UP CLIMBING #26 - CANYON, GOLE, FORBE, ANFRATTI

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CANYON, GOLE, FORRE, ANFRATTI

Gorroppu: la Sardegna che fa gola / Suite strapiombanti: Hotel Supramonte

FOCUS Sud-Est Asiatico Magie d’Oriente / Arrampicata nel regno dei Khmer / Vang Vieng

Climbing in Laos / Yen Thinh. La valle sospesa nel tempo,Vietnam Vertical Tales Aguglia On my Mind, Spigolo Turchese rebolted Jollypower La forza nelle dita: hang e no-hang

Gole, forre, anfratti e canyon / Verdon, i segreti delle gole profonde / La gola del Limarò Paradiso nascosto / La gola di Ceraino: di acqua e di ghiaccio / Canyon, Cave e Gravine… Le montagne invisibili / Infernaccio per tutti, paradiso per gli arrampicatori. Arrampicata nella Gola dell’Infernaccio del Monte Nerone / Conglomeratomania Sulle orme dei Padernauti / Triponzo Story /

EDIZIONI VERSANTE SUD #26 | set/ott 2023 8.00 € in edicola il 20 settembre 2023 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR
STORIA
COPERTINA
DI

Ogni superficie ha il suo segreto : lanci di namici o incastri perfetti.

Creiamo artigianalmente gli attrezzi per ogni di sciplina verticale

Dal 1928 ai piedi dei migliori atleti durante le loro salite, questo è ciò che ci ispira.

YOU FEEL, YOU CHOOSE.

Sommario

004 Editoriale di Eugenio Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 Gole, forre, anfratti e canyon di Alessandro Gogna

010 Verdon, i segreti delle gole profonde di Gerardo Re Depaolini

020 La gola del Limarò Paradiso nascosto di Francesco Salvaterra

032 La gola di Ceraino: di acqua e di ghiaccio. di Diego Perotti

042 Canyon, Cave e Gravine… Le montagne invisibili di Massimo Cappuccio

054 Infernaccio per tutti, paradiso per gli arrampicatori Arrampicata nella Gola dell’Infernaccio del Monte Nerone (Appennino marchigiano) di Samuele Mazzolini

064 Conglomeratomania Sulle orme dei Padernauti di Remi Scaglioni

072 Triponzo Story di Monica Delicati

080 Gorroppu: la Sardegna che fa gola di Richard Felderer

088 Suite strapiombanti: Hotel Supramonte di Federica Mingolla

FOCUS SUD-EST ASIATICO

090 Magie d’Oriente di Massimo Cappuccio

092 Arrampicata nel regno dei Khmer di Massimo Cappuccio

098 Vang Vieng

Climbing in Laos di Massimo Cappuccio

102 Yen Thinh

La valle sospesa nel tempo Huu Lung, Vietnam di Massimo Cappuccio

VERTICAL TALE

108 Aguglia On my Mind Spigolo Turchese rebolted di Eugenio Pesci

JOLLYPOWER

114 La forza nelle dita: hang e no-hang di Alessandro Lamberti

VETRINA

118 Proposte prodotti

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QUESTIONE DI EQUILIBRIO

ANDE.IT ANDEPOINT.IT

LECCO CREMENO

CLUSONE MORBEGNO

NEMBRO

CALALZO DI CADORE

Editoriale

Testo Eugenio Pesci

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Talora orridi, talora meravigliosi, talora entrambe le cose insieme, fuse in una bellezza particolare, le gole, i Canyons, le forre e gli anfratti costituiscono un terreno molto particolare per l’arrampicata su roccia, sia essa sportiva, trad o alpinistica nel senso più classico.

Sarebbe praticamente impossibile fare qui un elenco di tutti i principali luoghi verticali dispersi nei cinque continenti, e dotati di caratteristiche tali da poter essere inseriti nelle categorie che abbiamo appena citato.

Basterà dunque fare riferimento alle gole del Verdon, che possono rappresentare più che degnamente tutte le altre conformazioni rocciose di questo tipo, non dimenticando che esiste anche una grande tradizione di escursionismo riferita ai Canyons, soprattutto negli Stati Uniti, ma anche in Francia.

In questo numero di Up climbing abbiamo voluto quasi

materialmente addentrarci in alcuni di questi luoghi particolari, prevalentemente italiani - tuttavia partendo proprio dal Verdon -, dalle gole del Limarò a quelle nel Veronese, alla frequentatissima area lombarda di Paderno d’Adda, scendendo poi verso il Centro Italia nell’Infernaccio e a Triponzo, per arrivare nell’assolata e talora misteriosa Sicilia, concludendo infine con la celeberrima gola di Gorroppu e con altre particolarità della terra sarda.

Dunque, e volutamente, un numero di Up climbing non solo tecnico, ma che vuole evocare anche qualcosa di più sfumato, direi quasi qualcosa di un po’ esoterico, tipico di questi luoghi spesso sospesi fra il solitario, il magico e l’ancestrale, quasi che da essi, come del resto accade sicuramente per le grotte e le cupe caverne, la Madre Terra ci bisbigli profondi segreti sui destini del mondo.

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Verso il vuoto dei canyons. Foto: S. Esposito

Gole, forre, anfratti e canyon

Per quanto riguarda l’Italia, l’area della Gola di Frasassi e della Gola della Rossa, nelle Marche, era già conosciuta a livello locale dal 1932, perché offre pareti rocciose di grande interesse: ma non era mai decollata nell’interesse più generale, come pure certamente altri siti noti e meno noti.

