UP CLIMBING ANNUARIO 2019

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SALEWA.COM


50 % POWER SAVING E N G I N E E R E D I N

T H E

D O L O M I T E S

Q U I C K

S C R E W


Sommario

006 Editoriale di Alberto “Albertaccia” Milani

ALPINISMO E GHIACCIO

Testi di Marco Romelli

078 La Rambla il “fuoriprogramma” di Piotr Schab!

080 Febbraio 2019

142 Febbraio 2019

082 Non c’è due senza tre per Margo Hayes

144 Ryohei Kameyama: l’antitesi dello sbraitante climber moderno!

146 Marzo 2019

084 Marzo 2019

086 9a+ per Luca Bana in uno dei templi dell’arrampicata italiana!

150 The Story of Two Worlds: l’8C più corteggiato al mondo!

152 Aprile 2019

088 Aprile 2019

092 Jorge Diaz-Rullo nell’Olimpo del 9b!

010 Il Big Linkup di Pete Whittaker

012 Lele Bagnoli in DTS su Low G Man

014 Novembre-Dicembre 2018

016 Cerro Mangiafuoco

022 Gennaio 2019

024 Flammes de Pierre + Les Drus + Aiguille Sans Nom + Aiguille Verte

026 Febbraio 2019

028 Scalare un cielo di roccia

030 Odissea russa sullo Jannu

032 Marzo-Aprile 2019

034 Denali 2×7

036 Maggio 2019

104 Luglio 2019

038 Stemming Corner

040 Giugno 2019

042 Notturna sul Nanga Parbat

108 Stefano Carnati si guadagna il Valhalla! di Alberto “Albertaccia” Milani e Stefano Carnati

044 Luglio 2019

048 L’estate leggendaria di Nina Caprez

050 Agosto 2019

054 Cavalli Bardati… che fanno tremare la terra

114 Settembre 2019

058 Settembre 2019

116 L’ossessione del giovane Loic Zehani!

184 Roccia

060 Project Possible, il gioco di Nirmal Purja

118 Ottobre 2019

216 Ghiaccio e misto

062 Ottobre 2019

234 Proposte prodotti

FALESIA

Testi di Alberto “Albertaccia” Milani

066 Ale Zeni e Energia Cosmica: una ricerca personale lontano dalle mode!

068 Novembre 2018

070 Stefano Ghisolfi al top mondiale con Perfecto Mundo!

072 Dicembre 2018

074 Esclatamasters: un altro 9a per Laura Rogora!

076 Gennaio 2019

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156 La tredicenne Mishka Ishi e il terzo 8C boulder femminile

158 Maggio 2019

094 Maggio 2019

096 La lunga battaglia di Seb Bouin nell’antro di Flatanger

162 Il ritorno alla luce di Bernd Zangerl!

164 Giugno 2019

098 Giugno 2019

100 Nightmayer on-sight: il sogno di Steve McClure! di Steve McClure e Alberto “Albertaccia” Milani

166 Stefan Scarperi all’assalto di Rocklands!

168 Luglio 2019

170 L’incredibile 2019 di Jimmy Webb!

172 Agosto 2019

174 Linda Sjödin su New Base Line: provare per credere!

176 Settembre 2019

110 Agosto 2019

112 Fred Nicole, Giuliano Cameroni e la first ascent “condivisa” di Legacy!

178 Niky Ceria alla scoperta del RMNP

180 Ottobre 2019

BOULDER

Testi a cura di Alberto “Albertaccia” Milani

124 Il quarto 8C+ di Daniel Woods tra le nevi del RMNP

126 Novembre 2018

128 E xtrasystole: la ciliegina sulla torta di Elias Iagnemma!

130 Dicembre 2018

134 N o Kpote Only: il secondo 9a boulder mondiale!

136 Gennaio 2019

140 Bokassa Fridge – Assassin, Monkey and Man: sulle orme di Toni Lamprecht

RELAZIONI E PROPOSTE

a cura di Marco Romelli

VETRINA




report

2019

alpinismo e ghiaccio


Exploit Dicembre Alpinismo e ghiaccio

Lele Bagnoli in DTS su

Low G Man

La sfida del Dry Tooling Style, ovvero come rendere più dura una disciplina già molto dura… Testo  Marco Romelli Foto  Matteo Pilon e Luca Zanatta

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Il 17 dicembre 2018 Lele Bagnoli conferma la sua abilità con il Dry Tooling Style realizzando la seconda ripetizione italiana in DTS di Low G Man (D14). 12

n quanto ex pugile e insegnante di boxe, Lele Bagnoli è sempre stato uno sportivo. Proprio insegnando la boxe a un amico alpinista si è avvicinato all’arrampicata e al drytooling. «Cercando tra chi poteva darmi consigli a migliorare mi sono imbattuto in uno dei più forti drytooler italiani: Andrea Arici» racconta Lele. «Purtroppo scomparso a ferragosto del 2018, è stato in grado di farmi innamorare del dry portandomi a scalare nelle sue falesie e presentandomi ai climbers più forti. Da lì la motivazione e la passione sono esplose, anno dopo anno, calamitandomi sempre di più a questo strano, di nicchia e magari poco compreso ma straordinariamente divertente e faticoso sport quale è il drytooling». Uno sport faticoso, sì, specialmente se praticato in Dry Tooling Style-DTS, ovvero escludendo i movimenti di Yaniro. In cosa consiste la tecnica chiamata Yaniro? Si tratta di un movimento piuttosto contorto di sollevamento di una gamba sul braccio (più precisamente, un ginocchio sul gomito) utilizzato


Exploit Dicembre Alpinismo e ghiaccio in principio per l’arrampicata sportiva su roccia e probabilmente inventato da Patrick Berhault. Il suo nome deriva da quello di Tony Yaniro, celebre per aver risolto la dura Chouca (8a+), a Buoux, utilizzando questa tecnica. Lo Yaniro serve per spingersi più lontano in assenza di appoggi decenti e, anche se abbandonato in arrampicata sportiva, è ancora ampiamente praticato nel dry per superare le sezioni più strapiombanti e per non “perdere i piedi” sotto i tetti.

LA DISCIPLINA DEL DRY È “ PERÒ IN CONTINUA EVOLUZIONE

E L’ELIMINAZIONE (O L’USO “MODERATO”, EVITANDO IL CONCATENAMENTO SISTEMATICO DI UN GESTO IDENTICO) DELLO YANIRO È SENZ’ALTRO UN FORTE STIMOLANTE: ESCLUDENDOLO, LA SCALATA CON GLI ATTREZZI SI COMPLICA E DIVENTA NON SOLO PIÙ DIFFICILE MA ANCHE PIÙ ELEGANTE. Il DTS ha preso piede innanzitutto in Francia dove, già da qualche anno, si tiene stagionalmente la serie di raduni “DTS Tour”. Uno dei promotori di questi raduni e della stessa tecnica DTS è il francese Jeff Mercier, membro del PGHM di Chamonix e ben noto per le sue imprese con picche e ramponi in giro per le Alpi. Ed è proprio Jeff Mercier che, dalla lontana HauteSavoie, è arrivato fino al Bus del Quai, la falesia total dry chiodata da Matteo Rivadossi sulle sponde del Lago d’Iseo, per realizzare la FA in DTS di Low G Man, il primo D14 italiano, successivamente ripetuto in DTS da Rivadossi e ora anche da Lele Bagnoli. Secondo Lele «Low G Man è una super linea che attraversa tutto l’impressionante tetto della stupenda e maestosa grotta del Quai riunendo parti di due vie. La prima è un D12+ con un passo chiave a dir poco spettacolare, espresso da un movimento lungo per raggiungere una presa e dal successivo pendolo su una sola mano con i piedi nel vuoto. La seconda è la sezione più dura del D13+ di Kamasutra, con l’aggiunta del traverso per poterla raggiungere, dove non si deve mollare e occorre saper convivere con la sofferenza degli avambracci che urlano e le mani che si aprono…». Prendendo spunto dalla testimonianza di Lele, il DTS può essere definito così: spettacolare e… distruttivo! Sicuramente è duro e, per questo, offre alla disciplina del dry un nuovo spunto per avanzare.

