Via Lemen, 15 24031 Almenno San Salvatore (BG)

BERGAMO

Via Santa Caterina, 98 24124 Bergamo (BG)

BORGO VALSUGANA

Via Roma, 12 38051 Borgo Valsugana (TN)

CHIAVENNA

Via Giulio Chiarelli, 4/6 23020 Prata Camportaccio (SO)

LECCO

Via Rivolta, 14 23900 Lecco (LC)

MORI

Via Del Garda, 37 38065 Mori (TN)

PINZOLO

Piazza San Giacomo, 1 38086 Pinzolo (TN)

SONDRIO

Viale Bruno Tirelli, 509/C 23012 Castione Andevenno (SO)

VERONA

Via Archimede, 5 37036 San Martino Buon Albergo ( VR)

Photo
Caminati

Mappa generale

Prefazione

Negli ultimi anni il turismo cosiddetto “Outdoor” ha subito un notevole incremento di praticanti, in particolare legato a quelle attività di escursionismo, vie ferrate, arrampicata e alpinismo che offrono la possibilità di un approccio con contenuti tecnici e fisici non troppo elevati. Nello specifico e riguardo alle vie ferrate il numero delle persone che le percorrono è in aumento e di pari passo aumentano anche gli interventi di riqualificazione delle stesse. Nel 2016 il Collegio nazionale delle Guide alpine italiane ha redatto un documento destinato proprio a dare delle Linee guida sulla riqualificazione di siti di arrampicata e vie ferrate, che hanno l’obiettivo di migliorarne la fruibilità e abbassarne i rischi. L’anno successivo Regione Lombardia ha così introdotto una legge per la Rete escursionistica lombarda (REL), dove è inserito un articolo dedicato alla riqualificazione delle Vie Ferrate e dei siti di arrampicata, con diretto riferimento proprio alle Linee Guida; successivamente nel 2018 viene pubblicata una Norma tecnica anch’essa dedicata alla costruzione delle vie ferrate, che non si discosta dalla precedente normativa. Si è quindi sviluppato negli ultimi anni, anche da parte di attori pubblici, un interesse alla riqualificazione e sistemazione di diversi itinerari già esistenti, avvicinando ancor più utenti. Di contro però sono ancora molte le persone che si approcciano alla montagna e alle attività ad esse legate con scarse conoscenze. Anche itinerari

semplici richiedono competenze e conoscenze adeguate, partendo dalla consapevolezza dei propri limiti, dalla conoscenza dell’ambiente e dalla capacità di riconoscimento dei pericoli. Inoltre non va mai dimenticato che queste attività si svolgono su terreno naturale, soggetto a repentini cambiamenti meteorologici e ad inevitabili processi di modificazione anche in tempi brevi; sarebbe infatti un grosso errore assimilarle solamente ad attività sportive.

Uno dei compiti delle Guide alpine è quello di contribuire alla diffusione della conoscenza dell’ambiente montano e della pratica delle attività alpinistiche; sono infatti numerosi i corsi proposti dalle Guide alpine, anche legati alle vie ferrate, all’interno dei quali oltre ai contenuti tecnici, vengono dati gli strumenti per approcciarsi alle attività in modo consapevole e graduale per poter vivere le attività divertendosi.

Gli utenti oggi giorno si trovano cosi maggiormente provvisti di strumenti per poter praticare le attività verticali con strumenti di riduzione del rischio che fino a qualche anno fa erano di difficile reperimento… sta a loro però farne un uso consapevole. Questa guida si pone come bussola nelle scelte che dovranno poi essere effettuate tenendo conto dei propri limiti e potenzialità… Buona montagna a tutti !!!

Fabrizio Pina
Ferrate Monte Due Mani (© G. Meneghello)

Premessa

Apprestarsi a scrivere (così come leggere) una Guida di Vie Ferrate nel 2024, è sicuramente qualcosa di diverso rispetto al 2004, anno in cui il compianto collega Guida Alpina Mauro Soregaroli scrisse la precedente edizione di “Ferrate di Lombardia”. A differenza delle guide di arrampicata che hanno l’esigenza di uscire con cadenza orami quasi annuale, per essere aggiornate rispetto alle nuove realizzazioni, il mondo della ferrata per ovvi motivi è più statico e meno dinamico. La realizzazione di una nuova ferrata richiede un percorso ben diverso rispetto ad aprire una via d’arrampicata. Ma in 20 anni di cose nel mondo delle ferrate ne sono successe. Sicuramente sono venute alla luce tante belle nuove ferrate, ma le novità non si fermano certo qui… Infatti il 2016 per esempio può essere considerato l’anno di una vera e propria rivoluzione copernicana, data dalla pubblicazione da parte del Collegio Nazionale delle Guide Alpine, delle Linee Guida inerenti l’attrezzamento delle vie ferrate, le quali hanno imposto la modifica di

molti itinerari e la chiusura di altri non più sicuri. Sono cambiati quindi i canoni costruttivi, in virtù di una maggior sicurezza richiesta anche dal boom di nuovi utenti verticali. Ma le novità non sono solo queste… Negli ultimi anni si sono modificati anche gli strumenti in mano agli alpinisti per raccogliere informazioni e progettare le proprie escursioni. Siamo passati dalla cartina e dalla bussola, all’era delle app e del sempre connessi.

La rivoluzione digitale di internet e la costante accessibilità di informazioni tramite smartphone, impone di dare un nuovo senso alle guide cartacee… se prima queste erano l’UNICO STRUMENTO di pianificazione, adesso sono UNO STRUMENTO di pianificazione tra quelli esistenti. Su internet è inutile nasconderlo esistono diversi siti aventi come tema le vie ferrate, siti che hanno inoltre il vantaggio di poter essere costantemente aggiornati. Alcuni di essi sono fatti molto bene, “www.ferrate365.it” ne è l’esempio, altri invece presentano notevoli lacu-

Ferrata di Mese (© G. Meneghello)

ne… sta alla capacità dell’internauta comprenderne affidabilità.

Applicazioni di cartografia digitale hanno poi facilitato di molto l’orientamento in montagna, anche a chi non conosce il significato di azimut… Quello che manca quindi oggi giorno non sono certo gli strumenti, ma la consapevolezza su come fare e dove fare.

Proprio per questo motivo questa guida vuole porsi come uno strumento in grado di offrire informazioni inerenti le vie ferrate di Lombardia, facendovi scoprire itinerari minori o luoghi nuovi, il tutto poi può essere integrata a piacere con i vari portali digitali…

In questa testo inoltre troverete (e spero comprendiate) le motivazioni e le esigenze che hanno portato al restyling delle ferrate di Lombardia, dopo l’adozione a livello italiano delle famigerate linee guida; vi sono le informazioni necessarie inerenti le salite, ma non troverete prolisse e inutili descrizioni degli itinerari metro per metro. Una volta agganciato i moschettoni al cavo, perdere l’orientamento è pressoché impossibile. Molta attenzione è stata invece posta nell’illustrare gli avvicinamenti e le discese, specie in quelle che si svolgono in contesti particolari come l’alta montagna.

In questa guida non troverete quelli che vengono considerati sentieri attrezzati (per una più dettagliata differenza con le vie ferrate si veda il capitolo specifico) in quanto sarebbe stato impossibile elencarli tutti, così come le vie ferrate che sono state attualmente chiuse per inagibilità. Per ogni ferrata ho cercato dove possibile di inserire una foto del passaggio più caratteristico, facendo in modo così di stuzzicare la voglia di percorrerla… una guida serve anche a questo: sognare sfogliando le pagine i percorsi verticali che si realizzeranno…

Nella sezione “note tecniche” troverete descritte alcune precisazioni inerenti la sicurezza e il corretto modo di affrontare le vie ferrate.

L’obiettivo di questa parte non vuole certamente essere la completezza di un argomento difficile e ampio, rispetto al quale frequentare un corso con le Guide Alpine o il CAI, può essere la scelta migliore. Implementare la propria conoscenza e consapevolezza è sempre cosa buona e giusta. In questa guida inoltre troverete probabilmente degli errori (spero pochi) di cui mi scuso anticipatamente… ma sicuramente troverete anche la passione che ho per la montagna e che spero di trasmettere a tutti voi con questo lavoro…

Storia delle vie ferrate

Per descrivere la storia delle vie ferrate è necessario comprendere l’esigenza che sta alla base della loro primordiale creazione, ovvero superare i tratti maggiormente esposti e difficoltosi della montagna, grazie all’ausilio di mezzi artificiali. Questo è avvenuto praticamente su tutto l’arco alpino fin da quando le alpi hanno iniziato ad essere abitate e vissute per esigenze lavorative di pastori e boscaioli. A testimonianza di ciò, si trovano ad esempio antiche tracce di gradini e buchi scavati a mano nel duro granito, cui venivano infissi pioli di legno per aiutare la progressione sulle montagne del Masino. Esempi simili sono presenti in tutte le valli alpine.

La prima testimonianza scritta di una via ferrata simile per caratteristiche al concetto odierno è del 1492. In quell’anno Re Carlo VIII di Francia, con lo scopo di perlustrare la cima del Monte Aiguille nel Delfinato, ordinò al Capitano Antonie De Ville la costruzione di un itinerario composto da scale di legno, pioli e funi infisse nella roccia. L’apparente nobile intento esplorativo, celava però fini militari e ben lungi era dall’essere di tipo ludico come ai giorni nostri.

Ferrate di Mese (© G. Meneghello) 

Per veder realizzata la prima via ferrata con scopo “ludico-turistico”, bisogna aspettare il 1843 e precisamente il 15 settembre, giorno in cui venne inaugurata sulle montagne del Dachstein una via ferrata che conduceva sulla Cima Hoher. Questo avvenne grazie al Prof. Friedrich Simony, che intercesse presso un gruppo di aristocratici e nobili per raccogliere la considerevole somma di 260 fiorini, necessari per i 190m di cavo fissati con 20 saldi ferri e per la scala iniziale di 15 piedi. Un altra testimonianza scritta di via ferrata è opera di ES. Pesius, che in una sua guida turistica del 1844, descriveva il famoso itinerario del Leukerbad, attrezzato con scale di legno, che conducevano ad Albinen nel Vallese. Ancora oggi è qui presente una via ferrata, che viene considerata tra le più lunghe e dure della Svizzera. Nel 1869 sul Großglockner 3798m la vetta più alta d’Austria, vengono attrezzate ben due vie ferrate. La prima con oltre 400m di cavo saliva sulla cresta SO, la seconda sulla esposta e verticale Via Studl. Nel 1873 invece è l’anno del Sugspitze e da li a poco la tendenza inizia a diffondersi su altre cime come Ortles e Watzmannspitze. Queste opere già allora fecero molto discutere sulla liceità dei mezzi utilizzati per raggiungere vette “absolutely inaccessible by fair means” come dichiarato dal forte alpinista Albert Frederick Mummery, che rifiutò l’uso di scale e altri stratagemmi per conquistare la vetta del Dente del Gigante a quota 4014m, lasciando secondo il suo pensiero, terreno d’ingaggio intatto per le generazioni future. Il primo esempio di via ferrata italiano non è come si potrebbe credere sulle Alpi “del nord” ma bensì sull’Appennino Toscano e nello specifico sul Monte Procinto 1177m ad opera di Aristide Bruni. Qui l’ingegnere milanese e socio del Club Alpino Italiano meneghino, nel 1884 promosse e diresse i lavori che portarono, nel 1893, alla costruzione della prima ferrata italiana. Seguirono poi nel periodo antecedente la prima guerra mondiale quella della Marmolada del 1903 e quella del 1912 al Piz Ciavazes, da ricordare questo’ultima, perché segna assieme

a quella del 1910 Juf di Montasio, l’inizio della tendenza di gruppi e associazioni locali come CAI ecc, nel festeggiare le ricorrenze di inaugurazione, tramite la creazione di vie ferrate. Questa tendenza diventerà successivamente consuetudine, tra gli anni 70 e 80 in altre parti di italia, infatti oggi troviamo numerose vie ferrate col nome di “centenario… trentennale… ecc”.

