UP CLIMBING #10 - 60 MONOTIRI STORICI ITALIANI

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

in edicola il 20 gennaio 2021

#10 | gen/feb 2021 8.00 €

EDIZIONI VERSANTE SUD

No siesta / La gioia dei tendini / Hyaena / Aspettando il sole / Occhi dolci per Frank Zappa / Caboni sesi… gei cantasa / The Wrong Hole / Noia / Greenspit / Nani verdi / L‘impero del sole / A denti stretti / Sono duro ma giusto / Deserto nero / La signora del tampax / Spirit Walker / Hatù per tu / McKinley / Danza verticale / Masoniamoci / Peter Pan / Jedi / Fenox / L’assassino è il maggiordomo / Apokatastasis / El Somaro / King Lizard / Nuovi Orizzonti / Superswing /

Futura / Maratona / Underground / Kendo / Terminator / Roby Present / Eternit / Il ritorno di Ringo / Il sikario sanguinario / Il degrado / La zona del crepuscolo / Sciacalli di carta / Manco il papa / Naturalmente / Tettocca / Smog / Nel buio / Assalto frontale / Sacrilegio / Sister Moon / Arborea / Liquid Sky / Respect / Mai gridare al Pulo / Ragazzi potenti / Il Giudice / Johnny l‘astronauta / Danze lunari / Anime salve / King Arthur / L‘Isola di Pasqua /

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

STORICI ITALIANI

60 MONOTIRI


THEORY: CLIMBING SPECIES EVOLUTION


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Sommario 004 Editoriale di Eugenio Pesci e Richard Felderer

60 MONOTIRI STORICI

007 No siesta 1 di Davide Battistella 008 La gioia dei tendini di Davide Battistella

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010 Hyaena 3 di Andrea Gallo 012 Aspettando il sole di Andrea Gallo

4

016 Caboni sesi… gei cantasa di Andrea Gallo 7

050 Fenox 23 di Emilio Previtali

092 Tettocca 44 di Mauro Calibani

052 Indovinate il tiro! Chi è l‘assassino? 24 di Edoardo Pedersini

094 Smog 45 di Samuele Mazzolini 096 Nel buio 46 di Ignazio Tantillo

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098 Assalto frontale 47 di Luca Bevilacqua

056 El Somaro 26 di Michele Guerrini

100 Sacrilegio 48 di Luca Bevilacqua

058 King Lizard 27 di Emanuele Pelizzari

102 Sister Moon 49 di Alessandro Lamberti

060 Nuovi Orizzonti 28 di Antonella Cicogna

104 Arborea 50 di Mauro Calibani 106 Liquid Sky 51 di Mauro Calibani 108 Respect 52 di Oreste Bottiglieri

066 Maratona 31 di Antonella Cicogna

024 Nani verdi 10 di Marzio Nardi 11

030 Sono duro ma giusto di Richard Felderer

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034 La signora del tampax di Luca Maspes

038 Hatù per tu 17 di Eugenio Pesci 030 McKinley 18 di Eugenio Pesci 042 Danza verticale 19 di Eugenio Pesci

15

072 Terminator di Manolo

114 Il Giudice 55 di Massimo Cappuccio

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074 Roby Present di Manolo

116 Johnny l‘astronauta 56 di Massimo Cappuccio

35

118 Danze lunari 57 di Maurizio Oviglia

076 Eternit 36 di Manolo 078 Il ritorno di Ringo di Sandro Neri

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112 Ragazzi potenti 54 di Graziano Montel