Fu Édouard-Alfred Martel, l’inventore della speleologia moderna, ad attraversare per primo un grande canyon, con la sua spedizione dall’11 al 14 agosto 1905. Dal punto iniziale, il Couloir Samson, Martel e i suoi superarono, con l’uso di tre canotti, continue difficoltà che a volte sembrarono loro insormontabili, fino al cosiddetto Imbut e fino alla fine, scoprendo meraviglie naturali di immenso valore che nessuno aveva mai avuto modo neppure di immaginare. Le Gorges du Verdon avevano incominciato a esistere nell’immaginario dell’esplorazione. Dovevano però passare ancora parecchi anni prima che esistessero anche nella mente degli arrampicatori. Fino alla fine degli anni Sessanta, infatti, le gole del Verdon erano conosciute solo ai turisti che ne percorrevano le aeree cornici e da qualche appassionato di kayak che scendeva le difficilissime acque del torrente. I primi scalatori che timidamente si affacciarono a quello che per loro sarebbe diventato un paradiso terrestre furono marsigliesi: tra questi spiccava la figura di François Guillot, sì, proprio quello che con Gary Hemming e René Desmaison più si distinse nel famoso salvataggio del Petit Dru del 1966. All’inizio frequentarono una piccola falesia (200 m di altezza) non lontana da Moustiers-Sainte-Marie, la Falaise de Saint-Morin, oggi un po’ trascurata.

È un luogo idilliaco, sulla riva sinistra, con un prato meraviglioso sempre verde. A parte quella paretina, nessun’altra grande parete era stata ancora esplorata. La prima grandiosa muraglia ad essere vinta fu la Paroi du Duc, praticamente sopra il Couloir Samson, all’inizio delle gole. Alta circa 350 m, la Voie des Enragés fu salita da Patrick Cordier, Patrice Bodin, Lothar Mauch e Patrice Richard, dal 16 al 24 agosto 1968, ma in seguito fu ripresa raramente, perché impressionante, all’ombra tutto l’anno e difficilissima. Il canyon doveva diventare importante per le sue pareti esposte a sud, non per le muraglie repulsive che tanto in comune avevano con l’alpinismo vero e proprio. Si era ai tempi di quello che in Italia fu chiamato Nuovo Mattino, una piccola rivoluzione culturale in ambito alpinistico che portò alla rivalutazione delle scalate solari che privilegiavano l’arrampicata libera e sobria nei mezzi artificiali, il free climbing, insomma. Negli anni Ottanta, le Gorges du Verdon sono diventate un centro di arrampicata internazionale: non c’era un arrampicatore di nome che non fosse stato, almeno una volta, in visita quasi “religiosa” a quel santuario. Ci furono episodi che fecero storia, come quando Jacques Perrier, detto Pschitt, colui che aveva spezzato le tradizioni e aveva aperto dall’alto la mitica Pichenibule, vide dal ciglio del canyon un giovane e sconosciuto italiano mentre questi saliva Mangoustine Scatophage, allora la più difficile placca del Verdon, con la massima facilità: “Sembrava passeggiasse”, fu il suo commento. Il nome di quel giovane era Manolo, che da quel momento diventò un mito, in Francia come altrove.

“CON LA DEFINITIVA

CONSACRAZIONE DEL VERDON, CHE EBBE QUINDI IL POSTO CHE

MERITAVA NELL’OLIMPO DELLE

GRANDI METE ARRAMPICATORIE (LA CALIFORNIA PROVENZALE), VENNE AD ESSERE CREATA

UNA SPECIALITÀ, QUELLA

DELL’ARRAMPICATA IN GOLE, ANFRATTI, FORRE E CANYON, CHE

SI AFFIANCÒ ALLE FALESIE E ALLE

GRANDI SCOGLIERE SUL MARE

ANCHE SE NON DIVENNE MAI UNA

“DISCIPLINA” IN QUANTO NON SI DIFFERENZIAVA DALLE ALTRE PER TECNICHE DI SALITA PARTICOLARI.

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Le gole del Verdon. Foto: A. Gogna
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Non volendo considerare location d’oltre-atlantico come il Grand Canyon del Colorado, al Verdon, la “madre di tutte le gole”, seguirono rapidamente altri luoghi fantastici. Mi vengono in mente le Gole di Gondo in alta valle d’Ossola (il regno di Alberto Paleari, Roberto Pe, Mauro Rossi ed altri), ma soprattutto l’ancora più spettacolare Su Gorroppu in Sardegna, la grande scoperta di Marco

La Gola del Limarò è l’ultima nata: per ironia della sorte è estremamente vicina a una delle aree più frequentate dagli arrampicatori, quella di Arco e Valle del Sarca. Con le sue pareti superbe che s’insinuano con dislivelli verdoniani dentro e verso le propaggini del gruppo del Brenta è un mondo a sé. L’aveva notata anche Antonio Stoppani che la descrisse nel suo Il Bel Paese

Bernardi, Andrea Gobetti e Claudio Persico. Ancora nelle Marche, nel 1987 balzò alla ribalta la Gola del Furlo, quando Lino Liuti scalò lo spigolo della Pala rocciosa sopra la diga dell’Enel.

Abbiamo poi esportato l’idea nelle Gorges du Todra in Marocco, ed anche mutuato con altra disciplina, vedi le Gole di Sottoguda, l’esempio più significativo di una straordinaria serie di cascate di ghiaccio, una accanto all’altra.

“IO STESSO HO DATO IL MIO CONTRIBUTO ALLA SCOPERTA E ALLA PRIMA ESPLORAZIONE DI ALCUNE DI QUESTE REALTÀ

“INFOSSATE”: RICORDO LE GOLE DEL CASSÌBILE E DI PANTÀLICA IN SICILIA, LE “GRAVINE”, COME QUELLA DI LATERZA, IN PUGLIA, MA ANCHE GLI ORRIDI PRECIPIZI DEL BARILE E DEL RAGANELLO IN CALABRIA, DOVE TANTA STORIA DEV’ESSERE ANCORA SCRITTA.