Foto: Matteo Pilon (a sinistra), Luca Zanatta (in questa pagina)

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Exploit Gennaio Alpinismo e ghiaccio

Cerro Mangiafuoco Testo  Marco Romelli Foto  Coll. Luca Schiera-Paolo Marazzi

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Exploit Gennaio Alpinismo e ghiaccio

Alpinismo esplorativo nel cuore del Campo de Hielo Patagonico Norte

Tra la fine di dicembre del 2018 e l’inizio di gennaio 2019 Luca Schiera e Paolo Marazzi si sono regalati un’esperienza di vera avventura in uno degli angoli più selvaggi della Patagonia: il Campo de Hielo Patagonico Norte.

A

ccessibile solo con lunghi percorsi a cavallo e a piedi, attraversando laghi e torrenti, il Campo de Hielo Norte è un’area di circa 4200 km2 ricoperta da ghiacciai interconnessi e completamente inclusa nel Parco Nazionale Laguna San Rafael, nella regione cilena di Aysén. Nel nord di questa vasta superficie glaciale si eleva il Monte San Valentín, intorno ai 4000 m di quota, la seconda cima più alta della Patagonia dopo il Vulcano Domuyo (4707 m).

IL CAMPO DE HIELO NORTE “ È CIRCONDATO DA MONTAGNE

ANCORA IN GRAN PARTE INESPLORATE. UNA DI QUESTE ERA NEL MIRINO DEI DUE RAGNI DI LECCO GIÀ DALLA STAGIONE PRECEDENTE. «Abbiamo programmato questo viaggio sul Campo de Hielo Norte dopo aver visto le foto della montagna che poi abbiamo salito. Il nostro amico argentino Gabi, che aveva scattato le foto, ci ha fornito alcune informazioni essenziali per raggiungere la nostra meta» racconta Luca Schiera. I due alpinisti partono il 24 dicembre dall’Italia. «Il giorno di Natale arriviamo a Coyhaique, poi qualche imprevisto ci costringe a ritardare la partenza, facendoci mancare una buona finestra di bel tempo». Il percorso d’accesso al loro obiettivo parte da Puerto Bertrand, sul lago omonimo. Da lì Luca e Paolo attraversano un altro

lago, il Plomo, e lungo la valle del Río Soler raggiungono il Ghiacciaio Nef, che li condurrà al Campo de Hielo Norte. «In tre giorni di complicato avvicinamento riusciamo a mettere piede sullo Hielo. Appena in tempo per vedere alcune pareti prima del ritorno del vento, che presto si alza con tutta la sua forza fino a respingerci di nuovo verso valle, al riparo». Dopo alcuni giorni di pioggia trascorsi in attesa, accampati nel bosco, arriva una nuova tregua di un giorno e mezzo. Luca e Paolo tornano sui loro passi e, alla sera del secondo giorno di marcia dalla tenda, scavano una truna alla base della montagna dei loro sogni. Prima che cali la notte individuano una possibile via di salita lungo il suo spigolo orientale. «Il giorno dopo partiamo all’alba risalendo il colle sotto lo spigolo est. Affrontiamo innanzitutto alcuni tiri di misto per accedere allo spigolo, poi continuiamo fra creste, fessure ghiacciate e camini puntando direttamente alla parete finale, solcata da tre fessure parallele. Da lì con altri due tiri lunghi arriviamo alla cresta sommitale che in breve ci conduce in vetta. La giornata è perfetta, calda, senza una nuvola ma soprattutto senza un filo di vento. Dalla cima possiamo osservare tutta la distesa ghiacciata disseminata di montagne in lontananza». Battezzata Cerro Mangiafuoco, la montagna scalata dai due Ragni si eleva nei pressi del limite orientale del Campo de Hielo Norte e del Ghiacciaio Nef. Secondo le misure dei primi salitori è alta poco meno di 2000 m. La via tracciata si chiama L’appel du vide e oppone difficoltà di 6c e M4 per 400 m di dislivello.

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Report Alpinismo e ghiaccio [1] Paolo Marazzi Luca Schiera, L’appel du vide Foto: Coll.Marazzi Schiera

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Gennaio 2019 5 gennaio / Antartide

Continua l’avventura di Danilo Callegari con la sfida delle Seven Summits, la conquista delle sette cime più alte nei sette continenti del pianeta. A queste salite Danilo aggiunge anche imprese nell’ambito di altre attività outdoor: kayak, sci, corsa e volo. In questo caso, siamo nel gelo dell’Antartide, dove Callegari ha conquistato la vetta del Monte Vinson, quarta tappa del progetto, per poi gettarsi in volo e sorvolare il continente più freddo del pianeta!

13 gennaio / Cile

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Missione esplorativa in Patagonia per Paolo Marazzi e Luca Schiera. Nell’estesa e poco esplorata area del Campo de Hielo Norte i due Ragni riescono a salire una nuova cima ancora inviolata, che battezzano loro stessi con il nome Cerro Mangiafuoco! Una vera e propria esplorazione in tutto e per tutto, dall’avvicinamento, all’arrampicata fino al

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ritorno. La via prende il nome de L’appel du vide: 400 metri di 6c/M4.

14 gennaio / USA Ardita salita nel deserto dello Utah per Cassady Bindrup e Casey Elliott. Sul pinnacolo del Titan alle Fisher Towers effettuano infatti la seconda salita in libera dell’agghiacciante Sundevil Chimney, la Direttissima del Deserto, via di 5.13X aperta da Todd Skinner e Tom Cosgriff nel 1993 su roccia fragile e precaria.

24 gennaio / Argentina In Patagonia, Pierre Labbre, Max Bonniot e Léo Billon si confrontano con una delle vie più controverse e famose nella storia dell’alpinismo! Sul Cerro Torre ripetono infatti la mitica Via del Compressore.


MARTIN E FLORIAN RIEGLER IN AZIONE SU UN'INCREDIBILE COLONNA DI GHIACCIO (WI6+) NEL BLETTERBACH CANYON NEI PRESSI DI BOLZANO, ALTO ADIGE. FOTO DI MICHAEL MAILI

Report Alpinismo e ghiaccio

ALPINIST TECH Essenziale, preciso e innovativo: il nuovo Alpinist Tech monopunta, il più leggero fra i nostri ramponi tecnici, è la scelta obbligata per i devoti del ghiaccio e del misto. Design ergonomico, asimmetrico e senza snodi per la massima rigidità, esclusiva punta frontale secondaria per un sostegno senza eguali, sistema di regolazione fine: Alpinist Tech è il rampone che diventa parte del tuo piede. www.camp.it

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Exploit Marzo Alpinismo e ghiaccio

Scalare un cielo di roccia

Edu Marin apre e libera Valhalla sotto il Grande Arco di Getu Testo  Marco Romelli Foto  Karel Downsbrough 28


Exploit Marzo Alpinismo e ghiaccio

7b+, 7a, 8a+, 7c+, 9a+, 8b+, 8a, 8c+, 8a+, 8b, 8a+, 8c+, 8a+, 8a+. Si tratta dell’elenco delle vie di una falesia per top climbers? No, è qualcosa di ancora più impressionante. Questa serie di gradi indica le difficoltà dei singoli quattordici tiri di “Valhalla”, 380 metri di multipitch di cui 200 in orizzontale sotto un tetto.

