in edicola il 20 marzo 2019
#01 | mar/apr 2019 6.50 €
EDIZIONI VERSANTE SUD
OSSOLA Ossola verticale Balmanolesca Gole di Gondo Il granito nascosto Due perle in Valle Antrona Foppiano Boulder Personaggi: Pellizzon Trad: Cadda Esigo La fabbrica del ghiaccio Falesia: Masera e Ponte Romano Multipitch: Pilastro Nives e 4 proposte moderne Rifugio: Zamboni Zappa Ideas: James Pearson Focus falesie sul mare: Kaimano e Bric del Frate a Finale, tre giorni in Costa d’Amalfi, Cengia Giradili, DWS a Siracusa Climbing Tales: Sean Villanueva Exploit: Artaburu, Meltdown, Sleepwalker, Räuber Hotzenplotz
BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO
D O W H AT Y O U C A N ’ T – B E
WHAT
YOU
CAN!
STORIA DI COPERTINA
004 Per un racconto ossolano di Eugenio Pesci 006 Oltre la materia di Enrico Serino 012 Balma! La misura della realtà di Enrico Serino 018 Gole di Gondo. Le pareti svizzere degli italiani di Vincenzo Pagnoncelli 026 Gondo Yin e Yang. Il terzo polo del granito di Enrico Serino 030 Il granito nascosto. Esperienze esplorative di Pietro Garanzini 034 Salite selvagge. Due perle in Valle Antrona di Alberto Paleari
IDEAS
076 La roccia non ha padroni di James Pearson
FOCUS: FALESIE SUL MARE
082 Falesia: Finale Ligure. Il Delfino e il Kaimano di Marco Tomassini 084 Falesia: Finale Ligure. Il Bric del Frate svelato di Marco Tomassini 086 Falesia: Tre giorni di primavera in Costa d’Amalfi di Oreste Bottiglieri 092 Falesia: Cengia Giradili Baunei Sardegna di Riky Felderer 096 DWS: Siracusa Urban Deep Water Soloing di Massimo Cappuccio
VERTICAL TALES
BOULDER
100 Nella terra dei Cechi. Dove l'umido si combatte con il whisky di Sean Villanueva
PERSONAGGI
104 Falesia: Iker Pou e Artaburu. Un 9... nel tempo perso di Jacopo Larcher
TRAD
108 Trad: Traversi vs Meltdown. Il tiro trad più duro al mondo di Eugenio Pesci
FATTI E MISFATTI
109 Trad: Intervista a Carlo Traversi di Jacopo Larcher
038 Foppiano Boulder. Antichi druidi tra i massi della Val d’Ossola di Dario Rota, Alberto Gibelli e Alberto Milani 046 Maurizio Pellizzon di Fabrizio Calebasso 050 Cadda Esigo (Esigo Cadda) di Riky Felderer 058 The Doors di Riky Felderer 058 NO Chipping di Riky Felderer 060 Piccoli scavi, enormi scavi di Eugenio Pesci
GHIACCIO E MISTO
062 La fabbrica del ghiaccio di Fabrizio Calebasso
PROPOSTE
066 Falesia: Onzo. Una terrazza con vista sul Rosa di Chris Lepori e Vincenzo Pagnoncelli
EXPLOIT
112 Boulder: Sleepwalker. Un nuovo capolavoro nel deserto del Nevada di Alberto Milani 118 Misto: Räuber Hotzenplotz. Misto di classe in Val di Tures di Eugenio Pesci
IL GRAFFIO
121 di Jacopo Larcher
JOLLYPOWER
122 Jollypower: le basi di Alessandro Lamberti
GEAR GEEK
068 Falesia: Ponte Romano. Un'oasi di fresco a bassa quota di Chris Lepori
124 Climbing Cam. Pt. 1 di Fabrizio Calebasso
070 Multipitch: Capo pattuglia chiama Corvo, pilastro Nives di Tazio Ferrari
126 Proposte prodotti
072 Multipitch: Ossola multipitch. Biglietto da visita di Eugenio Pesci e Enrico Serino
DUE GIORNI IN RIFUGIO
074 Zamboni-Zappa. Corde e crashpad al cospetto del Rosa di Giuseppe Miotti
VETRINA
Editoriale
Testo Richard Felderer, Jacopo Larcher ed Eugenio Pesci
UP
climbing, la nuova rivista di arrampicata e alpinismo che si presenta oggi al pubblico, nasce entro un diretto legame di discendenza dal noto annuario UP, che la casa editrice Versante Sud realizza già da molti anni. Il progetto ha quindi radici ben precise e intende seguire una linea culturale tecnica definita, aperta, creativa, ma non casuale né sottomessa alle mode. I componenti della redazione e gli editori, tutti arrampicatori in attività, a diverso livello e con competenze, stili ed interessi differenti ma complementari, sono convinti che l'arrampicata e l'alpinismo siano basati sulla libertà espressiva dei loro praticanti, e che tale libertà vada difesa come essenza irrinunciabile di queste attività. Credono anche, però, che vada promossa e difesa una cultura della montagna e dell'alpinismo fondata sulla conoscenza della loro storia, degli eventi passati e presenti, degli