Eppure era stato niente meno che Cesare Maestri a scoprirla con occhio alpinistico: un gigantesco diedro rivolto a sud-ovest, gli risultò irresistibile. A Maestri non sfuggì di certo che, come lui stesso transitando sui tornanti che collegano Sarche a Tione, Pinzolo e Madonna di Campiglio aveva notato quella sfida naturale così provocatoria, così anche le migliaia di turisti avrebbero potuto godere dello spettacolo di una cordata impegnata in una via estrema e per di più non guardando dal basso ma praticamente di fronte e a poche centinaia di metri, come a teatro.

Poi il silenzio quasi totale fino al 2-3 aprile 1988, quando i giovani Danny Zampiccoli e Giampaolo il Tròta Calzà ci mettono il naso: riescono ad aprire un itinerario grandioso di quasi 400 m, 12 lunghezze di corda con difficoltà dal V e VI al VI+ e A2, invisibile se non da quella che oggi è la ciclabile del Limarò. È la via dedicata a Michele Nogler , in ambiente veramente impressionante nel chiuso di una gola selvaggia.

Ma l’ignoranza di questi luoghi prosegue ancora per circa una ventina d’anni: il motivo sta soprattutto nel fatto che la Gola del Limarò non è trattata in alcuna guida della

Storia
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Gole, forre, anfratti e canyon
La falaise de l’Escales. Foto: A. Gogna Piero Ravà. Voie de La Demande, Verdon, maggio 1982. Foto: A. Gogna

Valle della Sarca, pur essendo formata dallo stesso fiume… Ovvio che oggi ci sia molto spazio per ciò che deve essere ancora fatto. Lo sa bene Francesco Salvaterra. Intagliate tra altipiani di fitte foreste o brulle colline, o al fondo di valli create dal lavorio dei torrenti, tutte le gole rocciose sono una meraviglia della natura. La loro grandiosità è fatta di elementi inconsueti, propri di una terra aspra ma allo stesso tempo dolce come può essere solo la montagna a quote non così alte. Quando per la prima volta mi decisi ad avvicinare una gola per scalarla, con la testa piena di chiacchiere fatte con gli amici e pieno di timore reverenziale, fu proprio dal Point Sublime che vidi le Gorges del Verdon, assai minacciose in un fine pomeriggio che prometteva tempesta. Nella notte, un uragano di vento e di pioggia ci avrebbe spezzato i montanti della tenda.

Una bellezza quindi che si è inserita leggermente in ritardo nel catalogo delle meraviglie. Un tempo la montagna era considerata orrida e paurosa, poi nella mente romantica divenne bella e degna di amore. Le gole sono arrivate dopo, c’è voluto più tempo per sdoganarle dal mondo delle ombre, neanche la loro essenza fosse quella delle grotte. Il canyoning, più recentemente, ha accolto anche lo scorrere violento dell’acqua nel paradiso estetico che noi uomini del XXI secolo ci siamo ritagliati. Il numero di vie aperte nelle gole, il tasso di frequentazione di arrampicata e di torrentismo e la facilità con la quale oggi possiamo reperire sul mercato proposte di avventura d’ogni genere hanno creato qualche problema di sovraffollamento. Non siamo ancora ai livelli di un percorso come Selvaggio Blu in Sardegna, ma occorre fare attenzione a non raggiungerli. Limitazioni all’accesso sono sporadicamente presenti soprattutto a causa del disturbo all’avifauna.

Con il fiorire dei nuovi itinerari aperti dall’alto e cui si accede dall’alto, il Verdon, cioè la gola per eccellenza, ha perso un po’ di fascino sugli arrampicatori di punta. Le vie classiche, quelle lunghe che partono dal basso sono oggi assai trascurate e pochi amatori le affrontano, pronti ad accarezzare veramente le “gocce d’acqua” del calcare come a vivere durante la scalata i mille odori di primavera che la Provenza appiccica alla pelle sudata.

L’atmosfera di mistero è tornata su quasi tutta la parete: solo nella parte in alto, vicino alle invisibili auto, qualche punto colorato si agita e arrampica in un vuoto che avrebbe dovuto risalire interamente dal basso per provare fino in fondo la sensazione d’essere fuori dal mondo.

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Storia Gole, forre, anfratti e canyon

Verdon, i segreti delle gole profonde

10 Storia
Gorges du Verdon, Francia Coordinate GPS: 43.74647, 6.35301

Oddio, cose da dire ne avrei molte ma perché avere la presunzione che possano interessare a qualcuno?

Se fossi un lettore a questo punto salterei il testo e guarderei solamente le foto; le foto sul Verdon hanno sempre fatto sognare, sin dalle prime immagini apparse sul finire degli anni Settanta che ci mostravano la roccia grigia compatta che sembrava fatta con il Das, gli arrampicatori, ma soprattutto les grimpeuses, seminudi e in totale armonia con la bellezza primordiale dell’ambiente e, dulcis in fundo, il fiume rumoroso e verdeggiante.

“COS’È CHE HA FATTO SCATTARE

L’INNAMORAMENTO FOLLE PER IL LUOGO, COSÌ BELLO MA ANCHE

TANTO IMPEGNATIVO, PARLO

DELLA SCALATA OVVIAMENTE? PER QUEL CHE MI RIGUARDA PROPRIO L’APPARENTE E POI, ALLA PROVA DEI FATTI, REALE DIFFICOLTÀ DELLA SCALATA È STATA LA MOLLA CHE SUL

PRINCIPIO DEGLI ANNI OTTANTA MI HA FATTO TIMIDAMENTE AVVICINARE ALLE GORGES PER ANTONOMASIA.