070 Kendo 33 di Heinz Mariacher

032 Deserto nero 14 di Luca Maspes

036 Spirit Walker 16 di Luca Maspes

110 Mai gridare al Pulo di Graziano Montel

068 Underground 32 di Antonella Cicogna

028 A denti stretti 12 di Richard Felderer

2

090 Naturalmente 43 di Roberto Vigiani

064 Futura 30 di Antonella Cicogna

022 Greenspit 9 di Marzio Nardi

044 Masoniamoci 20 di Pietro Buzzoni

048 Jedi 22 di Raffaella Valsecchi

062 Superswing 29 di Antonella Cicogna

020 Noia 8 di Severino Scassa

026 L‘impero del sole di Alberto Gnerro

088 Manco il papa 42 di Roberto Vigiani

054 Apokatastasis 25 di Nicola Sartori

014 Occhi dolci per Frank Zappa di Andrea Gallo

018 The Wrong Hole di Andrea Gallo

046 Peter Pan 21 di Emilio Previtali

120 Anime salve 58 di Giuseppe Garippa

37

080 Il sikario sanguinario di Dino Sturman

122 King Arthur 59 di Maurizio Oviglia

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124 L‘Isola di Pasqua 60 di Richard Felderer

082 Il degrado 39 di Fabio Lasagni 084 La zona del crepuscolo di Samuele Mazzolini 086 Toscana story di Roberto Vigiani 087 Sciacalli di carta 41 di Roberto Vigiani

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VETRINA

126 Proposte prodotti

Errata corrige. Nel numero precedente a pag.113 è stato pubblicato un testo di Mauro Calibani al posto del Graffio di Richard Felderer.


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Editoriale Testo  Eugenio Pesci e Richard Felderer

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rano i primi anni Ottanta del secolo scorso. Su alcune pareti di fondovalle del Nord Italia, ad Arco di Trento, nel Lecchese, a Cornalba, a Finale Ligure, iniziarono a comparire i primi spit da 8 mm – distanti – piantati a mano, in molti casi sull’esempio della grande novità che si poteva sperimentare sulle meravigliose ma lisce placche inchiodabili del Verdon in Francia. Sempre sull’esempio dei grandi arrampicatori francesi, fra l’altro molto giovani, i due Patrick soprattutto, ma non solo, si iniziò a capire che era obbligatorio allenare la forza, se si voleva migliorare nel grado e nello stile. «Tutto il mondo fa una trazione», si diceva. Le trasmissioni televisive, come ad esempio la famosa e seguitissima “Jonathan - Dimensione avventura” di Ambrogio Fogar, iniziarono a cavalcare l’onda, proponendo questa nuova forma di arrampicata come il top dell’alternativo e del nuovo. Nacque così anche in Italia l’arrampicata sportiva in falesia, con i suoi luoghi. I suoi personaggi, i suoi miti, le sue beghe e invidie. I suoi alti e bassi. Sono dunque passati quarant’anni dagli esordi di questa disciplina, che oggi sta vivendo la sua seconda fase storica. Infatti, attorno ai primi anni Duemila si può considerare concluso il primo e pionieristico periodo della storia dell’arrampicata sportiva, davvero speciale e magico – come tutti gli inizi – per chi ha avuto la fortuna di viverlo in prima persona. Terminato, poiché la nuova generazione di arrampicatori di punta – ma anche di minor livello – dispone di metodiche, di ambienti, di condizioni ormai evidentemente diverse da quelle di trent’anni fa. Terminato, perché la massiva presenza e frequentazione delle palestre al coperto ha cambiato e sta cambiando l’assetto sociale, psicologico e tecnico della disciplina. Terminato infine, e questo è un aspetto molto importante, poiché le prime, e spesso anche seconde, attrezzature originarie di molte falesie non sono più affidabili e appartengono appunto a una fase tecnicamente superata. Certo, una storia dell’arrampicata sportiva in generale,