Fino a questo momento in realtà più che attrezzare ferrate vere e proprie, caratterizzate da esposizione e continuità, la tendenza era quella di addomesticare i punti più difficili delle vie normali alle vette, tramite cavi e sporadici gradini. Tutto cambiò però con la Grande Guerra e la necessità di muoversi in sicurezza tra le orizzontali cenge dolomitiche da parte dei militi o il dover raggiungere le verticali cime delle montagne, per aver le migliori postazioni da tiro. Questo porterà migliaia di militari sia italiani che austriaci, alla creazioni di ardite vie ferrate, molto più simile a quelle che concepiamo oggi per numero di infissioni e gradini.

Nel 1923 sulla Grigna meridionale il CAI Milano crea il sentiero della Direttissima facendo ricorso anche all’uso di piccole quantità di esplosivo e scale per la progressione per rendere percorribile il Caminetto Pagani. Questo sentiero nonostante il nome faccia pensare ad una salita diretta alla cima, fu creato in realtà per collegare con un giro ad anello il Rifugio Porta e il Rifugio Rosalba, in ottica di implementare la percorribilità e fruizione delle Grigne ai propri soci. Questa “moderna ottica di turismo montano” viene replicata dopo poco con un percorso ancora più ardito nel 1936 dalla Società Alpinistica Trentina con la via delle Bocchette del Brenta. L’arrivo di un nuovo conflitto mondiale in Europa arrestò la nascita di ulteriori itinerari. Le vie ferrate costruite durante la prima guerra nel frattempo, iniziarono ad andare in lenta rovina, fin tanto che negli anni 50 un tenente austriaco fuori servizio di nome Walther Schaumann, operò un certosino censimento dei percorsi ferrati e capì per primo la potenzialità evocativa degli stessi, a peritura memoria degli eventi bellici. Fu così che negli anni 60 grazie al boom economico e ad un maggior interesse turistico della montagna, le vie ferrate dolomitiche vennero risistemate e si iniziarono a prendere in con-

siderazione elementi inerenti la sicurezza e le tecniche di progressione. Oltr’alpe, invece, per vedere realizzata la prima via ferrata francese bisogna aspettare il 1988, anno di realizzazione di un itinerario a Freissinières. Nonostante il notevole ritardo, gli anni successivi i francesi ne crearono moltissime di nuove con un’ottica totalmente turistica e ludica, introducendo uno stile detto “ferrata alla francese”, tendente a ricercare la pura adrenalina, con zip line e ponti tibetani. Questa tendenza ha acceso la protesta di alcune associazioni ecologiste come Mountain Wilderness, sulla necessita e sull’impatto ambientale che tali installazioni hanno. Non è facile esprimere un giudizio a riguardo e non è nemmeno la finalità di questa pubblicazione, ma rimane innegabile però che oggigiorno le ferrate, riescano a muovere una importante fetta di mercato del turismo montano e sono sempre più utilizzate da chi desidera approcciarsi al mondo verticale. Questa maggior frequentazione ha portato però nel corso del tempo ad una serie di incidenti, alcuni mortali sia a causa di errori imputabili al mal comportamento del singolo utente, sia a causa della mal realizzazione dell’opera.

Per questo motivo nel 2016 il Collegio delle Guide Italiano ha stilato “Linee guida per l’attrezzatura dei siti naturali per l’arrampicata e dei percorsi attrezzati”. Il testo è stato successivamente adottato da altre realtà europee e ha l’obiettivo di indicare gli standard qualitativi minimi e non derogabili di sicurezza, che ogni ente costruttore (Guide Alpine o imprese del settore), deve adottare nel realizzare o restaurare vie ferrate.

A seguito di questo documento diverse ferrate lombarde sono state sottoposte ad un importante opera di restauro e ammodernamento, che richiede inevitabilmente però notevoli somme di denaro. Alcuni enti minori proprietari di ferrate, non avendo risorse sufficienti, hanno dovuto purtroppo chiudere diversi itinerari. La perdita in ottica di patrimonio montano è alta, così come il dispiacere per gli utenti affezionati. Queste linee guida non vanno lette in ottica limitativa però, quanto piuttosto una implementazione della sicurezza e della fruibilità. Il futuro delle ferrate parte propio da qui…

Le linee guida del 2016 e la creazione del REL,

Rete Escursionistica della Lombardia

Il 2016 per il mondo delle vie ferrate italiane è un anno molto importante, che ha portato ad una piccola rivoluzione. Infatti in quell’anno vengono stilate dal Collegio Guide alpine italiane le “Linee guida per l’attrezzatura dei siti naturali per l’arrampicata e dei percorsi attrezzati”. Questo documento vuol mettere ordine a decenni di interventi effettuati e di esperienza accumulata nel settore da diversi professionisti, quali guide alpine, geologi, dottori in scienze forestali, ingeneri dei materiali e aziende produttrici degli stessi ecc. Le linee guida come dice il nome stesso, sono delle indicazioni a cui qualsiasi professionista interessato alla costruzione di una via ferrata, può attingere strategie e tecniche lavorative, facendo propria l’esperienza decennale accumulata nel campo e condivisa da molti in questo testo. Non sono degli obblighi ma il punto di riferimento in materia e se un ente o professionista preferisce adottare strategie diverse, è libero di farlo, rendendo conto però delle sue scelte nella malaugurata ipotesi di incidente. D’altro canto il professionista che utilizzando queste linee guida dovesse rispondere di un incidente accorso, avrà uno strumento tutelativo tra le sue mani, in sede processuale.

Questo perché oramai il mondo delle attività outdoor è cambiato notevolmente, cosi come è cambiata la sua utenza. Si è passati dall’alpinista duro e puro, pronto al sacrificio e ad un alta accettazione del rischio, ma con uno zaino stracolmo di consapevolezza, ad un utente molto meno consapevole e più delegante della propria sicurezza. Quest’ultimo non ha le capacita valutative tipiche di chi è nato in montagna e cerca nel percorrere una via ferrata, un momento di distacco dalla vita quotidiana, senza dover troppo pensare alla bontà dell’installazione delle catene a cui si aggrappa, o dei siti di arrampicata in cui passa i wend.

Ma cosa dicono nello specifico le linee guida inerenti le vie ferrate? Il cambiamento maggiore si ha nella realizzazione della LINEA DI SICUREZZA con CAVO TESO e RIALZATO, al posto delle vecchie catene. Questo comporta una maggiore facilità di percorrenza e l’indipendenza stessa delle varie tratte di ferrata. Infatti seppur la vecchia catena da trazione risultasse più comoda, nel momento in cui vi erano due utenti attaccati su tratte differenti, il peso di quello più in basso sbilanciava quello in alto. La non standardizzazione inoltre dei diametri di catena, che spesso erano riciclate da altri ambiti, rendeva a volte faticoso il passaggio dei moschettoni più piccoli, con la tentazione di non moschettonare la catena stessa e con i gravi danni che ciò poteva comportare.

Le linee guida prevedono inoltre che vi sia una netta differenza tra quella che è la linea di sicurezza e la linea di progressione. Non sono più ammessi tratti dove ad esempio le staffe di progressione devono svolgere anche la funzione di sicurezza, in virtù della mancanza della linea di sicurezza. La linea di progressione può essere data da elementi artificiali come scale, pioli o staffe, a cui si affianca un cavo teso e rialzato, oppure da appigli naturali di roccia, rendendo necessario arrampicare accanto alla linea di sicurezza. Un esempio del primo tipo è la ferrata Gamma 1 ai Piani d’Erna, mentre uno del secondo tipo è la ferrata degli Alpini al Medale. Le linee guida inoltre entrando più nello specifico, indicano le differenti tipologie e diametri di ancoraggi consigliati, le modalità di installazione e i prodotti per la posa e le distanze tra i frazionamenti e i rispettivi tiranti d’aria. Non è certo il fine di questa guida però, entrare così a fondo nell’argomento.

Quello che davvero importa è comprendere come risulti difficile per un professionista o or-

gano, certificare ferrate che non abbiano queste caratteristiche. Infatti con modalità differenti a seconda del proprietario delle ferrate, le stesse devono essere certificate da un ingeniere o guida alpina, per poter poi essere assicurate. Per questo motivo negli ultimi anni, molte ferrate sono andate incontro ad un opera di restyling, oppure sono state chiuse e smantellate. Sicuramente un accrescimento di sicurezza da un lato e dall’altro lato la perdita di itinerari ai quali si era affezionati.

Nel 2017 inoltre la Regione Lombardia ha creato la Rete Escursionistica della Lombardia. Il REL istituito con la legge regionale del 27 febbraio del 2017, altro non è che il catasto lombardo dei sentieri di montagna. Il progetto prevede di creare un elenco digitalizzato di tutti i sentieri escursionistici e alpinistici esistenti sulle montagne lombarde. Un opera ciclopica di tracciatura GPS e di nomenclatura, che ha visto come enti partner interessati il CAI e il Collegio delle Guide Alpine. Sempre all’interno del progetto REL si è voluto indicare le caratteristiche che un sentiero deve avere, cosi come uniformizzare la segnaletica, le tabelle di percorrenza e difficoltà. Nello specifico per le vie ferrate per la prima volta si è voluto dare una tabella strutturata sulle difficoltà, che risente però secondo il mio giudizio di troppa poca specificità e completezza. Per questo motivo il lettore ritroverà nel capitolo inerente la scala di difficoltà una proposta, che seppur strutturata in 5 livelli come quella del REL, tiene conto con maggior precisione di alcuni elementi importanti dell’andar in ferrata. I nomi delle difficoltà invece rimangono invariate, per non creare ulteriore confusione, in un campo in cui non vi era mai stata uniformità di giudizio. Siamo all’inizio di un percorso certamente non facile e di difficile accettazione, per chi è abituato a correre libero sulle montagne, alla ricerca di quella libertà che solo li sa trovare. Ma sicuramente gli intenti alla base di questi due documenti sono buoni e vanno incontro ad un mondo in cambiamento, rispetto al quale la montagna non può esimersi dall’esserne coinvolta.