Si veniva dall’alpinismo ed il coraggio era la qualità più importante che doveva possedere uno scalatore. I “Presi”, termine figurativo allora usato per indicare gli incapaci, ne erano privi oltre ovviamente alle qualità tecniche; noi non avevamo molte altre capacità e l’allenamento sistematico era ancora al di là da venire, ma non volevamo per nulla al mondo essere dei presi.

Tutto ciò, unito alla grande esposizione delle pareti ed alla maggiore distanza tra i chiodi rispetto alle abitudini, contribuiva ad assicurare ad ogni scalata un discreto livello di ingaggio e di avventura. Bisognava pur sempre risalire sul bordo.

Ricordo ancora nitidamente la prima volta; le raccapriccianti calate di Luna Bong, già solo la cengia da cui partivano mi faceva paura. Poi ci hanno lasciati soli, io ed il mio compagno, alla partenza dell’Eperon Sublime, anche quella poco evidente e poco chiodata,

alle prese con quelle lunghezze in diedro/fessura che in Dolomiti sarebbero state zeppe di chiodi e che invece andavano salite con velocità e determinazione per non esaurire le forze. I tratti in placca al contrario erano abbastanza chiodati e quindi ci si poteva aiutare. Non uso mai da allora la parola divertimento parlando di arrampicata; fare l’amore è divertente, scalare è per me principalmente fonte di piacere e soddisfazione, di appagamento della mia voglia di misurarmi con le mie debolezze. Se tutto fosse scontato e prevedibile, senza l’esposizione ed il rischio la scalata avrebbe un fascino molto meno attraente. E poi quella sensazione di rilassatezza e di abbandono, che ti prende non appena metti piede sull’altopiano, nella dimensione orizzontale, senza cima, è particolarmente unica; un ritorno pianeggiante sulle lastronate calcaree del bordo durante il quale ci si sente leggeri come piume e felici come bambini. E poi Mangoustine Scatophage, la mia prima via su placca. Alla vista della traversata del secondo tiro, quasi senza chiodi che sembrava portasse verso il nulla, credo di aver implorato Giovanni perché andasse lui per primo, anche se in realtà l’impegno è il medesimo. Lo sviluppo dell’arrampicata nelle Gorges, ed in particolare sull’Escalès che rimane la parete più rappresentativa, ha seguito bene o male quello storico della scalata, anche se con molto ritardo a causa dell’apparente inaccessibilità delle pareti e della mancanza di una evidente vetta. In sostanza a partire dalla fine degli anni Sessanta, si scalarono, prima le fessurone, poi le linee più evidenti sugli speroni e spigoli e quindi, con l’avvento dell’arrampicata libera e dello spit, ogni singolo specchio di calcare grigio e liscio che si poteva immaginare arrampicabile. Poi alla fine degli anni Ottanta, la ricerca dell’alta difficoltà si è spostata altrove, passando dagli appigli piccolissimi agli strapiombi, con prese più generose e movimenti di potenza meno aleatori.

Dopo quei primi viaggi, a causa soprattutto di impegni lavorativi, le visite si sono molto rarefatte, anche se l’amore per il posto non si è mai assopito. E quando, ormai prossimo al compiere i 60 anni, mi sono voltato indietro ed ho pensato a qualcosa di bello che non avevo ancora fatto, mi sono detto che avrei voluto provare anche io a vivere il Verdon come avevano fatto gli Stonemasters del luogo nel ventennio magico, tra fine anni Sessanta ed Ottanta, ripercorrendo le loro tracce e tentando di scalare tutte le ottanta vie tracciate su di un famoso poster di quegli anni.

Voleva essere un progetto di condivisione di bei momenti sulla roccia, e dell’atmosfera speciale di La Palud, ed invece non è stato capito.

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Non ne ho voglia, non ci riesco e poi non lo so fare: perché devo unirmi anch’io alla già folta schiera di coloro che vogliono scrivere a tutti i costi pur non avendo nulla da dire?
Ma l’insistenza di Eugenio è tanta…
L’ingresso delle gole. Foto: Bananna Wintour Unsplash

Storia Verdon, i segreti delle gole profonde

Quand’è che gli scalatori hanno smesso di essere altruisti ed incominciato egoisticamente a pensare solo a se stessi, ai numeri, alla performance e al riconoscimento? Conosco migliaia di persone, ma pochi mi hanno accompagnato in questo viaggio; perché non si ha più piacere a far felice qualcun altro? Questa constatazione è mossa unicamente dall’intento di cercare di rianimare quello spirito perduto in questi tempi di apparenza e solipsismo. Che fine hanno fatto i personaggi come Fred Beckey che in una famosissima foto a più di 80 anni reggeva in mano un cartello con la scritta “Will belay for food”? Non sono mancate comunque le belle avventure, di cui vi parlerò presentando queste cinque vie storiche, non certo tra le più conosciute e ripetute ma che vi racconteranno un po’ di quel Verdon che quando ti entra dentro ci rimane per sempre.

1. La Souricière

B. Gorgeon / J. Keller 70s’

5c 80m ovvero: dura come Ula?

