GHIACCIO delle OROBIE
Itinerari con piccozze e ramponi nelle Alpi Orobie, Presolana, Grigne, Concarena e Resegone
Prima edizione novembre 2013
Seconda edizione febbraio 2023
ISBN 978 88 55471 275
Copyright © 2023 VERSANTE SUD – Milano, Via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Copertina Valentino Cividini su Una via per la mamma al Monte Vigna Vaga © Pietro Pellegrini
Testi Degli autori dove non diversamente specificato
Fotografie Degli autori dove non diversamente specificato
Tracciati sulle foto Marco Romelli e Matteo Bertolotti
Cartine Tommaso Bacciocchi. © Mapbox, © Open Street Map
Simbologia Tommaso Bacciocchi
Impaginazione Matteo Bertolotti
Stampa
Press Grafica S.r.l. - Gravellona Toce (VB)
Km ZERO
Guida fatta da autori che vivono e l’arrampicatasviluppano sul territorio
Cosa significa?
È una guida a KM ZERO!
Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da arrampicatori locali.
Come i pomodori a Km 0?
Certo! E la genuinità non è un’opinione.
Gli autori locali fanno bene a chi scala: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate;
non rifilano solo gli spot più commerciali;
reinvestono il ricavato in nuove falesie.
Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio;
sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale.
E infine la cosa più importante: sulle loro montagne, c’è un pezzetto del loro cuore
Nota
L’alpinismo è uno sport potenzialmente pericoloso, chi lo pratica lo fa a suo rischio e pericolo.
Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi scalata.
EDIZIONI VERSANTE SUD
VALENTINO CIVIDINI
MARCO ROMELLI
MATTEO BERTOLOTTI
GHIACCIO DELLE OROBIE
Itinerari con piccozze e ramponi nelle Alpi Orobie, Presolana, Grigne, Concarena e Resegone
PREFAZIONE alla seconda edizione di
Giuseppe “Popi” Miotti
DUE PAROLE DA UN “VECCHIO” GHIACCIATORE
Sessanta chilometri di montagne, una cordigliera che si fa bella della sua infinita varietà di ambienti e il cui spartiacque separa in due mondi assai diversi. Al nord, allineate quasi con geometrica precisione, scendono lunghe vallate che si chiudono solo prima di sboccare sul piano valtellinese; al sud una intricata ragnatela profondamente incisa nella pelle della Terra da acque millenarie che hanno scavato conglomerati, arenarie, scisti, gneiss, confluisce nelle tre vallate bergamasche principali, delimitata ad est e ad ovest dalla Val Camonica e dal bacino del Lario. Queste sono le Alpi Orobie e quasi come onde bianche di un mare in tempesta contro di esse si infrangono le complicate architetture delle Prealpi bergamasche e bresciane, castelli che hanno i loro bastioni più potenti nella Concarena, nella Presolana, nelle cime calcaree del Monte Secco, dell’Alben, dello Zuccone Campelli o della Valtorta. Non contenti gli autori di questa guida hanno poi esteso la loro selezione di percorsi anche a importanti gruppi montuosi limitrofi come le Grigne o il Resegone perché anche fra queste cime quasi ogni pilastro, ogni struttura della montagna è fatta risaltare da canali, gole e profondi camini che, per lo più impercorribili d’estate, quando neve e ghiaccio ne ricoprono il fondo, si trasformano in solide quanto logiche direttrici verso le vette. L’ambiente geologico di queste montagne è uno dei più diversificati sulla Terra; plasmato in una vicenda iniziata circa 300 milioni di anni fa e resa ancor più movimentata dall’Orogenesi alpina quando la placca africana andò a cozzare contro l’Eurasia scompaginando le stratificazioni originarie. È questa antica storia impressa nelle pietre che ha generato tanta varietà nella morfologia delle cime e dei loro versanti e che certamente ha aiutato non poco alla formazione di un terreno di gioco invernale fra i più vasti ed interessanti. Le Alpi Orobie sono un mondo che solo in anni recenti ha ottenuto maggiore attenzione da parte degli scalatori invernali, e gli autori, tutti di provata esperienza, fanno bene a rimarcare come qui si possano ancora trovare spazi d’avventura che mancano in molte ben più famose aree delle vicine Alpi. Non a caso queste montagne hanno attratto anche alcuni nomi celebri dell’alpinismo d’avventura come Rossano Lìbera, Ennio Spiranelli o Ivo Ferrari solo per citarne alcuni. La guida è razionalmente suddivisa per aree omogenee facilitando molto l’orientamento del lettore. La scelta dei percorsi, ben 300, è molto... democratica: non ci sono solo vie impegnative ma anche facili pendii nevosi o grandi classiche di fine ottocento, come ad esempio la salita del maestoso Arera o quella del Canalone Nord-Ovest del Pizzo di Coca. Leggendo scopro con un certo stupore che la sete di avventura si è spinta persino sul tozzo Ocone o l’altrettanto tondeggiante Monte Magnodeno, cime che ho sempre considerato interessanti solo per l’escursionismo. E contemporaneamente scopro anche - ammetto la mia mancanza - che dai primi anni 80 del secolo scorso, quando con Andrea Savonitto, in un inverno asciutto di neve e di ghiaccio, mi spinsi nelle vallate bergamasche in cerca di cascate, decine di ragazzi hanno trovato fra queste cime un territorio ancora semi inesplorato che oltre al piacere della scalata regalava quello forse ancor più entusiasmante della scoperta. Sembrano passati secoli dalla nostra via sul Legnone e forse è proprio così: in poco più di quarant’anni nuovi attrezzi, nuovi chiodi da ghiaccio, l’introduzione del dry-tooling, hanno dilatato gli spazi d’azione consentendo di tracciare linee a volte molto ardite. E non si pensi che queste vette spesso considerate “minori” offrano ascensioni magari difficili ma di scarso impegno complessivo perché sono molte le pareti di proporzioni alpine. Ne è un esempio la gelida e complessa Parete Fasana
sul Pizzo della Pieve in Valsassina, un vero Eiger, neanche tanto in miniatura, se si considerano il dislivello, l’isolamento e anche un avvicinamento non semplicissimo. E che dire della magnifica facciata orientale del Pizzo Redorta, uno dei tre 3000 delle Orobie assieme alla Punta Scais e al Pizzo di Coca, che allinea una decina di magnifici couloir di 6/700 metri di dislivello in elegante parata?
E già che si parla di Parete Fasana voglio sottolineare un aspetto della guida che mi ha fatto particolarmente piacere perché come per un virtuale colpo di piolet traction il lettore troverà ancorate nel testo tecnico anche interessanti pagine di approfondimento legate ad ascensioni di notevole portata storica o ad avventure vissute da moderni scalatori. È il caso ad esempio dell’epica cronaca della prima ascensione invernale alla Parete Fasana compiuta nel 1935 da Eugenio Vinante e Bruno Cacciamognaga - da leggere d’un fiato! - oppure della relazione della prima ascensione al Canalone Nord-Ovest del Pizzo di Coca salito nel 1899 da Antonio Cederna con le guide Antonio Baroni di Sussia e il portatore Antonio Valesini di Ponte in Valtellina. Pezzi di storia fondamentali per chi non si vuole soffermare solo a un pendio di acqua ghiacciata pur difficile che sia. Le relazioni sono in genere scritte in stile anglosassone, con grande parsimonia di aggettivi e la semplice segnalazione dei punti più ripidi. Ottima scelta perché sappiamo bene che una goulotte a 70° può essere estremamente difficile se il ghiaccio è sottile o manca del tutto e trasformarsi in un sentiero per capre anche solo un mese dopo quando ben rifornita di materia glaciale. Maggiore attenzione è stata data nel descrivere in generale la montagna e soprattutto gli itinerari di accesso spesso complicati e i punti di appoggio privilegiati. Belle molte foto d’azione, soprattutto quelle in cui le creste orobiche assumono aspetti himalayani. Un’ultima notazione vada all’interessante idea della casa editrice Versante Sud che sta promuovendo una collana di guide a chilometro zero e cioè proposte e redatte da scalatori locali esperti ed aggiornati sull’area dove preferenzialmente agiscono. Ora mi ritiro in buon ordine e oltre alla lettura auguro a tutti buone scalate con il Ghiaccio delle Orobie.