I

l “mostro” si trova nel sud-ovest della Cina, nella valle del fiume Getu, un luogo umido e remoto dove si nascondono alcune strutture rocciose interessanti. Come il Grande Arco di Getu, un’enorme grotta a tunnel dal cui soffitto pendono stalattiti di varie forme e dimensioni e, a volte, anche scalatori. Soprattutto uno scalatore: questa grotta è stata infatti per mesi l’ossessione dello spagnolo Edu Marin che, supportato dal padre Novato e dal fratello Alex, vi ha tracciato “Valhalla”, una linea che attraversa l’intera volta rocciosa. I primi quattro tiri di “Valhalla” superano la parete verticale che conduce al tetto. Le lunghezze successive attraversano il tetto orizzontale fino all’entrata della grotta, che oppone le ultime difficoltà. Il tratto da fare a testa in giù sotto al tetto è tanto lungo da dare, come afferma lo stesso Marin, «… la sensazione di scalare un cielo di roccia». Il tiro chiave di 9a+ è stato battezzato “Odyn’s Crack” e liberato a metà febbraio. Si tratta di una fessura lunga 35 metri da fare con i piedi all’altezza della testa. Ma a Edu Marin non è bastato liberare tutti i singoli tiri: l’obiettivo era ripetere la via in libera tutta d’un fiato, un tiro dopo l’altro, in giornata, proprio come si farebbe con una qualsiasi via lunga d’arrampicata sportiva. “Valhalla” però non è una via qualsiasi e la sua scalata in libera è costata a Edu lunghi mesi di sforzi atletici, difficoltà logistiche, attese e frustrazioni. Come quella vissuta quando, poche settimane prima del successo, è arrivato scalando in libera fino a L12 ma è caduto a causa del cedimento di una presa. Lo spagnolo però non è il genere di persona che si lascia sconfiggere tanto facilmente.

Il 20 marzo Edu Marin parte prima dell’alba insieme al padre per un quarto tentativo di arrampicata libera dal basso. Il tempo è favorevole: asciutto e ventoso. Edu scala i primi due tiri al buio, quindi continua fino alla “Odyn’s Crack” sentendosi in gran forma. Senza problemi supera questo e anche il secondo chiave della via, ovvero il “chiave della libera”: L12, l’8c+ finale a cui si arriva già prosciugati. A terra alcuni climbers locali seguono i movimenti dell’atleta con il fiato sospeso. Alle 16, dopo 9 ore di arrampicata, Edu arriva all’ultima sosta. Novato e gli spettatori esultano, gridano. Edu no: è troppo stanco. La soddisfazione è grande ma, dopo 200 metri scalando un soffitto, è il momento di riposare…

IL SUO MOTTO È «I LIMITI SONO “ PENSIERI CHE SI NUTRONO DELLA

NOSTRA PAURA DI FALLIRE». ALLA FINE LA SUA DETERMINAZIONE HA AVUTO LA MEGLIO SU TUTTI GLI OSTACOLI.

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Exploit Giugno Alpinismo e ghiaccio

G N C I O M R N M

E T S

ER

La dura legge dell’aderenza in Yosemite Testo  Marco Romelli   Foto  Jacopo Larcher 38


Exploit Giugno Alpinismo e ghiaccio

I climbers anglofoni hanno una parola speciale per designare quel tipo di arrampicata che si utilizza in diedri e camini, da noi indicata di solito come “opposizione”. Loro la chiamano “stemming”.

S

i tratta di spingere con gambe e braccia contro le due facce del diedro o del camino, sfruttando l’attrito per stare in piedi e progredire. È una questione d’aderenza tra superfici. Perché lo stemming sia efficace le superfici devono essere in buono stato: la pelle delle mani deve essere ancora attaccata e integra, come pure la suola delle scarpette; la roccia deve essere asciutta e, soprattutto quando ci si avvicina alla verticale, mostrare almeno qualche rugosità, se non delle vere e proprie prese.

proprio nel tiro chiave: lo “Stemming Corner”, un diedro liscio dalla geometria perfetta che oppone difficoltà di 5.13c/d (più o meno 8a/b) e si sale in parte con la tecnica dello stemming, in parte con una faticosa dülfer.

Nel mese di giugno 2019 le condizioni per lo stemming in Yosemite sono state in gran parte sfavorevoli. Pioggia, umidità, pareti fradice. «Secondo la gente del posto, la primavera del 2019 è stata la peggiore di sempre*» racconta Barbara Zangerl, in vacanza in quella zona insieme a Jacopo Larcher.

PER SALIRE NEL DIEDRO “ BISOGNAVA SPINGERE AL

Solo negli ultimi giorni del mese il tempo migliora. La roccia lentamente si asciuga, le fessure smettono gradualmente di gocciolare. Il momento buono per lo stemming si avvicina. Per Barbara e Jacopo però si avvicina anche la fine delle ferie. Il loro obiettivo originale, il “Nose” in libera, non è possibile: è ancora troppo bagnato. Occorre scegliere una linea che sia in condizioni migliori e possibilmente su El Capitan perché, come dice Barbara:

ESSERE NELLO YOSEMITE SENZA ARRAMPICARE SU EL CAP È COME ANDARE IN PISCINA SENZA TUFFARSI NELLA VASCA”. La scelta cade sulla “Pre-Muir Wall”, una variante alla “Muir Wall” (Yvon Chouinard, TM Herbert, 1965), liberata nel 2007 da Justen Sjong e Rob Miller combinando tratti della “Muir Wall” stessa con “The Shaft”, “The Shield” e alcune nuove lunghezze. La via è diretta, elegante, e raggiunge il culmine estetico

Carichi di materiale Barbara e Jacopo investono i loro ultimi giorni di vacanza per tentare questa salita, in libera e in un “single push”. Come al solito si alternano sui tiri facili e scalano entrambi da primi i tiri difficili fino allo “Stemming Corner”.

MASSIMO CON LE GAMBE IN OPPOSIZIONE E PROGREDIRE IL PIÙ VELOCEMENTE POSSIBILE PER NON FINIRE LA RESISTENZA. SOLO UNA VOLTA RAGGIUNTA LA MANIGLIA ALLA FINE DEL DIEDRO, SI ERA (TEMPORANEAMENTE) SALVI PRIMA DI AFFRONTARE L’ULTIMO DURO PEZZO IN DÜLFER” RACCONTA BARBARA. Purtroppo la dura legge dell’aderenza impedisce a Jacopo, che ha le mani distrutte dalle vesciche, di passare in libera. Barbara invece passa al secondo tentativo e, supportata da Jacopo, continua in libera fino all’uscita, aggiudicandosi così la seconda libera femminile della “Pre-Muir”. La prima femminile e seconda libera assoluta è stata realizzata nel 2012 da Hazel Findlay con James McHaffie e Neil Dyer. * alcune frasi sono tratte dall'articolo Pre-Muir Wall di Barbara Zangerl, pubblicato su UpClimbing #04 sett/ott 2019.

