UP CLIMBING #21 - ALLENAMENTO

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divertente / Lattice , un sistema integrato per l’allenamento / Beastmaking / Progetto Accept / Variatio delecta / Allenarsi per un 9C / Allenamenti patagonici / Intervista a N. Gresham Medicina : I pericoli dell’allenamento Psicomotricità Arrampicata terapeutica Recensione The Science of Climbing and Mountaineering Luoghi San Bartolo Exploit Sardinia felix

DI COPERTINA I tre grandi temi dell’allenamento / Senza passato non passi / Allenamento giovanile / Tecnica e ripetizione / Climbsthenics  / Domande dal passato e nuove prospettive della ricerca scientifica in arrampicata / Considerazioni sulle strategie di allenamento della combinata olimpica / Allenare le sospensioni per aumentare forza e resistenza di dita per l’arrampicata / La sfida mentale seria e

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO ALLENAMENTO EDIZIONI VERSANTE SUD #21 | nov/dic 2022 8.00 € in edicola il 20 novembre 2022 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR STORIA
© Lorenzo Poli

Sommario

004 Editoriale di Eugenio Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 I tre grandi temi dell’allenamento: tecnico-fisico-mentale di Alessandro Lamberti

018 Senza passato non passi di Andrea Gennari Daneri

024 Allenamento giovanile: due dritte… anzi tre. di Roberto Bagnoli

028 Tecnica e ripetizione di Tito Pozzoli

033 Climbsthenics di Gianluca Furiozzi

034 Domande dal passato e nuove prospettive della ricerca scientifica in arrampicata di Eloisa Limonta

038 Considerazioni sulle strategie di allenamento della combinata olimpica (boulder+lead) di Vincenzo de Luca

040 Allenare le sospensioni per aumentare forza e resistenza di dita per l’arrampicata di Eva López

046 La sfida mentale “seria e divertente” di Arno Ilgner

054 Lattice

Un “sistema integrato” per l’allenamento di Sergio Cocco

058 BeastMaking e l’approccio di Ned Feehally di Matteo Di Pierro

064 Progetto Accept di Ramon Maj e Alessandro Colombo

068 Variatio delectat di Fabio Palma

072 Allenarsi per un 9C Intervista a Stefano Ghisolfi a cura di Marco Pandocchi

078 Allenamenti patagonici Intervista a Sean Villanueva di Silvia Rialdi

084 Intervista a Neil Gresham di Marco Pandocchi - Climbing Radio

FOCUS MEDICINA

090 I pericoli dell’allenamento di Mirella De Ruvo e Luca Colombo

FOCUS PSICOMOTRICITÀ 096 Arrampicata terapeutica di Pietro Gatti

RECENSIONE

100 The Science of climbing and mountaineering a cura di Eugenio Pesci

LUOGHI

104 San Bartolo, Cadiz di Massimo Cappuccio

EXPLOIT

108 Sardinia felix di Alexander Huber

IDEAS

112 To Feel Not to Know venti anni dopo di Lorenzo Merlo

116 Di chi sono le falesie? La proprietà privata è un furto di Alessio Conz

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Editoriale

Testo Eugenio Pesci

Il concetto di allenamento è antico quanto lo sport: nella Grecia antica sono innumerevoli gli esempi di atleti che dedicano tempo ad una preparazione specifica nella loro disciplina, nelle palestre o all’aperto. Ma anche nell’arte di arrampicare, già dai primi anni del 1900, sono ben noti i metodi dettagliati e protocollati per migliorare le prestazioni sulla roccia e, in senso più lato, in montagna: da Paul Preuss, attento agli aspetti psicologici, ad Eugenio Fasana che si allenava con i pesi alla Forza e Coraggio a Milano, fino agli esercizi specifici di ginnastica di Emilio Comici negli anni trenta, il filo rosso della preparazione al gesto verticale non è mai venuto meno, ed è anche abbastanza facili da identificare e seguire. Negli anni sessanta, negli Usa, John Gill in questo senso superò tutti, sviluppando un allenamento calistenico quasi scientifico, con molti esercizi importati dalla ginnastica artistica, ed ebbe risultati straordinari nel campo del bouldering. L’avvento dell’arrampicata sportiva in falesia diede poi largo impulso all’allenamento di resistenza, vuoi alla sbarra prima e al trave poi,con infinite trazioni e sospensioni a carico naturale o con zavorra. “Tutto il mondo fa una trazione“ dicevano i francesi negli anni ottanta. Alcuni erano in grado di eseguirla sul mignolo a braccio disteso. Quanto ciò poi fosse utile in relazione al grado è tutto da vedere… La nascita dei muri da arrampicata, dei pannelli e delle palestre indoor ha poi cambiato radicalmente la situazione. L’allenamento di forza pura e resistenza a secco si è ibridato con l’arrampicata su corda al coperto, unendo il divertimento ad un relativo miglioramento.

Giunti all’inizio del terzo decennio del XXI secolo le metodiche di training si sono molto diversificate, specificate, arricchite, attraverso la presenza di più scuole di pensiero e di scienza, con la nascita di figure professionali di allenatori più o meno ricchi di esperienza pratica e di idee innovative.

Certamente il dibattito sulle metodiche, sugli stili, sui tempi e sui luoghi più adatti è oggi, a livello mondiale, assai denso e vivace.

L’esponenziale incremento dei praticanti nel livello entry, in primis indoor, da una parte stimola certamente gli addetti ai lavori a un ancor più specifico impegno nella ricerca di una via comune nella scienza dell’allenamento, ma dall’altra espone certamente i neofiti a una grande difficoltà di scelta rispetto alle tante possibilità che vengono proposte, sul campo, in rete, in pubblicazioni specifiche.

Molto spesso, nelle palestre, si assiste ad una situazione abbastanza paradossale, dove si vedono arrampicatori che salgono a stento il 6b o il 6c cimentarsi in squat con 80 kg, degni di un olimpionico bulgaro degli anni ottanta; altri, che hanno difficoltà tecniche su itinerari facili, impegnati in un duro confronto con le tacche del Pan Gullich o del Moon Board, oppure concentrati in spaccate a 180 gradi forse più utili a una ballerina della Scala che ad una neofita del 7a. Tralasciando ovviamente le spesso non rare e visibili sedute di ascesi mistica e meditazione trascendentale, quando poi raggiungere un fix posto a più di due metri dal precedente diventa un incubo motorio insuperabile, e il minimo volo un pericolo mortale. In poche parole, si sente oggi una forte necessità di chiarezza e di ordine, in un campo molto delicato, non solo per gli inesperti principianti ma anche per gli atleti più evoluti e per gli agonisti, senza ovviamente dimenticare l’allenamento dei giovani e dei giovanissimi. Ecco dunque un numero di Up climbing completamente dedicato al dibattito sul training in arrampicata, con molti pareri diversi, proposte, metodiche, esperimenti e suggestioni, talora opposte ma sempre molto ben motivate.