stili, e dell'intrecciarsi delle vicende verticali con il più complesso tessuto della vita di ogni giorno. Certo è possibile arrampicare e fare alpinismo senza attenzione per questi aspetti, ma le montagne e le pareti sono come le persone: quando se ne conosce la storia si fa un passo avanti, si capiscono molte cose di esse, e anche le proprie attività, qualsiasi esse siano e comunque siano vissute – che sia sport, esperienza interiore o puro divertimento – ne risultano arricchite sotto ogni profilo. UP climbing vuole dunque unire componenti diverse, ma non opposte, proprie del mondo verticale, senza separare lo sport, la prestazione, il divertimento dalla storia e dallo spirito dei luoghi in cui si svolgono.
Jacopo Larcher su Gondo Crack, 8c trad , Il Cippo. Foto: P. Sartori
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Questo, nella convinzione di poter intercettare e interessare appassionati di diversa estrazione ed età, dando pari importanza ai gradi, ai luoghi, ma anche e soprattutto alle idee che animano tante scalate, a diverso livello e intento. Un'operazione che riteniamo utile, e per certi versi necessaria, entro una prospettiva di informazione e di confronto ampia e priva di preclusioni, preconcetti, imposizioni radicali e indiscutibili. La rivista, bimestrale, avrà struttura ibrida, caratterizzata da un'ampia parte monografica, di volta in volta dedicata a luoghi del verticale, tematiche trasversali, stili e personaggi. A questa prima sezione ne verrà affiancata una seconda, ricca di focus, proposte e rubriche, tra cui due interventi fissi e, si spera, stimolanti: "ideas" e "vertical tales": un articolo che faccia riflettere, e un breve racconto di roccia o ghiaccio. In questo primo numero si incontreranno la storia, le pareti e i protagonisti dell'arrampicata in valle d'Ossola, dalle gole di Gondo al trad estremo, da Balmanolesca alle pareti di confine più remote e solitarie. Ci saranno poi falesie di mare, riunite in un focus ricco di proposte e luoghi piacevoli, seguite da una presentazione di exploit di alto livello, che spaziano dal boulder di 8c+ al terreno misto sulle Alpi. Infine, Alessandro "Jolly" Lamberti inizierà a suggerirvi i fondamenti per un allenamento consono ai tempi attuali, Jacopo Larcher tenterà di arpionarvi con il suo "graffio", e la storia dei friends chiuderà la rivista con la sua prima puntata. Ecco dunque qui il primo numero di UP climbing, una rivista per arrampicare e per la cultura dell'arrampicata e dell'alpinismo.
Editoriale sottosezione
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Storia di copertina
Per un racconto ossolano Testo Eugenio Pesci
Giochi di luce di primavera in Val d'Ossola. Foto: P. Sartori
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V
al d’Ossola! Se si chiudono gli occhi e si finge di scendere, velocissimi, come da un satellite di Google Maps, dal grande spazio verso la Terra, nell’ultima fase di avvicinamento, quasi istantaneo, ci si troverà sopra un’area ampiamente verde, in parte più scura e in un netto tratto molto bianca. L’atterraggio, che si trasformerà da visuale in fisico, avverrà molto probabilmente dalle parti della Punta Gnifetti, a 4554 mt, in un’epoca ideale, a scelta, oggi oppure il 9 agosto del 1842, quando essa fu salita per la prima volta. Oppure si atterrerà poco lontano, in cima alla Dufour, la vetta più alta del Rosa o, meglio ancora, a qualche centinaio di metri di distanza, sulla Silbersattel, la Sella d’Argento e, guardando verso il basso, con tanta e buona neve, Macugnaga e la Valle Anzasca sembreranno quasi raggiungibili attraverso una infinita e gioiosa scivolata. Volendo invece abbassarsi di più, giungendo dallo spazio digitale, potremmo approdare sulle ultime rocce della Sentinella di Gondo, nel cuore delle verticali e fascinose omonime gole, al confine ossolano con la Svizzera, dove la valle madre principale si stringe, dopo essersi, poco oltre Domodossola, ramificata verso le quote più alte e solitarie dell’Antigorio, della Formazza, del Devero, del Vigezzo.