Non si trovava nemmeno più sulle ultime tre guide, è riapparsa sull’edizione 2022 Le Verdon Leï Lagramusas Volevo scalarla da solo, naturalmente autoassicurato, in un torrido pomeriggio agostano, ma sudavo come

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Gerardo Re Depaolini in sosta su MegaFoot. Foto: Arch. Re Depaolini All’uscita delle vie. L’autore con il Verdon sullo sfondo all’uscita di Fenrir, 7a+ e A1 o 7c+. Foto: Arch. Re Depaolini Necropolis G. Re Depaolini in traverso, 6c. Foto: Arch. Re Depaolini
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Storia Verdon, i segreti delle gole profonde
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Luigi Pesaresi su Cercasi Aderenza. Foto: S. Mazzolini

Punta Anna

ACCESSO

Parcheggiare nell’ampio parcheggio della chiesa di Santa Maria in Val d’Abisso (Piobbico) e prendere il sentiero che sale l’omonima valle. Giunti ad un evidente ghiaione risalirlo (ometti) in direzione dell’evidente spigolo sinistro di Punta Anna (30 minuti circa).

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Storia Infernaccio per tutti, paradiso per gli arrampicatori
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Storia
Claudio Giorgi su 80 voglia, 7c Foto: Giuseppe Pepito Picone

attraverso una galleria scavata nella roccia sulla parete sinistra dello strapiombo venivano condotte lungo la Valnerina fino a Terni, dove venivano utilizzate per il funzionamento dell’Acciaieria.

Nonostante ciò, il luogo rimane di unica bellezza incontaminata, pertanto è importante proteggere e preservare la valle del Corno, poiché l’interazione dell’uomo con l’ambiente naturale può avere impatti significativi sull’ecosistema delicato di questa zona. La tutela e il rispetto della natura dovrebbero essere sempre una priorità per assicurare che queste meraviglie geologiche possano essere ammirate e godute anche dalle generazioni future.

La descrizione della flora nella valle del Corno aggiunge ulteriore fascino al suo paesaggio già suggestivo.

La roccia compatta, dorata e segnata dai licheni verticali, offre il terreno ideale per la crescita del frugalissimo leccio, caratterizzato da chiome scure che spiccano vivacemente sullo sfondo. Nei canaloni e sulle cengie, troviamo una diversificata vegetazione composta da carpini, ornelli e aceri. Queste piante si sono adattate perfettamente a occupare tali spazi, creando una sorta di giardino naturale su pareti rocciose vertiginose. L’orniello si distingue per il suo oro brillante, mentre il carpino presenta sfumature rugginose e l’acero offre uno spettacolo di vivido rosso nella stagione autunnale, che con il suo mix di colori e tonalità, dona alla valle un aspetto mozzafiato grazie al grigio e paglierino del calcare che fa da sfondo esaltando il contrasto di colori della vegetazione circostante. Il nero del leccio, l’oro dell’orniello, il ruggine del carpino e il rosso vivo dell’acero si fondono in un paesaggio spettacolare, creando un’esperienza visiva unica per chi ha la fortuna di attraversare questa valle in autunno.

L’ecosistema eccezionale e la varietà di specie vegetali presenti sottolineano l’importanza della conservazione di questa zona. La tutela dell’habitat naturale permette di preservare la ricchezza di biodiversità e di godere della bellezza straordinaria di questo luogo unico. Lungo la strada che attraversa la gola, che rappresenta oggi il percorso di avvicinamento per raggiungere gran parte delle falesie nella gola, è possibile vedere e percorrere parte del tracciato dell’ormai dismessa ferrovia storica Spoleto-Norcia, che collegava le due località. Sebbene sia ormai in disuso, il percorso è molto frequentato da ciclisti in MTB ed escursionisti, grazie alle bellezze naturali e agli affascinanti scorci che la gola regala, oltre alle buie e fresche gallerie scavate nella roccia.

Dal 2007 in poi la gola è stata valorizzata anche dal punto di vista dell’arrampicata sportiva, da diversi

chiodatori, tra cui: Roberto e Claudio Fantozzi, Mirko Zampese, Maurizio Tufoni e Giuseppe “Pepito” Picone, con il loro contributo hanno reso la zona famosa in tutto il centro Italia da una nuova prospettiva. Viene chiodato per primo il settore “La Poderosa” che prende nome dalla storica via chiodata da Roberto Fantozzi, un lungo e atletico viaggio con il solido grado di 8b. Soltanto quattro anni dopo, Roberto e Claudio Fantozzi, decidono di attrezzare il settore “Fratelli Colica”, qui fu indispensabile il contributo di Mirko Zampese, che aiutò i due calando una corda e piazzando la prima sosta che permise poi ai fratelli Fantozzi di attrezzare l’intero settore. Tale impresa fu piuttosto ardua, anche il meteo ci mise lo zampino. Poco più avanti è la volta di Maurizio Tufoni che in cerca di un luogo incontaminato decide di chiodare il settore “Supertufonite”, l’unico sospeso sulla valle del Corno, il più in alto di tutti. Qualche anno dopo torna a chiodare di uovo Mirko Zampese, questa volta con Giuseppe “Pepito” Picone. I due nei momenti di pausa tra una scalata e l’altra al settore “La Poderosa”, osservando la parete di fronte fantasticavano ipotizzando di chiodarla. In molti negli anni, come loro avevano osservato la parete, ma tutti, a causa dell’evidente lavoro di pulizia dalle edere e dalla vegetazione che andava fatto, avevano sempre abbandonato l’idea. Soltanto loro, con fare giocoso a mo’ di sfida, durante un’estate come tante, decidono che era il momento di passare ai fatti!

Le vie d’arrampicata nei diversi settori sono tutte molto interessanti, caratterizzate da una scalata molto tecnica e particolare, con lunghezze variabili dai 18 ai 40 metri. Lo stile predominante a Triponzo è la continuità su placca, talvolta in leggero strapiombo. Le vie presentano prevalentemente tacche e pareti verticali, ma nell’ultimo settore “Pepito Wall” è possibile trovare anche fessure e, talvolta, canne.