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Exploit Ottobre Alpinismo e ghiaccio

Project Possible

il gioco di Nirmal Purja 14 Ottomila in sei mesi e sei giorni Testo  Marco Romelli Foto  Nirmal Purja Project Possible Ltd

Fino all’inizio di quest’anno Nirmal Purja era un personaggio tutt’altro che noto. L’alpinista nepalese sale prepotentemente alla ribalta quando, con l’ascensione dell’Annapurna (23 aprile), dichiara aperto il suo “Project Possible”, che consiste nel collezionare tutti i 14 Ottomila in soli sette mesi.

È

evidente il riferimento al coreano Kim ChangHo, detentore del precedente record di velocità nella collezione delle quattordici cime più alte della Terra: sette anni, dieci mesi e sei giorni. Riferimenti a parte il Project Possible, come ogni grande progetto alpinistico, sarà un gioco che risponderà a regole proprie. Ossigeno supplementare, trasferimenti in elicottero da un campo base all’altro, salite rigorosamente per le vie normali faranno parte delle regole del gioco di Nirmal, come pure un’impeccabile organizzazione logistica e una precisa attitudine psicologica: il “positive mindset”, pensiero positivo. Citando quanto scrive lo stesso Nirmal sui social network «Nella vita tutto è possibile armati soltanto di un approccio determinato e di pensiero positivo», «Il fallimento non avrà mai la meglio su di me perché sono determinato al successo». Impressionante? Fino a un certo punto, considerando che Nirmal Purja è un ex membro del corpo militare britannico dei Gurkha. Se, da un lato, il suo stile e la sua retorica gli attirano numerose critiche, gli svariati salvataggi in alta quota improvvisati insieme al suo team rendono di lui un’immagine più umana e simpatica. La tattica e l’incrollabile determinazione di Nirmal si rivelano da subito efficaci: l’alpinista raccoglie un successo dopo l’altro, cogliendo al volo tutte le finestre di bel tempo. All’Annapurna seguono Dhaulagiri (12 maggio), Kanchenjunga (15 maggio), Everest e Lhotse (22 maggio), questi ultimi concatenati in un solo

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giorno malgrado il sovraffollamento. Una foto scattata da Nirmal agli alpinisti in coda sulla via normale all’Everest fa il giro del mondo. A un’ultima salita primaverile – il Makalu, 24 maggio – fa seguito una stagione estiva intensa con la conquista di Nanga Parbat (3 luglio), Gasherbrum I (15 luglio), Gasherbrum II (18 luglio), K2 (24 luglio), Broad Peak (26 luglio). La cavalcata riprende a pieno ritmo in autunno con il Cho Oyu (23 settembre) e il Manaslu (27 settembre). La collezione è quasi completa, manca solo lo Shisha Pangma. Proprio questo ultimo Ottomila sembra porre un freno all’inarrestabile collezionista: il governo cinese infatti, in seguito agli incidenti verificatisi nel 2018, ha scelto di chiudere l’accesso alla montagna. Inoltre l’ingresso in Tibet è interdetto agli stranieri a partire dal 1º ottobre per timore di proteste legate alle celebrazioni dei 70 anni della Repubblica Popolare Cinese. Ma come un vero stratega Nirmal riesce a superare anche l’ostacolo apparentemente più insormontabile: la burocrazia. La Cina concede il permesso e Nirmal mette piede sulla cima dello Shisha Pangma il 29 ottobre, sei mesi e sei giorni dopo l’inizio del progetto. Da bravo soldato il suo commento è, semplicemente: «Missione compiuta»! Il Project Possible si conferma infine come tale, ovvero possibile, giocando secondo le regole di Nirmal. E con altre regole, per esempio senza ossigeno supplementare e senza voli in elicottero? La sfida è aperta!


Exploit Ottobre Alpinismo e ghiaccio

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report

2019

falesia


Exploit Gennaio Falesia

Esclatamasters: un altro 9a per

Laura Rogora! Testo  Alberto “Albertaccia” Milani Foto  Marco Iacono

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Exploit Gennaio Falesia

A Perles, la giovane romana festeggia il 2019 a modo suo! 28 febbraio 2016: una ragazzina romana quattordicenne è destinata a scrivere la storia dell’arrampicata italiana in una delle falesie storiche del centro Italia.

A

i tempi la comunità dei climber sapeva poco di Laura Rogora… Sì, si era già distinta come grande promessa dell’arrampicata nei campionati italiani e a 13 anni poteva già vantare salite da 8c. Tuttavia, in pochi avrebbero scommesso che, ancora così giovane, avrebbe potuto essere proprio lei a siglare un traguardo storico come il primo 9a femminile italiano! Eppure, in quel febbraio 2016 fu proprio Laura a salire Grandi Gesti a Sperlonga, guadagnandosi un posto nella storia dell’arrampicata italiana e nell’elitario cerchio delle donne in grado di chiudere un 9a. Come ben sappiamo, un paio di anni dopo Adam Ondra tentò a vista Grandi Gesti, per poi realizzarla al secondo tentativo e sgradarla a 8c+. Poco importa: nel 2017, Laura aveva salito anche il 9a di Joe Cita ad Oliana, ma soprattutto si era continuamente distinta per l’incredibile carattere delle sue salite su roccia. Una serie eccezionale di vie tra l’8c e l’8c+, molte delle quali first ascent nelle falesie “di casa” di Collepardo o Sperlonga. Celebri appuntamenti con la storia con La Morte a Pietrasecca o Wall Street in Frankenjura. Prime salite che sfiorano il 9a con Sitting Bull, La Gasparata o Tomorrowland Extension ancora a Collepardo. Tutto questo senza trascurare un’attività agonistica ricca di successi anche a livello mondiale, in campo giovanile e senior, sia nel boulder che nella lead.

INSOMMA, QUESTA RAGAZZA “ TIMIDA, SORRIDENTE E UMILE

FORSE NON SE NE RENDE CONTO LEI STESSA, MA LA MATURITÀ ARRAMPICATORIA CHE HA RAGGIUNTO ANCORA NEMMENO MAGGIORENNE È UN QUALCOSA DI RARO A LIVELLO MONDIALE!

Arriviamo a questo 2019: la maggior parte dei ragazzi della sua età passano il Capodanno a qualche rumorosa festa in piazza, per tirare mattina ballando o brindando all’arrivo del nuovo anno, prima di crollare e dormire i due giorni successivi… Ma tutto questo non fa per lei, così come per gli altri ragazzi che fin da giovanissimi hanno avuto la fortuna di trovare una passione a cui dedicarsi in anima e corpo! Il Capodanno di Laura parla spagnolo… d’altronde la Spagna è la mecca invernale dei falesisti! Partita alla volta di Oliana, la nebbia l’ha indotta a spostarsi nella falesia di Perles dove si trova Esclatamasters, famoso 9a liberato nel 2006 da Ramón Julián Puigblanque: una via in strapiombo che corre tra canne e lolotte nella prima sezione, per poi trovare un riposo con incastro di ginocchio che introduce alla sezione più difficile, in cui le prese si rimpiccioliscono, lo strapiombo si attenua e la tecnica inizia a giocare un ruolo fondamentale. Laura si trova subito bene su questa via variegata e in pochi giri riesce ad individuare la sua sequenza, tanto che solo un piccolo errore sulla parte finale le impedisce di salirla già al sesto giro. Non ce ne vorranno tanti altri, giusto un riposo e un giro di pulizia per concludere la faccenda in soli otto tentativi… e aggiungere un altro 9a al suo curriculum! Non è scontato trovare arrampicatori o arrampicatrici così giovani che si dedicano con tanto ardore all’arrampicata su roccia: le prime Olimpiadi dell’arrampicata si avvicinano, e Laura è una delle stelle della nostra Nazionale che si è appena qualificata per Tokyo 2020. Inevitabilmente, nel 2019 la roccia potrebbe dover attendere a fronte degli allenamenti previsti. Tuttavia, Laura è giovanissima e non ci sono dubbi sul fatto che sia solo agli inizi di una carriera potenzialmente stellare per l’arrampicata mondiale. Non ci resta quindi che fare il tifo per lei nelle prossime gare, per poi tornare a celebrare altre sue grandissime salite nelle falesie di tutto il mondo!