La differenza tra vie ferrate e sentieri attrezzati

Nel momento in cui mi è stato chiesto di compilare questa guida da parte dell’editore, mi sembrava relativamente semplice demarcare una linea netta di divisione tra le vie ferrate e i sentieri attrezzati. Purtroppo però già in fase di pianificazione, mi sono scontrato con un universo molto variegato e sul quale sussiste ancora tanta confusione. Infatti se ci dovessimo rifare alle definizioni utilizzate all’interno del progetto REL di Regione Lombardia, vedremmo le ferrate definite come: “Itinerario alpinistico in cui l’ascensione è resa più facile e sicura con mezzi artificiali infissi nella roccia, disposti in modo pressoché continuo. Si compone di ancoraggi, collegati tra loro da un cavo metallico, costituenti una linea di ancoraggio. La linea può presentare andamenti verticali, orizzontali ed obliqui ed essere usata per la progressione, facilitata ulteriormente da agevolatori come

scale (verticali), gradini, corrimano, catene”. Per quanto riguarda invece i sentieri attrezzati invece la definizione utilizzata è la seguente: “Sentiero o percorso segnalato in cui si cammina, quindi dove si pratica l’escursionismo, che presenta tratti o punti, non superiori al 10% della sua interezza, con esposizione al rischio di caduta o dove in caso di scivolata la persona può proiettarsi al di fuori dello stesso, quindi precipitare. Rientra in questa categoria ogni tipo di itinerario che non ha le caratteristiche della via di arrampicata o della via ferrata”. Leggendo queste definizioni sembra che l’elemento differenziante sia dato dalla percentuale di parte attrezzata, rispetto alla totalità dell’itinerario non specificando ulteriori elementi preziosi per il nostro quesito.

Andando a leggere invece le linee guida del Collegio delle Guide Italiane si trova maggior chia-

Ferrata Monte Generoso, Di Mola
Francesca (© Andrea Cari)

rezza in merito e nello specifico si differenzia tra: “sentiero attrezzato, per il quale si intende quella tipologia di sentiero avente la caratteristica di avere brevi tratti esposti e insidiosi, dove, per agevolarne i passaggi e renderli più sicuri, esclusivamente in questi tratti vengono istallati strutture e dispositivi (ancoraggi, funi corrimano e di sicurezza, gradini e pediglie, scale, catene e ponti) e via ferrata per la quale si intende un itinerario composto per la maggior parte da un insieme di strutture dispositivi (ancoraggi, funi corrimano e di sicurezza, gradini e pediglie, scale, catene e ponti) realizzate artificialmente su pareti rocciose, creste e cengie per facilitarne il passaggio e renderlo più sicuro”. Come possiamo vedere anche quindi la differenza sta sulla lunghezza delle sezioni in cui sono presenti cavi e aiuti alla progressione, ma senza utilizzare percentuali, quanto termini come: “per la maggior parte” ed “esclusivamente in questi tratti”. La cosa può sembrare ad una prima lettura irrilevante, ma se ci dovessimo affidare solo ad un discorso di percentuali di lunghezza per delineare la differenza tra le vie ferrate e

sentieri attrezzati, si rischierebbe di confondere molti itinerari tra di loro. Infatti alcune ferrate anche difficili, presenti nella guida fanno parte di sentieri dallo sviluppo lungo e utilizzare percentuali per differenziare le due tipologie sarebbe stato davvero riduttivo.

All’interno della guida l’elemento che è stato utilizzato per differenziare tra vie ferrate e sentieri attrezzati è stato quello di vedere, oltre alla lunghezza dello sviluppo, anche elementi quali esposizione, presenza di linee di sicurezza continua e progressione ben distinte e l’andamento per lo più verticale ed esposto.

Si è volutamente deciso di non affidarsi ad un giudizio come la necessità o meno di usare il kit da ferrata, in quanto questo sulla percorrenza di sentieri attrezzati, dipende molto dalle capacità soggettive del singolo, oltre che dalle condizioni del terreno in uno specifico momento.

Ma perché è stato importante all’interno della guida differenziare tra via ferrata e sentieri attrezzati?

Questa esigenza si è avuta nel momento in cui si è dovuto decidere se inserire un itinerario o meno in una pubblicazione, che come titolo ha: “Ferrate di Lombardia”.

Infatti su molti siti specialistici come su cartelli presenti su diversi itinerari, troviamo la dicitura “via ferrata”, usata in modo non propriamente corretto anche per i sentieri attrezzati. Di contro alcuni sentieri normalmente definiti “attrezzati”, presentano caratteristiche tipiche delle vie ferrate, tali da assimilarli ad esse.

In questa guida infatti si è deciso di inserire solo le vie ferrate di Lombardia, dato che il numero di sentieri attrezzati (nei modi più coloriti e fantasiosi possibili) è davvero altissimo e sarebbe stato quasi impossibile farne una descrizione esaustiva.

Solo tre itinerari normalmente descritti come sentieri attrezzati si trovano presenti nel libro e nello specifico la “Traversata Alta delle Grigne”, “Il Sentiero Roma” e il “Sentiero dei Fiori”. Infatti essi per lunghezza d’itinerario ed esposizione, possono essere annoverate tra le vie ferrate, seppur avendo lunghi tratti in cui si cammina su terreno più agevole, vedendo qui come attenersi ad un discorso puramente percentualistico, sarebbe troppo riduttivo.

La scala di difficoltà nelle vie ferrate

Sia nel mondo delle vie ferrate, così come in quello dell’arrampicata e nel mondo verticale in generale, cercare di dare una indicazione di difficoltà di un itinerario è un processo totalmente soggettivo. Molti sono gli elementi legati all’individualità fisica del singolo che influiscono sulla percezione di quanto sia difficile una salita, ai quali si sommano quelli psicologici legati alla predisposizione al vuoto. Possedere la giusta tecnica motoria, inoltre, permette di affrontare con maggior disinvoltura passaggi difficili, rispetto a chi è alle prime armi.

In virtù di ciò abbiamo valutato quindi la difficoltà degli itinerari rispetto a elementi oggettivi quali: verticalità, lunghezza, continuità, presenza di vie di fuga laterali e presenza di comodi punti di riposo . Un altro elemento che influisce sulla difficoltà di una via ferrata è la lunghezza di accesso e di discesa . È molto differente affrontare una ferrata dopo aver camminato per 3 ore oppure essere riposati e iniziare la scalata a pochi metri dalla macchina. Per gli itinerari che si svolgono in alta montagna e che possono richiedere materiale

Ferrate Sassella (© G. Meneghello) 

o conoscenze alpinistiche aggiuntive, è stata aggiunta la sigla ALP.

Ricordatevi che elementi meteorologici come il freddo o il caldo eccessivo, così come l’umidità e il vento, possono notevolmente aumentare le difficoltà percepite dal singolo alpinista.

Alcune ferrate, pur non essendo continue o particolarmente verticali, su altre pubblicazioni vengono definite difficili, in base alla loro pericolosità e difficoltà di progressione dovute a materiale datato o mal posto. In questa guida si è voluto scorporare la valutazione della

difficoltà rispetto a quella della bontà degli ancoraggi e del loro posizionamento, in quanto questo va contro il concetto che sta alla base di ogni via ferrata, ovvero salire in condizioni di relativa sicurezza punti in cui la montagna oppone difficoltà. Per questo, oltre a una scala di Difficoltà, troverete una scala inerente alla Bontà degli ancoraggi.

Abbiamo usato una scala su 5 punti dove 1 sta per la difficoltà minima e 5 per quella massima. Nello specifico:

CLASSIFICAZIONE DEI PERCORSI IN BASE ALLA DIFFICOLTÀ

F F = Facile

Itinerario didattico o molto breve adatto per le prime esperienze. Avvicinamento nullo e discesa breve. Richiede poco sforzo fisico. Vie di fuga non necessarie data la brevità e il facilissimo accesso. Es. Ferrata Sassella.

PD PD = Poco difficile

Itinerario che per sua brevità e verticalità si presta bene a essere percorso anche da alpinisti alle prime esperienze. In caso di itinerari con sviluppo più lungo, sono presenti comodi punti di riposo e i tratti verticali sono assenti o molto brevi. Accesso e discesa non troppo lunghi. Numerose vie di fuga laterali permettono di ridurre la percorrenza dell’itinerario. Es. Ferrata Monte Generoso.

D D = Difficile

Itinerario che per la sua lunghezza, o presenza di tratti verticali e strapiombanti, richiede notevole sforzo fisico e che può essere affrontato da alpinisti alle prime armi solo con buon allenamento. Non richiede invece grande sforzo per alpinisti con esperienza e la giusta tecnica di progressione. Avvicinamento e discesa lunghi o su sentieri difficoltosi. Sono presenti vie di fuga laterali di facile accesso. Es. Ferrata Torrione Porro.

MD MD = Molto difficile

Itinerario di impegno fisico anche per alpinisti allenati e con la giusta tecnica. È sconsigliata agli alpinisti alle prime armi, specie se non accompagnati da qualcuno di più esperto. I numerosi tratti verticali sono facilitati da scale o gradini, ma presentano pochi punti di riposo e l’esposizione dell’itinerario è costante. Sono presenti tratti in cui è richiesta la progressione in assenza di elementi artificiali ma solo naturali. L’avvicinamento e la discesa così come la lunghezza della salita impongono un buon allenamento e ci sono scarse vie di fuga laterali. Es. Ferrata Senc di Dalò.

ED ED = Estremamente Difficile

Itinerario lungo e con costanti tratti verticali dove non sono sempre presenti elementi artificiali per la progressione e che quindi richiede buone capacità d’arrampicata. L’alpinista esperto non troverà punti di riposo frequenti ed è sconsigliata a chi è alle prime armi. Vie di fuga pressoché assenti e che impongono che si arrivi fino in cima una volta iniziata la salita. L’avvicinamento e la discesa sono lunghi. Es. Ferrata Alpini Medale.

Scala di valutazione della bontà delle strutture

Abbiamo deciso di affiancare alla scala di valutazione delle difficoltà, una scala qualitativa che tenesse conto della bontà con cui un itinerario è stato attrezzato.

La motivazione di questa scelta risiede nel fatto che attualmente in Lombardia abbiamo due grandi categorie di ferrate, quelle costruite dopo l’uscita delle linee guida del 2016 e quelle antecedenti. Se per le prime non dovrebbero esserci dubbio rispetto alla bontà costruttiva, per quelle precedenti abbiamo invece un universo molto variegato. Alcune erano state costruite già in modo lungimirante pensando ai fattori che elencheremo nel capitolo inerente la sicurezza, quali tiranti d’aria corretti e linea di progressione e sicurezza separate, altre invece fatte in modo più approssimativo. Ricordiamo ancora una volta che la sicurezza di una ferrata non è data solo dal fatto che un ancoraggio o il cavo si spezzi, ma anche dal punto in cui viene posizionato il tutto e dalla lunghezza delle tratte tra i vari frazionamenti.