A questo numero, certamente indirizzato ai praticanti, ma forse di più agli addetti ai lavori, abbiamo chiamato a collaborare alcuni dei migliori esperti italiani, da Alessandro Lamberti ad Andrea Gennari, Tito Pozzoli, Roberto Bagnoli, Sergio Cocco, Fabio Palma, Eloisa Limonta e Vincenzo de Luca, per citarne solo alcuni, e diverse figure importanti nel panorama internazionale, da Eva López ad Arno Ilgner, Tom Randall, Ned Feehally, accompagnati dagli autorevoli pareri di arrampicatori di altissimo livello come Stefano Ghisolfi e Alexander Megos, non dimenticando una puntata sull’alpinismo con Sean Villanueva.

Un numero della rivista dunque che vuole essere un piccolo ma utile contributo per chi voglia documentarsi in maniera non superficiale sulle più recenti idee e metodiche relative all’allenamento per l’arrampicata.

Un focus specifico viene poi dedicato agli infortuni da allenamento, con un denso e puntuale intervento di Mirella De Ruvo.

Come sempre, una godibile parte generalista ci porterà in giro fra falesie, vie e riflessioni sul mondo della scalata, giusto per farci ricordare che, come già sosteneva Patrick Edlinger verso la fine dei favolosi anni ottanta, l’essenziale è comunque “arrampicare”.

© Lorenzo Poli
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I tre grandi temi dell’allenamento: tecnico-fisicomentale

La storia la conoscete tutti: prima c’era solo l’alpinismo, “fare roccia” era un modo di allenarsi per le montagne. Poi, circa 40 anni fa, è iniziata la rivoluzione sportiva. Mano mano si sono andate formando varie sotto-discipline, Bouldering, Free Climbing, Trad climbing, Dry tooling.

Si diceva, allora, che ci sarebbe stata una divisione, che la scalata sportiva si sarebbe separata completamente, e la competizione era vista come una piaga.

Con il senno di poi, a distanza di molti anni, possiamo dire che non è andata cosi male. C’è stata una forte trasformazione ma il vero distacco non è mai avvenuto. Mai come oggi tutte queste discipline sono legate da un unico forte filo conduttore.

Oggi, molto di più di venti anni fa, ma anche di dieci anni fa, chi scala su vie a più tiri spesso pratica anche il bouldering, chi fa bouldering va anche in montagna, chi pratica l’alpinismo frequenta le palestre, chi va nelle palestre esce in falesia e in inverno scala su ghiaccio. Pensate a Honnold, Edu Marin, Zangler, Favresse, Zeni, Jacopo Larcher, Della Bordella e molti altri. Questa “contaminazione” non sussiste solo nell’alto livello: quando mi chiedono programmi di allenamento, sempre più persone cercano un allenamento che vada bene per le vie a più tiri ma anche per la falesia, per il bouldering, e magari anche per le cascate di ghiaccio.

6 Storia
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La maggior parte dei giovani alpinisti di oggi sono anche forti falesisti. Prima questo succedeva con meno frequenza.

La separazione totale non c’è stata, possiamo ancora comprare una rivista che si chiama UP-Climbing, e leggere un articolo sulla coppa del mondo di bouldering, girare pagina e trovare un reportage sulla scalata trad

Ovviamente noi allenatori dobbiamo tenere conto degli obiettivi primari perchè non si può allenare bene tutto, ma il contesto è questo, io ci sto dentro da quaranta anni e tocco con mano: c’è una crescente multidisciplinarietà.

Quindi: trasformazione, si, ma in meglio. Non rivoluzione. Sono passati quaranta anni, quasi non ce ne siamo accorti, ma quella way of life che lega tutte le varie forme di scalata è rimasta più o meno la stessa. Per quanto riguarda i sistemi di allenamento, il consiglio che do agli allenatori è questo: cerchiamo di tenerci quello che c’era di buono nel vecchio, ma impariamo alla perfezione tutto ciò che il nuovo ci ha portato.

Le teorie dell’allenamento sono un po’ come le teorie alimentari; ogni cinque anni cambiano, vengono

sostituite da altre; ma se le sfrondiamo dalle mode e dalle “fuffe”, alcuni concetti restano sempre validi, altri, nuovi, si aggiungono a quelli ormai acquisiti, alcuni, finalmente, vengono eliminati.

Da sempre, nei miei lavori, ho grossolanamente diviso l’allenamento in tre grandi categorie: tecnico-fisicomentale.

Pur sapendo che sono indissolubilmente legate, per semplificazione analitica, vorrei utilizzare questo schema anche in questo articolo.

ALLENARE LA TECNICA

In alcuni sport la tecnica coincide con il risultato. Non è questo il caso dello sport climbing, dove la tecnica è “solo” uno strumento per raggiungere il risultato. A differenza dei tuffi o della ginnastica, potrei scalare malissimo (secondo i canoni tecnici di ieri), ma arrivare al Top, e vincere comunque. Quindi, come si definisce la tecnica, nel campo del climbing? Ciascuno di noi possiede delle capacità legate alla condizione fisica come forza, resistenza e flessibilità. Esse sono in parte dovute alla propria morfologia

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Storia I tre grandi temi dell’allenamento: tecnico-fisico-mentale

1995, Andrea nella prima salita di Gladio 8b, Bismantova

Nell’ 87 avevamo capito come scaricare peso misurando bene le prestazioni e si fa così tutt’ora