PREFAZIONE alla prima edizione di
Rossano LibèraMessner la chiama “Esposizione”, è quella situazione (sovente voluta) per la quale ci si trova in luoghi “lontano da tutto e da tutti”, condizione per cui, se si avesse bisogno di aiuto, sarebbe molto difficile o proprio impossibile riceverlo…
Ecco che allora si pensa subito a spazi immensi, ai deserti, agli oceani o alle distese di ghiaccio antartiche e in seconda battuta alle montagne più inaccessibili e lontane… Paradossalmente è proprio su queste ultime che, in certi casi, questo concetto viene meno. Lo stesso Messner denuncia di numerosissime spedizioni che vengono a trovarsi sulla stessa montagna per la stessa via di salita formando così un lungo serpentone che si trascina verso la cima, affollando le stesse montagne ed i relativi campi. Ecco perché definisce turismo e non più alpinismo queste esperienze…
Viviamo in un contesto dove tutto deve essere sicuro, programmato, calcolato. In qualsiasi campo nulla deve sfuggire al controllo. Si combatte l’incertezza come fosse una piaga da estirpare… Eppure esistono luoghi non proprio così lontani dove è ancora possibile vivere questa “Esposizione”. Le Orobie, con le loro valli e cime selvagge, offrono questa possibilità. A torto indicate come “dimenticate”, sono semplicemente scomode, esposte, appunto… Ecco allora che trovarsi a percorrere “L’ alta Via delle Orobie” è come fare un viaggio “lontano da tutto e da tutti” pur essendo su un sentiero tracciato. E, se è vero che “La verticalità è un amplificatore di distanze”, ecco che troveremo nelle montagne orobiche quella “Esposizione” che fa la differenza tra turismo ed alpinismo!
C’è chi le frequenta con lo scopo di ritrovare se stesso, chi per condividere con un compagno dei momenti intensi. I couloirs, anfratti che si inerpicano tra queste montagne arcigne e spesso remote, ci regalano la possibilità di “perderci”; trovo che in un contesto come quello attuale, avere la possibilità di perderci e regalarci quell’incertezza data dall’“Esposizione”, sia un autentico privilegio…
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INTRODUZIONE TECNICA
DIFFICOLTÀ
La difficoltà degli itinerari compresi in questa guida è indicata affiancando diverse scale in funzione delle caratteristiche del terreno. Alla moderna scala della difficoltà ambientale si unisce l’indicazione delle difficoltà tecniche su ghiaccio, misto e roccia. Per le vie facili su neve si indicano generalmente solo la difficoltà ambientale e la pendenza.
Il paragrafo delle difficoltà per ogni itinerario è piuttosto discorsivo per un’informazione il più possibile dettagliata. Le indicazioni di difficoltà sono le seguenti:
1. Difficoltà ambientale (vedi tabella). Espressa con un numero romano, si riferisce all’ambiente nel quale si svolge la salita e riassume molteplici fattori quali la lunghezza complessiva dell’itinerario (se fattibile o meno in giornata), le difficoltà di accesso e di rientro, la possibilità di intervento di eventuali soccorsi, l’esposizione a pericoli oggettivi (valanghe, scariche di sassi o
DIFFICOLTÀ AMBIENTALE
ghiaccio, crolli di cornici), la presenza e l’accessibilità di eventuali vie di fuga;
2. Difficoltà tecnica su ghiaccio (vedi tabella). Questo valore, espresso con il numero arabo, è relativo all’aspetto squisitamente tecnico inteso come difficoltà pura del tiro più difficile dalla via, che prescinde quindi dall’ambiente in cui l’itinerario viene affrontato e superato (grado espresso solo se affrontato da primo di cordata e senza riposi intermedi).
Il grado tecnico in numeri arabi è sempre preceduto dalle specifiche WI o AI, che indicano le caratteristiche del ghiaccio. WI sta per water ice e si riferisce a colate di ghiaccio che si formano per il diretto congelamento dell’acqua. AI significa alpine ice e indica che il ghiaccio è del tipo “d’alta quota” o “neve pressata”, cioè ha avuto origine dalla neve e non direttamente dall’acqua. Con la difficoltà tecnica è spesso indicata anche la pendenza su ghiaccio;
I Via rapida e poco sostenuta, accesso breve e discesa facile.
II Via più lunga ma poco sostenuta, con limitati pericoli oggettivi, accesso e discesa senza difficoltà tecniche rilevanti.
III Via di più tiri, che può richiedere più ore di scalata, un lungo avvicinamento a piedi o con gli sci e discesa che impone attenzione; in genere necessita di una buona conoscenza dell’ambiente invernale. Può essere esposta a pericoli oggettivi.
IV Via di più tiri, molto lunga e situata in un luogo lontano; sono necessarie buone qualità alpinistiche ed esperienza dell’ambiente invernale. Alcuni pericoli oggettivi (caduta sassi e cornici). Avvicinamento e discesa lunghi e complessi..
V Via lunga e sostenuta su una grande parete, che richiede un buon livello di competenza e impegno. Esposta a rischi oggettivi. Avvicinamento e discesa sono complessi e la ritirata è difficile.
VI Via molto lunga situata su un versante alpino, fattibile in giornata solo dai migliori alpinisti. L’arrampicata è molto sostenuta, raramente in buone condizioni, con esposizione a pericoli oggettivi e ritirata problematica se non impossibile. Impresa per buoni alpinisti allenati e in forma.
VII Via caratterizzata dai fattori del grado precedente, ma con abbondanza e continuità delle difficoltà tali da giustificare il grado superiore (ascensioni di più giorni in gruppi montuosi lontani).
3. pendenza media o massima (gradi) su neve e/o ghiaccio;
4. Difficoltà tecnica su misto indicata con un numero della scala tecnica preceduto dalla letteram, oppure con la sola letteram in mancanza di informazioni specifiche, a segnalare possibili passaggi su misto;
5. Difficoltà in dry-tooling (numero preceduto dalla lettera D) in caso di tratti completamente rocciosi da superare con gli attrezzi. Molto raro in questa pubblicazione;
6. Difficoltà su roccia della scala UIAA (numeri romani con specifica “su roccia”) in caso di passaggi su roccia da superare (o superati dagli apritori) a mani nude.
Esempi:
• Chiudi il becco: III, 50-60°, M5/6, D7 – significa impegno complessivo ambientale III, pendenze su neve o ghiaccio tra 50 e 60 gradi, misto di grado 5 e 6, dry-tooling di grado 7.
• Arcigno macigno goulotte: III, WI4+, M4 – significa impegno complessivo III, difficoltà su ghiaccio di 4+, misto di grado 4.