Inoltre, progredire con un cavo d’acciaio fisso e rialzato rispetto alla catena lasca risulta, oltre che più confortevole, anche più sicuro, in quanto, in caso di scivolata o perdita di equilibrio, permette all’alpinista di essere più stabile. Così come la scelta di utilizzare nei tratti verticali “staffe aperte” rispetto a “pioli chiusi” implica, oltre a una più facile progressione, anche la possibilità di “spezzare” il fattore di caduta andando a posizionare il moschettone sul gradino. Vediamo, quindi, come anche questa scelta costruttiva si trasformi in elemento di sicurezza. Ripetendo le ferrate presenti nella guida si è prestato attenzione a questi fattori e sono stati riportati nella scala presentata qui di seguito a utilizzo dell’alpinista. Questo nelle guide precedenti era assente ed era totalmente delegato all’utente, il quale a volte non aveva nemmeno consapevolezza dell’importanza di ciò. Si ricorda però che, sia nelle ferrate valutate come ottime che in quelle valutate come pessime, lo stato di attrezzatura non è un fattore fisso e può cambiare da un giorno all’altro. Sarà sempre compito di chi le

frequenta esprimere un giudizio personale e in caso di dubbio non iniziare nemmeno la scalata. La scala inerente alla Bontà delle Strutture va da 1 a 4 dove 1 è il valore più basso e 4 è il valore più alto e di riferimento, ovvero il gold standard.

Scarsa: Gli elementi costruttivi della ferrata sono in pessimo stato oppure posizionati in punti che rendono molto pericolosa l’eventuale caduta. La ferrata presenta ancora il cavo o la catena lasca. Nei punti verticali non sono presenti elementi che permettono di ridurre il fattore di caduta, dato anche dalle tratte tra i frazionamenti eccessivamente lunghi. La progressione di queste ferrate implica “piede fermo” ed esperienza e non sono adatte ai neofiti. Es. Ferrata Sass Tavarac.

Discreta: Gli elementi strutturali sono ancora in buono stato e, nonostante la presenza di cavo lasco e/o catena, la progressione risulta sicura grazie alla presenza di staffe che permettono di ridurre il fattore di caduta. Le tratte tra i frazionamenti non sono mai eccessive. La progressione di queste vie ferrate per gli alpinisti esperti non è problematica, mentre richiede maggior impegno per i neofiti. Es. Ferrata Minonzio.

Buona: Ferrata costruita seguendo gli standard qualitativi minimi illustrati nelle linee guida, il cavo se è lasco, è frazionato in modo che quando trazionato non sbilancia l’alpinista. La linea di sicurezza è distinta da quella di progressione e sono presenti numerosi punti che permettono di ridurre il fattore di caduta. Le tratte tra i frazionamenti sono pensate rispetto ai corretti tiranti d’aria ed una eventuale caduta, seppur da evitare, non risulta particolarmente impattante. L’alpinista neofito non ha particolari problemi di progressione. Possibili tratti in discesa che implicano massima attenzione nella progressione. Es. Ferrata Nido di Santa Croce. Ottima: È il gold standard di riferimento e rispecchia appieno gli elementi inerenti alla sicurezza illustrati nelle linee guida. Cavo teso e rialzato e frazionamenti ben pensati. Linee di sicurezza e progressione ben distinte. La ferrata presenta una cartellonistica chiara e completa al suo inizio e durante la salita. Consigliata per neofiti. Es. Ferrata Mese.

Ferrata Sassella (© G. Meneghello)

Note tecniche inerenti all’andar in ferrata

Le vie ferrate sono itinerari pre-attrezzati che si snodano in modo verticale o quasi verticale su pareti rocciose con differenti tipologie di sviluppo, difficoltà e livelli di sicurezza costruttiva. Secondo questi elementi le ferrate si possono classificare in base alla loro difficoltà per impegno fisico ed esposizione ambientale, ma anche in base al loro livello di sicurezza per la tipologia di ancoraggi presenti e il loro corretto posizionamento.

Se rispetto al primo punto, ovvero quello riguardante la difficolta fisica, gli utenti delle ferrate sono abbastanza consapevoli delle differenze tra un tracciato e un altro, rispetto alla sicurezza e bontà degli ancoraggi, invece, c’è molta “non-consapevolezza” e non conoscenza tecnica degli elementi inerenti a una eventuale caduta dall’alto.

ELEMENTI INERENTI ALLE CADUTE IN ARRAMPICATA

Per sviluppare la consapevolezza di come ci si muove in ferrata è bene ricordare un punto. Nel momento in cui un corpo cade nello spazio, ingloba energia e questa scomoda energia nell’istante del suo arresto deve essere gestita. Vedremo ora alcuni termini tecnici molto importanti come forza d’arresto e fattore di caduta, tipici della pratica dell’arrampicata, ma importanti anche su via ferrata.

Per forza d’arresto si può intendere la sollecitazione che subisce un corpo dopo una caduta a seguito dell’energia imprigionata durante il volo. Questa forza può essere elevata o meno, a seconda del fatto che rimanga inglobata totalmente nel corpo che cade o che sia passata e dissipata parzialmente o totalmente ad altri elementi in grado di assorbirla. È abbastanza intuitivo pensare alle differenze che ci possono essere tra fare bungee jumping con un cavo elastico, come prassi vuole, oppure con una fune metallica…

Il fattore di caduta invece è un indice utilizzato per quantificare quanto sia impattante una caduta e la gravità della stessa, in arrampicata in linea teorica è compreso tra 0 e 2. Tanto più alto sarà il valore, tanto più gravosa e pericolosa sarà la caduta.

Il fattore di caduta è quindi il rapporto tra l’altezza della caduta e la lunghezza della corda Questo avviene in arrampicata, dove per progredire si usano corde elastiche e dal notevole sviluppo. Qui, difatti, la gravità della caduta non dipende tanto dall’altezza della caduta stessa, ma da quanta corda ho dietro di me e quanto sia in grado di assorbire l’energia, che durante il volo il mio corpo acquisisce.

Nell’immagine precedente possiamo vedere due esempi di stessa altezza di caduta ma lunghezze di corda differenti e gli effetti rispetto al fattore di caduta.

Nel secondo caso, pur essendo uguale l’altezza della caduta al primo, ovvero 4 metri, le conseguenze in termini di fattore di caduta sono totalmente differenti e il corpo dell’arrampicatore subisce un’altissima sollecitazione (quasi sicuramente traumatica).

l’unico elemento in grado di generata dalla caduta, è il DISSIPATORE funziona un dissipatore da ferrata ? funzione di assorbire energia in modo arrivare alla rottura delle sue componenti rimanere sempre ancorati alla linea

Questo è ciò che avviene quando arrampichiamo con la corda, caso in cui, in aggiunta, il contrappeso dinamico del compagno che assicura abbassa di molto il fattore di caduta. Ma in ferrata non abbiamo la corda dinamica, utilissimo strumento in grado di assorbire la forza di arresto, bensì un cavo d’acciaio.

dissipatore è composto da una fettuccia cucita, in grado se trazionata di essivo fino ad 1,5m e di assorbire

per noi. Molto diverso è fare un salto e atterrare su un comodo materasso a molle rispetto a una dura lastra di roccia. Ma quando siamo in ferrata quali elementi abbiamo per assorbire questa forza, mentre progrediamo attaccati a un cavo d’acciaio posizionato su dura e compatta roccia?

Quando siamo in ferrata l’unico elemento in grado di assorbire l’energia generata dalla caduta, è il dissipatore da ferrata. Ma come funziona un dissipatore da ferrata?

Il dissipatore ha la funzione di assorbire energia

FATTORI DI CADUTA E FORZA D’ARRESTO IN FERRATA

durante una caduta in ferrata. in considerazione nel momento in ferrata, che il allunga fino a 1,5m a seguito di altezze di caduta elevata e molta energia E’ quindi importante comprendere un ulteriore elemento teorico, ovvero TIRANTE D’ARIA. Per tirante d’aria si intende lo nché una

considerando gli allunghi di eventuali sistemi di comporti l’impatto contro ostacoli.

Vediamo ora cosa succede nel momento in cui dovesse avvenire una caduta in ferrata. I principi fisici della caduta sono gli stessi di quelli dell’arrampicata, ovvero il nostro corpo acquista scomoda energia che dovrà successivamente trasferire e dissipare a qualcosa.

dalla lunghezza dei singoli o dei punti in cui il cavo della ferrata è Maggiore sarà la distanza tra di essi e maggiore dalla caduta e la necessità del dissipatore di a Ipoteticamente i costruttori di ferrate di questi elementi, ma non sempre è avvenuto così in passato. citate all’interno di questa guida ed emanate dal Alpine Italiane nel 2016 hanno cercato di di ferrate di tener conto di questi elementi. ofondire l’argomento è possibile scaricare il testo indirizzo email: https:// www.guidealpine.it/assets/ - G u i d a - p e r- a t t re z z a t u r a - d e i - s i t i - n a t u r a l i - p e rcorsi-attrezzati-SIAE.pdf.

4 m

Più elastico, e quindi in grado di assorbire energia, sarà l’elemento a cui il nostro corpo trasferisce il colpo, minore saranno le conseguenze

attualmente non tutte le ferrate sono concepite in ottica moderna tenendo elementi quali tiranti d’aria ecc, sia per anzianità di realizzazione o per mal frazionamenti. Da qui anche il motivo di aver a ffiancato alla scala di di fficoltà bontà di realizzazione. Scala che si spera non sia più necessaria tra qualche estyling che sta avvenendo.

in modo progressivo, senza arrivare alla rottura delle sue componenti e permettendo quindi di rimanere sempre ancorati alla linea di sicurezza. Per fare questo il dissipatore è composto da una fettuccia ripiegata più volte e cucita, in grado se trazionata di allungarsi in modo progressivo dai 1,5m fino ai 2,5m (a seconda dei modelli) e di assorbire così l’impatto.

Questo è ciò che avviene durante una caduta. Dobbiamo quindi tenere in considerazione, nel momento in cui avviene una caduta in ferrata, che il nostro set dissipatore si allunga fino a 2,5m a seguito di altezze di caduta elevate e molta energia incamerata (caso limite). È quindi importante comprendere un ulteriore elemento

teorico, ovvero la definizione di tirante d’aria

Per tirante d’aria si intende lo spazio necessario, affinché una caduta dall’alto, considerando gli allunghi di eventuali sistemi di dissipazione, non comporti l’impatto contro ostacoli. Questo in ferrata dipende dalla lunghezza dei

dirizzo: https:// www.guidealpine.it/assets/doc/ professione/Linee-Guida-per-attrezzatura-deisiti-naturali-per-arrampicata-e-dei-percorsiattrezzati-SIAE.pdf.

