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Un 2021 da dimenticare per i consumi in Italia, molto lontani dai livelli pre-pandemici. Fatta eccezione per l’alimentare, tutte le altre voci hanno recuperato parzialmente sul 2020, ma sono in profondo rosso rispetto ai livelli del 2019. Intanto il 2022 è iniziato con un boom pandemico e una corsa dei prezzi che dovrebbe spingersi, secondo le previsioni, fino al picco del 5% (al 3,5% il dato generale per la Banca d’Italia) e produrre un calo della spesa di grocery di un paio di punti con una crescita del valore, secondo le stime Nielsen, del +1,5%. Confcommercio calcola che nel 2021 il Pil cresca del 6,2% e i consumi del 5,1% rispetto all’annus horribilis 2020, ma si tratta in larga parte di rimbalzi statistici: infatti, a fronte del +2,6% delle vendite di alimentari e bevande (oltre 172 miliardi) sul 2019, gli altri comparti non sono riusciti ad agganciare i valori pre-pandemia. E quindi alberghiero e ristorazione sono scivolati del -29%, acquisto mezzi di trasporto -14%, servizi culturali -14%, vestiario e calzature -10%. «Il recupero nel 2022 – commenta il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella – proseguirà più lentamente del previsto e per i consumi, in calo del 7,3% nel 2021 rispetto al 2019, il completo ritorno ai livelli pre-pandemici non avverrà prima del 2023. Infatti i più recenti vincoli alla mobilità e alla socialità sono destinati, comunque, a produrre un ridimensionamento nelle prospettive di crescita, anche per l’impatto negativo in termini di aspettative degli operatori». Gli ultimi provvedimenti del Governo Draghi per arginare la diffusione della pandemia, prevedono numerose restrizioni per i non i vaccinati che, fra le altre cose, non potranno accedere a esercizi pubblici che non siano supermercati, farmacie e pochi altri. Un vantaggio per la distribuzione moderna e i consumi domestici, ma un problema in più per i consumi fuori casa. Uno scenario preoccupante che sembra destinato a durare almeno fino alla tarda primavera mettendo sempre più a rischio la ripresa della domanda delle famiglie, soprattutto per quei beni e servizi non obbligati che sono stati i più penalizzati nell’ultimo biennio.

Il confezionato limita i danni

Meno difficile la situazione nel grocery della distribuzione moderna. Iri stima che nel 2021 le vendite nel largo consumo confezionato siano cresciute del 2,8% a valore e del 3,1% a volume, grazie al sostegno fornito dall’impennata dei contagi negli ultimi due mesi dell’anno, in particolare a dicembre. Le nuove regole anticontagio, spiega Iri, hanno frenato il pieno ritorno sociale agli standard pre-pandemici e la permanenza in ambiente domestico. Al dato generale hanno contribuito anche le vendite online. «Ci lasciamo alle spalle un anno caratterizzato da un andamento altalenante per le vendite al dettaglio – osserva Carlo Alberto Buttarelli, direttore di Federdistribuzione –. Dopo molte settimane in flessione il settore alimentare, con la complicità delle festività, ha registrato un rialzo nella coda dell’anno, anche se complessivamente paga un calo dello 0,7% sul 2020. Il non food invece ha ripreso a crescere anche se la spinta non è stata ancora in grado di riportare le vendite sui valori pre-pandemia». Tuttavia secondo Federdistribuzione, l’evoluzione del quadro pandemico unita alle restrizioni varate del Governo per contenere l’emergenza sanitaria ha generato nelle famiglie il ritorno di un atteggiamento attendista sui consumi che rischiano un nuovo rallentamento. Finora la distribuzione moderna ha agito da argine all’aumento dei prezzi, ma è prevedibile che in primavera tutti gli aumenti si scarichino sugli scaffali. Sperando che si tratti di una fase transitoria e che nel frattempo gli aumenti dell’energia e delle materie prime si ridimensionino. L’Ufficio Studi Coop conferma che il vero banco di prova della Gdo italiana sarà il 2022. Per gli esperti intervistati, i prezzi all’acquisto, la digitalizzazione dei canali e i nuovi comportamenti di acquisto rappresentano gli elementi centrali del nuovo anno, con un’attenzione crescente ai temi della sostenibilità etica, sociale e ambientale. Per il 2022 i principali osservatori economici prevedono un’inflazione generale superiore al 5% contro il 3,9% ufficiale del 2021 rilevato da Istat, con il +2,4% del carrello della spesa. E proprio l’inflazione relega il budget delle famiglie nei confini delle spese obbli-