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Exploit Marzo Falesia

Nell’olimpo degli Dei, in quell’elitaria cerchia di climber che sanno andare oltre il 9a, sono ormai molti i tiri disponibili in ogni angolo del mondo. Tuttavia, alcune vie hanno un fascino irresistibile: per la loro storia e per il loro significato, oltre che per la loro durezza!

Testo  Alberto “Albertaccia” Milani Foto  Jan Novak 82

I

l 9a+ è stato un grado che ha aperto le porte al futuro, dopo che per molti anni il mito di Action Directe aveva mantenuto l’asticella fissa mezzo grado sotto. Nessuno aveva osato andare oltre. O forse nessuno aveva saputo andare oltre. Servivano nuovi precursori… Chris Sharma in primis. Era il 2001 e a Céüse nacque il primo 9a+ mondiale con Biographie/ Realization. Una connessione tra tre generazioni di climber: dal chiodatore Lafaille, alla libera del tiro intermedio di 8c+ di Arnaud Petit fino appunto a Sharma. Passarono due anni e a Siurana si scrisse una storia analoga su La Rambla: salita da Alex Huber nella versione di 8c+, allungata da Andrada e liberata da Ramonet nella sua completezza. Due vie diventate riferimenti, pietre miliari. A queste se ne aggiunse una terza più moderna, a simbolo della Spagna come frontiera assoluta dell’arrampicata estrema (con l’unica eccezione di Flatanger): nel 2008, a Oliana, Chris Sharma salì Papichulo, inaugurando la sua opera creativa nella sua nuova terra. Un viaggio iniziato quasi 20 anni fa, in cui queste vie sono diventate il simbolo della nuova era e hanno creato


Exploit Marzo Falesia

Non c’è due senza tre per

Margo Hayes A Oliana sale Papichulo, suo terzo 9a+ una trilogia considerata ormai un classico. Eppure, negli ultimissimi anni è proprio su queste stesse vie che un altro futuro è stato aperto, e le sue tinte sono tutte in rosa! Facciamo un salto indietro. A inizio 2017, la giovane scalatrice statunitense Margo Hayes è ancora un nome come tanti altri. Un paio di 8c+, il primo 9a, una potenziale promessa che deve ancora sbocciare. Non passa molto tempo… In quel febbraio Margo scrive la storia: è lei la prima donna a salire un 9a+, chiudendo proprio La Rambla! La sua foto mentre piange di gioia con le braccia incrociate sul petto fa il giro del mondo e diventa subito un simbolo. Già in passato Josune Bereziartu e Ashima Shiraishi avevano sfiorato il 9a+, ma mai su grado considerato pieno. Improvvisamente, qualcosa cambiò nell’arrampicata femminile, come se un tabù fosse stato infranto. Passano infatti pochi mesi e tocca ad Anak Verhoeven, che, con Sweet Neuf a Vencors, realizza la prima “first ascent” femminile di un 9a+. La storia non finisce qui. Due settimane dopo è ancora Margo a farsi sentire e di nuovo lo fa senza complessi né timori. A Céüse anche Biographie è sua, aggiungendo un altro tassello per

entrare nella leggenda! Ancora una ventina di giorni e Angela Eiter ripete La Planta de Shiva: il primo 9b femminile, un gradino ancora oltre!!! Eppure, l’eco delle salite di Margo sta ancora riecheggiando così forte che paradossalmente l’impresa della Eiter ha molta meno risonanza… Fin qui è storia del 2017. Margo Hayes sembra tranquillizzarsi e non sentiamo più tanto parlare di lei. Qualcosa di eccezionale in arrivo? Infatti… La bomba in questo mese di marzo 2019: ad Oliana, Margo chiude Papichulo, il suo terzo 9a+, completando la trilogia! La Hayes fluttua su questi 50 metri estenuanti, dove “ci si riscalda” sui primi venti di 8c+ per poi affrontare il movimento chiave, dinamico e aleatorio, per resistere poi fino alla catena! Papichulo, la creatura di Chris Sharma. Proprio con vie come queste Sharma si è guadagnato negli anni il titolo di “The King”, e ecco che Margo Hayes è quella Regina che ancora mancava da incoronare! Da marzo non abbiamo sentito più nulla di particolare che la riguardi… forse che il vulcano quiescente si stia preparando alla prossima devastante esplosione?!

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Exploit Settembre Falesia

Fred Nicole, Giuliano Cameroni

e la first ascent “condivisa” di

L’attuale arrampicatore medio cerca storie che parlano di numeri alti, di vie fantasmagoriche, dove tutti sono “felici e contenti” senza troppi problemi. Quindi perché dare spazio a una salita che è “solo” 9a, un highball di 10 metri spittata tra le infinite rocce del Sudafrica?

E

cco la storia. Nel 2014 Fred Nicole è ancora alla ricerca di nuovi progetti in quella Rocklands che è stato proprio lui in primis a sviluppare e viene stregato da un muro di una decina di metri nel settore Roadside. Nel 2015 la linea viene chiodata e può provarla seriamente, trovando un boulder iniziale di 8b+ seguito da una sezione di 8b comunque sostenuta. Nel 2016 chiude entrambe le parti ma tra il 2017 e 2018 deve rivedere tutto, per un problema fisico che lo obbliga a metodi nuovi. Giunto a questo 2019 con una protesi all’anca, Fred ritorna in Sudafrica nell’incognita di come il suo corpo risponderà: tutto è ok, qualche aggiustamento ai metodi, tentativi buoni e meno buoni, ed eccolo arrivare molto vicino a chiudere il suo annoso progetto, emblema di una passione senza limiti. Qui entra in scena Giuliano Cameroni, agli ultimi giorni a Rocklands e reduce da un anno di risultati eccezionali. Il ticinese sa che Nicole sta provando questa linea e gli chiede se può tentarla anche lui.

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Legacy! Fred è in difficoltà perché, come racconta lui stesso su instagram “(…) sinceramente non sapevo cosa rispondere. Nella mia generazione non è usuale provare il progetto di qualcun altro finché la persona lo chiude o lo rende libero. Allo stesso tempo non mi sentivo di dire di no a qualcuno che conosco da quando è nato e che rispetto per le sue performance”. Giuliano non se lo fa dire due volte, senza indugi si mette al lavoro e una settimana dopo, in tre giorni libera Legacy, il primo 9a africano. Due giorni dopo, anche Nicole lo chiude. Su instagram Cameroni rivela che Fred non gli ha detto prima quanto fosse vicino alla salita e propone di condividere con lui la first ascent di Legacy. Aggiunge: “(…) nella mia generazione non tendiamo a mantenere i progetti chiusi, la roccia è libera e ognuno deve poterne godere (…) A mio parere questo è il miglior modo per far progredire il nostro sport, lavorando come un team invece di competere l’uno contro l’altro”.


Exploit Settembre Falesia

A Rocklands, un confronto tra generazioni per dar vita al primo 9a africano. Testo  Alberto “Albertaccia” Milani Foto  Oliver Kruger

La vicenda di Legacy si distingue per questo: un confronto tra due generazioni nel rispetto e nella stima reciproca, tra due visioni di una questione etica spesso controversa.