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In scalata non è così, oppure lo è molto raramente. Il salto generazionale è percepito come un ostacolo, l’esperienza dei “vecchi” sembra spesso contare come il due di coppe a briscola quando sotto c’è denari. Tanto si trova tutto sul web. La banale constatazione che le competizioni di arrampicata siano cambiate negli ultimi vent’anni, fatto innegabile segnatamente per il boulder, viene spesso utilizzata come alibi generalizzato per resettare tutto quanto c’è stato prima della generazione corrente. Tutta l’esperienza, tutto il carico di conoscenze maturate sul come migliorare a 360˚ in scalata, vengono spesso valutati appena meno inutili della spazzatura. Ci sono ragazzi e ragazze che cambiano un allenatore all’anno, cercando una bacchetta magica che dia una veloce risposta alla urgenza di diventare davvero forti, di emergere, di vincere. E questi vanno ancora bene, gli altri trovano tutto sul web. Premessa conclusa, tenetela come sottofondo al resto del discorso, perché ci torneremo sopra. Era il 1984, preistoria del climbing che conosciamo adesso, ma in qualche modo, raccattando cose qua e là, sapevamo di Edlinger e Berhault e di quello che stavano riuscendo a fare al di là del nostro confine. Sapevamo meno di Fawcett e di Yaniro ma, un minuto di silenzio per i millennials, dev’essere chiaro che non esistevano né internet né i cellulari, Gran Bretagna e Usa erano quasi sulla luna. L’importanza del passaparola, dei libri, delle riviste specializzate e delle videocassette (!) era fondamentale per carpire ai big qualche suggerimento utile per allenarsi. Avevamo per esempio imparato che i due francesi erano arrivati a fare mille trazioni nel corso di una giornata. E noi giù duri a provare a fare la stessa cosa. Avevamo visto una immagine di Gullich attaccato al suo… “pan gullich” e noi, senza arrivare ad usarlo sui mono, ci eravamo buttati a costruire dei proto-travi, rigorosamente dotati di strisce di carta vetrata per carrozzieri da incollare dove si sarebbero poi messe le dita, “perchè la roccia è ruvida, mica liscia come il legno!”.

Senza passato non passi

Premessa necessaria: credo che ci siano sport dove i giovani che devono allenarsi hanno un rispetto assoluto, quasi una devozione, nei confronti dell’ allenatore, indipendentemente dall’età e dal suo modo di esprimersi. Nel baseball il pitching coach definisce ogni attimo della preparazione del suo lanciatore, quasi gli dice quante volte deve pisciare e a che ora. E l’atleta lancia e piscia come da tabella.

“INSOMMA, LA STRADA L’ABBIAMO FATTA TUTTA E, A PARTE POCHI SUGGERIMENTI COME QUELLI CHE ABBIAMO APPENA INDICATO, L’ABBIAMO FATTA DA SOLI, SULLA NOSTRA PELLE, IMBOCCANDO UN SACCO DI VICOLI CIECHI PER TROVARE ALLA FINE LE STRADE GIUSTE, CHE SONO POI LE STRADE CHE SEGUONO ADESSO GLI ONDRA E I GHISOLFI. 19 Storia

Ergometri specifici per la valutazione della forza muscolare negli arrampicatori.

M. Philippe, Eur.J.Appl. Physiol.(2012) 112: 2839-2847

L. Vigouroux, J.Biomech (2006) 39: 2583-2592

più realistico possibile e sul campo, non solo la prestazione, ma anche i processi di apprendimento e perfezionamento tecnico.

LE PROSPETTIVE FUTURE DELLA RICERCA APPLICATA ALL’ARRAMPICATA

I filoni di studio attualmente in corso nell’ambito dell’arrampicata sono ben lontani dall’essere giunti a dei punti fermi. Tuttavia, in conseguenza della rapida evoluzione che l’arrampicata sta avendo, in direzioni ancora non del tutto prevedibili, è possibile ipotizzare alcuni degli scenari di studio che si apriranno a breve termine:

• Differenziazione delle caratteristiche peculiari dell’arrampicata indoor rispetto a quella outdoor. Ad alto livello, il contesto indoor diverrà, probabilmente, quello in cui verrà ricercato l’innalzamento del limite delle prestazioni. La tracciatura artificiale prenderà le distanze dalle caratteristiche ritrovabili sulla

roccia naturale e la preparazione fisica/allenamento dovranno seguirne le richieste.

• La nuova tracciatura avrà delle ricadute sulla tecnica di movimento che vedrà un coinvolgimento globale del corpo (movimenti molto dinamici, compressioni, rimonte, corse su volumi etc.) e una contaminazione di gestualità mutuate da altre discipline sportive come il parkour e la ginnastica artistica. La capacità di interpretazione, gli aspetti decisionali e strategici e la capacità di gestione dell’ansia verranno ulteriormente sollecitati e diverranno sempre più determinanti per la prestazione. Gli studi in questa direzione sono solo in una fase iniziale e ci sono molti ambiti e dettagli da investigare.

• A livello traumatologico, l’evoluzione della gestualità specifica porterà ad una diversificazione delle principali sedi di infortunio acuto e da sovraccarico, con una verosimile riduzione dell’incidenza a carico delle dita ed un aumento a carico di altri distretti muscolo-articolari (spalla, gomito, ginocchio). La ricerca relativa agli infortuni acuti e da sovraccarico, ben dettagliata sulla situazione attuale, dovrà aggiornarsi rispetto a queste nuove problematiche sia a scopo preventivo che di trattamento.

• L’approccio sempre più precoce alla pratica e alla specializzazione dovrà diventare campo di approfondimento. Da un lato andranno studiate le modalità di selezione del talento e i metodi di sviluppo a lungo termine dell’atleta, dall’altro sarà doveroso verificare eventuali rischi di insorgenza di problematiche da accrescimento e patologie degenerative dovute all’allungamento della carriera sportiva.

• In parallelo, la diffusione delle strutture artificiali e l’aumento dei praticanti favoriranno una pratica amatoriale non solo votata alla prestazione, ma al benessere psicofisico ed alla prevenzione o trattamento di alcune condizioni e patologie (ad esempio i paramorfismi giovanili ed il mal di schiena cronico). Questo porterà ad un crescente interesse della ricerca verso le possibilità applicative della cosiddetta ‘climbing therapy’.

• L’arrampicata è uno dei pochi sport in cui, quantomeno nell’ambito dell’attività outdoor, le differenze di prestazione fra generi si stanno progressivamente assottigliando. Il modello funzionale consente di non escludere che, in futuro, potrebbe esserci un sorpasso delle realizzazioni femminili di vertice rispetto a quelle maschili. Se così fosse, nuove prospettive di indagine si aprirebbero per la ricerca, sia nel campo della teoria dell’allenamento che della fisiologia e della psicologia.

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Aldo Anghileri in una pubblicità Vertical Terinda anni ‘80
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Climber Anna Masdea

Considerazioni sulle strategie di allenamento della combinata olimpica (boulder+lead)

È noto che la gara di Combinata Olimpica di Parigi 2024 si svolgerà secondo una modalità differente dalle abituali competizioni inserite nel calendario della Federazione internazionale (IFSC). È previsto, infatti, che la specialità del boulder sarà accoppiata alla lead, mentre solitamente si svolgono in maniera separata l’una dall’ altra.

Nelle diverse competizioni previste per la qualificazione olimpica, l’abbinamento di queste due specialità non avverrà sempre secondo la stessa successione temporale (prima il boulder e poi la lead) e di conseguenza, la differente composizione dell’orario di gara o la diversa successione delle due specialità finiranno per avvantaggiare, di volta in volta, atleti/e con caratteristiche psicofisiche differenti. In alcune situazioni prevarranno gli atleti dotati di maggiore esplosività muscolare, in altre quelli dotati di maggiore resistenza alla fatica.