• Canàl de la nòna: I, neve 40-60°, AI2 (pendenze max. 70-80°), roccia III – significa impegno complessivo I, neve con pendenze tra 40 e 60 gradi, difficoltà 2 su ghiaccio, difficoltà di III grado su roccia.
• La storia infinita: III, WI4+ (75-85°),m, roccia V+ e A1/A2 – significa impegno complessivo III, ghiaccio con difficoltà di 4+, passaggi su misto, difficoltà su roccia di V+ e artificiale.
Le caratteristiche effimere del ghiaccio e delle condizioni di innevamento determinano un’estrema variabilità delle difficoltà. Queste vengono qui indicate con riferimento alle condizioni ottimali, indicate nel paragrafo specifico a pag. 16 e, in alcuni casi, anche nella descrizione di ciascuna via o cima. Ricordare che tutte le vie, comprese le più facili e classiche su neve, possono subire importanti variazioni di difficoltà in funzione della quantità e qualità del ghiaccio e della copertura nevosa. È sempre possibile incontrare difficoltà inaspettate. In assenza di informazioni aggiornate e affidabili si consiglia di prepararsi a fronteggiare eventuali imprevisti, attrezzandosi per eventuale ritirata e affrontando sempre gli itinerari con un buon margine tecnico sulla difficoltà indicata.
Quando possibili sono indicate anche le piccole variazioni di difficoltà dovute alle condizioni del terreno.
DIFFICOLTÀ TECNICA - numero preceduto da WI o AI
1 Passeggiata su ghiaccio, ghiacciaio o terreno innevato, su pendenze che non superano i 50-55°.
2 Una lunghezza di corda a 60° su ghiaccio di buona qualità, con brevi tratti ripidi (passi a 75/80°). Buona possibilità di protezione e di sosta.
3 Tiro di corda a 70-80° generalmente su ghiaccio spesso e solido. Possono presentarsi brevi tratti ripidi (passi 85/90°) ma con possibilità di riposo che permettono buone protezioni e soste.
4 Tiro di corda a 75-80° tra buone soste, con più passi intermedi a 85/90°; può presentare una parte ripida con sezione verticale (fino anche a 90°). Generalmente il ghiaccio è di buona qualità e permette protezioni soddisfacenti.
5 Tiro considerevolmente impegnativo poiché continuo e sostenuto, con lunghi tratti a 85-90°, richiede una buona disinvoltura tecnica, oppure meno sostenuto ma su ghiaccio peggiore, per esempio sottile e poco compatto.
6 Tiro quasi totalmente verticale, con tratti anche strapiombanti, pochi punti di riposo e probabile sosta sospesa in parete. Oppure tiro meno sostenuto, ma pur sempre con lunghi tratti verticali e/o passi in strapiombo ma con ghiaccio non della migliore qualità, con protezioni di scarsa o dubbia tenuta o difficili da collocare. Indispensabile un elevato livello tecnico.
Esempi:
• Canale Pagani: II, neve max. 50°, passaggi su ghiaccio fino a 60° o II su roccia – significa che in assenza di ghiaccio si incontrano passaggi su roccia di II
• Canale della Fiamma: III, AI3 (75-80°), IV su roccia oppure un tratto a 90° in funzione delle condizioni.
Ulteriori dettagli sulle difficoltà e sulle loro variazioni sono indicate spesso anche nella relazione.
PRIMI SALITORI
I gruppi montuosi compresi in questa guida sono da sempre meno frequentati e popolari rispetto ai grandi massicci della catena principale alpina. Per questo motivo non è sempre possibile reperire informazioni adeguate riguardo alla storia esplorativa e alpinistica di ogni montagna. Le vie più facili, che d’inverno si presentano come canali nevosi a moderata pendenza, d’estate sono completamente scoperte e costituite da detriti, roccette ed erba: sicuramente sono state percorse da cacciatori e pastori in tempi remoti. Per la maggior parte delle vie difficili, più recenti, esistono maggiori informazioni. In ogni modo è sempre problematico escludere salite o tentativi precedenti alla prima ascensione conosciuta, in quanto il materiale da ghiaccio
viene normalmente tolto dal secondo di cordata e difficilmente si trovano in parete segni di passaggio. Alcuni alpinisti inoltre non sono interessati a pubblicizzare le loro salite sulle “montagne di casa”. Per queste ragioni l’indicazione dei primi salitori va intesa generalmente come “primi salitori noti”: i primi che hanno valorizzato e reso pubblica l’ascensione e fornito informazioni e relazioni.
MATERIALE
Per tutte le vie descritte è sottinteso il materiale di base per l’alpinismo invernale: ramponi, piccozza, casco, scarponi adatti a temperature rigide (o scarponi da sci nel caso di avvicinamento con questo mezzo), imbraco, materiale di sicurezza da valanga (ARTVA, pala e sonda). Data la grande variabilità delle condizioni riscontrabili d’inverno, anche sulle vie classiche e di bassa difficoltà, è sempre consigliabile portare con sé un paio di chiodi da roccia e di viti (con “viti” si intende sempre “viti da ghiaccio”), vari cordini e attrezzatura per costruire abalakov, in modo da poter attrezzare o sostituire soste danneggiate ed effettuare ritirate d’emergenza. Evidentemente, se si portano i chiodi, munirsi di piccozza-martello.
Per le vie su neve di tipo classico, cioè con pendii di inclinazione massima intorno ai 50° e passaggi di misto facili (I-II grado su roccia), si
Tessuto rosso quadrato teso Quadrato rosso di 100x100cm. Cerchio centrale rosso di 60cm di diametro. Corona bianca di 15cm
usa l’espressione materiale classico da alpinismo invernale: oltre al materiale di base sopra elencato e sottinteso, questa dicitura si riferisce a una piccozza di tipo classico (dove non diversamente specificato), uno spezzone di corda da almeno 30m per l’assicurazione dove necessario, cordini e moschettoni per la costruzione di soste su spuntoni
Per alcune vie, oltre al materiale sottinteso nell’espressione materiale classico da alpinismo invernale, sono specificati alcuni attrezzi consigliati a seconda delle caratteristiche del terreno: per esempio, su vie normalmente in neve dove in alcuni casi è possibile incontrare passaggi di ghiaccio a modesta inclinazione, si consiglia l’uso di una piccozza tecnica oppure di una tecnica accoppiata a quella classica. In generale le vie che si svolgono su terreno completamente innevato non sono facilmente proteggibili. Oltre ai cordini su eventuali spuntoni affioranti, l’unica possibilità di assicurazione in questi casi deriva dall’uso di fittoni da neve e corpi morti, strumenti utili ma piuttosto ingombranti e relativamente poco diffusi. Per le vie di tipo moderno, con ghiaccio o neve sopra i 50° di inclinazione e lunghezze su misto a partire da M2/M3 (da II grado continuo in roccia), oltre al sottinteso materiale di base è indicato il materiale specifico in funzione del terreno (ghiaccio o misto).
Sulle vie moderne, dove non diversamente specificato, si raccomanda l’uso di due corde da 60m, anche per rendere più rapida un’eventuale ritirata d’emergenza.
Le misure dei friends consigliati sono state indicate in modo approssimativo per evitare di vincolarsi a uno dei vari produttori. Come riferimento, per “friends piccoli” si intendono friends di larghezza compresa tra 1 e 4 cm a camme rilasciate, per “friends medi” tra 4 e 7 cm a camme rilasciate, per “friends grandi” tra 7 e 15 cm a camme rilasciate.
Il ghiaccio che si trova in montagna non è sempre ben proteggibile, specialmente AI, e può essere molto sottile. Portare sempre alcune viti corte.