In sintesi, Triponzo è un luogo ricco di storia e natura, con vie di arrampicata affascinanti che attirano numerosi climber, ma anche appassionati di sport in generale, ciclisti ed escursionisti, grazie all’ex tracciato della ferrovia ormai adibito a pista ciclabile. La sua bellezza e l’unicità sono legate all’ambiente caratteristico della gola, alle falesie e alla storia che lo circonda, rendendolo un luogo ideale per gli amanti dell’arrampicata e dell’esplorazione.

75 Storia Triponzo Story

Storia Triponzo Story

Triponzo / Supertufonite

Da Sant’Anatolia di Narco dirigersi in direzione Visso lungo la SS 209, superato Borgo Cerreto voltare a destra in direzione Cascia-Norcia; per chi proviene da Visso andare in direzione Terni, superato l’abitato di Triponzo voltare a sinistra per Cascia Norcia; da qui superare il viadotto e la prima galleria, quindi voltare a sinistra in un piccolo spiazzo di fronte a una strada chiusa da una sbarra e parcheggiare (per chi proviene dalla SS 209, essendoci la riga continua sulla carreggiata,

“Picone”

Il fuoco dell’anima, 7c, Settore Pepito Wall Foto: M. Delicati

non è consentito svoltare a sinistra, per cui si consiglia di proseguire oltre la paramassi per effettuare l’inversione di marcia). Proseguire a piedi oltre la sbarra, fino ad attraversare un ponte. Dopo il ponte, andando a sinistra si raggiunge il settore “Supertufonite”; andando invece a destra, si raggiungono, i settori “Fratelli Colica”, “La Poderosa” e la nuova falesia dirimpettaia “Pepito Wall”; chiodata da Giuseppe Pepito Picone, Mirko Zampese e Monica Delicati.

SUPERTUFONITE

1. ULTIMO APPIGLIO 7a 18m

Placca tecnica: salire dritti verso il grande buco in alto

Partenza in comune con la precedente

Placca tecnica e due tettini da superare su roccia giallastra

Tettino e finale su roccia più lavorata 5. SUPERTUFONITE 8a 25m

Viaggio infinito e intenso, con lungo traverso a sinistra verso il bucone, quindi dritti in verticale 6. 80 VOGLIA 7c

Partenza comune con la precedente: scalata su superbo calcare grigio

e varia, divertente

Come la precedente, un po‘ più delicata

riscaldamento

6a 6c+/7a 7a 7c 8a 7a+ 6b 6b+ 7b vecchia ferrovia Spoleto-Norcia 76 01 02 03 04 07 06 08 09
Giuseppe Pepito
2. PET SEMATARY 7a+ 18m
3. LIFESTYLE 7a 22m
4. ENIGMI ALIENI 7b 22m
25m
7. OFFIDANO DOC 6b 18m Breve
8. LACRIMA FACILE 6b+ 18m
9. IL GRANDE PASSO 6a 18m Tiro di

Triponzo / Fratelli Colica

Superata la sbarra, scendere lungo la strada dismessa e dopo aver svoltato a destra al ponte proseguire per circa 200m; svoltare a sinistra, costeggiando la galleria dismessa sempre sulla sinistra; risalire per il ripido sentiero e poi per una serie di corde fisse che portano fino alla cengia attrezzata sotto alla falesia.

FRATELLI COLICA

1. IL GUSTANTE 8b 40m

2. KEN ENFORCE L1 7a 27m

Partenza e uscita in comune con la seguente

Tecnica con chiodatura ingaggiante, sale verso destra L2 8a+ 13m

3. ANTONIO INOKI 7b+ 18m

4. HULK HOGAN 7c 18m

5. CRIMINAL MIND 7a+ 22m

6. ROWDY RODDY PIPER 6c+ 15m

7. GIAMMAI 8a 15m

Blocco subito dopo la prima catena e continuità

Facili i primi metri, poi blocco su traverso a destra

Superba, da non perdere! Catena in comune con la precedente

Atletica e tecnica con tetto finale

Dietro tecnico con uscita a sorpresa

Costeggia a destra la via precedenti; sul giallo singolo esplosivo; sosta in comune con Criminal Mind

TRIPONZO FRATELLI COLICA 6c+ 7a 7b+ 7c 8a 8b 8a+ 7a+ 77 01 03 04 05 06 07
Storia Triponzo Story
Settore Fratelli Colica Foto: M. Delicati

Vang Vieng Climbing in Laos

Il Laos, l’ultima perla del sud est asiatico. Un paese che mantiene ancora il fascino originario grazie ad antiche città reali e sontuosi templi Buddisti.

Ricche architetture specchio della vera anima di questo paese, che affonda le radici nella spiritualità del suo popolo.

Il Laos è l’unico Stato dell’Indocina a non avere uno sbocco al mare, e forse per questo meno invaso dalle orde di turisti, ma vanta un territorio ricco di montagne, vallate e fiumi, con tante aree ancora selvagge perfette per chi ama la vita all’aria aperta. Alcune attività outdoor sono già abbastanza sviluppate, quali il trekking, il kayaking e le escursioni in grotta, l’arrampicata è presente invece solo in pochi spot in tutto il paese, ed uno di questi è Vang Vieng.

Vang Vieng è una piccola cittadina che si affaccia sulle sponde del Nam Song ed è circondata da alte pareti calcaree e risaie verde brillante, a guardarla da uno dei tanti View point sembra una scena raffigurata in un classico dipinto orientale, e in effetti da Vang Vieng si ammirano i tramonti più belli di tutta la regione.