Effettuata questa necessaria premessa, è importante evidenziare come l’allenamento per la Combinata Olimpica metta in strettissima relazione le capacità coordinative, le modalità di espressione della forza (capacità condizionali)

Testo Vincenzo de Luca “Direttore tecnico Fasi”
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e l’apprendimento tecnico. In particolare, l’ambito dell’allenamento della forza che maggiormente deve essere sviluppato si colloca tra il 30% e l’80% del massimale, con tensioni sia di tipo isometrico che di tipo isotonico, anche di lunga durata, e con attenzione specifica alla capacità di espressione della contrazione muscolare a tutti gli angoli articolari previsti dal range di movimento. Questo lavoro si deve combinare costantemente con la sollecitazione estensiva delle capacità coordinative (capacità di combinazione dei movimenti, di differenziazione, di equilibrio, di orientamento, di anticipazione, di ritmo, di fantasia motoria etc.). L’allenatore, quindi, non deve avere una visione separata dei due aspetti, bensì deve considerare che solamente l’intreccio dei due fattori (come se le capacità coordinative si avviluppassero sulle modalità di espressione della forza fino a diventare una cosa unica), potrà condurre ad un’efficace proposta di allenamento. Al tempo stesso, però, deve saperli guardare in modo differenziato per capire se la performance non cresce a causa di carenze di tipo condizionale o coordinativo. Da ultimo, deve indirizzare il miglioramento delle capacità all’allenamento della tecnica, che rappresenta il più importante processo di adattamento a lungo termine poichè ottimizza l’evoluzione del processo motorio (coordinativo e condizionale). La tecnica deve essere consolidata con un alto grado di padronanza (efficacia biomeccanica), anche in condizioni di fatica (crisi dei sistemi bioenergetici).

È importante sottolineare che gli aspetti coordinativi attengono alla sfera dell’apprendimento e se ben consolidati, anche in assenza di allenamento, peggiorano poco e lentamente. Gli aspetti condizionali, al contrario, attengono alla sfera degli adattamenti biochimici e fisiologici e in mancanza di allenamento, scadono molto di più e molto più rapidamente. La tecnica, infine, è legata all’apprendimento delle abilità motorie impiegate in situazioni specifiche ed ha un andamento a migliorare se l’allenatore riesce ad analizzare il gesto motivando l’atleta a perfezionarlo nei diversi contesti, altrimenti presenta anch’essa una rapida involuzione.

Per essere efficace, l’allenamento del combinatista deve ricercare alcuni importanti scopi: • migliorare le prestazioni attraverso l’applicazione di un programma di allenamento e di gare progressivamente più qualitativi, che consentano di fornire stimoli crescenti dal punto di vista condizionale e proposte motorie via via più complesse dal punto di vista coordinativo; • consolidare le prestazioni, mediante la ripetizione degli esercizi di allenamento e di gara, per consentire di rafforzare gli adattamenti fisiologici e

l’assimilazione delle abilità sul piano coordinativo; • prevenire gli infortuni, favorendo un adattamento progressivo e adeguato ai carichi di lavoro.

La buona riuscita dell’allenamento può essere perseguita osservando il principio della continuità, che prevede, dopo un impegnativa seduta di allenamento, di svolgere una seduta di analoghe caratteristiche ad un intervallo di tempo sufficientemente ravvicinato; il principio della gradualità, che si esprime nello sviluppare intensità di carico progressivamente più elevate da un ciclo di sedute all’altro e nell’alternare sessioni di allenamento con carico elevato a sessioni con carico basso; il principio dell’alternanza, che pianifica, nella preparazione, la proposta a rotazione delle numerose capacità coinvolte in gara; il principio della completezza che riproduce, nell’allenamento, la stessa complessità del modello specifico di gara. Il rispetto dei principi sopra esposti non garantisce di per sé l’efficacia del sistema di allenamento. Quest’ultima, infatti, è strettamente collegata all’individualizzazione del programma di allenamento, che richiede un continuo processo di raccolta dati, analisi, valutazione ed aggiustamento dei contenuti delle sedute. In conclusione, si può affermare che il differente e continuo abbinamento dei fattori citati (capacità coordinative, capacità di espressione della forza, abilità tecniche specifiche) durante tutto l’arco della preparazione, con una differente percentuale di impiego a seconda dei periodi dell’anno, costituisce il nucleo centrale della preparazione dell’atleta della Combinata Olimpica.

L’allenamento dell’atleta di Combinata deve mettere in relazione le capacità coordinative, le modalità di espressione della forza e l’apprendimento tecnico, creando un equilibrio ottimale fra le componenti.

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meglio. Alex ha volontariamente posto la sua attenzione su ciò che lo limitava in passato per migliorare il suo approccio mentale. L’unico punto debole è il modo di vedere le aspettative. Così, ho scritto ad Alex suggerendogli di sperimentare la prospettiva “e/e” con le aspettative. E invito anche voi a provare.

Capire la relazione tra la prospettiva “e/e” e le aspettative ci aiuta ad allineare la nostra attenzione agli sforzi che compiamo mentre arrampichiamo, agiamo e viviamo. Inoltre, diminuisce la frustrazione, l’eccessiva autocritica e l’impazienza, trasformandole in curiosità, compassione verso noi stessi e pazienza, che aiutano concretamente la performance, aumentano il divertimento e migliorano anche la nostra salute.

Questo è il punto fondamentale che vorrei vi rimanesse dopo aver letto questo articolo: è possibile cambiare prospettiva per migliorare il proprio approccio mentale. Sapere quando usare ciascuna aspettativa vi aiuta a sperimentare un “divertimento serio”, in arrampicata e nella vita. Potete sia essere seri nei confronti dell’aspettativa di ottenere un determinato risultato sia aspettarvi di divertirvi mentre vi impegnate e accettate volontariamente le difficoltà che sorgono nel processo per raggiungerlo.