La roccia delle Orobie infine è molto variabile, a volte è solida e compatta, a volte è mediocre, altre volte decisamente marcia: verificare
sempre le prese e anche le protezioni fisse presenti in parete. Attenzione: i materiali di protezione e di sosta indicati nelle relazioni possono a volte essere irreperibili perché sepolti dalla neve oppure perché danneggiati, caduti e dispersi. Notare che, a causa della già citata variabilità delle condizioni, è sempre consigliabile, specialmente su vie poco frequentate e in ambiente selvaggio, ma anche su vie classiche affrontate in condizioni secche, portare con sé attrezzi e materiali d’assicurazione in più: meglio uno strumento di troppo che… uno strumento mancante!
Per gli avvicinamenti e le discese ricordare di valutare le condizioni di innevamento e munirsi eventualmente di un mezzo adeguato di progressione su neve non portante (sci o ciaspole).
METEO
L’area orobica e prealpina si distingue per una relativa abbondanza di precipitazioni. Nelle esposizioni soleggiate, soprattutto in vicinanza dei laghi (area Lecco-Valsassina), le forti escursioni termiche e la bassa quota media delle montagne determinano una rapida trasformazione del manto nevoso: per questo non è raro, dopo un lungo periodo di bel tempo e temperature miti, incontrare condizioni primaverili e neve portante anche in pieno inverno. Il gelicidio, o gli episodi di pioggia fino ad alte quote seguita da repentino gelo, non sono rari, specialmente in Prealpi. Questi fenomeni possono trasformare anche il pendio più facile in una pericolosa lastra di ghiaccio e sono perciò causa di numerosi incidenti, specialmente tra gli escursionisti non adeguatamente attrezzati. Le ondate di caldo sono sempre più frequenti in tutte le stagioni e sono sempre potenzialmente pericolose in un ambiente di montagna innevato (aumento del pericolo valanghe, scariche di ghiaccio e pietre, crollo di cornici, instabilità e minore proteggibilità delle colate ghiacciate). Con tempo incerto rinunciare alle ascensioni: un po’ di nebbia o di copertura nuvolosa è già sufficiente a creare gravi problemi di orientamento, può compromettere il rigelo della neve e impedisce di apprezzare la bellezza dell’ambiente.
VALANGHE
Le vie descritte in questa guida sono invernali e implicano necessariamente la progressione su terreno innevato. Il pericolo oggettivo delle valanghe è sempre presente su questo tipo di terreno. È necessario, per una relativa sicurezza, conoscere le caratteristiche del manto nevoso e saperne valutare le locali instabilità Nella fase di preparazione di un’uscita, consultare sempre con attenzione il bollettino delle valanghe e muoversi solo con manto nevoso assestato. Una salita alpinistica, anche di difficoltà ambientale pari a I o II, così come i relativi percorsi d’accesso e discesa, è sempre potenzialmente esposta al pericolo delle valanghe. Il rispetto degli orari è un’altra ottima regola per la sicurezza sulla neve. Ricordare inoltre che ARTVA, pala e sonda non sono materiali riservati esclusivamente agli sci alpinisti, ma sono alla base della sicurezza per qualsiasi attività invernale in montagna.
Bollettino neve e valanghe e meteo: www.arpalombardia.it
CONDIZIONI FAVOREVOLI
Alcune indicazioni specifiche relative alle condizioni favorevoli sono fornite, quando possibile, nell’introduzione generale alla via o alla cima. In ogni caso la valutazione delle condizioni deve essere fatta sul posto, da persone esperte, prima di iniziare l’ascensione. Diffidare delle informazioni di terzi se non si è assolutamente sicuri della loro attendibilità
Esistono alcune regole generali di previsione delle condizioni riscontrabili sul terreno. Per tutte le vie su neve, ghiaccio e misto sono necessari ottimo rigelo notturno e manto nevoso assestato e portante. L’innevamento abbondante, se stabile e sicuro, facilita la maggior parte delle ascensioni, specialmente quelle di tipo classico aperte nei nevosi inverni del passato. Esistono però alcune eccezioni: le vie più moderne, aperte su misto in condizioni secche, possono essere difficili da percorrere con tanta neve. Eventuali soste o protezioni presenti sulla via possono essere sepolte e irreperibili, nei canali molto stretti possono formarsi “tappi” e “funghi” nevosi, oppure grosse cornici in uscita e sulle creste.
Le condizioni più difficili si trovano di solito in tardo autunno e pieno inverno, con temperature rigide che non favoriscono cicli di fusione/rigelo e neve inconsistente che non fornisce ancoraggio.
Il ghiaccio è la materia più effimera, soprattutto a basse quote: è possibile prevedere la presenza di ghiaccio dopo periodi perturbati seguiti da forti escursioni termiche, che favoriscono il percolamento e rigelo dell’acqua di fusione della neve. Ovviamente poi, una volta che la colata si è formata, occorre che la temperatura ne favorisca il mantenimento, specialmente nelle esposizioni soleggiate: necessarie quindi temperature adeguatamente fredde (controllare l’altezza dell’isoterma di zero gradi) e, in ogni caso, ottimo rigelo notturno.
Ricordare che il ghiaccio che si incontra in montagna è raramente della stessa qualità del ghiaccio di cascata, presentandosi spesso poroso e soprattutto sottile. I passaggi delicati e poco proteggibili, come anche quelli su misto, sono sempre probabili. Tenere conto di questa variabilità nel valutare la difficoltà dell’ascensione scelta.
ELEVATA FREQUENTAZIONE
La diffusione dell’alpinismo e dei mezzi di informazione a esso correlati – specialmente i social network, dei quali si fa spesso un uso massiccio e acritico – ha generato un nuovo pericolo: il sovraffollamento. Quando una via di neve, ghiaccio e/o misto è fortemente frequentata, è probabilmente più facile perché ben tracciata e ripulita (sempre che non sia troppo ripulita, con demolizione delle strutture ghiacciate più effimere). La presenza contemporanea di più alpinisti sulla stessa linea aumenta però la probabilità di caduta sassi, ghiaccio e altri materiali (anche una piccozza, per esempio, può cadere e trasformarsi in proiettile) e favorisce la dilatazione dei tempi a causa della formazione di “code” sui tratti chiave. Anche la riunione di più cordate presso eventuali punti di sosta fissi è potenzialmente pericolosa, perché determina un carico eccessivo sugli ancoraggi. La folla è inoltre fonte di pericoli soggettivi, per esempio la distrazione. Non esitare a rinunciare in caso di affollamento eccessivo.
TEMPI DI AVVICINAMENTO E ARRAMPICATA
I tempi indicati sia per l’avvicinamento che per l’arrampicata sono indicativi e si riferiscono a condizioni ottimali del terreno (neve portante, ghiaccio di buona qualità) e della cordata (livello tecnico e atletico adeguato alla via scelta). Fattori oggettivi (neve fresca/inconsistente, cattivo rigelo) o soggettivi (allenamento/abilità insufficiente) sfavorevoli determinano la dilatazione dei tempi, aumentando di conseguenza i fattori di rischio. Il ritardo, soprattutto su terreno innevato, comporta infatti l’esposizione ai pericoli del disgelo dovuto all’evoluzione diurna delle temperature: caduta sassi, ghiaccio e cornici, aumento del pericolo di valanghe, perdita di solidità della neve con conseguente rischio di inciampo e caduta.