QUALCUNO POTRÀ RITENERE “ SENZA SENSO MANTENERE UN

PROGETTO CHIUSO DAL 2014, QUALCUN’ALTRO NON CORRETTO IL FATTO CHE CAMERONI NON ABBIA ASPETTATO L’IMMINENTE FIRST ASCENT DI NICOLE. Chi considera assurda a priori l’esistenza di progetti chiusi, chi invece sacrosanta, per l’abbondanza di roccia vergine su cui ognuno può trovare le proprie linee senza doverle “rubare”. Diversi punti di vista, ciascuno con le proprie ragioni, per una questione che in realtà non è

generalizzabile e andrebbe valutata caso per caso. Questa vicenda ha portato alla luce ancora questo tema, fornendo un’occasione per trovare un equilibrio tra passato e futuro, al di là di qualunque egocentrismo. Nell’attuale drastica trasformazione del mondo dell’arrampicata è inevitabile che l’etica evolva anch’essa e che se ne debba discutere, nel rispetto del passato e adeguandola al presente, però sempre ricordando quali sono i capisaldi intoccabili dell’arrampicata outdoor. A parte qualche caso il climber medio non ha contribuito più di tanto alla discussione relativa a Legacy e solo un post ha attirato l’attenzione, per l’offensività da leone da tastiera che l’ha caratterizzato e i soliti conflitti virtuali che ne sono derivati. Tutto questo ad opera di un individuo conosciuto solo per essere il “porta-crashpad” della forte fidanzata e di altri top climber a cui spesso si accompagna, e che qui ha in realtà perso solo una buona occasione per starsene zitto…

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report

2019

boulder


Report Boulder

1

2

3

[1] Pol Roca Catalan, Witness the Fitness Foto: Coll. Roca — [2] Ethan Pringle, Kintsugi Foto: Alex Aristei — [3] Oriane Bertone, The Master Key Foto: Stefano Bertone

Gennaio 2019 3 gennaio / Svizzera Il 2019 si apre con un protagonista italiano, Luca “Bazooka” Rinaldi. Anche Bazooka chiude un conto in sospeso in Ticino, con un’altra linea celebre di Cresciano. Dopo qualche sessione infruttuosa sparsa negli anni, Luca riesce a chiudere la prua in compressione di The Dagger, 8b/b+.

9 gennaio / USA, Svizzera e Spagna È passato tempo dalle ultime notizie boulderistiche che hanno visto come protagonista Ashima Shiraishi. La stella diciassettenne statunitense, la prima ad arrivare all’8c boulder, torna a farsi sentire. In Tennessee, ai Lilly Boulders, sale in pochi tentativi l’8b di Tilted World. In Ticino, invece, Giuliano Cameroni continua ad aprire linee nuove e di valore. L’ultima è Kubalik, un nuovo 8b+ a Brione. Infine, spostiamoci in una Siurana inusualmente protagonista del boulder… Infatti, oltre ai mitici tiri della sua

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falesia, qui troviamo anche belle barre strapiombanti su cui sono stati tracciati diversi boulder anche duri: tra questi Bhai Bon, 8b+ liberato nel lontano 2004 da Dave Graham ma ripetuto solo nel 2018 da Woods e Cameroni. Ora, la quarta salita ad opera del nostro Gabriele Moroni.

Hukkataival ha liberato sull’arenaria nel deserto di Red Rocks, vede un’altra ripetizione. Dopo Takahashi, è infatti Ethan Pringle ad aggiudicarsene la salita, la quinta in assoluto di questa kingline dove tenenza, mente e tecnica si fondono a creare un capolavoro del bouldering.

10 gennaio / Spagna

14 gennaio / USA e Sudafrica

1

Un’altra rilevante ripetizione per Pol Roca, esponente del top bouldering spagnolo recentemente emerso in tutto il suo potenziale! Anche per lui arriva la ripetizione della linea divenuta forse la più famosa di Spagna: alla Cova de l’Ocell, Pol sale Catalan Witness the Fitness, l’8b/c di Chris Sharma. A suo parere e in linea alla proposta originale, sarebbe più duro rispetto all’8b+ suggerito da McLeod e da Schubert (che l’aveva flashato!).

13 gennaio / USA

2

Kintsugi, l’8c di riferimento che Nalle

Isabelle Faus e Oriane Bertone aggiungono altri nuovi 8b alla loro lista già lunga. Per la Faus si tratta dell’impegnativo The Wheel of Fortune nel Clear Creek Canyon, sul quale ha dovuto lavorare a lungo. Nell’incandescente Rocklands invece, Oriane sembra tollerare bene il caldo e chiude l’8b di The Master Key ( 3 ).

16 gennaio / USA

4

Torniamo ancora a Red Rocks, per seguire Daniel Woods in azione su Squoze, l’intensa linea liberata da Jimmy Webb solo poche settimane prima. Daniel ha dovuto


Report Boulder

4

5

[4] Daniel Woods, Squoze Foto: Kevin Takashi Smith [5] Charles Albert, No Kpote Only Foto: Lucien Martinez

faticare non poco su questi movimenti estremamente fisici, ma da ultimo riesce a conquistarsi la prima ripetizione. Sarà proprio lui a rivalutare Squoze a 8c dopo la proposta iniziale di 8b+ di Webb…e non verrà smentito!

18 gennaio / Francia

5

Da Bleau giunge una notizia bomba!!! Charles Albert chiude il suo progetto più estremo… e propone il secondo boulder da 9a al mondo, No Kpote Only! Proprio nella mecca di Bleau, sul masso de La Roche à Claude nel settore del Rocher Brûlé nasce il secondo blocco più duro al mondo, caratterizzato da una decina di movimenti estremi per connettere un traverso verso la destra con il già esistente 7c/8a di Gaia. Una linea non esente da qualche perplessità: la prima legata allo stile di Albert, che, ricordiamolo, scala sempre scalzo; dall’altra la location, un masso deturpato dai graffiti, dove oltretutto

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Exploit Aprile Boulder

The Story of

l’8c più corteggiato al mondo! Raffica di ripetizioni per una delle linee storiche di Cresciano

Testo  Alberto “Albertaccia” Milani Foto  Hannes Kutza e Felix Hofmann

Il protagonista di aprile non è un singolo climber, bensì una delle linee che hanno scritto la storia del boulder e che tuttora costituiscono un riferimento dell’alta difficoltà.

Giani Clement, The Story Of Two Worlds Foto: Hannes Kutza

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F

acciamo un salto nel passato: agli inizi del 2000 Dave Graham ha eletto il Ticino a sua seconda casa e con lui aree come Chironico, Brione e Sonlerto conobbero il loro più grande sviluppo, seguito dal boom mediatico. Dave riprese l’opera creativa di Fred Nicole, dando un contributo fondamentale per diffondere il “verbo” del bouldering. Fu a Cresciano, sul lato opposto del masso su cui Nicole aveva liberato Dreamtime, che Graham liberò una nuova linea estrema: una partenza da terra alla base del grande tetto per ricollegarsi all’ostica prua di 8b di The Dagger. In un periodo in cui 8c “farlocchi” spuntavano come funghi, questa linea era tutta un’altra storia, un mondo diverso: da qui il nome che lo statunitense decise di dargli, The Story of Two Worlds!