anche solo italiana, sarebbe opera difficile e di lunga stesura, e infatti non è mai stata editata. Abbiamo dunque pensato a una soluzione alternativa, che qui proponiamo: un viaggio nella storia quarantennale dell’arrampicata sportiva italiana attraverso sessanta monotiri – disseminati nelle varie regioni – che abbiano rivestito, indipendentemente dal loro grado, un ruolo importante proprio nell’evoluzione del climbing nella penisola. Questa soluzione ci è parsa appropriata, perché permette di recuperare personaggi, aneddoti, situazioni, antiche, medie ma anche molto recenti, con una formula più agile e, ci sembra, utilmente illustrata caso per caso, con rare e preziose foto storiche unite ad altre recenti. La risposta degli autori è stata veramente sorprendente, dato che in molti, che hanno vissuto questi quarant’anni in prima persona e da protagonisti, si sono dimostrati entusiasti di partecipare al progetto, sulla cui qualità lasciamo ovviamente il giudizio ai lettori. A loro è andato il non facile compito di scegliere, a seconda della zona di competenza, il tiro o i tiri da trattare: scelta appunto difficile fra le centinaia di tiri papabili. Molti lettori ritroveranno esperienze vissute o magari anche solo sognate, altri, fra cui crediamo molti giovani, potranno incontrare luoghi e situazioni probabilmente e ovviamente a loro poco note o solo sentite in qualche racconto… Questo numero 10 di «Up Climbing», che esce in un momento difficile per tutti, è dunque abbastanza particolare, in quanto è completamente monografico, quasi a suo modo un libro. Certo da leggersi e da sfogliare, ma forse anche utile per andare a ripetere, prima o poi, qualcuno di questi splendidi percorsi verticali, che hanno lasciato impronte indeledibili nella storia della nostra disciplina. Essi sono ben più che una serie di appigli e di appoggi su una struttura minerale, presentandosi, in fondo, quasi come realtà vive, non più sola pietra, ma pietra viva, un po’ umana e certo parlante a chi sa ascoltare la narrazione dei loro sussurrati messaggi.

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60 monotiri storici Liguria

Viola Battistella No siesta, 8b, Muzzerone. Foto: D. Battistella

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L

e falesie del Muzzerone sono inserite nel parco regionale di Portovenere, estrema propaggine delle Cinque Terre, in un meraviglioso contesto paesaggistico caratterizzato da bianche pareti e arditi pilastri a picco sul mare, un luogo che negli ultimi anni è diventato uno dei piu amati da migliaia di arrampicatori provenienti da tutto il mondo grazie proprio all’unicità del paesaggio ma soprattutto alla qualità della roccia e agli stili di arrampicata: il tutto inserito in un ambiente unico e selvaggio. La storia di queste bellissime falesie comincia per opera degli incursori della Marina militare, che dalla loro base situata nella baia del Varignano a Le Grazie cominciarono negli anni Settanta a frequentare e a chiodare queste falesie per addestramento militare, ma fu nei primi anni Ottanta che il Muzzerone iniziò la sua storia “sportiva” con la comparsa sulla scena dei giovanissimi climber locali Roberto Vigiani, Davide Battistella, Mattia Di Bono e Massimo Ginesi, che cominciarono con una nuova filosofia a esplorare e chiodare nuovi settori in un’ottica di ricerca delle pure difficoltà, e proprio in questa direzione in quegli anni videro la luce tiri emblematici che sono rimasti tali fino ai giorni nostri come No siesta, duro 8b allo Specchio di Atlantide, e Delirium post mortem, 7c alla parete centrale. Nel 1989 Roberto Vigiani in una delle tante esplorazioni in cerca di nuovi settori adocchiò un incredibile strapiombo trecento metri a picco sul mare sopra la spiaggia chiamata Le Nere, un luogo di difficile accesso ma talmente bello che meritava