“ FINO AD UNA DECINA DI ANNI FA ERA NOTA PER ESSERE LA CAPITALE ORIENTALE DEI RAVE E DELLE FESTE SFRENATE, UN ECCEZIONE UNICA PER TUTTO IL LAOS COSÌ TRANQUILLO E SILENZIOSO, POI FORTUNATAMENTE LE POLITICHE TURISTICHE DELLA CITTÀ HANNO CAMBIATO TOTALMENTE DIREZIONE DONANDO NUOVA VITA A QUESTA CITTADINA, ED OGGI VANG VIENG PROPONE UN’INCREDIBILE VARIETÀ DI ATTIVITÀ NATURALISTICHE, E SI PRESENTA STAVOLTA COME CENTRO D’ECCELLENZA PER LE ATTIVITÀ OUTDOOR.

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Sud-Est Asiatico Magie d’Oriente

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Stefan (Adam’s climb School) su Lonely Cowboy 6b. Foto: M. Cappuccio

L’area attorno la città è ricca di pinnacoli rocciosi, grotte, piscine naturali, fiumi e cascate, un vero paradiso naturale per gli amanti degli sport outdoor, anche se in certi periodi dell’anno alcuni spot risultano fin troppo affollati.

A pochi chilometri dal centro città si trovano già le prime falesie, i settori più frequentati sono quello di Tham Non e quello di Sleeping Wall, dove troverete anche alcuni vie più difficili su pareti strapiombanti. In tutta l’area attorno a Vang Vieng ci sono otto settori per un totale di oltrea centocinquanta vie, con difficoltà dal 4a fino all’8b.

La maggior parte dei settori sono stati attrezzati da stranieri che per un breve periodo hanno vissuto in Laos, ne risulta un attrezzatura e una gradazione delle vie non sempre omogenea. Molti settori sono all’interno di grotte o dentro grandi antri strapiombanti tra enormi concrezioni e stalattiti, con itinerari che richiedono un arrampicata atletica e di resistenza. Non mancano le vie attrezzate su pareti verticali o leggermente appoggiate, anzi queste forse sono le più frequentate dalle guide locali che portano ad arrampicare i turisti alle prime armi.

Uno dei settori più frequentati è il canyon di Sleeping Wall a pochi chilometri dal centro di Vang Vieng, il settore è costituito da una bella grotta, non molto alta ma super strapiombante e con concrezioni barocche che pendono dal grande tetto. Poche decine di metri oltre la grotta si apre uno stretto canyon, con alte pareti verticali dove corrono gli itinerari più facili, ma anche qualche tiro tecnico su piccole prese.

Per maggiori informazioni o aggiornamenti

è possibile contattare la Adam’s climbing school, +856 20 56 564 499, gestita dal local Adam, un simpatico arrampicatore laotiano che ha creato la sua scuola di arrampicata in questo angolo di Laos. Nel suo centro è possibile noleggiare attrezzatura, o farsi accompagnare da uno dei suoi giovani “istruttori”. La stagione ideale per arrampicare in Laos è quella compresa tra ottobre e maggio.

Vang Vieng, da pochi mesi è ormai raggiungibile via treno, grazie alla nuova ferrovia costruita dai cinesi in tempo record. Un treno super moderno e veloce corre dalla capitale Vientiane fino al nord al confine con la Cina, facendo tappa nei centri più importanti, i lunghi e tediosi viaggi in autobus di 10 ore sono sostituiti da un un comodo viaggio in treno di sole tre ore.

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Villaggio

Tramonto

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Vang Vieng ha una grande offerta di hotel e ristoranti, dai più economici ad alcuni resort nella giungla di gran classe, ad ognuno secondo le proprie disponibilità.

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Mr. Tang della Adam’s climb School a Vang Vieng, Laos. M. Cappuccio Hmong nel nord del nord del Laos. Foto: M. Cappuccio Stefan (Adam’s climb School) su Monkey world 6b+ - Sleeping wall - Laos. Foto: M. Cappuccio a Vang Vieng, Laos. M. Cappuccio
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Ande El Cap 18 lt

Per l’arrampicata fast & light, ma anche per le escursioni di breve e media durata o addirittura per un semplice utilizzo più casual, lo zaino El Cap di Ande, è il compagno perfetto. Polifunzionale, ultra leggero e compatto: i suoi 345 grammi e la sua struttura permettono di arrotolarlo completamente e riporlo in uno zaino più grande. Look minimalista climbing oriented, con struttura a sacco, sistema con due piccoli ganci in lega di alluminio per il trasporto della corda e apertura/ chiusura rapida tramite coulisse a scorrimento, ha il tessuto esterno in Nylon Ripstop 210D spalmato PU e fodera interna in Poliestere 210D spalmato PU. Dotato anche di due lunghe e sottili daisy chain porta-materiale che corrono lungo tutta la sezione anteriore dello zaino. Compatibile con Hydro-Bag ande.it

Black Diamond First Light Hybrid Hoody

Per coprirsi quando serve e dove serve, Black Diamond propone First Light Hybrid Hoody una felpa che isola, respira e si muove con te. Dotata di isolamento PrimaLoft® Gold Active su cappuccio, petto e braccia, si completa con retro e maniche in misto lana merino per offrire una maggiore traspirabilità e libertà di movimento. Il suo leggero guscio in nylon ripstop elasticizzato 20D ha un rivestimento DWR senza PFC che resiste alle intemperie impreviste. La giacca ha anche tasche sul petto con cerniera dove riporre piccoli oggetti essenziali. Disponibile nelle versioni uomo e donna. eu.blackdiamondequipment.com

Rock Experience

Spaghetti Lover P.4

La maglietta unisex Spaghetti Lover P.4 fa parte della nuova capsule collection firmata Rock ExperienceSpaghetti Boulder che non vuole solamente rappresentare l’arrampicata ma vuole essere un vero e proprio stile di vita. Spaghetti Lover P.4 è realizzata interamente in cotone, presenta girocollo, una stampa frontale piccola Spaghetti Boulder What do you want? e la stessa maxi stampa sul retro Spaghetti Boulder What do you want?