È UNA TERRA PARTICOLARE “ L’OSSOLA, VICINA ALLE GRANDI
METROPOLI DEL NORD, COME MILANO E TORINO, MA AL CONTEMPO DA SEMPRE QUASI APPARTATA, IN UN CURIOSO CARATTERE A METÀ TRA SCHIVO E SOLITARIO, ENTRO UNA TRADIZIONE MOLTO LEGATA ANCHE, MA NON SOLO, ALLE POPOLAZIONI WALSER.
Se dai ghiacciai e dalle pareti si scenderà verso gli alpeggi e nei primi fondovalle, forse la caratteristica principale dell’Ossola potrebbe essere espressa da un’immagine, da un momento, quello in cui, uscendo da un bosco ombroso, su un pendio, si troverà una radura e in essa una baita, di quelle di un tempo molto lontano che, probabilmente, è vivo ormai solo in alcuni paesaggi alpestri; e poco distante dalla baita sarà normale scorgere un contadino solitario, impegnato nel suo lavoro tradizionale.
Potrebbe darsi che, come a Foppiano, non lontano dalla baita, se si è innamorati scalatori, si abbia la possibilità di rientrare nella quieta magia del bosco per decifrare le forme delle pietre, che attendono solo di essere interpretate da chi le sappia veramente leggere. Certo l’Ossola, in questa sua lontananza relativa, riesce a condensare in uno spazio, sicuramente non vasto, moltissime storie e geografie diverse: Terra di frontiera, Terra quasi di lago, ma separata da esso. Terra di Resistenza, Terra Selvaggia, nel suo cuore misterioso della Val Grande. In realtà, rispetto ad altre celebri zone alpine, a prima vista, metricamente, non la si potrebbe neanche definire molto verticale, eppure proprio sulle sue rocce è presente una moltiplicazione particolare di stili, dal grande alpinismo, all’arrampicata moderna, al sassismo, sino alla più recente fama di tempio dell’arrampicata trad in fessura. Apparentemente frequentata meno di altre aree delle Alpi, l’Ossola riserva delle sorprese, non solo perché negli ultimi anni le sue rocce sono diventate decisamente di moda, ma anche perché sono state salite da molti personaggi di grande livello nel panorama dell’arrampicata contemporanea:
curiosamente, anch’essi si sono spesso mossi nel classico stile del luogo che, eccetto alcuni rari casi, è stato, ancora una volta, schivo e silenzioso. Certo, al di là della vita quotidiana, dei panorami della bassa valle, dello stare a metà fra le pianure del nord e il Vallese, la presenza sovrana del Monte Rosa conferisce a queste zone una dimensione estetica fuori dal comune, e chiunque abbia risalito la Valle Anzasca, in un mattino di tempo sereno, avrà conservato per sempre la percezione del Bello in Natura, al primo apparire della Est del Rosa nella sua luce assoluta. Di essa già tanto si è detto e si è scritto, e non poteva essere diversamente. Noi, attraverso le voci esperte di tanti protagonisti dell’arrampicata e della montagna ossolana, lasceremo riposare i suoi scivoli ghiacciati e i venti che vivono feroci a quattromila metri, ed eviteremo di disturbarli un'altra volta, cercando invece di raccontare il presente e il passato di tante altre rocce, luoghi e pareti: dal piccolo masso al paretone della Pala, dalla fessura perfetta ad incastro alla via quasi dimenticata con tre ore di avvicinamento, magari su una cima secondaria. Un racconto, scritto a tante mani, che parla di un’Ossola particolare, prevalentemente verticale.