sicuramente acrobazie alpinistiche per andare a vedere cosa potesse celare quella parete… ed ecco qui che, con un’ardita calata dall’alto stile Verdon, Roberto scopre una delle meraviglie del Muzzerone… uno degli strapiombi più impressionanti e belli visti in quel momento… lo Specchio di Atlantide! Qui Roberto chiodò diversi tiri di alta difficoltà, ma la prima che vide la luce fu la mitica e dura No siesta, 8b, una difficoltà futuristica per quel periodo, che Roberto risolse in pochi tentativi, e le foto di quell’incredibile strapiombo a picco sul mare fecero il giro del mondo! Uno spigolo impressionante con tanto di assicuratore appeso in parete, con tacche piccole da stringere con una sezione iniziale intensa e una parte centrale su svasi per arrivare, sudando sette camicie, in cima alla “canna”; giusto cinque secondi di respiro e poi da qui la sequenza finale con quattro spettacolari lanci consecutivi, di cui l’ultimo su un piattone sgusciante, e poi via fino alla catena con il cuore in bocca! No siesta in trent’anni non ha più di una dozzina di ripetizioni con quella di James Pearson al secondo giro, e dopo piu di trent’anni proprio nel gennaio di quest’anno è arrivata la prima ripetizione femminile ad opera della sedicenne Viola Battistella che, in pochi tentativi, dopo aver salito le più dure vie del Muzzerone e dello Specchio, si è aggiudicata questo importante traguardo: perché un 8b old style come questo rimane nella storia personale di chi ha saputo confrontarsi con queste durissime difficoltà in un ambiente impressionante ma altrettanto unico al mondo.

Muzzerone, La Spezia

Testo  Davide Battistella

8b

Chiodatura e prima libera: R. Vigiani, 1989

No siesta

60 monotiri storici Liguria

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60 monotiri storici Liguria

Monte Cucco, Finale Ligure, Savona

Chiodatura: M. Lang, 1984

Prima libera: M. Bernardi

Occhi dolci per Frank Zappa 7b Testo  Andrea Gallo

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Guido Cortese Occhi dolci per Frank Zappa, 7b, Monte Cucco, Finale Ligure. Foto: A. Gallo

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ei primi anni Ottanta in Italia il free climbing era in pieno fermento, era il periodo della “libera”, del “settimo grado”, delle vecchie vie percorse in libera senza “toccare i chiodi” e delle prime vie chiodate dall’alto a spit; una nuova stagione stava arrivando ma ancora non si sapeva, sarebbe stato un rullo compressore che avrebbe ridefinito le regole e i limiti dell’arrampicata. Immaginatevi le pareti del Finalese senza le vie aperte dall’alto su tutte le placche oggi percorse, lasciate le linee classiche in diedri e fessure, qualche placca sporadica aperta in stile kamikaze o in misto liberaartificiale tipo Aspettando il sole, e avrete la visione di come si presentava Finale a chi vide una grande opportunità di espressione: una tavola bianca, un foglio pulito dove dar sfogo alla creatività repressa da anni di scarpettoni e salopette alla Super Mario, dove creare un gioco che non esisteva, inventandosi tutto, regole, campioni, miti, leggende, diete, abbigliamento e allenamento, stili di vita. L’elemento di rottura fu la chiodatura di vie dall’alto utilizzando gli spit. Bisognava essere dei visionari, vedere zone di parete che fino ad allora erano considerate inscalabili come possibili. Tra i giovani arrampicatori che arrivarono nel Finalese provenienti da varie parti del Nord-Ovest, tra le figure più carismatiche e rappresentative del periodo c’è Martino Lang. Non voglio qui parlare in termini di difficoltà pura ma di ricerca di linee nuove, dove la bellezza della via e la sua estetica avevano un ruolo fondamentale tanto quanto la difficoltà; una forma espressiva che nello stesso periodo si manifestava in ambienti urbani con il writing e la break dance e sulle pareti finalesi con la chiodatura di nuove vie e conseguente arrampicata. In questo, Martino era il master; avendo a disposizione tutto il Finalese non ha tracciato tantissime vie, ma sono tutte dei capolavori.