Exploit Aprile Boulder

Two Worlds Era il gennaio del 2005 e a dimostrare la durezza di quel boulder furono gli anni che passarono prima di assistere ad una ripetizione. Fu necessario attendere il maggio 2010 e la visita di un altro mostro sacro del boulder mondiale, Dai Koyamada, per la prima ripetizione. Tuttavia, ecco la diatriba: rispetto alla partenza di Graham, involontariamente Dai era partito da una presa più alta e la salita gli venne “annullata”. Due anni dopo, nel marzo del 2012, Koyamada ritornò in grande stile per chiudere i conti, partendo eroicamente da prese ancora più basse e liberando una versione più dura della linea, The Story of Two Worlds Low Start. Il grado che propose fu l’8c+, al tempo uno dei pochissimi esistenti al mondo! Da allora, la linea nella versione originale di Graham ha visto una quindicina di ripetizioni ad opera di tutti i grandi nomi del bouldering mondiale: Paul Robinson, Giuliano Cameroni, James Webb, Jan Hojer e il nostro Gabriele Moroni giusto per citarne qualcuno, fino ad arrivare alla fine del mese scorso, con la ripetizione da parte dell’esordiente Luis Gerhardt, così giunto al traguardo dell’8c boulder. Eppure, la storia non è ancora destinata a finire… Così come ci vollero cinque anni prima della discussa prima ripetizione di Koyamada, ce ne sono voluti altri sei prima che la sua versione low start fosse anch’essa ripetuta! A farlo per primo è stato Christof Rauch, una delle costanti presenze nell’altissima difficoltà degli ultimi anni. Christof ne ha ripetuto la versione low e, con la scoperta di nuove sequenze, l’ha “sgradata” a 8c, imitato dallo sconosciuto Sebastian Cotting solo due

giorni dopo. Sebastian addirittura ha osato affermare che sia 8b+, anche se per due anni ha praticamente vissuto sotto quel masso per chiuderla!

LA SUA VALUTAZIONE È “ UN ULTERIORE CASO CHE FA

RIFLETTERE SULLA LIMITATA ATTENDIBILITÀ DEI GRADI IN ARRAMPICATA, ANCHE A FRONTE DELLO SPECIFICO PROCESSO CHE PUÒ PORTARE ALLA RIPETIZIONE DI UN BOULDER COME QUESTO… Arriviamo infine a questo aprile: infatti, solo in questo mese sono state ben quattro le ripetizioni di The Story of Two Worlds! I primi sono stati il giovane tedesco Leon Fraunholz e lo svizzero Giani Clement, che l’hanno salita in successione nella stessa sessione. Per entrambi questo è il primo blocco da 8c in carriera. Pochi giorni dopo è il turno di Keenan Takahashi, che la ripete in pochi tentativi mentre, all’opposto, sono innumerevoli quelli di Martin Keller, un boulderista che ha fatto del super-super-lavorato la sua filosofia. Infatti, dopo diversi anni dai primi giri, Martin corona finalmente il suo sogno chiudendo The Story nella versione low di Koyamada. Per ora è tutto… ma chissà se The Story of Two Worlds avrà altre sorprese da riservarci per il futuro! Infatti, si vocifera che un’ulteriore estensione in partenza possa essere possibile…

Leon Fraunholtz, The Story Of Two Worlds Foto: Felix Hofmann

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Relazioni e proposte 182


Roccia

Isole Egadi (Sicilia), La Sostanza dei Sogni Gallo (Sicilia), Parete Nuovo Mondo, Sali e Battacchi d Monte Circeo (Lazio), Il coraggio dei vinti d Appennino centrale (Abruzzo), Gran Sasso, Come lacrime nella pioggia d Appennino centrale (Abruzzo), Gran Sasso, avancorpo del Monte Aquila, Maestri muti, Sul filo del rasoio, Felici-Iani, Uomini contro d Alpi Liguri (Piemonte), Cima Pareto, Quattordici agosto d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Punta Vigeusa, Stampo Mellico d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Monte Bianco, Tour Ronde, Lo Couis d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Monte Bianco, Placche di Pré de Bar, Edelweiss d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Monte Bianco, Parete dei Titani, Génépy 3 d Alpi Pennine (Valle d’Aosta), Becca d’Aran, Parete Dorata (settore) d Alpi Lepontine (Piemonte), Bastionata meridionale del Passo di Boccareccio, Intuizia d Alpi Lepontine (Piemonte), Pizzo Fizzo, Sfizzi della Vita d Alpi Lepontine (Piemonte), Pilastro di Pontemaglio, I Guardiani dell’Ossola d Alpi Lepontine (Lombardia), Precipizio di Strem, Il vecchio e il ginepro d Marettimo, d Monte

d Alpi

Retiche Occidentali (Lombardia), Val Masino, Parete del Ponte del Baffo, Tanti auguri d Alpi Retiche Occidentali (Lombardia), Val di Mello, Precipizio degli Asteroidi, Los Amigos d Alpi e Prealpi Bergamasche (Lombardia), Presolana, Zanetti-Gibellini d Alpi e Prealpi Bergamasche (Lombardia), Val Baione, Il Viandante sul Mare di Nebbia d Alpi Retiche Meridionali (Trentino), Val Daone, Ci rivediamo, Paolino d Alpi Retiche Meridionali (Trentino), Val Daone, Nessuno vuole essere Robin d Prealpi Bresciane e Gardesane (Trentino), Valle del Sarca, Cima alle Coste, Via Luca Franz Franceschini d Prealpi Bresciane e Gardesane (Trentino), Valle del Sarca, Parete di Padaro, Zombie d Prealpi Bresciane e Gardesane (Trentino), Vallagarina, Punta Piagù, Psycho d Prealpi Venete (Veneto), Piccole Dolomiti, Via Stefani-Bertolotti d Alpi Retiche Orientali (Alto Adige), Alpi Sarentine, Wasserläufer d Dolomiti (Veneto), Seconda Pala di San Lucano, Via dei ritorni

Ghiaccio e misto Liguri (Piemonte), Punta Marguareis, Rose d Alpi Marittime (Piemonte), Becco Nord delle Scolettas, Smemorandum d Alpi Marittime (Piemonte), Cima del Dragonet, Figli del Drago d Alpi Cozie (Piemonte), Val Varaita, Settore Viva le donne d Alpi Cozie (Piemonte), Valle Po, Protocollo Fantasma d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Valnontey, Hidden Ice d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Monte Bianco, Aiguille Rouge de Rochefort, Spirito di adattamento d Alpi Graie (Valle d’Aosta), Monte Bianco, Grandes Jorasses, Bonino-Bracey d Alpi

Pennine (Valle d’Aosta), Valpelline, Vogue d Alpi Pennine (Valle d’Aosta), Valpelline, Caribe d Alpi e Prealpi Bergamasche (Lombardia), Pizzo di Porola, 80 Primavere d Alpi Retiche Meridionali (Trentino), Dolomiti di Brenta, No Pain, No Gain d Alpi Retiche Meridionali (Trentino), Dolomiti di Brenta, L’Anima del Lupo d Alpi dei Tauri occidentali (Alto Adige), Valle di Riva/Reintal, Räuber Hotzenplotz d Dolomiti (Veneto), Val Travenanzes, Himmelsleiter d Dolomiti (Veneto), Monte Pelmo, Pelmoon d Alpi

In alto: Wasserläufer Foto: D. Ladurner. — In basso: Simon Gietl su Räuber Hotzenplotz Foto: StsLab Salewa