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Storia di copertina
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Oltre la materia
Storia di copertina
S
Testo Enrico Serino
L’estroso cantautore Franco Battiato pubblicava qualche tempo fa un album intitolato “Il tutto è più della somma delle sue parti”. Nella prima canzone il ritornello recita: “La linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito”, e questa frase sembra adattarsi bene a tutto il pur variegato popolo arrampicante.
ono infatti i chilometri orizzontali, o quasi, a permetterci di raggiungere la materia prima su cui poi costruire idee, realizzare sogni, elevarci con il corpo e magari anche nel profondo. E la roccia è materia prima abbondante in Ossola, da sempre usata anche per altri e talvolta elevati fini costruttivi... Facciamo allora un giro panoramico, volando in orizzontale come un’aquila che sia in cerca di un’alta rupe su cui fare il nido. Un’aquila molto curiosa e indecisa, perché c’è l’imbarazzo della scelta. All’imbocco della Val d’Ossola, oltre certe inaspettate guglie granitiche sul Mottarone e qualche affioramento sul Mont’Orfano, sono fra i boschi le prime rocce intorno a Gravellona Toce e verso Ornavasso, come la palestra dei Cavalieri e quella del Cannone. Poco più avanti, a siti storici si mescolano nuovi settori: Cuzzago, Nibbio, Anzola, la Parete di Bettole e quella soleggiata balconata sulla valle che è Colloro. È sullo stesso versante anche il più arroccato Castello di Lut, un luogo da intenditori, non a caso valorizzato da uno dei pionieri dell’Ossola verticale come Alberto Paleari. E un sorvolo di contemplazione lo merita anche la cresta selvaggia e seghettata dei Corni di Nibbio, terreno ideale per lunghi viaggi con sali e scendi d’arrampicata primordiale, tanti passaggi su vegetazione e pochi passaggi umani. Sul lato opposto della valle si apre la Valle Anzasca. La maestosa parete est del Monte Rosa si mostra già dalla strada all’altezza dello svincolo di Piedimulera. Lassù è passata la storia dell’alpinismo ossolano e internazionale. Per quanto riguarda l’arrampicata
pura su roccia ci sono il Triangolo della Cima di Jazzi, con una gran via d’ambiente, le alte creste e pareti dei Fillar, le riservate Cime di Ròffel e la superclassica cresta sud-est dello Joderhorn, sempre molto frequentata. Ma c’è più in basso anche il Faderhorn, a picco su Macugnaga, con un bello e più difficile spigolo a gradoni. Più bonarie, se non si considera il precipizio esagerato che fa loro da sfondo, risultano essere le pareti intorno all’incantevole Alpe Pedriola e ai Piani di Rosareccio, dove sono stati aperti itinerari interessanti di media difficoltà a spit. Diverso è il discorso del Pizzo Bianco, con la classica, ma non più tanto ripetuta via dei salti e i suoi severi itinerari d’altri tempi sulla parete sud, a cui se ne sono aggiunti altri di recente, segno che il classico in qualche modo sopravvive. L’aquila si poserebbe poi di sicuro sulla mitica e monolitica Cresta di Santa Caterina alla Nordend, ricordandosi però il suo compito di volare più basso, e allora si limiterebbe a sorvolare ancora le pareti e placche di fondovalle, con vie di più tiri e palestre di roccia presso le frazioni di Pecetto, Staffa e Borca. La valle adiacente, l’Antrona, è una valle di grande tradizione escursionistica e alpinistica classica: ci sono il Pizzo del Ton, per esempio, e poi c’è l’Andolla; ma gli arrampicatori ambiziosi saranno attratti soprattutto dalla grande parete del Mittelrück, dove alla fine degli anni settanta la cordata di due giovanissimi Graziano Masciaga e Roberto Pe aprì l’ardita via Diretta, appena a sinistra di quello scudo liscio che a metà anni ottanta lo stesso Pe con Marco Borgini scalarono con
Il Cippo N. Balducci, Gondo Crack, 8c, il Cippo. Foto: Paolo Sartori
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Storia di copertina
Balma 1 Caroline Ciavaldini su Re Azul, 7b/c. Foto: Riky Felderer
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Balma!
la misura della realtà Testo Enrico Serino
Pam! Te la trovi lì davanti ed è come sbattere contro un muro. Subito dopo ti accorgi che è il metro della dura realtà ossolana, la sua unità di misura. Che questa sia una vera cattedrale dell’arrampicata, un luogo sacro per gli scalatori locali di sicuro già lo sai, quando decidi di andarci per la prima volta. La sua fama la precede.