POSSIAMO SIA ASPETTARCI DI RIUSCIRE SIA ASPETTARCI DI COMPIERE UNO SFORZO. POSSIAMO ACCETTARE I NOSTRI PROBLEMI ATTUALI E LAVORARE PER UN FUTURO MIGLIORE RISOLVENDOLI. È SOLO UNA QUESTIONE DI TEMPISTICHE: QUANDO STABILIRE QUESTE ASPETTATIVE E CONCENTRARCI SU DI ESSE. IL QUANDO HA A CHE FARE CON IL FLOW, CIOÈ LO STATO IN CUI GLI ATLETI VOGLIONO TROVARSI PER RAGGIUNGERE LA PRESTAZIONE OTTIMALE. IL FLOW È UNO STATO CHE POSSIAMO SPERIMENTARE ANCHE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI.
Pine Creek Canyon, California.
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Storia La sfida mentale “seria e divertente”

LATTICE Un “sistema integrato” per l’allenamento

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Tra le varie proposte per migliorare il proprio stato di forma ed allenamento in arrampicata, anche qui in Italia comincia ad essere conosciuto ed apprezzato il “metodo” LATTICE, che citiamo tra virgolette perché non si può definire propriamente un “metodo”, bensì è un insieme di proposte e soluzioni di prodotti e servizi che, presi sia singolarmente che insieme, promettono di aiutare nel miglioramento delle performance.

Il tutto nasce diversi anni addietro grazie alla competenza ed all’entusiasmo del noto arrampicatore – nonché crack-master – Tom Randall, che partendo dal suo muro personale, mise a punto un particolare pannello formato da alcuni travi di legno inclinati ed incrociati a formare una GRIGLIA: nasce così il primo LATTICE BOARD (ndr: la traduzione di “griglia” in inglese è “lattice”).

Tale attrezzo, che poi darà il nome all’azienda da Tom stesso fondata, diventa lo strumento fondamentale per condurre una serie di esercizi, test e misurazioni volti a raccogliere dati ed informazioni sulla preparazione fisica di ciascun arrampicatore.

Grazie alla buona diffusione di questo particolare strumento (ad oggi si contano nel mondo ben 32 Lattice Board in altrettante palestre di arrampicata) ed alla lungimiranza di aver standardizzato lo strumento ed i test, negli anni sono stati raccolti in un unico Database i dati su migliaia di climber. Questa enorme mole di informazioni, analizzate con strumenti statistici, permette quindi di poter analizzare le perforformance di ciascun arrampicatore e poterne cogliere i peculiari punti di forza e di debolezza e capire quindi in quale direzione orientare un piano di allenamento fortemente personalizzato. Partendo quindi dalle esigenze di atleti che richiedevano un piano di allenamento personalizzato, il team capitanato da Randall ha negli anni sviluppato una realtà oggi molto consolidata che dà lavoro ad oltre 40 persone,

molte delle quali sono coach che scrivono piani di allenamento personalizzati e seguono passo passo - utilizzando una app studiata appositamente –arrampicatori in tutto il mondo. Oltre ai coach, vi sono poi analisti dei dati, ricercatori collegati con le università, sviluppatori informatici, designer per nuovi prodotti, persone che seguono i canali social con la creazione di contenuti e video.

Entriamo ora nel merito di ciascun servizio, iniziando dai servizi di TEST e benchmark, che rappresentano forse il punto maggiormante caratteristico dell’intera offerta, essendo TEST fortemente standardizzati e che possono vantare migliaia di osservazioni e dare quindi indicazioni molto affidabili.

• Test sulla forza delle dita

• Test sulla forza della pinzata È possibile condurli a casa utilizzando strumenti standard; una volta raccolti i dati, essi possono essere inseriti nei form dedicati del sito, ricevendo

“ECCO QUINDI CHE PARLARE DI LATTICE È PARLARE DI UN VERO E PROPRIO “SISTEMA INTEGRATO” FOCALIZZATO ALL’ALLENAMENTO PER L’ARRAMPICATA, DOVE CIASCUN ARRAMPICATORE PUÒ DECIDERE SE UTILIZZARE TUTTI O SOLO ALCUNI TRA I SERVIZI PROPOSTI, SIA A PAGAMENTO CHE GRATUITI.
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Nel gennaio 2020 Sean Villanueva O’Driscoll e Nicolas Favresse arrivano in Patagonia. Durante la loro permanenza aprono nuove vie, come la El Flechazo sul Cerro Standhardt, e ne liberano di altre. A metà marzo 2020 Nicolas torna in Europa, mentre l’amico decide di rimanere ancora per qualche tempo. La pandemia però scombina tutti i piani e Sean resta a El Chalten per più di un anno.

Allenamenti patagonici

Intervista con
Villanueva
Intervista e traduzione a cura di
Rialdi Foto
S. Villanueva 78 Storia
Sean
O’Driscoll, ambassador SCARPA
Silvia
Arch.
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Dal 5 al 10 febbraio 2021, in sei giorni, l’arrampicatore belga compie la traversata in solitaria della catena del Fitz Roy. Partendo da sud, Sean sale le sette cime principali più altre tre minori, per un totale di dieci cime (nell’ordine: Aguja de l’S, Saint-Exupéry, Rafael Juàrez, Poincenot, Kakit, Fitz Roy, Val Biois, Memroz, Cumbre Sur e Guillaumet). Tra i fatti salienti dell’impresa: il primo giorno la sua corda viene gravemente danneggiata in tre punti da una scarica di sassi sulla Saint-Exupéry, ma Sean decide “cautamente” di continuare; il terzo giorno, ai piedi del Fitz Roy, Sean festeggia il suo quarantesimo compleanno, dopo essersi già “mangiato” ben cinque “torte di compleanno”; il quarto giorno sale il Fitz

Sean non interessano né la velocità, né l’efficienza. Dalla sua impresa è nato un cortometraggio intitolato

The Moonwalk Traverse, in cui Sean, oltre alla traversata, racconta come ogni giorno si allenava duramente in completa solitudine. Mentre arrampicatori più o meno famosi si ingegnavano per inventarsi allenamenti da svolgere in casa, lui andava a correre sfidando il vento patagonico, nuotava in fiumi gelati cantando a squarciagola vecchie canzoni irlandesi, faceva trazioni mentre fuori pioveva a catinelle e si dava al boulder estremo su massi ricoperti di muschio.

Routine abbastanza inusuali rispetto all’idea di allenamento a cui siamo abituati: accuratamente pianificato e scientifico, in un ambiente addomesticato

Roy, sulla cima del quale intona “An Poc Ar Buile”; per l’ultima discesa dalla Guillaumet, si cala lungo la Brennero-Moschioni invece che dalla Amy a causa del distacco di un grosso blocco che cambia i suoi piani.