Inizia a Cucco con Bianco e nero, uno dei primi “settimi gradi” della zona, oggi 6b, aperta dall’alto a spit vicino a una via simbolo del periodo del free climbing, i Sassisti, aperta dal basso in libera; tanto vicina in un punto da dire «ecco, ora ci siamo noi, fatevi in là». Continua con la splendida Alba di giada, 7a a Perti, una placca sospesa in cima alla falesia di una bellezza unica, dove ti viene da pensare: ma con tutto lo spazio che c’era proprio quassù doveva venire a chiodare? Poi la sali, segui la sequenza naturale di prese che ti porta sull’altopiano, guardi la placca che hai appena salito e capisci. Quindi arriva a disegnare Occhi dolci..., anche qui nelle vicinanze di un monumento, poco a sinistra di Aspettando il sole, a rimarcare l’inizio di qualcosa di nuovo in un settore che dopo questa via diverrà il laboratorio dell’alta difficoltà verticale degli anni Ottanta a Finale. Martino in quel periodo aveva il physique du rôle della rockstar, alto, capello lungo e lineamenti alla indio, muscoloso il giusto, pantalone bianco e fascia in testa, una vaga somiglianza con Frank Zappa, era così che riscuoteva grande successo con il genere femminile. Una sua groupie particolarmente accanita lo pedinava fin sotto la falesia nel periodo in cui si dedicò alla chiodatura della via, con occhi inequivocabili, per cui il nome venne fuori da solo. La sequenza di buchetti che introduceva il concetto di via difficile di resistenza vide come primo salitore in libera Marco Bernardi da Torino, una leggenda del periodo, davanti a tutti e non di poco. A ruota seguì un altro fuoriclasse, Giova “Giovannino” Massari, poi via via tutti i Finaleros noti e meno noti, perché Occhi dolci fu il metro con cui si misurava e si misura ancora oggi un climber a Finale; anche se alla base non c’è più la coda come negli anni Ottanta, ogni Finaleros deve aver salito Occhi dolci.


60 monotiri storici Liguria

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60 monotiri storici Piemonte

Balmanolesca, Verbano-Cusio-Ossola

Prima libera: S. Manini, 1995

Prima ripetizione trad: J. Pearson, 2013

Seconda ripetizione trad: M. Della Bordella

A denti 8b/8b+ Testo  Richard Felderer

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almanolesca, una delle più belle falesie di gneiss che si possano immaginare, ancora oggi teatro di belle avventure un po’ fuori dall’ordinario, è stata anche una di quelle falesie che ha visto l’evoluzione della scalata “in libera”. Nel senso che dalle prime vie a protezione mista l’attenzione si è spostata sulle fessure più dure e strapiombanti e successivamente, esaurite queste, si è passati agli scavi. Cosa che non vuole essere una critica, era una pratica consolidata e accettata da quasi tutti a quei tempi. E che va presa come tale, senza giudizi di merito. La storia dell’arrampicata è passata anche attraverso questa fase, negare o rinnegare il passato non ha senso. È così e basta. Oggi le cose sono diverse, la visione è cambiata e nel bene o nel male queste fessure, queste tacche, che siano naturali o meno, hanno visto l’evoluzione dello sport e del grado, con piccole e grandi storie. Storia silenziosa quella di Sandro Manini, signore pressoché incontrastato del grado ossolano, che con la sua tenacia e bravura ha assediato ed espugnato tutte le lunghezze più dure della falesia (e della zona!). Storia un po’ più “mediatica” invece, quella della rivisitazione di personaggi illustri come Hirayama, Pearson e Della Bordella che hanno dato visibilità e i giusti meriti sia al posto che alla sua storia rivisitando le vie più dure in stile trad e portando una nuova ventata di aria fresca in valle. Oggi Balma è una falesia discretamente frequentata, dove è possibile praticare un po’ di tutto, dall’arrampicata sportiva al trad. Tacche, fessure, svasi e strapiombi. E su tutti i gradi, dal 6a all’8b+. Nella foto vediamo James Pearson che fa la prima ripetizione del tiro in stile trad, peraltro sbagliandolo di poco a vista. James, come tanti altri big che non seguono il mainstream, è rimasto affascinato dalla valle, dai tiri, dalla semplicità e bellezza di queste rocce e questi luoghi, e ancora oggi li potete trovare in queste falesie durante le loro regolari visite in Ossola.