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Storia di copertina
Gondo Yin e Yang il terzo polo del granito Testo Enrico Serino
Sono un contrasto unico queste alte Gole. Ombre durature si contrappongono a luci fugaci, la terra prevale, ma chi arrampica si sente in cielo. Ci sono la parete calda ma aspra della Sentinella e la repulsiva ma magnetica Pala. Ci sono il Pilastro Grigio, dove l’isolamento dell’avventura verticale si svolge a picco sulla rumorosa e strombazzante strada del Sempione, poi c’è la Parete Nascosta, che nonostante la relativa riservatezza è la più frequentata. Le Gole di Gondo entrano di diritto, con la Valle dell’Orco e la Val di Mello, nel triangolo di stile granitico, dove sin dagli anni settanta e ottanta è passata la storia dell’ardimento arrampicatorio italiano, anche se in questo caso l’Italia rimane pochi chilometri a valle. E ci sono tutti gli ingredienti giusti per un’intensa avventura da versante sudalpino e prettamente “ossolano”.
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are un consiglio su quale via affrontare è un compito piuttosto delicato: quando si consiglia ci si espone, e io preferisco altri tipi di esposizione. Così vorrei dare qui, più che un consiglio, un parere da grande entusiasta di questo luogo, come anche di ogni piega del Sempione. Diciamo che per il principiante non è il luogo ideale dove avventurarsi, a meno che il maestro che lo accompagna non voglia proprio stupirlo... Queste non sono vie plaisir: vi si respira infatti un’aria severa ed è meglio non prendere niente sotto gamba, anche se si è capaci di scalare su gradi alti. Il bravo arrampicatore sportivo potrà trovare pane per i suoi denti, se saprà rispettare le regole di una scalata di più tiri, dove si integrano le protezioni, si indossa il casco e si bussa spesso sulle rocce chiedendo permesso. Dopodiché le esperienze a Gondo potranno risultare speciali e memorabili. YIN – IL LATO OSCURO Da evitare allo stato attuale è purtroppo la super-via Tacchi a Spillo sulla Pala di Gondo, perché sulla sua linea, a partire dal 2004, si sono verificate ripetute
frane che ne hanno rovinato la chiodatura. Anche soffermarsi a lungo nella traiettoria di rimbalzo che si intuisce, vedendo le macchie chiare al centro della parete, non è che faccia stare molto tranquilli... e ho fatto notare la cosa anche a quell’artista svizzero che mi chiedeva informazioni per installare proprio lì, in mezzo alla parete, un visionario occhio di sette metri per quattro, in alluminio lavorato... Sul vicino Pilastro Grigio si nota poi un importante distacco, avvenuto fra il 2010 e il 2011, sul lato sinistro e che ha interessato la parte bassa di La Vita è Bella. La conformazione della parete in quel punto non esclude che ci possano essere altri crolli in futuro. Sulla cosiddetta Parete del Bunker, poco più a monte, c’erano tre itinerari pure interessanti. Solo il conoide detritico alla base suggeriva il fatto che la forma a gran libro aperto di quella parete potesse convogliare tutto quello che i camosci smuovevano sulle cenge superiori. E infatti si erano visti sfrecciare pure bolidi di grandi dimensioni. A capodanno del 2013 il distacco di una “fetta” rocciosa nella parte superiore ha poi interessato tutta la parete, depositando alla base diecimila metri
Meditazione Roberto Serino medita sul Pesce Elettrico. Foto: E. Serino
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Boulder Foppiano
Alpe Foppiano, 1250m Foppiano si tinge dei caldi colori d'autunno, la stagione migliore per fare blocchi qui. Foto: Alberto Gibelli
Una delle più grandi aree boulder d’Italia! Un luogo tranquillo, in cui la natura è ancora incontaminata e dove, a due passi dalla macchina, inizia l’avventura ed è possibile raggiungere a piedi tutti i settori lungo un arco nel bosco. Il grande prato, con tanto di fontana e griglia per il barbecue, un unico albergo/ristorante e un campeggio a 2 km lo rendono una location perfetta per i gruppi di climber e le famiglie. Eppure, Foppiano ha sempre conservato un certo alone di mistero, che ben si addice ad un luogo dove la Magia è ancora forte…