gate (utenze, alimentazione e salute, soprattutto) e costringe tanti italiani a lasciare nel cassetto i prodotti tecnologici, le serate con gli amici, i viaggi e le vacanze. Nel sondaggio di italiani.coop, i manager del retail si aspettano per i generi alimentari un’inflazione media nell’anno del 3,5%. «Sugli andamenti del 2022 – sostiene l’Ufficio Studi Coop diretto da Albino Russo – peseranno l’aumento dei prezzi e i suoi effetti sul potere d’acquisto delle famiglie, ma evidentemente anche gli andamenti epidemici contribuiscono a rendere ardua una previsione puntuale. Con il supporto di Nielsen è stimabile un andamento delle vendite totali della Gdo di poco inferiore all’1,5% a valore, come effetto congiunto di una probabile riduzione dei volumi, di un più ampio incremento dei prezzi e delle scelte di ricomposizione degli acquisti effettuate dai consumatori».

“Tuttavia secondo Federdistribuzione, l’evoluzione del quadro pandemico unita alle restrizioni varate del Governo per contenere l’emergenza sanitaria ha generato nelle famiglie il ritorno di un atteggiamento attendista sui consumi che rischiano un nuovo rallentamento.

Il nodo energia

Ma l’industria non ci sta. Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, lamenta che «i cittadini non possono stare senza mettere il cibo in tavola, con il risultato che noi lavoriamo in perdita. Nell’alimentare i costi energetici sono aumentati tra il 200% e il 300%». In particolare, il costo dell’energia elettrica è passato in media dai 40-45 euro/megawatt/h a 300 euro e quello del gas da 0,17 euro/metrocubo a 1,30 euro. Ai rincari dell’energia si aggiungono quelli delle materie prime, come i prezzi di grano, mais e soia, e degli imballaggi. Si va dall’incremen-

to del 61% del legname a quello del cartone (+31%), della banda stagnata (+60%), della plastica per agroalimentare (+72%) e del vetro (+40%). Infine le impennate di container e noli marittimi. I recenti provvedimenti del Governo per alleviare il caro energia ha deluso le imprese per l’esiguità delle risorse messe in campo e parlano di “misure insufficienti a contrastare i fortissimi incrementi dei costi e piccoli interventi spot senza una visione di lungo termine”. «Le aziende più a rischio sono le piccole e medie imprese – aggiunge il presidente di Federalimentare – quelle che tutelano di più il patrimonio enogastronomico del Paese».

Asottolineare il momento di tensione, Vacondio insieme a Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi nella quale sollecita il Governo ad adottare “urgenti misure per arginare la situazione emergenziale e si faccia promotore di iniziative a livello europeo per l’adozione di provvedimenti che tutelino le imprese da speculazioni globali riconducibili anche a fattori di natura geopolitica”. Molte aziende, denunciano Alleanza Cooperative Agroalimentari e Federalimentare, “stanno valutando il blocco di alcune linee di attività e, nei casi di maggiore difficoltà, la chiusura degli impianti di trasformazione, col rischio di drammatiche conseguenze sociali e occupazionali”. Cooperative e industrie, infine, evidenziano che “le attuali dinamiche commerciali con la distribuzione moderna escludono la possibilità di una revisione dei prezzi che possa compensare i maggiori costi sostenuti”.

“Le aziende più a rischio sono le piccole e medie imprese, quelle che tutelano di più il patrimonio enogastronomico del Paese.

Dal fronte del retail, Luca Mi-

gliolaro, direttore commerciale

supermercati di Pam, dichiara che «sui temi come inflazione e rinnovi contrattuali, le variabili sono talmente numerose da rendere velleitaria qualsiasi previsione. Compresa la stima del 3,5% di inflazione nel 2022. Potrebbe risultare troppo bassa nel caso le tensioni sulle commodity rimanessero sui livelli odierni con le scorte ai minimi. Oppure elevata se scemassero nel corso d’anno». La cosa migliore da fare in un contesto così difficile è «gestire al meglio il conto economico – aggiunge Migliolaro – e quindi chi ha un Ebitda più rotondo può avere maggiori margini di manovra. Per quanto ci riguarda cercheremo di ridurre al minimo i rincari diminuendo il nostro margine per trasferire il meno possibile gli aumenti di prezzo al pubblico. Gli incrementi dei costi di produzione sono evidenti e indiscutibili: dall’energia, al packaging fino ai trasporti. E, nella linea della trasparenza, come sempre, stiamo cercando di andare incontro alle richieste di coltivatori, allevatori e piccoli produttori prima che ai grossisti. Privilegiamo piccole e medie imprese, poi la grande industria». Per il non food la musica non cambia. «L’industria di marca – lamenta

Sergio Reale, presidente della catena Ac-

qua & Sapone – è in pressing per ottenere anticipi dell’applicazione dei listini con aumenti rilevanti che non sempre appaiono giustificati da incrementi generici di costi generali. Stiamo trattando con i fornitori proponendo aumenti dilazionati nel tempo».