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stretti

60 monotiri storici Piemonte James Pearson durante la prima salita trad di A denti stretti, 8b/8b+, Balmanolesca. Foto: R. Felderer

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60 monotiri storici Trentino Alto Adige

Val Noana, Trento

Chiodatura e prima libera: Manolo, 2012

Roby Present 9a

Testo  Manolo

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60 monotiri storici Trentino Alto Adige

Q

uesta via per me rimarrà importante non per la sua bellezza né tantomeno per la qualità dei movimenti o della roccia, ma perché è stata e ormai lo sarà per sempre… l’ultima via di quella difficoltà che potevo permettermi. Dopo aver salito Eternit avevo ancora energie e riuscivo in qualche modo a gestire gli infortuni. Avevo voglia e motivazioni sufficienti per continuare a mantenere quel livello, anche se la lotta contro gli alti e bassi della forma fisica iniziava a essere frustrante. Non riuscivo più a gestire i recuperi e ormai una seduta di allenamento, più che allenarmi, mi sfiancava. Insomma la carta d’identità parlava chiaro, ma non volevo ancora accettarlo e nemmeno abbandonare il progetto, perché in alcuni casi le sensazioni erano incoraggianti. Dovevo però essere paziente e trovare un buon compromesso che mi permettesse di diminuire il volume di lavoro mantenendo intensità e qualità. Cosa che in qualche modo ha funzionato, ma che i miei tendini purtroppo non hanno gradito. Più diventavo vecchio e più la mia capacità di resistere alla continuità sulle vie diminuiva, ma Roby Present aveva proprio questo. Era una bella sfida, anche se non aveva passaggi duri come Eternit, perché la trovavo molto più continua, nonostante fosse spezzata fortunatamente da un recupero a metà. Spesso però a metà non riuscivo nemmeno ad arrivarci, e quando ci riuscivo ero sfinito e con il cuore in gola. Sopra, fortunatamente, potevo distribuire molto meglio le energie, i passaggi non avevano la violenza della parte bassa e ricreavano ottimismo. Finalmente tutto sembrò andare bene, le avambraccia stranamente non si riempirono così tanto di acido lattico e la sosta si avvicinò senza dolore. Tutto era successo in un modo incredibilmente facile, ormai dovevo solo passare la corda in catena, ma un piccolo appoggio che avevo caricato centinaia di volte decise di abbandonarmi. Mentre vedevo la parete sfilarmi davanti, pensai semplicemente che mai più sarei riuscito a riacciuffarla. Fortunatamente servì solo un mese; dopo di allora incominciai ad ascoltare più seriamente quello che mi suggerivano i tendini.

Manolo Roby Present, 9a, val Noana. Foto: G. Calzà

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60 monotiri storici Sicilia

Canicattini Bagni, Siracusa

Chiodatura e prima libera: M. Cappuccio

Johnny l ‘astronauta Testo  Massimo Cappuccio

I

n un profondo cielo blu si stagliava il profilo della grande grotta, l’aria era tersa e i colori della roccia sembravano finti, quasi surreali. Il giallo e l’arancio, sotto i raggi del sole, sfoggiavano le loro tinte migliori, poi verso la parte più profonda della grotta sfumavano su toni più pastosi di crema e nocciola, come in un grande profiterole. L’antro era enorme, orlato di stalattiti come una chiesa barocca. Dal suo soffitto pendeva una cortina di concrezioni e le pareti strapiombanti erano solcate da lunghe canne dorate. Ma nel gioco delle ombre e delle luci emergeva una linea netta, come disegnata, che solcava in due un caratteristico incavo a metà parete. Una convessità dalla pelle liscia, arrotondata e strapiombante con pochi appigli appena accennati come le lettere di un difficile rebus ancora da decifrare. È stata la prima linea che mi ha colpito arrivando alla base della parete, un amore a prima vista. Con tanta roccia intorno il mio sguardo era solo per lei, quel gioco di luce su quell’ombelico di roccia mi aveva conquistato.