INFATTI, GIÀ BEN PRIMA DELLA “RINASCITA” DEL 2011, CIRCOLAVANO VOCI SULL’ESISTENZA DI QUEST’AREA IN VAL D’OSSOLA CON MASSI DALLA ROCCIA OTTIMA E DAL GRAN POTENZIALE, E IL NOME FOPPIANO INIZIÒ A CIRCOLARE TRA I NON MOLTI BOULDERISTI ALLORA IN ATTIVITÀ. Immancabilmente qualcuno c’era stato e ne parlava con entusiasmo ma, al di là del passaparola, non esisteva nessun’altra informazione, se non qualche promessa mai mantenuta di esservi accompagnati. Tra l’assenza di indicazioni e la maggior vicinanza di area allora in pieno sviluppo come il Ticino o la Val di Mello, Foppiano restò “l’isola che non c’è” del boulder, incrementando la curiosità e il mistero. Paradossalmente, la prima guida a presentarne una relazione è stata la famigerata “IBloc” della GebroVerlag dei Roker, i fratelli tedeschi che hanno visitato in lungo e in largo l’Europa per recensire un po’ piratescamente molte aree delle quali non erano disponibili relazioni…e Foppiano tra queste…
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LA STORIA DEL BOUDER A FOPPIANO La scoperta dei massi di Foppiano risale al 1999, a opera di Andrea Aleotti ed Elisa Fantonetti. Incamminandosi per il Cistella, i due si imbatterono nei massi di quelli che divennero i settori Mezzaluna e Assalto frontale. Al loro sviluppo, seguirono poi alcune linee del settore Prosciugator o linee come Bad Religion, uno dei simboli di Foppiano. Tra i primi locals, si annoverano Mauro Colombo, Marcello Azzari, Fabio Bricalli e un gruppo di climber di Varese, con i quali videro la luce molte delle prime linee impegnative. Bisogna aspettare gli anni successivi al 2002 per vedere entrare in scena Dario Rota accompagnato da Lorenzo Dehò, che esplorano e si rendono conto di quanto il bosco ha da offrire ai boulderisti. Si salta quindi al fatidico 2011, con l’inizio della storia moderna di Foppiano. Dario e Luca Cendou praticamente si trasferiscono qui e, con il fondamentale supporto del Druido, iniziano a spazzolare freneticamente più di un’ottantina di sassi, tra cui l’iconico Sass Fendù. 200 nuove linee vedono la luce! Il 2012 è la prima consacrazione ufficiale di Foppiano: grazie all’entusiasmo dei climber della Way Out di Milano ha luogo l’“Ouverture”, raduno che vede ben 250 partecipanti e la salita di una quarantina di nuovi blocchi con l’evento nell’evento “Liberablocco”. Nella stessa estate, con l’aggiunta anche di Gabriele Palazzo al gruppo, nascono i tre nuovi settori del Sass Giana, del Canyon e le Curve. Foppiano non è più un segreto e la sua magia è ora disponibile a tutti, nello spirito di condivisione e collaborazione che contraddistinguerà sempre il lavoro di Dario, Luca e tutti gli altri. Nel 2013 il secondo raduno “Encore” riscuote di nuovo un grande successo con 300 partecipanti e una cinquantina di nuove linee mentre nel “Rendez-Vous” del 2015, con il sostegno del comune di Crodo, il
Boulder Foppiano Team (in cui sono subentrati anche Annalisa Bergo e Alberto Gibelli) regala agli oltre 300 partecipanti due nuovi epici settori, Torototela e Slurp. Il 2017 è l’anno dei cambiamenti: alcuni membri del team lasciano spazio a nuove leve e Dario Rota, da sempre a capo del progetto, lascia le redini del raduno ormai biennale ad Alberto Gibelli. Da qui nasce il “Deja-vu”, un evento dedicato alla rivalorizzazione delle linee storiche che nel tempo si sono perdute sotto il muschio e che vede ancora oltre 300 partecipanti dare fondo a tutte le loro energie. Nel Liberablocco, originariamente nato come accompagnamento al raduno ma poi divenuto una delle principali priorità per il team, altre 70 linee nuove vengono donate all’alpe. Durante i raduni alcune linee vengono preparate e dedicate ai più piccoli, in modo che i climber junior possano esprimersi e liberare linee nello spirito di condivisione totale. Dal 2018 il gruppo di pulitori si compone principalmente da Dario Rota, Alberto Gibelli, Elia “Il Mohicano” Saletta, Elisa Ciani, Alice Camba e Claudia Aloisio, che per quest’anno stanno preparando il nuovo raduno in un settore speciale: la Terra di Mezzo! Tuttavia, per sapere altro non ci resta che aspettare news e rivelazioni che compariranno senz’altro presto sui social di Foppiano! FOPPIANO OPEN SOURCE Quel che è certo di Foppiano è che il bosco ha ancora una gran potenziale per l’esplorazione, e il team non aspetta altro che climber con la voglia di spazzolare, provare e liberare nuove linee nello spirito di condivisione che finora ha fatto crescere questo grande progetto. Eppure, i sassi qui non hanno solo un nome né sono solo un elenco per riempire le pagine di una guida. Ciascuno di essi racconta una storia, in cui le emozioni, l’entusiasmo e la vita stessa vanno a braccetto con le dita