La traversata integrale della catena del Fitz Roy, era già stata completata nel 2014 da Tommy Caldwell e Alex Honnold, da nord a sud. La traversata da sud a nord, invece, non era mai stata compiuta e Sean decide di chiamarla “Moonwalk Traverse”. 5 km di estensione lineare e più di 4000 metri di dislivello, con difficoltà fino al 6c. In solitaria. Quando si tratta di terreno facile o cenge, arrampica slegato, ma lo zaino di quasi 30 kg gli impedisce di salire in libera le sezioni più impegnative. Ciò lo costringe a ripetere alcuni tiri 3 volte: un lavoro molto lento e faticoso, ma non è un problema perché a

o su sentieri ben battuti. In genere lo associamo alla palestra indoor, all’allenamento a secco, al moonboard, alle app che cronometrano i minuti e i secondi dei diversi esercizi, al GPS che rileva le tue performance di tempo, dislivello e velocità. Lo associamo alla serietà, al duro lavoro, alla sofferenza e molto poco al divertimento e al piacere. Ciò che colpisce nelle immagini e nel racconto di Sean, forse, non è tanto l’ambiente selvaggio in cui si allena, ma il modo. La sensazione che non ci sia nulla di scientifico, nulla di pianificato o calcolato, ma che sia possibile uscire dai propri schemi mentali e affrontare le cose in modo diverso rispetto a quello a cui ci siamo adeguati o abituati.

Abbiamo chiesto a Sean di raccontarci il suo

80 Storia Allenamenti patagonici

punto di vista sull’allenamento proprio in merito all’esperienza in Patagonia.

Qual è, secondo te, il senso e l’importanza dell’allenamento?

L’allenamento è l’affinamento della mente e del corpo. È un modo di imparare. Un modo di crescere. Non di dimensioni, ma come esseri umani. È una preparazione. Io amo allenarmi. Mi dà un senso di scopo. Tuttavia, non è davvero così importante, è semplicemente un divertimento, è bello ed è un buon modo per superare sé stessi. Esiste il rischio che, non appena si etichetta qualcosa come “allenamento”, gli si conferisce serietà e struttura, perdendo quella parte di spontaneità, creatività e intuizione che sono così importanti in arrampicata e nella vita.

Nelle gare di arrampicata di Coppa del Mondo per esempio, il vincitore non è necessariamente colui che è capace di eseguire il maggior numero di trazioni mono-braccio o di rimanere sospeso sulle prese più piccole. È colui che è forte, ma anche dotato di adattabilità, senso del gioco, creatività e intuizione per decifrare la sequenza dei passaggi.

Ti stai solo limitando se quando vai in palestra di arrampicata la vivi ogni volta come un “allenamento”. Alcuni aspetti possono essere sviluppati solo quando si svolge un’attività per l’attività in sé stessa. “Giocare” può essere un ottimo modo per imparare e crescere, e permette di sviluppare maggiormente spontaneità, creatività e intuizione. Penso che sicuramente l’allenamento abbia un suo ruolo, ma bisogna trovare un equilibrio e forse vale la pena riflettere su ciò che definiamo “allenamento”.

Nelle circostanze eccezionali del 2020, in cui eri lontano da casa in un ambiente selvaggio, hai adattato l’allenamento alle diverse condizioni atmosferiche e ambientali in cui ti trovavi. Come hai scelto e impostato queste attività? Unicamente a sensazione. Mi svegliavo spesso la mattina cercando di ascoltare il mio corpo e il mio spirito. Non sostengo certo che questo sia il modo più efficiente. È semplicemente il mio modo. La mia routine mattutina consisteva in meditare, nuotare nel fiume, fare jogging per scaldarmi e fare un po’ di yoga. Poi, a volte, facevo un allenamento per la forza, che poteva essere con il trave (costruito con materiali di recupero), TRX/anelli (ricavati da una vecchia corda di arrampicata e alcuni tubi per il bagno), sbarra (che in realtà era il mio flauto), oppure un po’ di flessioni e inversioni. Nel pomeriggio facevo boulder o corda sui massi e le pareti intorno alla città.

I giorni in cui mi sentivo stanco facevo solo un po’ di Tai Chi, stretching e suonavo. Spesso fuori infuriava la tempesta e durante i mesi invernali la temperatura poteva scendere fino a -15º. A volte dovevo sforzarmi di uscire dalla mia roulotte e camminare fino al fiume. Ma di solito, a quel punto, le cose si sbloccavano da sole, indipendentemente dalle condizioni. Dopo aver fatto la Moonwalk, un giornalista mi ha chiesto come ho fatto a rimanere in forma senza una palestra! Per me è stato come se qualcuno mi avesse chiesto se è possibile correre la maratona senza il tapis-roulant. Ero in uno dei luoghi più selvaggi e più belli del pianeta. Il mondo stesso è una palestra. Attrezzatura e materiale non sono sicuramente importanti quanto motivazione e spirito.

Quando hai deciso che avresti tentato l’impresa della traversata, come hai stabilito gli obiettivi dei diversi allenamenti per sentirti pronto ad affrontarla in solitaria? Non ho mai pensato davvero che avrei avuto nemmeno una possibilità per provare la traversata del Fitz Roy. Era più come qualcosa di cui potevo sognare. Come la carota che pende dal bastone davanti all’asino. Tranne il fatto che non mi sono mai aspettato di poter mangiare la carota. Non era importante. Semplicemente camminare e guardare la carota per me era abbastanza, era il premio, era già una soddisfazione di per sé. Volevo solo essere il più possibile preparato mentalmente e fisicamente, qualsiasi altra cosa non era importante.

81 Storia Allenamenti patagonici

La fisioterapia, comprendente:

• Terapie fisiche: tecarterapia, onde d’urto, finalizzate ad aumentare l’irrorazione sanguigna nella componente tendinea, notoriamente scarsamente

vascolarizzata.

• Esercizi di stretching e rinforzo isometrico ed eccentrico dei muscoli del gomito sofferente. In linea generale si può dire che la tendinopatia infiammatoria, che si verifica comunemente in risposta a un’attività non abituale o aumentata, richiede di ridurre i carichi e le richieste funzionali per dare al tendine il tempo di riprendersi, e gli esercizi possono essere di natura soprattutto isometrica. Sebbene il loro effetto sul dolore nei pazienti con epicondilite richieda ulteriori studi, le contrazioni isometriche sembrano produrre un maggiore effetto analgesico (riduzione del dolore) rispetto all’esercizio isotonico (concentrico /eccentrico). Viceversa nelle tendinopatie degenerative e più “cronicizzate” gli esercizi di natura eccentrica, ma anche concentrici, sembrano

Focus Medicina I pericoli dell’allenamento 92
Mesoterapia

più efficaci nel favorire i processi di riparazione e “ristrutturazione” (stimolando una maggiore produzione di collagene) della matrice del tendine.

