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PARCHI COMMERCIALI

“on the move”

È il formato che ha risentito meno del calo affluenze dovuto alla pandemia. I vantaggi che lo caratterizzano sono destinati a dare i loro risultati anche dopo l'emergenza sanitaria?

Alla vigilia del secondo anno di crisi pandemica mondiale, le conseguenze sulle abitudini quotidiane sono ancora evidenti e l’orizzonte ancora incerto. Il segmento commerciale del real estate arriva da un lungo periodo di discesa costante dei valori di compravendita e dei canoni di affitto causati principalmente da arresti nelle affluenze e cali dei consumi. Un formato che ha risentito meno del calo affluenze è stato quello dei parchi commerciali. Insita in tale formato, infatti, la caratteristica di essere open air: di fianco ai noti vantaggi di minori costi di gestione per tale tipologia di struttura, infatti, si è aggiunto quello di poter permettere un acquisto più sicuro che ha rappresentato un vantaggio competitivo rispetto ai centri commerciali. In confronto ai centri città, invece, ha pesato la caratteristica di polo attrattivo composto da un insieme di category killer e dotato di infrastrutture di servizio. Questi vantaggi sono destinati a dare i loro risultati anche dopo la pandemia? Sembrerebbe possibile, se si considera che per la prima volta nella storia i rendimenti dei retail park europei raggiungono il livello dei centri commerciali: 5,43% di media. Questo è quanto emerge da una ricerca di Savills “European Investment Outlook 2022” che analizza le transazioni di retail park in tutta Europa. Nel 2021, per tutto il settore retail, sono stati investiti oltre 5,1 miliardi di

euro in nove Paesi europei, tra cui l’Italia. Solo durante il III Q gli investimenti sono aumentati di ben il 46% rispetto all’anno precedente, con al primo posto Regno Unito (46%), a seguire Germania (37%) e Francia (12%). L’aumento degli investimenti in retail park è stato del 29% durante i primi tre trimestri dell’anno, superiore di ben 20% alla media del quinquennio: si tratta di una tendenza al rialzo che, secondo la ricerca, pare sia destinata a continuare. Non è solo questione di numeri: anche i modelli sottostanti sono in movimento. Vogliamo riportare un esempio dalle interessanti potenzialità: nel 2021 il colosso austriaco Immofinanz ha fatto il suo ingresso in Italia, acquistando il Parco Fiore a Treviso, con l’obiettivo di riconfigurarlo con il suo brand Stop Shop. Si tratta di un primo passo considerando che, secondo i piani di sviluppo aziendali, sono previsti investimenti fino a 250 milioni di euro entro il 2024. Il Parco Fiore è una struttura di ca. 27mila mq interamente locata con un variegato mix di operatori nazionali e internazionali di riconosciuto standing. È presto per registrare i risultati di questa acquisizione, tuttavia sarà interessante vedere se e come tale struttura verrà modificata per rispondere appieno al modello Stop Shop. Questa tipologia di parchi, infatti, punta il suo successo sulla combinazione di due elementi dell’offerta al pubblico: la presenza di marchi che abbiano le caratteristiche di grande notorietà e riconoscibilità e si connotino per un buon posizionamento in termini di rapporto qualità-prezzo. Questo è possibile grazie alle relazioni di partnership che la società immobiliare intrattiene con le catene presenti nei suoi parchi. Completa l’offerta un’integrazione di opzioni per il tempo libero e l’intrattenimento. Sintetizzando si tratta di una formula, per così dire, pseudo-teutonica dei parchi commerciali, ovvero di grande sostanza apportata dalla notorietà e convenienza, abbinata a quel pizzico di forma che non può mancare per essere attrattivi. È un formato sviluppato in diverse città del Centro-Est Europa in regioni a basso reddito, con interessanti risultati di redditività e sostenibilità dell’investimento, stando ai dati pubblicati dalla società. Come affermato è presto per tirare le somme. ma nel futuro vigileremo per comprendere se questa formula potrà realmente prendere piede anche in Italia.n

Alberto Deiana, Project Management and Real Estate Executive Mi.No.Ter.

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