Teniamo a ribadire che attualmente non tutte le ferrate sono concepite in ottica moderna tenen-

m )

m )

singoli frazionamenti, ovvero dei punti in cui il cavo della ferrata è fissato alla roccia. Maggiore sarà la distanza tra di essi e maggiore sarà la forza generata dalla caduta e la necessità del dissipatore di allungarsi per assorbirla. Ipoteticamente i costruttori di ferrate dovrebbero tener conto di questi elementi, ma non sempre è avvenuto così in passato.

Le linee guida più volte citate all’interno di questa guida ed emanate dal Collegio delle Guide Alpine Italiane nel 2016 hanno cercato di sensibilizzare i costruttori di ferrate nel tener conto di questi elementi.

Se si volesse approfondire l’argomento è possibile scaricare il testo integrante a questo in-

do in considerazione elementi quali tiranti d’aria ecc., sia per anzianità di realizzazione o per mal posizionamento dei frazionamenti. Da qui anche il motivo di aver affiancato alla scala di difficoltà delle ferrate quella di bontà di realizzazione. Scala che si spera non sia più necessaria tra qualche anno, grazie all’opera di restyling che sta avvenendo.

ATTREZZATURA NECESSARIA PER LA PRATICA DELLE FERRATE

Per potersi muovere in ferrata sono necessarie poche ma importanti attrezzature. Ora le vediamo nello specifico: avremo innanzitutto bisogno di una imbragatura certificata per l’alpinismo,

La corretta posizione di resting (© G. Meneghello) 
Fattore di caduta 2

che può avere un anello di sicurezza verticale, come quelle d’arrampicata, oppure orizzontale come quelle da ferrata.

Attenzione: le imbracature, così come tutte le componenti tessili o plastiche, in alpinismo hanno, normalmente una vita massima di 10 anni!

Non usate materiale tessile oltre questa data, anche se imballato e mai usato prima! (Fate fede comunque alle indicazioni del costruttore che possono allungare o accorciare tale durata).

Avremo poi bisogno di un casco omologato per l’alpinismo, che risente anch’esso dei limiti temporali dell’imbrago.

Stesse considerazioni devono essere fatte per il kit dissipatore, elemento in grado di assorbire come visto prima la caduta.

L’uso dei guanti in ferrata è molto importante,

sia per una questione di comodità nel tirare i cavi metallici, ma anche di sicurezza nel caso in cui parti di esso siano danneggiate e quindi in grado di tagliare le mani se trazionati. Molto utile può essere avere un ulteriore moschettone da posizionare nell’apposito anello del kit dissipatore, per eventuali riposi durante la progressione. Attenzione però a posizionare gli elementi per eventuali resting sempre a monte del dissipatore e mai a valle, ovvero verso di voi, perché, se mal posizionati, si annulla l’effetto di dissipazione del kit stesso! Ulteriori elementi e dispositivi di sicurezza possono essere utilizzati da utenti esperti nella gestione di casi particolari, come l’accompagnamento di bambini in ferrata.

Tecniche avanzate di progressione su terreno non verticale e non esposto (© G. Meneghello) 

IL KIT ALL’IMBRAGO

Il kit da ferrata ha, nella parte opposta a quella dei moschettoni, una fettuccia ad anello, che viene passata attorno all’anello di sicurezza dell’imbrago, facendoci ripassare all’interno l’intero kit da ferrata, con un nodo a bocca di lupo

Una volta alloggiato il kit è buona norma trazionarlo per verificare il corretto posizionamento.

In caso si sia con un compagno è buona norma effettuare un partner check control a schema incrociato, ovvero si controllano a vicenda i tre elementi di sicurezza: casco, imbrago e kit assorbitore.

Ferrata Succetti alle Placche di Mese (© Giacomo Meneghello)

COME PROGREDIRE CORRETTAMENTE IN

FERRATA

Il principio base di quando si progredisce in ferrata è quello di essere sempre vincolati, con almeno un punto, al cavo di sicurezza.

È assolutamente necessario che tra i singoli frazionamenti si alloggi una persona alla volta e che, in caso di sezioni verticali, si lasci lo spazio vuoto di almeno una tratta, per non essere coinvolti nell’eventuale caduta del compagno superiore.

Durante il passaggio di un frazionamento ci si posiziona in modo stabile e possibilmente con una posizione a triangolo incrociato, ovvero con la mano con cui si rimane appesi opposta al piede con maggior carico di peso (solitamente quello posizionato più basso), per evitare even-

tuali rotazioni del corpo in caso di strapiombo. Assunta tale posizione si stacca prima un connettore e lo si posizione a monte del frazionamento e successivamente anche il secondo. Ora si ritorna a progredire.

Nel caso ci si senta stanchi è necessario riposare prima di affrontare tratti verticali o lunghi frazionamenti. Se ci si trova in verticale e ci si appende al kit dissipatore, ci sarà un naturale allungamento delle due braccia del kit (che è diverso dall’allungamento del dissipatore).

CASI SPECIALI DI PROGRESSIONE IN FERRATA

Esistono casi particolari in cui i kit dissipatori non sono efficaci nell’assorbire l’impatto di una eventuale caduta.

I kit dissipatori sono studiati per lavorare all’interno di un determinato range di attivazione che normalmente è compreso tra i 40 kg e i 120 kg. Per utilizzatori sopra questo range di utilizzo si consiglia di contattare le case costruttrici e verificare la presenza di modelli speciali con certificazioni differenti (solitamente di deri-

Questo può essere scomodo e quindi può essere utile alloggiare un moschettone a monte del kit dissipatore nello specifico anello presente, ovvero tra il kit dissipatore e i moschettoni dei due bracci dei connettori. Si veda la foto a pag 24.

vazione dal mondo del lavoro in fune).

Per utilizzatori di peso inferiore ai 40 kg come i bambini, invece, è necessario l’utilizzo di tecniche specifiche di accompagnamento e strumenti idonei. Infatti i bambini, con il loro peso ridotto, non sarebbero in grado di attivare il kit dissipatore, ma accuserebbero comunque la notevole forza d’arresto commisurata alla loro struttura corporea.

Per questo sono state sviluppate delle tecniche di accompagnamento simili a quelle che si usano in arrampicata, per evitare così cadute dall’alto. Queste tecniche richiedono notevoli competenze alpinistiche e, in caso non si possieda l’esperienza necessaria, è bene affidarsi e lasciarle effettuare a professionisti certificati quali le

Guide Alpine UIAGM

Ultimamente alcune aziende hanno sviluppato però kit specifici per bambini o pesi leggeri.

CHE SCARPA, ZAINO E ABBIGLIAMENTO

DOBBIAMO USARE?

La scelta della scarpa giusta in montagna è di fondamentale importanza e non di facile esecuzione, in quanto è difficile trovare un modello totalmente polivalente su tutte le tipologie di terreno. Le scarpe inoltre sono un elemento di fondamentale importanza per la sicurezza, al pari di imbragatura e casco, in quanto sono l’ultimo strato di contatto tra di noi e la montagna. Detto questo possiamo per semplicità espositiva dividere in due macro categorie le scarpe outdoor, ovvero tra quelle alte oltre la caviglia e quelle basse. Questi però sono due mondi molto variegati, essendoci, ad esempio tra quelle alte, enormi differenze in base alla rigidità della suola, possibilità di ramponabilità e membrane di protezione.

Per capire però la scarpa che realmente fa per noi in ferrata, dobbiamo pensare a come le utilizziamo durante la nostra attività e nello specifico avremo due diversi momenti: la fase di avvicinamento/discesa e la fase di arrampicata. Partendo da quest’ultima, per agevolare il più possibile il gesto tecnico e avere maggiore si-

curezza durante i passaggi su roccia, le scarpe basse con suola poco rigida e che aiutano lo spalmo del piede e il grip delle suole, sono le più indicate. Nel variegato mondo commerciale outdoor, vengono chiamate da approach Se prendiamo in considerazione invece la fase di avvicinamento e discesa il discorso si fa più complicato, in quanto abbiamo molte tipologie differenti di terreni. Possiamo pensare ad almeno tre tipologie: 1) terreno di media e bassa montagna, 2) terreno ghiaioso tipico delle dolomiti, 3) terreno di alta montagna con presenza di ghiaccio o neve.

Per la prima tipologia di terreno, le scarpe più adatte rimangono ancora quelle da approach e la scelta di usare il goretex o meno dipende dalla necessità di avere una scarpa imperme-

abile oppure più fresca e traspirante (no goretex), mentre per la seconda e terza tipologia, ci dobbiamo orientare sicuramente su scarpe alte. Nel secondo caso, sul mercato esistono scarpe alte ma con suola abbastanza morbida e poco rigida per favorire il gesto arrampicatorio, ma alle quali non è possibile applicare ramponi semiautomatici performanti in caso di neve dura o ghiaccio tipico dell’alta montagna, dove invece sono necessarie scarpe più rigide.

Le scarpe ramponabili tecniche per poter calzare ramponi semiautomatici devono essere rigide grazie a un’intersuola e perdono di facilità nella fase arrampicatoria, ma c’è anche da dire che sono poche le ferrate che si sviluppano in alta montagna, dove per la fase di discesa sono necessari ramponi e chiaramente ulteriori competenze alpinistiche.

Per quanto riguarda lo zaino invece sono da scegliere zaini compatti da massimo 20-25 litri, con schienale totalmente a contatto, evitando quelli con la retina e il telaio ventilato che staccano sensibilmente la superficie dalla schiena, andando a modificare di molto il nostro baricentro e di conseguenza il nostro equilibrio. È altresì importante che lo zaino non si sviluppi troppo in verticale oltre le spalle, impedendoci così di poter alzare la testa verso l’alto una volta indossato il casco, limitando di molto la nostra visibilità.

Molto importante inoltre. per quanto riguarda la sicurezza, è che lo zaino sia privo di laccioli esterni e che non si vincoli all’esterno a nulla (come borracce, ecc…) in quanto possono essere di impedimento, o peggio di incastro, durante la progressione verticale. Altresì le borracce, o altro alloggiato all’esterno, se si dovessero staccare e cadere su alpinisti che ci seguono diventano dei micidiali proiettili. Lo zaino riportato in foto, inoltre, essendo specifico per l’arrampicata e la ferrata, ha un fascione addominale che non da fastidio con l’imbragatura.

La dimensione di 20-25 litri è funzionale rispetto alle cose che dovrò avere nello zaino e nello specifico vi riportiamo una lista esemplificativa ma sicuramente non esaustiva e da completare in base a esigenze personali:

- Casco

- Imbrago

- Set dissipatore ferrata

- Moschettone per resting

- Guanti

- Snack energetici

- Bottiglia d’acqua o similare

- Kit pronto soccorso

- Guscio in goretex

- Strati termici in base alla stagione

- Telefono cellulare e documenti personali

Per quanto riguarda l’abbigliamento corretto si potrebbe dire molto e dipende tanto dalla stagionalità, quota ed esposizione, ma sicuramente la vestizione “a cipolla” è la soluzione migliore per gestire la corretta termicità. È necessario però spendere due parole su un capo che non dovrebbe mai mancare nello zaino nel momento in cui andiamo in montagna sia in estate che inverno, ovvero il guscio in goretex (o membrane similari).