PUNTI DI APPOGGIO
Sono stati indicati i punti d’appoggio utili presenti sul territorio. Informarsi sempre preventivamente sull’apertura dei bivacchi e dei locali invernali dei rifugi, come pure sulle eventuali dotazioni (coperte, gas, stoviglie). I periodi di apertura e il numero di posti letto dei punti di appoggio indicati in questo testo possono subire variazioni.
DIREZIONI E ABBREVIAZIONI
I termini “destra” (dx) e “sinistra” (sx) nelle relazioni si riferiscono sempre alla direzione di marcia. I termini “destra orografica” e “sinistra orografica” si riferiscono invece alla direzione di scorrimento glaciale o fluviale, quindi alla posizione dell’osservatore “faccia a valle” “Segnavia” può essere abbreviato con “sv.”
TRACCIATI
I tracciati delle vie sulle foto sono indicati con linea rossa continua quando visibile e punteggiata quando nascosta. Le linee tratteggiate si riferiscono a varianti oppure servono a individuare le vie che si intersecano tra loro (una via in linea continua, l’altra tratteggiata).
SVILUPPO DELLE VIE
Lo sviluppo indicato nella descrizione delle vie proposte è approssimato e non coincide con il dislivello preciso calcolato dal punto di partenza.
RISCHIO E RESPONSABILITÀ
La montagna, specialmente in condizioni invernali, è un ambiente potenzialmente pericoloso. Chi la frequenta lo fa a proprio rischio e deve essere consapevole dei pericoli oggettivi e soggettivi ai quali si espone. Tutte le vie proposte in questo testo, comprese le più facili, sono da affrontare con adeguata esperienza. Anche le vie più facili richiedono conoscenza dell’ambiente invernale e capacità d’uso dei materiali di progressione e di sicurezza. Occorre anche ricordare che il terreno sul quale ci si muove subisce continue variazioni. Non solo neve e ghiaccio sono, come già detto, estremamente volubili. Anche la roccia è soggetta a frequenti cambiamenti per fenomeni naturali come l’erosione. Piccoli crolli possono modificare la morfologia delle pareti e danneggiare o disperdere soste e attrezzature. Le indicazioni riportate nelle relazioni non hanno valore assoluto. Sono state verificate con massima attenzione, ma non è possibile prevedere le variazioni del terreno né, purtroppo, escludere completamente errori o incompletezze. Per questo tutte le informazioni vanno sempre verificate sul posto, volta per volta, da persone esperte. Gli autori e l’editore non possono essere ritenuti responsabili di eventuali incidenti o danni.
VAL SERIANA
Lungo la Val Seriana, estesa da nord a sud per circa 50 km, si affacciano alcuni tra i massicci alpinisticamente più interessanti dell’area bergamasca: a partire dalla zona prealpina, costituita da strutture calcaree tra le quali si evidenzia in particolare la Presolana, fino all’area alpina settentrionale. Alla testata della valle i piccoli paesi di Fiumenero, Valbondione e Lizzola danno accesso ad alcune delle cime principali - sia geograficamente che alpinisticamente - delle Orobie: i “Giganti” Pizzo di Coca, Redorta, Scais e Porola, ma anche il Pizzo Recastello e il Monte Cimone. 01.
11. Pizzo di Coca
12. Pizzo di Porola
13. Punta di Scais
14. Pizzo Redorta
15. Cima d’Avert
16. Pizzo dell’Omo
17. Pizzo Salina
18. Corna Piana
19. Monte Secco
PIZZO DELLA PRESOLANA 2521m
VERSANTE SUD
Il Pizzo della Presolana, articolato in cinque cime principali (Presolana di Castione 2.474m, Presolana Occidentale 2521m, Presolana del Prato 2.450m, Presolana Centrale 2.517m e Presolana Orientale 2.490m) espone a sud una lunga successione di pareti e pilastri lisci, di calcare giallo e grigio, su cui si sviluppano numerose vie di arrampicata. In mezzo alle torri rocciose serpeggiano i canali, alcuni dei quali sono percorsi in estate durante la discesa dalle pareti o come itinerari escursionistici. D’inverno si sale su neve e rocce appigliate, spesso asciutte a causa dell’esposizione meridionale, ma il carattere soleggiato delle pareti può riservare, con l’alternarsi invernale di periodi miti e molto freddi, alcune piacevoli sorprese ghiacciate, sotto forma di piccole colate da fusione che hanno generalmente vita breve.
Le vie invernali al versante sud della Presolana richiedono, per essere frequentate in sicurezza, condizioni di neve assestata e zero termico basso. Tutti i canali presentano un certo pericolo di caduta sassi, da minimizzare partendo presto e rispettando gli orari, tenendo conto anche della discesa. Sempre per via dell’esposizione a sud, la neve tende ad assestarsi (e a scomparire) abbastanza rapidamente.
ACCESSO GENERALE:
Da Clusone, in Val Seriana, salire al Passo della Presolana (1297m). Parcheggiare l’auto nei pressi della caratteristica chiesetta ed imboccare la stradina, poi sentiero (cartelli), che porta alla Baita Cassinelli (1568m – chiusa d’inverno). La baita è posta all’imbocco della Valle dell’Ombra, percorsa d’inverno da varie tracce scialpinistiche, e a poca distanza dall’attacco dei canali alla Presolana Centrale, Orientale e al Visolo. Per raggiungere gli itinerari alla Presolana Occidentale invece è necessario raggiungere e superare il Bivacco Città di Clusone.
PUNTI DI APPOGGIO:
Bivacco Città di Clusone 2085m 9 posti. Sempre aperto Posto su un piccolo dosso presso il versante sinistro orografico della Valle dell’Ombra, sotto le pareti della Presolana Centrale, poco sotto la cappella Savina. Si raggiunge dal passo della Presolana con il sentiero n. 315, oppure d’inverno lungo la Valle dell’Ombra passando per la Baita Cassinelli.
1. Canalino Sud alla Presolana Occidentale
Primi salitori ignoti
Difficoltà: III, neve fino a 50°, passaggi su misto o ghiaccio
Sviluppo: 150m di solo canale, 250m fino in cima (lungo sviluppo in cresta)
Esposizione: sud
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze
Tempo di avvicinamento: 2-2,30 ore
Tempo di arrampicata: 2 ore
Compreso tra le masse rocciose della Presolana di Castione e Presolana Occidentale, questo canalino stretto e lineare è un invito evidente all’arrampicata. Da affrontare con innevamento abbondante e assestato, di tipo primaverile, che facilita la progressione nei passaggi delicati. Come per tutte le vie del settore, necessarie temperature fredde per via dell’esposizione meridionale di salita e discesa. Avvicinamento: dal passo della Presolana salire per sentiero alla Baita Cassinelli e inoltrarsi nella Valle dell’Ombra (spesso presenti tracce di scialpinismo). Altrimenti, con poca neve, seguire il sentiero
che porta al bivacco Città di Clusone. Oltrepassare il bivacco e proseguire nel vallone portandosi sotto la verticale del canalino. Raggiungerlo risalendo i pendii meridionali, progressivamente più ripidi.
Relazione: l’ingresso nel canale è il punto più delicato della salita, molto variabile secondo le condizioni. Con ottimo innevamento primaverile il breve salto roccioso che sbarra il colatoio è coperto dalla conoide di valanga. Con poca neve invece il salto forma una grotta, che si può aggirare utilizzando il canale-camino iniziale della Normale alla Presolana di Castione, posto appena a sinistra dell’attacco della via qui descritta. In questo caso, appena possibile, rientrare a destra nel canalino al di sopra del salto. Seguire il canalino su pendenza regolare fino al colletto di uscita. Da qui andare a destra e imboccare un breve canale-camino più ripido e stretto, su neve e misto o ghiaccio. Con neve inconsistente il camino può essere ostico. Raggiunta l’uscita, presso la quale si trova la sosta per doppia dell’itinerario di traversata delle creste della Presolana, seguire la lunga cresta che porta in vetta (attenzione alle grosse cornici protese a nord).