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Vetrina prodotti

multipitch

multip Mammut Eisfeld Guide SO Hooded

La giacca Eisfeld Guide SO Hooded combina perfettamente traspirabilità e flessibilità alla protezione dalle intemperie. La tecnologia Georganic 3D dona alla giacca una vestibilità ottimale. Il particolare taglio a Y è stato sviluppato per supportare i movimenti naturali del corpo e offrire la massima libertà di movimento. L’utilizzo di Gore-Tex® InfiniumTM nelle aree più esposte, protegge maggiormente da freddo, acqua e vento. Il cappuccio a prova di tempesta e i dettagli la rendono una giacca utilizzabile dall’alpinismo classico, all’arrampicata su ghiaccio. www.mammut.com

Camp M20

Grivel Duetto

Duetto è il casco più leggero, con certificazioni CE EN 12492, CE EN 1077/B e UIAA 106, attualmente sul mercato. Il design richiama la superficie sfaccettata del casco Stealth, ma la costruzione è del tutto innovativa in EPP (polipropilene espanso), che consente di coniugare leggerezza (solo 215 grammi) e spessore, garantendo quindi una grande capacità di assorbimento degli urti, sia nella parte superiore che ai lati. È disponibile in taglia unica (vestibilità 53/61 cm) nei colori blu/ grigio/ nero. grivel.com

Ideale per wuscite light & fast, lo zaino da 20 litri CAMP M20 è ricco di soluzioni pensate per rispondere a tutte le esigenze di chi si muove in montagna. L’apertura BackDoor sullo schienale permette un immediato accesso a tutto il contenuto senza rimuovere il materiale posto nella parte superiore, il sistema di ventilazione XAir massimizza il confort, gli spallacci sono ergonomici e traspiranti, il cinturone imbottito, dotato di 2 asole porta materiale, è amovibile per non essere d’intralcio quando si indossa l’imbragatura. Il cappuccio presenta un doppio sistema di chiusura, con zip e coulisse, per evitare aperture accidentali e garantire la massima protezione in caso di maltempo. www.camp.it

Salewa Apex Wall

Ferrino XMT 40+5 New

Scarpa Mont Blanc Pro GTX

Alpinismo tecnico, alta quota e scalata con ramponi su terreni misti sono gli ambienti in cui sfruttare al massimo le caratteristiche del Mont Blanc Pro GTX di Scarpa®. La suola è Essential AC, disegnata e studiata da Scarpa® e sviluppata in collaborazione con Vibram. La fodera è realizzata con membrana Gore-Tex Insulated per offrire massimo calore, comfort e impermeabilità. Disponibile sia nella versione maschile (900 g mezzo paio taglia 42) e femminile (765 g mezzo paio taglia 38). www.scarpa.net

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Per gli alpinisti più esigenti Ferrino propone il nuovo zaino XMT 40+5 New, evoluzione del modello O.P.50 sviluppato in collaborazione con il CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino Speleologico). In soli 950g (nella sua configurazione minima) sono racchiuse tutte le caratteristiche essenziali a renderlo perfetto per ogni occasione. Fascia vita e cappuccio sono amovibili, la chiusura Roll Up 100% impermeabile permette un facile accesso dall’alto e si combina con un’ampia cerniera per l’accesso frontale, il tessuto è in 305 P Ripstop HP Cordura®. www.ferrino.it

Apex Wall è lo zaino sviluppato da Salewa per mantenere più asciutta la schiena degli alpinisti. Il nuovo design Contact Flow Fit, enfatizza l’effetto di micro ventilazione e il comfort per chi deve indossare lo zaino per molte ore. Realizzato in tessuto Robic®, un nylon molto più resistente agli strappi rispetto a quello convenzionale, è dotato di fibbia ad aggancio magnetico: un esempio di semplicità funzionale che permette di fissare la corda con una sola mano, così come il sistema roll-top, che consente di regolare facilmente il volume dello zaino stabilizzando il carico. Gli spallacci sdoppiati non limitano la libertà di movimento delle braccia nemmeno nelle situazioni più complicate dell’arrampicata. Disponibile in due volumi (32 e 38 litri). www.salewa.com


Vetrina prodotti Black Diamond Ultralight Progettata per sci alpinismo, spedizioni glaciali e alpinismo di alto livello, la vite da ghiaccio Ultralight di Black Diamond ha un nome che esprime tutta la sua essenza. Con un peso inferiore del 45% rispetto al modello Express, la vite Ultralight combina una punta in acciaio con un corpo in alluminio e un gancio in alluminio forgiato con due punti di aggancio. L’innovativa maniglia Express, oltre a ridurre il peso complessivo, consente l’aggancio del rinvio sia con la maniglia aperta che chiusa. Gli Ultralight sono anche facilmente identificabili dalla classica combinazioni di colori BD differenziata per lunghezza. www.blackdiamondequipment.com

pitch Grivel Dark Machine

La Dark Machine è progettata per l’arrampicata tecnica, mentre la Dark Machine X è pensata per l’arrampicata estrema su ghiaccio e dry tooling. Estremamente leggere, a soli 490g (Dark Machine) e 495g (Dark Machine X), la loro geometria offre un baricentro sensibilmente spostato verso l’alto, che consente una battuta di gran lunga migliore. La testa in acciaio è compatibile con VARIO Blade System, un innovativo sistema leggero e modulare di accessori intercambiabili e lame (tutti in acciaio) che rispondono alle necessità dei vari specifici utilizzi. grivel.com

Il Geko Ice Pro è un guanto innovativo che garantisce un grip eccezionale sulle piccozze. È quindi perfetto per le cascate di ghiaccio, il dry-tooling e l’alpinismo tecnico. L’eccellente presa sugli attrezzi è assicurata dagli inserti in Pittards Armortan® sul palmo e sulle dita. Questa pelle speciale è caratterizzata da un trattamento che le conferisce un’aderenza superiore in ogni condizione ambientale, una notevole resistenza e la rende impermeabile. Le prestazioni del Geko Ice Pro sono incrementate dalle dita preformate a vantaggio della sensibilità. La protezione dal freddo e dall’umidità è garantita dall’imbottitura in PrimaLoft® Gold 60 g/m2 sul dorso e dalla membrana impermeabile Dryzone®. www.camp.it

Camp Impulse CR

La Impulse CR è il top di gamma in casa CAMP, realizzata all’insegna della polivalenza. Caratterizzata dall’innovativa costruzione Smart Webbing Technology, che offre al climber una comodità mai vista. L’imbottitura in EVA espansa traforata e l’interno in mesh 3D assicurano un’eccellente traspirabilità, mentre il sistema DeltaFrame sui cosciali offre grande supporto quando si sta appesi in sosta o durante le calate in doppia. I 4 anelli portamateriale anteriori e quello supplementare posteriore sono studiati per la massima funzionalità, consentendo un immediato accesso a tutta l’attrezzatura in soli 420 g (taglia M). www.camp.it

Camp Geko Ice Pro

Camp Atom Lock

DMM Dragonfly Micro

DMM propone la collezione Dragonfly Micro, il set di protezioni veloci per micro fessure, anche svase. La taglia 1 è la camma da arrampicata certificata (6KN) più piccola della serie, sviluppata per inserirsi in soli 7.8 mm, mentre il numero 6 (9KN) arriva al massimo a 28,3 mm. Sono tutti dotati di fettuccia allungabile e anello TripleGrip. Peso tra 55 e 73 grammi. dmmclimbing.com

L’Atom Lock è un moschettone HMS ad alta resistenza per l’assicurazione durante le operazioni di manovra e le discese in corda doppia. L’ampia apertura garantisce agganci facili e veloci mentre il naso con geometria brevettata SphereLock ottimizza il gioco levamoschettone per la massima sicurezza. Peso 82 g, disponibile in 4 colori. www.camp.it

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