Questo leggero capo ha la funzione di proteggere de vento e acqua evitando, in caso di brutto tempo, l’effetto wind chill, dato dalla pericolosa dispersione termica.

Il guscio in goretex deve avere 3 caratteristiche principali:

1) Impermeabilità

2) Traspirabilità

3) Comprimibilità

Per le ferrate come precedentemente ricordato sono necessari i guanti. Alcuni marchi specializzati hanno a catalogo guanti studiati appositamente per questa attività e molto performanti, c’è da dire che molte tipologie di guanti più economici, studiati per il lavoro e reperibili in ferramenta, si prestano comunque bene all’uso.

Ferrata di Morcate (© G. Meneghello)

Note inerenti all’orientamento e alla sicurezza in montagna

La realizzazione di una ferrata, a differenza delle vie di arrampicata, solitamente rientra all’interno di un progetto di sviluppo turistico del territorio ben delineato e teso a massimizzare la

sua fruibilità. Per questo motivo normalmente gli avvicinamenti sono ben segnalati, con cartelli dedicati, che facilitano di molto l’accesso anche ad alpinisti sprovveduti. Nonostante questo però, vi sono alcune ferrate, specie quelle poste in alta montagna, che richiedono maggior attenzione. Non è certo la finalità di questa guida dare insegnamenti di come ci si orienta in montagna e si presuppone che chi frequenta questo ambiente, ci arrivi “già navigato”.

Nonostante ciò è bene ricordare alcuni concetti. Nel momento in cui nella descrizione di un avvicinamento si parla di destra o sinistra, si intende rispetto al senso di marcia, a meno che questo sia esplicitamente indicato, utilizzando termini come per esempio: “faccia a valle/ faccia a monte”. Un altra indicazione potrebbe essere “sinistra/destra orografica” inerente una valle o pendio. In quel caso è necessario pensare al senso di marcia dell’acqua in montagna, che è sempre verso valle e per questo motivo nel comprendere la direzione, dobbiamo porci spalle a monte.

Rispetto a ciò ricordatevi che normalmente in montagna, si utilizzano termini come “monte” e “valle” per indicare i piani rispettivamente “verso l’alto” e “verso il basso”.

Nella descrizione degli avvicinamenti, cosi come nei cartelli che potete trovare sui sentieri, sono indicate delle tempistiche di marcia. Queste sono pensate su di un pubblico mediamente allenato e con passo cadenzato. A volte possono però differire di molto e la tolleranza è proporzionale alla distanza. Inoltre sempre nelle descrizioni si è cercato di dare come punti di riferimento, elementi stabili nel tempo come ad esempio case, sassi di grosse dimensioni ecc… può capitare però che in casi particolari siano stati utilizzati elementi più “effimeri”, come “ometti di sasso”, che chiaramente risentono degli agenti atmosferici e che non è detto che siano sempre presenti. Rispetto a questo punto è bene ricordare che la costruzione degli ometti di sasso in montagna, seppure possa sembrare una “pratica molto zen”, deve essere fatta con l’obiettivo di orientare le persone e non di rilassarle dagli effetti negativi della vita moderna…

Ferrata Casa delle Guide di Introbio (© G. Meneghello)

Per quanto riguarda la parte di avvicinamento in macchina, sono stati usati nomi di paesi o località facilmente reperibili su “Google Maps” e dove necessario è indicato il “tag” da inserire nel navigatore per arrivare al parcheggio corretto.

SICUREZZA IN MONTAGNA E IN VIA FERRATA

Nel momento in cui si affronta una via ferrata, ovunque essa sia, bisogna ricordarsi che ci si trova in un terreno denominato “d’avventura”. Questo termine non deve far pensare a storie alla Salgari, quanto piuttosto ad un terreno nel quale la sicurezza totale non può essere contemplata. Rispetto a ciò è bene chiarire alcuni significati e concetti e cercheremo di farlo nel modo più semplice possibile, “da uomo della strada”, a scapito di accuratezza terminologica. Quando parliamo di PERICOLO, sia in montagna che altrove, intendiamo la presenza di elementi che possono mettere a repentaglio la nostra incolumità e che sono per definizione stessa oggettivi. È tutto ciò che può causare danni. In ferrata ad esempio abbiamo il pericolo di caduta sassi, così come il pericolo di folgorazione in caso di temporale.

Con RISCHIO invece intendiamo l’interazione tra noi e il pericolo e questo è soggettivo, ovvero la quota di rischio che assumiamo, la decidiamo e la gestiamo noi, grazie alle “strategie di mitigazione del rischio” che mettiamo in atto.

Diciamo tutto ciò per ricordare che nel momento in cui siamo su un terreno d’avventura, non possiamo pensare di delegare, la gestione della nostra sicurezza ad altri.

Essendo noi artefici del nostro agire, dobbiamo conoscere i pericoli relativi ad un determinato ambiente, essere in grado di leggerli e mettere in atto strategie di mitigazione del rischio adeguate. Andiamo quindi a vedere quali possono essere alcuni pericoli dell’andare in montagna e in ferrata.

Ogni volta che ci muoviamo in montagna, il rischio di scivolamento e caduta è sempre presente, specie in situazioni ambientali particolari, come su roccia o su terreni bagnati. Dobbiamo cercare quindi di evitare situazioni di sbilanciamento tali da farci cadere, come per esempio avere zaini dalle dimensioni improbabili e con alloggiate all’esterno le attrezzature. Imbarco,

set da ferrata, casco e borracce devono sempre essere riposte all’interno dello zaino e secondo un ordine di priorità d’utilizzo. Ad esempio il casco dovrebbe essere alloggiato in una posizione “pronta all’uso” e quindi sopra ogni cosa. Per gestire al meglio lo spazio, l’imbraco e il kit fa ferrata possono essere messi all’interno del casco stesso. Il casco è necessario indossarlo sempre prima dell’esposizione alla parete dove si svolgerà la ferrata. Questo anche nel caso siamo sicuri di essere i primi e che sopra di noi non ci sia altre persone, in quanto i sassi possono essere mossi da animali selvatici spaventati dalla nostra presenza o dal vento stesso. Alcune ferrate hanno ampie zone sicure in cui poter indossare il materiale, altre invece spazi più esigui ed esposti. In questo caso state attenti nell’indossare l’imbrago, evitando pericolose perdite d’equilibrio.

Nel momento in cui ci muoviamo in ferrata, dobbiamo prestare massima attenzione a non smuovere sassi. Nel caso ciò avvenga, dobbiamo immediatamente urlare “SASSO” in modo chiaro e udibile anche a chi è sotto di noi… evitate di aggiungere prima della parola “sasso” inutili frasi come “attenzione che sta cadendo un SASSO”… probabilmente prima che arriviate a pronunciare la parola “cadendo” il sasso è già arrivato in testa a qualcuno !!! Nel caso invece che sentiamo la parola “SASSO”, dobbiamo immediatamente schiacciarci il più possibile contro la parete e guardare leggermente in basso, con se possibile, le mani sul viso… l’istinto naturale è quello di guardare in alto, prendendoci la pietra in faccia !!! Attenzione che in ferrata non cadono solo i sassi, ma anche tutti gli oggetti mal posti nelle tasche quali telefoni e borracce appese fuori dagli zaini.

Una borraccia da un litro (anche di plastica se piena) pesa 1kg e se cade da 5m di altezza può ammazzare una persona !!! Stesso discorso per un moderno smartphone…

Nel caso si debba sorpassare un alpinista più lento, oltre ad essere buona educazione è anche buona norma di sicurezza, concordare assieme il luogo migliore per entrambi…

La ferrata come dice il nome stesso è composta da cavi di ferro, che in caso di maltempo diventano un simpatico parafulmine, condu-

cendo sul lunghe distanze pericolose scariche elettriche. Evitate di intraprendere una salita in caso di meteo incerto e attenzione in estate ai cosiddetti temporali da calore, ovvero quelli che si vengono a creare nel primo pomeriggio, specie sulle prealpi, nelle giornate più calde. Una buona consultazione del meteo abbinato alle informazioni logistiche e di tempistiche di una ferrata, è la strategia migliore per gestire queste situazioni. Prendetevi sempre comunque ampi margini di sicurezza sui tempi previsti. In caso di dubbi e vi siano delle uscite di sicurezza, non abbiate timore a scendere… le ferrate non scappano !!! Ricordatevi che quasi tutte le ferrate hanno un unico senso di percorrenza che è quello di salita. Percorrere una ferrata in discesa oltre che pericoloso, ha poco senso e potreste seriamente mettere in pericolo, chi la sta percorrendo in salita.

In caso di necessità dovete chiamare il NUMERO UNICO di EMERGENZA 112 e rispondere alle domande poste dell’operatore di centrale.

Solitamente le domande riguardano la natura dell’incidente, il luogo e le condizioni meteo, per permettere il lavoro all’elicottero del SOCCORSO ALPINO. Nel caso arrivi l’elicottero fate i modo di rendervi il più possibile visivi, aprendo le braccia rivolte verso l’alto a formare una sorta di Y con tutto il corpo. Questo è il segnale internazionale di “YES” ovvero che avete bisogno di aiuto.