• Terapie manuali: massaggio trasverso profondo (per “micro-traumatizzare” in modo controllato il tendine degenerato e far ripartire i processi riparativi) e manipolazioni per risolvere i blocchi vertebrali e costo-vertebrali cervico-dorsali talvolta all’origine del dolore. Le epicondiliti se non trattate adeguatamente e tempestivamente, possono recidivare o cronicizzare. Vediamo alcuni esercizi di rinforzo muscolare e stretching nel trattamento delle epicondiliti (la modalità di esecuzione e la posologia la trovate descritta dettagliatamente nel libro).

TENOSINOVITE DEI FLESSORI COS’È. La tenosinovite, o infiammazione della guaina del tendine flessore delle dita (sinovia), è la più frequente patologia da sovraccarico che affligge gli arrampicatori.

Contrariamente al dito a scatto, comunemente osservato alla puleggia A1, gli arrampicatori soffrono principalmente di tenosinovite a livello della puleggia A2, e solitamente non è associata a uno scatto. Più colpiti sono il III e IV dito, soprattutto in seguito ad allenamenti in palestra (lavoro troppo intenso, movimenti ripetitivi, troppo poco riposo tra le sedute, bordi rigidi, prese troppo piccole che impediscono l’uso di tutte le dita in arcuata).

Perdurando lo stato infiammatorio, la secrezione del liquido sinoviale, costituito da fibrina, all’interno della

Frizione tendine/puleggia

Compressione su bordo rigido

Tendine/guaina/puleggia
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su

Foto:

Gibilterra, qui l’Africa sembra veramente vicina. Anche su questo versante si trova qualche itinerario chiodato, ma per l’arrampicata sportiva si deve scollinare verso nord e scalare nei settori dedicati. La cara Norte della Zona de Arriba presenta una decina di settori di arrampicata sportiva per un totale di oltre 160 vie, c’è

grande maggioranza di vie tra il 5 e 6 grado, ma non mancano di certo i tiri più impegnativi e difficili.

Settori di TAJO DE BUHO:

Los bordillos 36 vie dal III+ al 7b

Arapiles 25 vie dal 6c al 8b

Mosaico 26 vie dal IV al 8a

Thoco del Mosaico 32 vie dal IV al 8a+

La Plaza 7 vie dal V al 7b

El Panal 16 vie dal IV al 8a

ACCESSO a San Bartolo

Sulla E-5 (ex N-340) Algeciras-Cádiz ci sono due opzioni: arrivare in prossimità del chilometro 69 (N-340) e girare verso Bolonia (Rovine Romane di Baelo-Claudia), due chilometri più in alto prendere l’unica strada asfaltata corsia alla nostra sinistra (accesso ovest) che in poco più di un chilometro ci porta al Betis. L’altro accesso avviene attraverso il versante est; lasciare la strada (N-340) al chilometro 72 lungo una stradina asfaltata (un cartello indica: IL PASSAGGIO È VIETATO. ZONA MILITARE) proseguire fino all’unico bivio (curva a dx). In entrambi i casi si raggiunge il villaggio di Betis, da dove si vede la grande parete nord-ovest. Si parcheggia nei pressi di una grande antenna delle telecomunicazioni, in un ampio spazio dedicato alla sosta auto per i climbers. Tra i dieci e i venti minuti a piedi si raggiungono i vari settori. Si può arrampicare tutto l’anno vista la varietà di settori e orientamenti che offre, ma i periodi migliori sono la primavera e l’autunno. Il clima in questa zona dipendente molto dai venti di Ponente e Levante che provoca sbalzi termici molto variabili durante tutto l’anno.

L’area del Tajo del Búho ha delle restrizioni di arrampicata da marzo ad agosto (alcune aree sono interdette all’arrampicata), per maggiori informazioni consulta il sito http://escaladasanbartolo.blogspot.com.es Visto che si arrampica all’interno di un Parco Nazionale dove sono stati presi degli accordi tra i rappresentati delle associazioni degli arrampicatori e il Ministero dell’Ambiente, si raccomanda di rispettare il regolamento di arrampicata dell’area, si ricorda inoltre che Il campeggio è vietato in tutta l’area.

Local

nel settore Habitacion.

Foto: Massimo Cappuccio

Alberto Corrales Ruiz

su Equinoccio (trad 6a)

nel settore BuitresZona de Arriba San Bartolo.

Foto: Massimo Cappuccio

La località più vicina a San Bartolo è Tarifa, e in quanto importante centro turistico offre ogni tipo di sistemazione e offre infinite possibilità per mangiare e gustare la cucina andalusa.

Tarifa è facilmente raggiungibile dai principali aeroporti del sud della Spagna, i più vicini sono: Jerez, Malaga, Gibilterra o Siviglia.

La guida di rifermento dell’area è ”Escalar en Cadiz” (D. Munilla. 2017).

Può essere acquistato su www.libreriadesnivel.com e nelle palestre di Kiosco Betis (San Bartolo)

Un ringraziamento speciale ad Alberto Corrales Ruiz, Guida d’arrampicata e profondo conoscitore della zona.

Settori della ZONA DE ARRIBA: 1. Los Cernicalos 16 vie dal IV al 6a e un 7b 2. El Cancho 22 vie dal IV al 6b 3. La habitacion 20 vie dal III al 8a+ 4. Los alcornoques 8 vie dal V al 6c 5. Mariano 6 vie dal 6b al 7b 6. Vudu 18 vie dal V al 7b 7. Los buitres 32 vie dal V al 7c 8. La armonica 23 vie dal 6a al 8a+ 9 e 10 Jardin Erotico + Los bloques 18 vie dal V al 7c+
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Alberto Corrales Ruiz Equinoccio (trad 6a) nel settore Buitres, Zona de Arriba San Bartolo. Massimo Cappuccio climbers
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Luoghi San Bartolo, Cadiz
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Luoghi San Bartolo, Cadiz

Ande Nirvana

In puro stile Vintage, sempre più riscoperto e reinterpretato in questi ultimi anni, arriva Nirvana, la nuova tuta Ande, ideale per allenamento e tempo libero. Realizzata con tessuto ispirato a quello delle iconiche tute in terinda, si presenta in un design moderno con immancabili dettagli ispirati agli anni ’80. Disponibile in diversi modelli e colori, donna, uomo e bambino. ande.it

Black Diamond Alpenglow

Perfetta per accompagnarti in tutta la tua sessione di allenamento, ma anche da sfruttare nelle giornate invernali soleggiate che ci attendono, la Black Diamond Alpenglow è una maglia versatile realizzata in tessuto funzionale con protezione solare UPF 50+ e tecnologia di raffreddamento BD.cool. Dotata di una piccola tasca laterale con zip, cappuccio e inserti elastici sotto le braccia per una maggiore libertà di movimento, è sottoposta al trattamento Polygiene per aumentarne il comfort anche durante l’utilizzo prolungato. Fit regolare, disponibile nelle taglie dalla XS alla XL e nelle versioni uomo e donna. eu.blackdiamondequipment.com