spellate dai tentativi su qualche nuova linea. Storie come quella di Faccia di Pietra, uno tra i tanti blocchi, che Alberto ci racconta: “Nel 2013 in una delle tante esplorazioni vidi spuntare da sotto una piccola frana un diedro perfetto solcato da una sottile crepa nel mezzo, dove solo dita sottili e forti potevano trovare strada. Tuttavia, la base dove poteva esserci una partenza logica e interessante era sotto circa un metro di grosse pietre adagiate una ad una sul sasso, come a proteggere l’ingresso di un mondo nascosto. La bellezza e la purezza di quella linea meritavano davvero un tocco d’amore e ignorai la cosa...primo errore! Dopo giorni di duro lavoro liberai la partenza che per me aveva senso di essere valorizzata e dopo una capillare pulitura e prima sistemazione
della base cominciai con i tentativi per la prima salita… Mi siedo sul crash guardando la linea dal basso per la prima volta e lascio passare qualche minuto…lì forse mi sono innamorato per la prima volta. Parto deciso...spalla, tallone, stringo i denti, incrocio, rimonto il bombè e infilo le dita in quella crepa che
Quinta armata Alice Camba su Quinta armata, 7a, settore Anfiteatro. Estetica linea sbilanciante su microtacche, scelta come passaggio gara per il Deja-vu 2017. Foto: Alberto Gibelli
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Trad sottosezione
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Trad Cadda Esigo Jacket. Parte la stupidera… Alla decima replica è deciso. I nomi delle vie dovranno ispirarsi al film. Nascono così nomi come “La fatina buona del cazzo” “Lucy Thai”, “Sono duro ma giusto”, “Sergente Hartman”, e una trentina di altri tiri, la cui estetica e qualità sono degne di fare bella figura anche in California. E la piaga della scalata sportiva su friend comincia a consolidarsi e diventare “famosa” nel norditalia. Cominciano a girare un po’ di foto di Cadarese e Esigo, e tutti i malati di fessura cominciano a contattarci per avere informazioni. Arrivano quindi contaminazioni da mezzo mondo, che contribuiscono a chiodare, pulire, gradare e sgradare. Celebre fu la volta che un ragazzo dello Utah definì “bellissimo 5.9” un tiro da noi (generosamente) gradato 7a!!!! (5.9 equivale grosso modo a un quinto più!). Oggi Cadarese conta un’ottantina di tiri, Esigo una trentina. Oltre la metà di questi sono definibili “cinque stelle” (nel senso Michelin, non politico) e una manciata di questi hanno attirato persone da tutt’Europa che hanno visitato l’Ossola solo per provare a metterci le mani. Uno su tutti, Sean Villanueva che, non riuscendo a risolvere il tetto di Turkey Crack alla sua prima visita, è tornato dal Belgio in autostop per venire a liberarlo! La storia di queste falesie è evidentemente di amore o odio, non ci sono vie di mezzo. A volte di innamoramenti lenti, di lunghi corteggiamenti. Tutti i “big” delle ultime generazioni sono passati da qui, da Hirayama a Pearson, da Favresse a Larcher ognuno di questi è rimasto stregato da queste linee e ha cercato di scrivere il suo nome nel libretto della storia di questi muri, con libere, nuove linee, o semplicemente con apprezzamenti. Che aggiungere? Per le relazioni, basta rifarsi alle guide cartacee, gli aggiornamenti li trovate nel quaderno trad alla Cooperativa di Croveo, e quello che non si trova bisogna venire a cercarlo di persona. La storia di queste perle ossolane è una microstoria della scalata italiana e alpina, a mio avviso una delle più piacevoli e che ha dato linfa nuova e ampliato gli orizzonti di molte persone.
Cadarese A sinistra, L. Iribarren su Variante Pearson a Beslan Memorial, 7c+, Cadarese. Foto: P. Sartori In questa pagina, sopra, Cadda Friends. Foto: Riky Felderer In questa pagina, sotto, Y. Hirayama su Grazie Riky, 8a, On-sight, Cadarese. Foto: Riky Felderer
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Focus: falesie Focus: sul mare falesie sottosezione sul mare
Siracusa
Urban Deep Water Soloing Testo Massimo Cappuccio
E finalmente arrivò l’estate… Ogni stagione porta i suoi frutti e suoi capricci, e quando a Siracusa entri in un bar e sono esposti i cartelli delle granite, vuol dire che è tempo di dws! In estate la colazione si fa più leggera, i cornetti e il cappuccino cedono il passo alla granita e alla brioche, e anche lo zaino diventa più fresco e leggero, solo scarpette e magnesite, e un telo di spugna al posto della corda e di tutta la ferraglia.