Completa il capo l’etichetta ponte “Rock Experience” sulla parte inferiore del capo. Peso: 140 g in taglia M . rockexperience.shop

Rondo Denim 2.3 e Ondart Slim-BB

Due novità dalla collezione E9 perfette per l’autunno. Per lui la versione denim dello storico Rondo, pensato per rispondere alle esigenze dei climbers anche nella quotidianità: tasche iconiche, vita e fondo gamba regolabili, elastico porta spazzolino su entrambi i lati, logo ricamato sul davanti e dettaglio in ecopelle sul retro. Per lei, Ondart Slim in bambù e cotone organico: morbido, traspirante e attento all’ambiente, con tasche in tessuto a contrasto, logo ricamato sul retro, elastico porta spazzolino su entrambi i lati, vita regolabile e fondo caviglia elastico; massimo del comfort e libertà di movimento. Entrambe i capi hanno vestibilità slim e sono 100% Made in Italy. www.e9planet.com

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Climbing Technology

Cric è il bloccante multifunzione con carrucola ideato da Climbing Technology per alpinismo, soccorso e lavoro su fune. Robusto, funzionale e intuitivo è utilizzabile in quattro diverse modalità: risalitore, carrucola, bloccante/carrucola o carrucola da recupero. La sua polivalenza, compattezza e semplicità di utilizzo permettono la riduzione ai minimi termini delle tempistiche, del materiale e dello spazio utilizzati durante le manovre. Grazie alla modalità risalitore è possibile risalire una corda in conformità alle norme EN 567 / EN 12841-B, mentre in modalità carrucola da recupero è anche possibile calare il carico recuperato agendo sull’apposito cordino collegato alla camma del dispositivo. La camma presenta inoltre due cave per ridurre l’accumulo di fango e mantenere efficace il bloccaggio sulla corda in qualsiasi condizione.

Attenzione! Questo prodotto non è un dispositivo anticaduta (EN 353-2 / EN 12841-A) né può essere utilizzato per l’autoassicurazione in arrampicata.

Peso: 150g. www.climbingtechnology.com

Wild Country Xenon HMS Screwgate e Trilock

Gli Xenon HMS, nelle versioni Screwgate (con ghiera a chiusura manuale) e Tri-Lock (autobloccante), sono moschettoni ben progettati e ricchi di funzioni. La geometria è pensata per ottimizzare il peso, la resistenza e la durevolezza. Il naso Keylock è invece appositamente progettato per rendere semplice la rimozione di nodi bloccati (ad esempio il barcaiolo). L’ampia forma “a pera” permette una gestione sicura della corda, rendendolo ideale come elemento centrale di sosta nelle vie di più tiri. Sia lo Xenon Screwgate che il Tri-Lock sono disponibili anche con una leva a filo per garantire che il moschettone rimanga nella giusta posizione di assicurazione. www.wildcountry.com

Scarpa

Mojito Wrap GTX

Per chi si sente climber anche in città, Mojito Wrap GTX è la scarpa urban outdoor ispirata al mondo dell’arrampicata nella sua allacciatura. La grande novità di questa versione è rappresentata dal fascione applicato a mano, mentre l’allacciatura ricalca quella dell’iconica Mojito. La fodera con membrana Gore-tex Bluesign mantiene il piede sempre all’asciutto garantendo traspirabilità, stabilità e leggerezza durante le avventure quotidiane. È la scarpa ideale per chi desidera coniugare comodità e libertà di movimento durante la giornata. Disponibile in diversi colori. www.scarpa.com

si propone come l’equilibrio perfetto tra sensibilità, precisione e sostegno del peso. Una scarpetta polivalente con allacciatura a doppio strappo contrapposto e intersuola con implementazione del sistema brevettato P3™, per esaltarne le performance e mantenere inalterata la forma della scarpetta nel tempo. La struttura mediale dell’allacciatura superiore è stata aggiornata per ottimizzare il supporto dell’arco plantare e fasciare il piede, la nuova costruzione del tallone offre maggior precisione nei tallonaggi. La tomaia è realizzata con un abbinamento vitello scamosciato con microfibra a costruzione tubolare, mentre la suola è Vibram XS Edge da 4mm. www.lasportiva.com

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Cric

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

Settembre 2023. Anno V. Numero 26

Direttore responsabile

Richard Felderer

Coordinamento editoriale

Eugenio Pesci

Samuele Mazzolini

Alberto Milani

Redazione

Tommaso Bacciocchi

Roberto Capucciati

Matteo Maraone

Marco Pandocchi

Damiano Sessa

Copertina

Tim Emmett fa boulder nelle Echo Falls, Squamish, Canada.

Foto: ©Christian Core

Grafica

Tommaso Bacciocchi

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Hanno collaborato

Impaginazione Francesco Rioda

Disegni Eugenio Pinotti

Massimo Cappuccio, Monica Delicati, Richard Felderer, Alessandro Gogna, Alessandro Lamberti, Samuele Mazzolini, Claudio Migliorini, Federica Mingolla, Diego Perotti, Eugenio Pesci, Gerardo Re Depaolini, Francesco Salvaterra, Remi Scaglioni.

Versante Sud Srl

Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com

Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it

Stampa

Aziende Grafiche Printing srl – Peschiera Borromeo (MI)

Distribuzione per l’Italia

PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421

© Versante Sud 2023

Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della pubblicazione senza autorizzazione dell’editore.

Registrazione al Tribunale di Milano n. 58 del 27/02/2019

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IN EDICOLA A NOVEMBRE Adriano Selva e Pietro Buzzoni, Prigionieri dei Sogni , L4 (© A. Pozzi)
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