Un argomento spesso ignorato sia dagli arrampicatori che dagli utenti delle ferrate, riguarda la

malaugurata ipotesi di ritrovarsi appesi all’imbrago, senza modo di scaricare il peso sui piedi, per lungo tempo. Questo induce nei peggiori dei casi a una particolare sindrome medica, denominata SINDROME DA SOSPENSIONE INERTE, rispetto alla quale se non si interviene rapidamente, si rischia di andare in contro a gravi problemi anche letali. Non è certo questo lo spazio per dilungarsi in un argomento interessante quanto ampio e rispetto al quale lasciamo spazio alla curiosità del lettore, nel trovare eventuali approfondimenti. È importante comunque sottolineare come sia necessario evitare il più possibile, la permanenza appesi all’imbragatura nel momento in cui facciamo ferrate. Se dobbiamo riposare, cerchiamo sempre situazioni in cui riusciamo a scaricare il nostro peso tutto sui piedi e non sull’imbrago, andando cosi ad anticipare con i giusti resting, i passaggi più complicati, o situazioni di affollamento e code. Se questo fosse inevitabile, portatevi però con voi un moschettone adibito al riposo e che deve essere necessariamente alloggiato a monte del dissipatore. In questa fase rimanete comunque collegati con gli altri due bracci del set ferrata. Gestite al meglio le vostre forze fisiche e ricordatevi che a differenza dell’arrampicata, in ferrata la caduta avrà quasi sempre gravi conseguenze. L’impatto con le staffe e i gradini, cosi come la forza che si viene a generare nel volo, possono gravare seriamente sul vostro corpo. Non correte e godetevi al meglio la salita… questa è la filosofia per rendere speciale la vostra giornata in ferrata.

delle Guide, Introbio (© G. Meneghello)

Ringraziamenti

La stesura di una guida sulle ferrate è stato sicuramente un lavoro molto motivante, anche se a volte si è rivelato più complicato di quanto pensassi… Ogni volta che credevo di aver concluso un capitolo, venivo a sapere della chiusura di un itinerario, oppure che erano iniziati i lavori di rifacimento di una ferrata, cambiandone il tracciato. Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza l’inestimabile aiuto di molte persone, che vorrei davvero ringraziare di cuore. Spero di non tralasciare nessuno, ma se in caso lo avessi fatto me ne scuso anticipatamente… Per quanto riguarda le relazioni della provincia di Brescia, un aiuto fondamentale me lo hanno dato i colleghi Guide Alpine Roberto Parolari, Matteo Gaudiosi, Francesco Vaiarini e Ivan Baldi, oltre che al gentilissimo e super attivo Fausto Pintossi. Per le ferrate della provincia di Como, così come per molte foto, devo ringraziare il collega Guida Alpina Daniele Curti e il collega Claudio Pozzi. Un ringraziamento speciale va anche a Luca Biagini, senza il quale probabilmente questo lavoro non sarebbe nemmeno iniziato, così come a tutta la squadra di Versante Sud per la pazienza e la comprensione sui continui ritardi di consegna. Domenico Chindamo, alpinista e accademico CAAI che non ha bisogno di presentazioni, è stato davvero fondamentale

Bibliografia

www.saliinvetta.com www.ferrate360.it www.wikipedia.org

www.collegioguidealpineitaliane.com https://www.regione.lombardia.it

- Matteo Bertolotti, Gardiol Dario, Ferrate Lombardia e Svizzera, Vividolomiti.

- Pietro Buzzoni, Giuseppe Carì, Andrea Spandri, Calcare d’Autore, Bellavite.

nella scoperta dell’intricata rete di sentieri del triangolo lariano, permettendo di proporre dei giri ad anello di notevole bellezza e concatenando così le ferrate presenti su quel territorio. Matteo Auriemma e Alberto Carbonara, fidi compagni e di grande aiuto sulle ferrate del Resegone, meritano davvero i miei più grandi ringraziamenti, così come tutte le persone che si sono prestate come “modelli” per le foto oppure hanno fatto i fotografi: Francesca di Mola, Alessandra Meda, Carlo Leidi, #Icaro1969, Federica Borra, Chiara Motte, Andrea Filippi, Paolo Plona, Nicolò Rigatti, Ottavio Zani, Matilde Grillo, Federica Regonini…

A mio papà che fin da piccolo mia ha trasmesso la passione per la montagna, vissuta sia con curiosità che con voglia di imparare, senza mai pensare di essere arrivati e mettendosi in discussione sempre.

“Last but not least” alla mia compagna Daniela, che con una pazienza infinita mi ha sopportato e supportato in questa avventura così come in altri mille progetti, standomi accanto senza chiedere nulla e dandomi tutto: senza di te sarebbe impossibile fare qualsiasi cosa, grazie…

Andrea

- Ludovico Marchisio, Ferrate d’Italia, Albatros.

- Piermauro Soregaroli, Ferrate di Lombardia, Nordpress.

- Gli speciali Ferrate sulle Alpi Occidentali in “Meridiani e Montagne”.

- Gli speciali Ferrate sugli Appennini in “Meridiani e Montagne”.

Legenda

Gli itinerari sono stati tutti percorsi o controllati alla data di pubblicazione della guida, le informazioni e i dati riportati possono essere però soggetti a cambiamenti per fattori esterni non prevedibili e che si potrebbero verificare con il tempo e il susseguirsi delle stagioni. Eventi meteorici intensi, fenomeni di dissesto o l’intervento dell’uomo possono modificare anche radicalmente le condizioni e le caratteristiche del tracciato.

Indica il grado di difficoltà secondo la tabella di pagina 19.

È un valore soggettivo che ho cercato di rendere il più omogeneo possibile valutando distanza, dislivello e difficoltà tecnica di ogni itinerario. Si esprime su quattro valori da facile, una stella, a particolarmente impegnativo dove le quattro stelle indicano la necessità di un ottimo allenamento per percorrere l’itinerario nei tempi indicati.

Probabilmente è il valore più difficile da assegnare a un itinerario; la valutazione è ovviamente soggettiva e premia i panorami e la varietà degli ambienti che si attraversano durante il percorso.

qualità strutture

Indica il grado di bontà costruttiva della ferrata secondo i canoni riportati nel capitolo specifico.

massima

È l’altitudine massima espressa in metri sul livello del mare raggiunta dall’itinerario.

complessivo

Per valutare il dislivello positivo sono stati considerati tutti i tratti in salita di ogni itinerario; è un valore arrotondato ma che permette di valutare l’impegno fisico necessario per concludere il percorso.

difficoltà
impegno fisico
bellezza
dislivello
quota

sviluppo ferrata

Qui troverete indicati i metri totali di sviluppo della ferrata dall’inizio alla fine; se si tratta di un anello la lunghezza è complessiva, altresì indica la distanza da percorrere solo per la salita.

avvicinamento

L’indicazione dei tempi di avvicinamento a piedi dal parcheggio alla base della ferrata è calcolata su una velocità media di cammino Il tempo di percorrenza può variare in base a condizioni climatiche e del terreno. Ad esempio in tardo autunno, alcuni sentieri possono essere totalmente ricoperti dalle foglie per cui, oltre a perdere più facilmente la traccia, la camminata è più lenta. Idem nel caso di accessi ripidi durante le calde giornate estive sotto il sole. L’indicazione rimane soggettiva e variabile in base anche ad altri fattori che possono influire sui tempi di percorrenza.

È un valore medio che è stato ricavato tenendo conto della lunghezza e del dislivello dell’itinerario procedendo con un passo regolare e non veloce; all’aumentare della difficoltà del percorso è stata considerata una migliore forma fisica. Come per la distanza il valore è complessivo solo se si tratta di un anello.

rifugi o bivacchi

Troverete le indicazioni relative ai rifugi e ai bivacchi presenti sugli itinerari, non tutti sono gestiti e per pernottare è bene sincerarsi della disponibilità di posti letto telefonando ai gestori.

Periodo di fruibilità

Il grafico che è stato scelto permette di valutare rapidamente in che periodo dell’anno è opportuno affrontare un itinerario. La maggior parte dei sentieri rimane coperto di neve o ghiaccio anche fino a tarda primavera, in alcuni casi anche in piena estate e possibile trovare chiazze di neve; il colore verde indica il periodo ottimale, il giallo che è necessario prestare attenzione alle condizioni della roccia, nei mesi indicati con il rosso sconsiglio vivamente di affrontare l’itinerario che potrebbe risultare molto pericoloso.

qrcode parcheggio

Inquadra il qrcode con il tuo smartphone per raggiungere il parcheggio.

tempo di percorrenza ferrata
Ferrata Monte Due Mani (© G. Meneghello)

PROVINCIA DI COMO

La provincia di Como nonostante l’invidiabile strategica posizione sull’omonimo lago, meta di migliaia di turisti ogni anno, conta poche ferrate presenti sul suo territorio. Le potenziali ricadute turistico economiche legate all’attività verticale non sono state ancora pienamente colte dalle amministrazioni locali, oppure poco importano ad un territorio come quello comasco, preso d’assalto negli ultimi anni da un turismo di vocazione internazionale in costante e inarrestabile aumento. Le ferrate presenti ad ogni modo regalano panorami incantevoli a picco sul lago e nelle giornate terse sono contornate da una cornice di cime che spaziano dalle Alpi centrali fino alla catena del Monte Rosa. La vicinanza con quelle della provincia di Lecco, permette di inanellare più itinerari nella stessa giornata.

01. Ferrata Angelino al Monte Generoso . . 46

02. Ferrata del Centenario Cao al Monte Grona 52

03. Ferrata Sass Tavarac . . . .

. 56

04. Ferrata Venticinquennale al Corno di Canzo 58

FERRATA ANGELINO al Monte Generoso

NORD-EST

esposizione

ÙÙÙÙÙ

difficoltà

ÙÙÙÙ

impegno fisico

ÙÙÙÙ

bellezza

ÙÙÙÙ

qualità strutture

1600m

quota massima

450m

dislivello complessivo

100m

sviluppo ferrata

1h30’

avvicinamento

30’

tempo di percorrenza ferrata

Albergo Vetta

rifugi o bivacchi

Corta ma intensa ferrata, che si sviluppa sulla linea di confine tra Italia e Svizzera delimitata dalla vetta del Monte Generoso. La ferrata è breve e discontinua avendo una prima parte decisamente intensa con scale strapiombanti e una successiva parte più assimilabile ad sentiero attrezzato. Nonostante questo però si svolge in un ambiente molto panoramico con vista a 365 gradi sulle Alpi e quindi meritevole di essere percorsa.

L’accesso può avvenire sia dal versante svizzero che da quello italiano. Diverse pubblicazioni sia cartacee che digitali, suggeriscono l’avvicinamento dal versante Svizzero, sicuramente più veloce e meno stancante data la presenza del trenino, che conduce in modo tanto veloce quanto costoso in cima al Monte Generoso. Noi consigliamo invece la salita dal versante Italiano che oltre risultare meno onerosa finanziariamente, permette di gustarsi un piacevole giro ad anello sulle panoramiche prealpi comasche.

Ferrata Angelino al Monte Generoso - Francesca Di Mola (© Andrea Cari) 

LOCALITÀ PARTENZA

Vi sono due possibilità di accesso, una in territorio Italiano e l’altra in territorio Svizzero.

Italia: Raggiungere la località di Argegno sulla sponda occidentale del Lago di Como e successivamente si seguono le indicazioni per la Bocca d’Orimento e Alpe Orimento a quota 1275m. In alta stagione è consigliabile parcheggiare poco prima al parcheggio segnalato sulla destra.

Svizzera: Raggiungere la località di Capolago in Ticino e prendere il trenino a cremagliera che sale al monte Generoso (info e tariffe www.montegeneroso.ch) fino alla stazione più a monte, ovvero l’Albergo Vetta.