E9 Peppino

Per chi non vuole rinunciare a sentirsi climber anche durante il tempo libero, arriva Peppino, Camicia E9, realizzata al 100% in cotone. Calda, confortevole e versatile, curata in ogni minimo dettaglio e con due tasche frontali che la rendono perfetta per essere indossata come camicia invernale o nelle mezze stagioni. Vestibilità regolare. Prodotta in Italia. Colore in foto: tomato check. www.e9planet.com

Rock Experience Aeris

Il pantalone Rock Experience Aeris è un capo leggero ed elastico che assicura la massima libertà di movimento durante le attività aerobiche. Realizzato in tessuto idrorepellente garantisce protezione in caso di maltempo ed è PFC-free, privo quindi di sostanze inquinanti per l’ambiente e pericolose per la salute di uomini e animali. La vita presenta un elastico interno e una coulisse posta lungo tutta la circonferenza che migliorano la vestibilità e facilitarne l’utilizzo con indosso imbracatura anche durante i tratti più impegnativi in parete. Il fondo dei pantaloni può essere regolato tramite sistema a coulisse. rockexperience.shop

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Patagonia Micro Puff Hoody

Per mantenersi caldi tra una sessione e l’atra d’allenamento outdoor, o per proteggersi dalle più varie e sfidanti condizioni di freddo, Patagonia propone la giacca Micro Puff® Hoody Una perfetta comunione tra impegno al sostegno ambientale e lo sviluppo di un capo tecnico di alta qualità. La giacca è infatti realizzata in NetPlus® ripstop ultra-leggero: 100% nylon riciclato da materiale post-consumo, ottenuto a partire da reti da pesca dismesse, offre il miglior rapporto calore/peso. eu.patagonia.com

Wild Country Session AOP

Un abbigliamento perfetto per l’allenamento al femminile è la combinazione proposta da Wild Country con la sua collezione Session AOP. Il top sportivo morbido e con ottimo sostegno è realizzato in misto cotone per grandi prestazioni e ottima resistenza alle abrasioni. I Session Leggins sono stati sviluppati con una tecnologia di tessuti ibridi per valorizzare la prestazione durante l'arrampicata e per muoversi liberamente. La nuova grafica proviene da un progetto chiamato Herbarium, il cui scopo è quello di valorizzare la biodiversità naturale attraverso l'illustrazione di diverse specie di piante. www.wildcountry.com

La Sportiva Katana Laces W

Una scarpetta polivalente e performante, non per sole donne, che nasce dall’evoluzione tecnica ed estetica di Katana Laces. La linguella è in tessuto morbido e traspirante, l’allacciatura con lacci in materiale riciclato al 100%, permette un’ottimale regolazione. La suola è in mescola Vibram® XS Edge ad alta durabilità e grip che permette di scaricare il massimo del peso anche sugli appoggi più piccoli. Questo, unito al sistema P3, permette a Katana Laces di mantenere invariata la forma e tutte le caratteristiche anche dopo molte ore di utilizzo. La versione women, in colorazione unisex, si differenzia negli elementi costruttivi ed è pensata per climber dal peso ridotto grazie a materiali più morbidi e con spessori ridotti capaci di flettere più facilmente adattandosi alle asperità della roccia. www.lasportiva.com

Scarpa Instinct VSR

Dal curriculum leggendario, per aver scalato boulder e vie tra le più dure al mondo, la nuova Instinct VSR di SCARPA è ottima anche per l’arrampicata indoor, specialmente per il bouldering moderno. Una scarpetta polivalente, grazie alla sua forma poco asimmetrica e una arcuatura media dell’alluce, dal tallone potente e punta precisa. Tomaia in microfibra e suola Vibram XS GRIP2. www.scarpa.com

Versante Sud Clean Climbing

Allenarsi alle tecniche di incastro, a saper scegliere la giusta protezione in modo rapido ed efficace ora è possibile, grazie al nuovo manuale della linea Performa edito da versante Sud. In Clean Climbing  Maurizio Oviglia e Michele Caminati presentano tutti gli strumenti per sviluppare una buona tecnica di protezione nelle palestre naturali, che porti poi facilmente all’utilizzo di strumenti a incastro anche su vie lunghe, per chi già è in grado di muoversi su pareti multipitch protette tradizionalmente. Nel manuale anche la storia e la cultura alpinistica, che hanno contribuito all’evoluzione nello spazio e nel tempo di questa disciplina, 31 schede biografiche dei principali fuoriclasse di questa attività e, perché questi insegnamenti teorici non rimangano inattivi in un cassetto della nostra mente, gli autori propongono una serie di località in Italia e in Europa dove poter applicare quanto appreso. www.versantesud.it

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Novembre 2022. Anno IV. Numero 21

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

Direttore responsabile Richard Felderer

Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Samuele Mazzolini Alberto Milani

Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa

Copertina Shauna Coxsey mostra la sua forza in semi arcuata. Foto: © Nick Brown

Grafica Tommaso Bacciocchi

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Impaginazione Francesco Rioda Disegni Eugenio Pinotti

Hanno collaborato Alessandro “jolly”Lamberti, Alessio Conz, Alexander Huber, Andrea Gennari Daneri, Arno Ilgner, Eloisa Limonta, Eugenio Pesci, Eva Lopez, Fabio Palma, Gianluca Furiozzi, Lorenzo Merlo/Victory project, Luca Colombo, Marco Pandocchi, Massimo Cappuccio, Matteo Di Pierro, Ned Feehally, Neil Gresham, Pietro Gatti, Ramon Maj, Roberto Bagnoli, Sean Villanueva, Sergio Cocco, Silvia Rialdi, Stefano Ghisolfi, Tito Pozzoli, Tom Randall, Vincenzo De Luca

Versante Sud Srl

Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com

Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it

Stampa Aziende Grafiche Printing srl – Peschiera Borromeo (MI)

Distribuzione per l’Italia PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421

© Versante Sud 2022 Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della pubblicazione senza autorizzazione dell’editore. Registrazione al Tribunale di Milano n. 58 del 27/02/2019

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Luca Gelmetti su Blue 7b, Meteorite (© Michele Manara)

La scalata fluida, di vertente e di namica ha un nuovo MANTRA Sensibilità massima, adattabilità a ogni superficie e ritorno elastico sono il risultato dell’unione dei migliori ingre di enti tecnologici con la magia La Sportiva: No-Edge™ , Dynamic Technology™ e P3 System™

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