Variante: raggiunto il colletto di uscita del canalino si può scegliere di salire alla Presolana di Castione: in questo caso andare a sinistra, facilmente, lungo la cresta. Scendere poi per la Via Normale lungo i pendii meridionali, inizialmente facili (3540°). Il risalto roccioso di base si supera lungo un canale-camino molto incassato (30m a 45-50°) che sbocca appena a fianco dell’attacco della via di salita. Questo passaggio può essere delicato, perché per via della sua esposizione conserva a lungo neve inconsistente. È quindi consigliabile valutarne le condizioni in fase di attacco.
Discesa: lungo la Via Normale, it. 2.
2. Via Normale alla Presolana Occidentale
Carlo Medici, Antonio Curò e Federico Frizzoni il 3 ottobre 1870
Prima discesa in sci: Luca Serafini e Demetrio Ricci il 7 marzo 1989
Difficoltà: II, neve fino a 45° e roccette (passaggi attrezzati)
Sviluppo: 1200m totali, 300m le difficoltà
Esposizione: sud
Materiale: classico da alpinismo invernale
Tempo di avvicinamento: 2-2,30 ore
Tempo di arrampicata: 1,30 ore
La Via Normale alla Presolana Occidentale, d’inverno, si trasforma in una salita alpinistica piuttosto popolare dov’è facile trovare, con buone condizioni, una bella traccia. Con le dovute precauzioni può essere salita anche dai principianti, che possono scegliere di effettuare l’avvicinamento in ciaspole o in sci. Con quest’ultima opzione, l’esperienza di alpinismo invernale diventa più divertente e completa. Per la sicurezza sono necessari zero termico basso, neve assestata e rispetto degli orari: è pericoloso attardarsi sui pendii sopra la Grotta dei Pagani, che ricevono il sole già in mattinata.
Avvicinamento: al passo della Presolana, parcheggiare nei pressi della caratteristica chiesetta e, seguendo le indicazioni, dirigersi alla Baita Cassinelli (1568m - 40 minuti circa). Dalla Baita andare in direzione del bivacco Città di Clusone e della Cappella Savina. A seconda dell’innevamento, è possibile seguire il sentiero estivo che traversa i ripidi pendii sud e passa sotto il canale Bendotti (segnavia
315), oppure l’itinerario scialpinistico che percorre la Valle dell’Ombra stando più o meno nel mezzo su terreno più sicuro (soluzione ideale in sci). Raggiunto il bivacco si devia a destra sugli ampi e ripidi pendii che portano alla Grotta dei Pagani (2224m, targhe commemorative).
Relazione: dalla grotta andare a destra e superare una prima placchetta (rocce rotte) normalmente libera dalla neve. Continuare sul pendio innevato puntando ad un antro enorme nella gialla parete soprastante. Arrivati alla grotta deviare a sinistra fino a un risalto roccioso. Superarlo (catene e fittoni, I-II) fino alla cengia nevosa che attraversa la parete sud. Seguire la cengia verso sinistra (attenzione con cattive condizioni della neve: esposto) e prendere piede in un ampio canale. Seguirlo (40-45°) fino a una biforcazione sotto un torrione roccioso. Continuare a sinistra del torrione, sulle medesime pendenze, fino in cresta. Da qui a destra in vetta (attenzione alle cornici in versante nord).
Variante: al bivio sotto il torrione, prendere la diramazione di destra che sale diretta alla vetta. Variante molto interessante, su neve a pendenza nettamente superiore rispetto alla Via Normale: consigliabili due piccozze. Discesa: per l’itinerario di salita.
3. Disastro termico
Lorenzo Conserva e Roberto Boletti il 27 dicembre 2009
Difficoltà: III, WI3+, roccia III+
Prima ripetizione: Daniele Simoncini e compagna il 29 dicembre 2009
Sviluppo: 500m
Esposizione: sud
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze, serie di friends
Tempo di avvicinamento: 1,30-2 ore
Tempo di arrampicata: 4-5 ore
Disastro Termico è la versione invernale del roccioso Canale Salvadori (F. Perolari, B. Sala, M. Gallone, il 22 giugno 1919. Il canale fu percorso in discesa e dedicato all’alpinista Medardo Salvadori, caduto durante la Prima Guerra Mondiale). Deve il suo nome ad un evento meteorologico verificatosi nel dicembre 2009, quando una consistente nevicata sulle Orobie fu seguita da una brusca variazione di
MONTE GLENO 2883m
Si tratta di una vetta molto nota e frequentata per il suo versante seriano, decisamente meno per quello che si affaccia sulla Val di Scalve. Il monte ha due sommità: la maggiore occidentale quotata 2883 metri e la minore orientale che, con i suoi 2852 metri, viene talvolta apostrofata con l’appellativo di Glenino
ACCESSO GENERALE
Risalire la Val Seriana lungo la strada provinciale 49 e raggiungere il comune di Valbondione. Attraversare il paese rimanendo sulla strada principale che poi diviene Via Pianlivere. Quando questa si biforca, imboccare il ramo di destra (leggermente in salita). Tenere la destra anche al successivo bivio e raggiungere il termine della strada, dove si trova una picola cappelletta. Un ampio spazio permette di parcheggiare facilmente.
DISCESA
La discesa avviene lungo la Via Normale che si sviluppa lungo la cresta nord-est e quindi il pendio nord. Con buone condizioni è possibile scendere direttamente dalla cima con gli sci.
PUNTI DI APPOGGIO
Rifugio Curò 1915m
tel. 0346 44076 – www.antoniocuro.it
100 posti – locale invernale 8 posti. Aperto d’estate e nei fine settimana di maggio e ottobre. Il rifugio è situato presso la diga del Lago artificiale del Barbellino. Si raggiunge per gli stessi percorsi di accesso generale descritti in precedenza.
33. Parete Nord
Primi salitori ignoti
Difficoltà: II, 50-65°, M possibile
Sviluppo: 200m
Esposizione: nord
Materiale: classico da alpinismo invernale con due piccozze
Tempo di avvicinamento: 3-4 ore
Tempo di arrampicata: 1 ora
Interessante itinerario che costituisce una valida alternativa alla Via Normale, specie se le condizioni consentono una discesa con gli sci. È possibile concatenare la salita al Pizzo Tre Confini provenendo da Lizzola e scendendo lungo il suo scivolo nord fino a raggiungere la base della nord del Gleno (classico itinerario di scialpinismo della zona). È possibile rientrare per il medesimo itinerario o con dislivello maggiore scendendo sotto al Recastello e rientrando dalla Val Cerviera, sempre con gli sci e con un ottimo allenamento.
Avvicinamento: imboccare il sentiero dietro alla cappella e raggiungere la mulattiera che sale al Rifugio Curò. Prestare molta attenzione in quanto la zona è soggetta a valanghe per tutto il tratto fino al rifugio.
Dopo averlo raggiunto seguire il sentiero che costeggia il lago e conduce al Rifugio Naturale del Barbellino. Giunti all’imbocco della Val Cerviera, oltrepassare il ponticello e salire i ripidi pendii che conducono sotto i contrafforti del Recastello. Contornare la base dei Corni Neri ed entrare nella Valle del Trobio, risalirla interamente fino alla base della Parete Nord
Relazione: salire l’evidente colata fra le rocce (5065°), che conduce ai pendii finali sotto la croce di vetta.