COME ESSERE A UNA FESTA “ PIENA DI GENTE CON TANTA

VOGLIA DI DIVERTIRSI, TANTE BELLE DONNE, E AVERE OCCHI SOLO PER LEI E PER LA SUA SUPERBA ELEGANZA.

Massimo Cappuccio due momenti della salita di Johnny l’astronauta, 7a, Canicattini Bagni. Foto: S. Andriani

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Spesso le forme antropomorfe sono quelle che ci attirano di più, inconsciamente ci riconducono a forme archetipe impresse nella parte più profonda della nostra psiche. Quel pezzo di roccia, di certa natura femminile, evocava il grembo materno, di una donna ciclope che gravida e in attesa del parto si fosse riparata sotto la grotta, e che fosse stata avvolta dalla roccia, ancor più grande e materna di lei, che si era plasmata sul suo

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ventre. Oggi rimane solo il calco di quell’arcaico ventre gravido e un piccolo uomo di questa incomprensibile era moderna che si affardella a salirlo, o forse inconsciamente segue solo un istinto primordiale. E perché mai una via percepita in modo così femminile dovrebbe avere un nome maschile, chi mai chiamerebbe Johnny la propria amata! Ebbene c’è da precisare che Johnny non è la via, ma è colui che si appresta a salirla, la percorre, e ne esplora la superficie, come un astronauta sulla luna. Johnny sono stato io la prima volta che l’ho salita, carico di tutte le mie incertezze e della mia grande curiosità, ma Johnny sono anche tutti gli altri che l’hanno ripetuta. Johnny è un nome simbolico, apparentemente slegato da ogni logica, ma che inconsapevolmente ci appartiene. Al di là della percezione metafisica dell’autore, Johnny è una delle vie più belle e interessanti di tutto il comprensorio di Canicattini, una scalata magnifica, che richiede buone doti tecniche e atletiche, e ancora oggi è una via ambita e molto ripetuta.


60 monotiri storici Sicilia

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La Sportiva TX4 Woman GTX

Scarpa Drago LV Drago LV è la nuova scarpetta della collezione inverno 20/21, perfetta per bouder e falesia. Ha un rivestimento in gomma più esteso sul tallone e sulla punta, ideale per tutte le occasioni di aggancio. Ha un volume ridotto e una forma asimmetrica e arcuata per una eccellente sensibilità. La suola è Vibram, mentre la tomaia combina sette pezzi di microfibra e pelle con cuciture che non creano sovrapposizioni. L’allacciatura a singolo strap in velcro è collegata alla fibbia in due punti della tomaia per una chiusura più sicura ed efficace. Il soffietto elastico facilita la calzata. www.scarpa.net

TX4 è una calzatura per avvicinamenti e rientri su terreni tecnici robusta, costruita per durare nel tempo grazie al sistema di costruzione STB Control System™ che fornisce struttura e stabilità torsionale. Design pulito ed essenziale con tomaia in pelle molto robusta, ha un’alta resistenza alle abrasioni grazie al bordo in Pu TechLite all-around. La suola è in Vibram MegaGrip con climbing zone in punta e Impact Brake System posteriore. Il sistema di allacciatura deriva dal modello climbing Mythos e permette la regolazione della tensione e dei volumi di calzata in un unico movimento. Traverse X è l’espressione massima del muoversi in montagna in modo confortevole rapido e sicuro. www.lasportiva.com