E
state a Siracusa, granite e roccia per tutti i gusti, dalle classiche mandorla o limone, a quelle più sfiziose; gelsi, mandarino o fichi. E lo stesso sulle scogliere, dai classici strapiombi alle più esigenti placche supertecniche. Poi se sei di stomaco forte, puoi anche scegliere una doppia granita di caffè con panna e magari provare un “over top” (tiri di oltre 20 metri metri con tuffo finale), oppure, se sei in giornata easy, gusta una fresca granita alle fragoline di bosco e poi rilassati su un lungo traverso a pelo d’acqua. In fondo stiamo parlano di estate, vacanze, mare e divertimento e quindi quale miglior modo per rimanere attaccati alla roccia, ma in un ambiente più di “stagione”, e comunque senza mai abbassare la guardia. Il dws è un forte connubio tra roccia e mare, bisogna saper arrampicare, nuotare e soprattutto tuffarsi, o meglio ancora cadere bene in acqua. I voli da grande altezza incutono sicuramente timore, ma riuscire a salire una lunga linea ti regala una scarica d’adrenalina che non ti scordi più. Ma fare dws può anche significare una rilassante giornata al mare, con gli amici, qualche passo da provare, magari non troppo alto e tanta voglia d’estate. A Siracusa, il DWS nacque circa venti anni fa, con uno spirito un po' meno sportivo e un po' più vacanziero, inteso come vacanza dalla palestra e dalle falesie. I locals del Gruppo Roccia Siracusa (Riccardo, Roberto e
Pio) iniziarono a salire le prime linee sul mare. In barca si costeggiavano le scogliere vicino la città e dove non sembrava troppo alto o troppo difficile si saliva e ci si tuffava. Come racconta lo stesso Pio “… in quell’epoca non sapevamo nemmeno dell’esistenza del temine DWS né che da altre parti fosse una pratica giá diffusa e strutturata (vedi UK e Maiorca). In pratica andavamo a fare il bagno e a scalare con mani e scarpette completamente bagnate (e niente magnesite!) facendo una sorta di DWS in maniera inconsapevole. Si arrivava a nuoto all’attacco delle vie e dall’acqua stessa si partiva, spesso scivolando a causa di prese o appoggi bagnati da noi stessi. Per non parlare poi delle mani distrutte dallo stare ore ed ore con le mani bagnate... follia pura!” Poi negli anni arrivarono forti climbers forestieri, Marco Nescatelli da Roma, Neil Gresham dal Regno Unito e il tedesco Daniel Jung e tanti video di Deep Water Soloing. Il loro approccio nettamente sportivo, portó alla realizzazione di tiri impegnativi, imprimendo un nuovo slancio al DWS siracusano. Adesso, da una decina d’anni a questa parte, il Team “DWS SicilyPsicobloc” capitanato da Simon Piera, Christian Leube e Roberto Zampino organizza regolarmente uscite durante tutta l’estate, e così che sono stati scoperti tanti settori e salite numerose vie lungo tutta la costa a nord di Siracusa e nella bellissima Riserva marina del Plemmirio.
Deep Blue DWS a Siracusa. Foto: Roberto Zampino
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BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Marzo 2019. Anno I. Numero 1 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Jacopo Larcher Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa Copertina Barbara Zangerl su Lo sceriffo di Cadda, 7a, Cadarese Foto: © Jacopo Larcher Grafica Tommaso Bacciocchi Impaginazione Stefano Vittori Hanno collaborato Oreste Bottiglieri, Fabrizio Calebasso, Massimo Cappuccio, Tazio Ferrari, Lorenzo Frusteri, Pietro Garanzini, Alberto Gibelli, Alessandro “Jolly” Lamberti, Chris Lepori, Alessandro Manini, Matteo Maraone, Alberto “Albertaccia” Milani, Giuseppe “Popi” Miotti, Vincenzo Pagnoncelli, Alberto Paleari, James Pearson, Dario Rota, Enrico Serino, Marco “Thomas“ Tomassini, Sean Villanueva O’Driscoll Versante Sud Srl Via Longhi, 10 – 20137 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it © Giampaolo Calzà
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