In base alle condizioni è possibile variare il percorso.
in caso di abbondante innevamento). Oppure proseguire in cresta, sempre con passaggi di misto, fino alla cima est.
Discesa: lungo la Via Normale del Redorta.
51. Variante Pelucchi-Cisana a Valentina Gully
Stefano Pelucchi e Michele Cisana nel 1995
Difficoltà: IV, AI4+, M4
Sviluppo: 200m la sola variante / 4L
Esposizione: est
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze tecniche, qualche dado e friend fino a misura media, viti e chiodi
Tempo di avvicinamento: 1,30 ora dal Rifugio Coca fino all’imbocco del canale d’attacco
Tempo di arrampicata: 2 ore la sola variante, 5-6 ore totali
Tre tiri in goulotte con un filo di ghiaccio e passi di misto davvero entusiasmanti. Consigliabile perché aggiunge un’ulteriore sezione tecnica al percorso di Valentina Gully, raddoppiando la soddisfazione dei primi tiri.
Avvicinamento: come per l’it n. 52.
Relazione: percorrere Valentina Gully fino alla fine del canale nevoso di L5. Piegare leggermente a sinistra, come per andare verso l’uscita del Couloir del Sole, e portarsi alla base della bastionata rocciosa che scende dall’anticima del Redorta. Imboccare un camino ghiacciato, all’inizio poco ripido (60-70°), e percorrerlo fino ad una strozzatura rocciosa. Superarla nel centro (più difficile) o qualche metro a sinistra fino a raggiungere e superare una esile colatina di ghiaccio verticale di qualche metro (60m). Continuare ancora per goulotte (70°) poi per pendio nevoso fino alle rocce che chiudono il camino. Sostare a destra nei pressi di uno spigolo (50m). Doppiare lo spigolo e salire un canalino ghiacciato di 20m fino ad una crestina, oltrepassatala si scende per qualche metro per poi risalire fino alla cresta principale (50m). Ancora pochi passi di misto, poi per cresta fino alla cima est (100m). Discesa: lungo la Via Normale del Redorta.
52. Couloir del Sole
Paolo Valoti e F. Bordoni il 24 maggio 1987
Difficoltà: IV, AI4 (pendenza 90-85°), M3
Sviluppo: 550m
Esposizione: est
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze tecniche, qualche dado e friend fino a misura media, viti
Tempo di avvicinamento: 1,30 ora dal Rifugio Coca Tempo di arrampicata: 5-6 ore
Linea impegnativa che impone il superamento di alcune cascate verticali. La presenza e la qualità del ghiaccio, data l’esposizione soleggiata, non sono scontate.
Avvicinamento: come per l’it n. 54 fino alla base della parete. Dirigersi al terzo canale della parete est (da sinistra verso destra).
Relazione: percorrere la prima parte di canale, su neve, mediamente a 45°. Raggiunto il salto roccioso che lo sbarra, seguire la colata di ghiaccio che scende da sinistra (la colata di destra è Valentina Gully).
L1: salire fino alla base del primo salto. Sosta su roccia. 50m, 70-75°.
L2: superare il salto verticale, diverse possibilità tutte impegnative (chiodo lasciato). Sosta su spuntone. 50m tra 90-70-85°.
Circa 200m di canale nevoso portano alla successiva cascata-colatoio. Sosta su roccia a destra (chiodo).
L3: superare il salto al centro su ghiaccio spesso delicato e uscire a sinistra facendo sosta sulle rocce. 35m, 90-80°.
Proseguire nel canale per circa 200m fino a un ultimo salto ghiacciato di pochi metri, oltre il quale si continua su neve fino ad uscire in cresta (cornice) poco lontano dalla cima est. Continuare in cresta fino alla cima principale.
Discesa: lungo la Via Normale del Redorta.
53. Secondo Canale Est (detto Meridionale)
Angelo Longo e Franco Tinarelli il 9 settembre 1951
Difficoltà: III, neve e risalti ghiacciati, 50-60°, roccette finali (I-II)
Sviluppo: 600m
Esposizione: est
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze tecniche, qualche chiodo da ghiaccio e qualche friend
Tempo di avvicinamento: 1,30 ora dal Rifugio Coca Tempo di arrampicata: 3-4 ore
111. Canale Nord
Primi salitori ignoti
Difficoltà: II, neve, 40°
Sviluppo: 150m
Esposizione: nord
Materiale: classico da alpinismo invernale
Tempo di avvicinamento: 2,30–3,30 ore
Tempo di arrampicata: 1-2 ore
Il Canale Nord del Cabianca, breve e su pendenze decisamente abbordabili, offre un passaggio evidente e invitante per la facile cresta di vetta.
Avvicinamento: da Carona seguire il percorso di accesso generale fino al pianoro sotto la parete nord del Cabianca. Dirigersi quindi alla base del canalino, ben visibile tra la rocciosa parete nord del Cabianca e la lunga cresta del monte Valrossa.
Relazione: seguire il canalino con pendenza massima di 40° fino alla cornice di uscita. Scavalcarla (normalmente più facile ai lati) e andare a sinistra per il facile filo di cresta che, seguito in direzione est, porta in vetta.
112. Squassabarbunel
Yuri Parimbelli, Daniele Natali e Maurizio Tiraboschi
l’8 novembre 2012
Prima ripetizione: Yuri Parimbelli con un cliente
Seconda ripetizione: Giulia Venturelli e Tito Arosio
il 22 dicembre 2012
Difficoltà: III, neve a 45°, M5-6
Sviluppo: 300m
Esposizione: nord
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze tecniche, serie di friends fino a taglia grossa e compresi i micro. Martello e chiodi consigliabili (lasciato un solo chiodo in parete). Consigliabili due mezze corde da 60m
Tempo di avvicinamento: 2,30–3,30 ore
Tempo di arrampicata: 5-6 ore
Nella rocciosa parete nord del Cabianca, a sinistra dell’evidente e frequentato Canale Nord, si individua un unico punto debole: un canale-rampa con vari salti rocciosi. Lungo questo invito naturale si sviluppa Squassabarbunel. Con buon innevamento primaverile i salti rocciosi più semplici sono coperti, mentre il grande diedro del sesto tiro oppone sempre dei difficili passaggi su roccia. Attenzione alle cornici a volte presenti sulla cresta sommitale. Avvicinamento: da Carona seguire il percorso di accesso generale fino al pianoro sotto la parete nord del Cabianca. Da qui andare a sinistra e reperire la linea del canale nel mezzo della bastionata nord.
Relazione
L1: risalire il pendio di neve che porta al canale, 35/40°, sosta da attrezzare in una piccola grotta sulla sinistra.
L2: imboccare il canale su neve a 45° e passi di M3, sosta da attrezzare. 50m.
L3: M2 poi neve facile, sosta da attrezzare. 40m.
L4: neve facile, sosta da attrezzare. 50m.
L5: M3 poi neve facile, sosta da attrezzare. 40m.
L6: il canale si strozza formando un grande diedro roccioso, salirlo inizialmente sul lato destro poi in fessura-camino, M5/M6 massimo. Continuare su neve facile fino a delle rocce affioranti, sosta da rinforzare. 50m, un chiodo in sosta.
L7: neve facile e possibile cornice. 40m.