Versante Sud JollyPower Vol.2 Se con il volume 1 avete appreso la pratica, nel volume 2 è la teoria che fa da padrona. Un’analisi delle tecniche da applicare a tutto quello che riguarda il nuovo modo di scalare, per guidarvi nel cambiamento epocale che stiamo vivendo nel mondo del climbing moderno in questi ultimissimi anni. In aggiunta, sono presenti dei capitoli più pratici che non avevano trovato spazio nel primo volume: la mobilità articolare, lo studio sistematico dei movimenti e degli allenamenti per il nuovo bouldering e per lo speed. Proprio in quest’ottica si inseriscono anche i contributi di due noti preparatori atletici italiani: Massimo Bassoli e Roberto Bagnoli. www.versantesud.it

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BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Gennaio 2021. Anno III. Numero 10 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Samuele Mazzolini Alberto Milani Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa Copertina Amer Wafaa su Hyaena, 8b a Finale Ligure Foto: © Andrea Gallo Grafica Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Stefano Vittori

Correzione di bozze Rachele Palmieri Sasha DiGiulian a Kalymnos, Grecia (© Alex Grymanis / Red Bull Content Pool)

Hanno collaborato Davide Battistella, Luca Bevilacqua, Oreste Bottiglieri, Pietro Buzzoni, Mauro Calibani, Massimo Cappuccio, Antonella Cicogna, Richard Felderer, Andrea Gallo, Giuseppe Garippa, Alberto Gnerro, Michele Guerrini, Alessandro Lamberti, Fabio Lasagni, Manolo, Heinz Mariacher, Luca Maspes, Samuele Mazzolini, Graziano Montel, Marzio Nardi, Sandro Neri, Maurizio Oviglia, Edoardo Pedersini, Emanuele Pellizzari, Eugenio Pesci, Emilio Previtali, Nicola Sartori, Severino Scassa, Dino Sturman, Ignazio Tantillo, Raffaella Valsecchi, Roberto Vigiani Versante Sud Srl Via Longhi, 10 – 20137 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it Stampa Mediaprint srl – San Giovanni Lupatoto (VR)

IL PROSSIMO NUMERO

LITTLE CLIMBING ISLAND

DA IBIZA A REUNION IN EDICOLA A MARZO

Distribuzione per l’Italia PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421 © Versante Sud 2021 Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della pubblicazione senza autorizzazione dell’editore. Registrazione al Tribunale di Milano n. 58 del 27/02/2019


Hai dai 18 ai 35 anni, pesi più di 50 kg e godi in buona salute? Sai che potresti salvare una vita? In pochi minuti e con un semplice prelievo di sangue potresti diventare un potenziale donatore.

Purtroppo solo 1 persona su 100.000 è compatibile e tu potresti essere il TIPO GIUSTO per chi è in attesa di trapianto di midollo osseo. Più siamo e più possibilità ci sono di salvare una vita!

Alessandro “Bobo” Rudatis

Matteo Della Bordella

Sara Avoscan (© A. De Zorzi)

UNA CORDATA PER LA VITA

Non è rischioso! La donazione può avvenire con il prelievo delle cellule staminali prodotte dal midollo osseo e presenti nel sangue o col prelievo del midollo osseo dalle ossa del bacino.

NOI CI SIAMO TIPIZZATI… E TU? Se vuoi diventare un donatore visita il sito www.admo.it oppure rivolgiti al Centro Trasfusionale della tua ASL.


Chi è interessato al mondo della ricerca e della scoperta in alpinismo, in questo volume può trovare qualche ottimo spunto. Racconterò dei miei, dei nostri successi, non solo di quelli più importanti, ma anche dei tentativi falliti, delle rinunce, di quello non completato, lasciato in sospeso… perché se è vero che la vetta è la ciliegina sulla torta, è pur anche vero che ogni tentativo non riuscito ha comunque una storia alle spalle e non è detto che sia meno interessante delle altre.

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