AVVICINAMENTO

Italia: dall’Alpe di Orimento si oltrepassa una sbarra tra le case per imboccare la strada sterrata che conduce prima in piano e poi in leggera discesa in direzione E avente indicazioni per il Monte Generoso. Arrivati in corrispondenza di un ponticello di legno su di un ruscello con palina segnaletica, si imbocca il sentiero che sale in direzione del Barco dei Montoni (Monte Generoso Alto) e che si addentra nel bosco fino all’ampia sella alla base di un bosco di abeti. Costeggiamo ora l’abetaia in salita con un sentiero che conduce ripido ad un ampia sella erbosa. Da qui è possibile vedere la cima rocciosa del monte generoso, la ferrata e parte del percorso di discesa e valutare l’innevamento del sentiero di ritorno in caso di neve a stagione avanzata. Dalla sella si tiene la destra seguendo la dorsale al lato dei resti di un lungo muretto di sasso, fino ad una successiva selletta con magnifica vista sulle cime della Val d’Aosta e della Svizzera interna. Ora si segue il sentiero che taglia sotto la cima erbosa di Piancaccia, in direzione delle formazioni rocciose sulle quali si sviluppa la nostra ferrata. Un cartello poco prima della base ne indica la partenza, 1h30’.

Dopo una serie di salti verticali si affronta una sezione strapiombante e faticosa e un esposto traverso verso destra. Un’ulteriore parte verticale e strapiombante di notevole impegno fisico, segna la fine della seconda sezione. Ora troviamo un breve tratto di sentiero attrezzato che conduce alla terza sezione della ferrata, che sale verticale su placche appigliate e agevolate dai numerosi gradini, fino ad arrivare a un masso contornato da una rete metallica che segna la fine dell’itinerario. Qui un panoramico pianoro con vista su Lecco ripaga della fatica della salita.

DISCESA

Dopo la conclusione della ferrata seguire brevemente la dorsale in piano e prendere una traccia che scende nel bosco verso sinistra. Giunti ad un bivio di collegamento con il sentiero medioevale in località Purtirola (cartello illustrativo degli antichi caselli dell’acqua), scendere a sinistra seguendo il sentiero che attraverso il ruscello e tendendo verso destra arriva ad una bellissima selva di castagni sopra San Tommaso. Attraversare la selva ove possibile e in breve si giunge a San Tommaso. 15’ da qui a ritroso verso la macchina.

Ferrata Osa al Corno Rat (© D. Curti)

NOTE

Con la ferrata del Corno Rat si possono concatenare diversi itinerari ad anello di sviluppo e difficoltà differenti. Riportiamo qui alcune opzioni

1. Sentiero attrezzato delle vasche: subito poco dopo la partenza dal parcheggio del cimitero nuovo si prosegue all’interno del letto del torrente Inferno, passando con sentiero attrezzato da catene e staffe che permettono di risalire i numerosi risalti di roccia. Giunti all’ultimo grande blocco denominato “Taja Sass” si prende la diramazione a destra che conduce a San Tommaso. 1h45’

2. Sentiero attrezzato Canalone Belasa: una volta conclusa la ferrata si segue per circa un centinaio di metri la dorsale fino ad incontrare su di una selletta, una palina segnavia. Si segue il sentiero che scende ripido nel bosco sulla destra e che conduce in direzione della sorgente Sambrosera (segnavia 2), che si trova subito dopo un evidente trivio dove si tralasciano i sentieri provenienti dall’alto (sinistra) e dal basso (destra) andando dritti (indicazioni in loco Canalone Belasa). Il canalone Belasa risale con tratti verticali il Monte Moregallo, proponendo nella parte terminale alcuni salti attrezzati a catene. Dal cima diverse soluzioni di discesa, la più semplice e lineare è quella di prendere il sentiero 6 che riporta con giro panoramico a Valmadrera e da qui attraversando brevemente il paese al parcheggio.

3. Sentiero attrezzato al Corno Orientale: dalla fine della ferrata continuare lungamente sulla dorsale per traccia di sentiero, fino all’attacco del sentiero attrezzato seguendo le indicazioni “Sentiero Attrezzato”. Si scalano le placchette di bella roccia grazie alle catene presenti fino alla cima del Corno Orientale quota 1237m. 1h dalla fine della ferrata del Corno Rat. Dalla cima diverse possibilità di rientro, quella consigliata è di scendere alla Bocchetta di Luera (direzione NO, 15’ dalla cima) e successivamente per sentiero all’Acqua del Fo. Dall’acqua del Fo (fontana di ristoro e tavolo di legno) seguire le indicazioni per San Tommaso Valmadrera 1h15’.

4. Ferrata 25ennale Corno Occidentale: dalla fine della ferrata continuare seguendo la dorsale fino ad una selletta con segnavia (bivio per sentiero canale Belasa e Sentiero Corno Orientale) dove si prende il sentiero che pianeggiando verso sinistra conduce all’acqua del Fo (segnavia 2 FO). Raggiunta la sorgente d’acqua dove è presente anche un tavolo di legno, proseguire sempre verso sinistra in direzione “Terzo Alpe” fino ad un ampia selletta dove sono presenti diversi cartelli segnavia (località La Colma 1000m). Qui spostarsi leggermente in salita verso destra ad una palina indicante sentiero “Traverso” che si stacca in piano e taglia in direzione della strapiombante parete del Corno Occidentale, fino ad una palina segnavia indicante il sentiero 1 della Via Ferrata ai Corni 1h. Da qui risalire in direzione della ferrata 1h30’ totali.

Ferrata Osa al Corno Rat - Domenico Chindamo (© A. Carì)

DESCRIZIONE FERRATA

La ferrata attacca in prossimità di una vecchia postazione bellica e in corrispondenza dell’evidente targa, già visibile dal sentiero. Si superano i primi metri verticali grazie ai buoni appigli presenti e alla qualità della roccia che da subito fiducia. Si raggiunge così il filo di cresta che si segue fin che questo si fa più affilato e grazie all’aiuto di alcune staffe si arriva sotto un secondo tratto verticale. Saliti si raggiunge ancora la cresta, che diviene via via più orizzontale e che a tratti permette buon riposo. Si continua la cresta risalendo una serie di gradini, continuando poi con percorso sempre in esposizione fino a una placconata verticale. Si segue il logico itinerario arrivando ad una sezione con roccia maggiormente levigata e ad una successiva fessura obliqua. Salendo si incontra ora un caratteristico passaggio tra strette rocce e una sezione in massima esposizione. Si segue poi il percorso con lungo traverso fino ad una cengia erbosa alla base di un diedro molto estetico, finito il quale affronteremo una breve sezione laterale gradinata. Si segue il logico percorso a filo di cresta, fino all’ultimo salto che porta al termine della ferrata. Dalla fine del cavo è possibile risalire senza percorso attrezzato in breve alla cima del corno di Grevo a quota 2869m.

DISCESA

Dalla cima (se si è deciso di raggiungerla) tornare dove si è abbandonato il cavo di salita e individuare una traccia sempre con cavo che scende verso ovest. Seguirla fino al suo termine per arrivare ad una forcella che divide la Val Adamè dalla Valle del Fumo. Risalire per circa tre metri alcune roccette contraddistinte da segnavia rossi e bianchi e da qui seguire il sentiero che scende sul versante della Valle del Fumo, lungo un canale con splendida vista verso il lago di Malga Bissina. Seguire le indicazioni per il forcellino Rosso, zona di confine e di aspri combattimenti durante la prima guerra e di cui si possono ancora visitare i resti. Da qui in discesa verso il rifugio che si raggiunge in circa 1h30’ dalla fine della ferrata.

NOTE

Il cavo della ferrata è stato recentemente sostituito (2017) così come i suoi punti di fissaggio, mentre non sono stati aggiunti gradini o staffe sul percorso. Alcuni frazionamenti risultano essere ad ora molto lunghi e richiedono attenzione, ma è in programma un lavoro di adeguamento degli stessi in linea con le linee guida attuali.

Corno di Grevo 2867m
Guglia del Marmo 2737m
Monte Ignaga 2650m
Malga Lincino
Scale d’Adamè
rifugio Città di Lissone 24
Forcellino Rosso
Cedegolo
Monte Marosso 2688m
Ferrata Corno di Grevo (© F. Vaiarini) 

FERRATA SENTIERO DEI FIORI

N / NO

esposizione

ÙÙÙÙÙ

difficoltà

ÙÙÙÙ

impegno fisico

ÙÙÙÙ

bellezza

ÙÙÙÙ

qualità strutture

3000m

quota massima

490m

dislivello complessivo

400m

sviluppo ferrata

1h00’

avvicinamento

4h00’ - 6h00’

tempo di percorrenza ferrata

Bivacco Amici della montagna 3166m

rifugi o bivacchi

Splendido itinerario tra i più interessanti di questa guida, sia per l’ambiente di alta montagna in cui si sviluppa sia per l’interesse storico. Infatti il sentiero attrezzato ripercorre tutti i camminamenti e le postazioni poste a oltre 3000m, della grande guerra combattuta tra gli alpini italiani e i soldati austriaci. L’itinerario presenta una variante più verticale che può essere evitata e conduce ad un punto panoramico detto Nido dell’Aquila. Il nome del sentiero non deve trarre in inganno data l’esposizione delle cenge su cui si sviluppa, ma vuole essere una contrapposizione alle atrocità della guerra combattuta su questa e su tutte le montagne delle Alpi. L’accesso e il rientro, avvengono tramite la comoda ovovia del Presena nel comprensorio Adamello-Ponte di Legno, al quale sito rimandiamo per informazioni rispetto orari costi e aperture: www.pontedilegnotonale.com/it/. Seppur avendo caratteristiche più simili ad un sentiero attrezzato, si è deciso di inserirlo lo stesso all’interno di questa guida di ferrate, dato il suo impegno ed esposizione. Il sentiero essendo un giro ad anello può essere percorso in entrambi i sensi, ma la stessa società degli impianti così come le Guide Alpine locali, ne consigliano la percorrenza prendendo la funivia fino al passo Presena, accorciando i tempi di percorrenza ed evitano così la discesa tramite il ghiacciaio, che richiederebbe attrezzatura specifica e di camminare sui teli di copertura del manto ghiacciato.

LOCALITÀ PARTENZA

Raggiungere il Passo del Tonale salendo o dalla parte trentina da Madonna di Campiglio, oppure dalla parte lombarda da Ponte di Legno, fino a raggiungere la stazione di partenza della cabinovia che conduce al Passo Presena. Prendere il primo troncone di funivia fino al Passo Paradiso a quota 2585m e successivamente il secondo troncone fino alla stazione del Passo Presena a quota 3000m (evitate di scendere alla stazione intermedia della seconda ovovia).

AVVICINAMENTO

Dall’uscita della funivia a quota 2997 si segue il sentiero numero 209 (indicazioni sentiero dei fiori) che scende in direzione del Rifugio Mandrone, fino al bivio contraddistinto da palina a quota 2865m. Da qui si seguono le indicazioni per il sentiero dei fiori e Passo di Lago Scuro a quota 2970m, luogo dove è presente la ricostruzione di un bivacco della prima guerra mondiale, che si raggiunge in circa 1 ora di cammino. Dall’uscita della funivia è possibile effettuare un accesso più diretto che segue il filo di cresta tramite un sentiero attrezzato con cavo in direzione del Passo Maroccaro dal quale successivamente si scende fino al sentiero 209 e al bivio sopra citato.

L’aerea passerella del Sentiero dei Fiori (© I. Pigolotti)

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.