Valentino Cividini in uscita di Squassabarbunel (© G. Merelli) nale sottostante che in breve porta alla base del versante. Qui in funzione del luogo di accesso: – scendere al Rifugio Bogani per tornare al parcheggio del Vò di Moncodeno; – per tornare a Primaluna, dirigersi al passo di Val Cugnoletta. Dal passo seguire la valle senza percorso obbligato tenendo la destra, passando sotto la parete nord-ovest del Pizzo della Pieve. Con un buon innevamento seguire il canale senza problemi, oppure riferirsi ai bolli segnaletici del sentiero. Giunti in prossimità di un salto roccioso traversare verso sinistra, dove il sentiero scende a zig-zag tra mughi, fino a reperire le catene che portano in val Cugnoletta. Qui seguire il sentiero che verso destra conduce al passo della Stanga (sv. 36) e poi al Prà de Giar. Quindi a ritroso per le tracce di salita fino all’auto. Attenzione alla fine del tratto attrezzato: non seguire il canale ma piegare obliquamente verso destra (dir. di marcia) fino a reperire il sentiero, segnalato con bolli e ometti, poco evidente con abbondante innevamento.
ACCESSO GENERALE ALLA PARETE EST
Raggiungere l’abitato di Baiedo, in Valsassina. Lasciare l’auto all’inizio del paese e prendere il sentiero per il Rifugio Riva (cartelli indicatori per i Piani di Nava e S. Calimero). Arrivati ai Piani di Nava proseguire dritti fino ad incrociare un sentiero che sale verso sinistra in direzione della chiesetta di San Calimero, dapprima passando davanti ad alcune baite, poi nel bosco raggiungendo la chiesa. Continuare fino alla località Prabello, dove parte il sentiero Vendui Olt. Dalla palina del sentiero attraversare in piano verso la parete.
DISCESA PER LE VIE DELLA PARETE EST
Dalla cresta scendere verso valle lungo il sentiero del Cornell Büs che costeggia tutta la parete. Molto esposto da entrambi i lati. Arrivati a Prabello, seguire a ritroso il sentiero di andata.
PUNTI DI APPOGGIO
Rifugio Riva 1022m
Tel 328 7115705
22 posti - aperto da aprile
273. Gocce di felicità
Primi salitori ignoti
Prima salita nota: Mattia Pagliaro e Mirko Sbardellati il 14 marzo 2018 dedicando l’itinerario a Francesco Rota Nodari
Difficoltà: V, AI3, 50°, M3/M4
Sviluppo: 850m + 100m di cresta
Esposizione: est
Materiale: classico da alpinismo invernale con due piccozze, friends, viti corte, chiodi
Tempo di avvicinamento: 5 ore
Tempo di arrampicata: 8 ore
Itinerario dal notevole sviluppo che presenta alcuni pericoli oggettivi legati all’esposizione, alle condizioni della parete e ai tempi di salita. Dato che la discesa avviene lungo la Via Normale, è necessario organizzare il rientro a Ono San Pietro da Sommaprada.
Avvicinamento: seguire l’accesso per la parete nord-est descritto nel paragrafo di introduzione alla cima. Risalire il letto del fiume Blé per poi
deviare sui terreni scoscesi e instabili di sinistra.
Raggiungere una zona dove la vegetazione è abbastanza fitta. Faticosamente la si supera e si punta al canalone d’accesso dietro al Pizzo degli Orti. Risalirlo con pendenze massime di 50°. Al suo termine compiere una curva a destra approdando su un pendio meno ripido da cui si individua l’attacco della via. Si sosta a sinistra in una grotta (clessidre). È anche possibile effetturare l’accesso dal Rifugio Baita Iseo (vedi capitolo dedicato alla Cima dei Ladrinai).
Relazione: attaccare il primo salto con difficoltà da M3 a M4 (se l’innevamento in questo tratto non è abbondante, può risultare più conveniente non proseguire in quanto l’arrampicata potrebbe risultare molto precaria). Sostare sulla destra ed entrare nel canale con pendenze medie di 55°. È possibile incontrare alcuni ripidi muri di neve pressata dalle slavine. A circa metà della prima sezione di via si arriva ad una strettoia, che rappresenta il tratto chiave della salita: un salto ghiacciato che copre un masso incastrato di circa una decina di
284. Via Normale per il Canalone del Passo delle Ortiche
Paolo Prudenzini nel dicembre 1888
Difficoltà: II, neve fino a 45°, passaggi su roccette in uscita (I)
Sviluppo: 700m
Esposizione: nord-ovest
Materiale: classico da alpinismo invernale
Tempo di avvicinamento: 1 ora dal Rifugio Cimon
della Bagozza
Tempo di arrampicata: 2 ore
La Via Normale al Cimon della Bagozza è un itinerario molto popolare tra gli sci alpinisti: è divertente salire il più possibile con gli sci per regalarsi, al ritorno, una discesa rapida. L’esposizione a nord-ovest e la profondità del vallone favoriscono la conservazione della neve: il periodo ideale per frequentare la zona con piccozza e ramponi è la
primavera, mentre con gli sci a volte è possibile anticipare i tempi, ma solo con neve perfettamente assestata (frequenti le placche da vento). Attenzione agli orari: il canalone rimane a lungo nell’ombra mentre il pendio finale, ripido ed esposto, prende il sole fin dal mattino.
Relazione: raggiunta la base della piramide del Cimon della Bagozza, prendere il canalone di sinistra, inizialmente largo e con pendenza moderata (si sale in sci). Verso la fine il canale si restringe e curva a destra. Depositare eventualmente gli sci e risalire gli ultimi 50m più ripidi (da 35a 45°) fino al Passo delle Ortiche (cornice). Dal passo piegare a destra lungo la dorsale e salire il ripido pendio soprastante, aggirando al meglio le roccette affioranti (45°, con scarso innevamento passi su roccette possibili), fino alla grande croce di vetta.
285. Canale Nord
Primi salitori ignoti
Difficoltà: II, neve fino a 50°, passaggi su roccette (I-II)
Sviluppo: 700m
Esposizione: nord, poi sud (canale d’uscita)
Materiale: classico da alpinismo invernale, due piccozze consigliabili (anche una classica accoppiata a una tecnica). Assicurazione possibile, nella parte più ripida del canale di uscita, con cordini e piccoli friend lungo le rive rocciose.
Tempo di avvicinamento: 1 ora dal Rifugio Cimon
della Bagozza
Tempo di arrampicata: 2 ore
Linea di salita evidente e più sostenuta rispetto alla Via Normale. Quest’ultima, percorsa in discesa, permette di effettuare un bellissimo giro ad anello. Le difficoltà non si incontrano nel canale vero
e proprio, lineare e poco ripido, ma nel canale di uscita esposto a sud: qui le condizioni della neve sono determinanti per una progressione sicura. Attenzione con neve molle o inconsistente; rispettare gli orari nelle giornate primaverili.
Relazione: raggiunta la base della piramide del Cimon della Bagozza, prendere il canalone di destra e risalirlo senza difficoltà fino alla forcella che permette di passare sul versante sud. Da qui piegare a sinistra e imboccare un altro canale, poco profondo, che si apre sopra la forcella. Seguire il canale che si raddrizza progressivamente (tratti fino a 50°) puntando alla nevosa cresta sommitale, superando o aggirando varie roccette. In caso di innevamento insufficiente si possono incontrare alcuni tratti erbosi: evitarli arrampicando sulle roccette a sinistra. Uscire in cresta e raggiungere in pochi metri la croce di vetta.