Leggi anche: ”La corsa dei prezzi: a gennaio +4,8% e i beni nel carrello +3,2%. Federdistribuzione, altri aumenti in arrivo”.

Tiene l’alimentare, giù la ristorazione

2021 (stime) 2020 2019

ALIMENTARI e BEVANDE

ALBERGHI e RISTORANTI

ABITI e CALZATURE

CASA, ENERGIA, ACQUA

MOBILI ed ELETTRODOMESTICI

SANITÀ

MEZZI di TRASPORTO

COMUNICAZIONI

RICREAZIONI e ISTRUZIONI

173.143 172.117 166.708

82.154 68.908

116.033

59.559 52.533

66.557

251.198 249.710 246.123

34.417 36.360 38.956 66.174 63.090

67.903

31.374 30.181 36.570

22.658 21.930 21.464

71.652 65.984

83.417

Fonte: stime 2021 di Ufficio studi Confcommercio

Consumi fiacchi e saldi flop

L’economia corre ma il virus ha gelato la corsa ai saldi degli italiani. A gennaio la partenza per il retail è stata sotto tono, con un tonfo del -50% sul 2019 e un calo verticale delle presenze nei centri commerciali e nei centri città. La speranza di recuperare nella prima settimana dall’avvio, che è quella dove generalmente si concentrano la maggior parte degli acquisti, non si è concretizzata. «Nell’abbigliamento – sostiene

Mario Resca, presidente Confimprese

che associa 350 marchi commerciali e 40mila pdv – il 78% dei retailer dichiara un trend negativo tra -30 e -40% sullo stesso periodo 2020 pre-covid, sia pure con i dovuti distinguo da insegna a insegna. Non si registrano incrementi dello scontrino medio. A peggiorare il quadro l’assenteismo per Covid e quarantene che tocca il 20% del personale di negozio, tanto che circa la metà delle insegne ha dovuto ridurre gli orari o chiudere punti vendita, stimati nel 10% della rete».

In Francia, Leclerc

congela il prezzo della baguette

Il problema del carovita è molto sentito anche in Francia. Tanto che il gigante della distribuzione Leclerc ha deciso di congelare, per almeno quattro mesi, il prezzo della pagnotta di pane simbolo del Paese, la baguette. «Ci impegniamo a congelare il prezzo della baguette da 250 grammi a 0,29 euro per almeno 4 mesi», ha comunicato il retailer della cooperazione transalpina. Per l’anno in corso, Leclerc prevede un’inflazione per l’alimentare del 4%. E ha promesso un duro confronto con i fornitori per tenere sotto controllo il prezzo di altri prodotti alimentari di base. Nel 2021 in Francia l’inflazione ha segnato +2,8% su base annua, meno del 3,9% dell’Italia. Secondo gli economisti francesi, il fenomeno dovrebbe durare ancora per diversi mesi. «Dopo un’evoluzione dei prezzi dello 0,9% in media annua nel periodo 2015-2020, si prevede che l’inflazione rimanga al di sopra del 2,5% fino alla metà del 2022», ha dichiarato Jean-Luc Tavernier, direttore dell’Insee, l’equivalente dell’Istat francese. L’anno scorso erano stati gli aumenti dei prezzi dell’energia e dell’alimentare ad accendere l’inflazione. E nel 2022? Tutto dipenderà dall’andamento della pandemia, che in Francia ha sfiorato un picco di mezzo milione di contagi in un giorno, salvo poi arretrare. Nei prossimi mesi l’inflazione dovrebbe essere sostenuta dall’aumento dei prezzi dei prodotti manifatturieri e degli alimenti. In effetti, i prezzi alla produzione nell’industria sono aumentati del 16% in un anno a novembre 2021 e anche i prezzi alla produzione agricola sono aumentati vertiginosamente. Ora sempre più aziende vogliono trasferire gli aumenti dei costi sui prezzi al consumo e questo rischia di alimentare la rincorsa salariale.

E.S.

IBBA (CRAI): PREZZI SU DI GIRI E MARGINI IN EROSIONE. VIA A 37 RISTRUTTURAZIONI

Il comproprietario del network di 220 punti vendita, che comprende cash&carry e negozi al dettaglio in Sardegna, prevede una riduzione della marginalità, anche a fronte di un piano industriale impegnativo.

di Emanuele Scarci

Volumi in calo e grande attenzione agli sprechi. Il fatturato del 2022 potrebbe crescere per l’aumento dei prezzi e si sentirà l’impatto sulla marginalità: sono queste le previsioni di Giangiacomo Ibba, presidente della società F.lli Ibba, comproprietario di un network di 220 pdv (anche con partner e imprese esterne) che comprende cash&carry e negozi al dettaglio in Sardegna. La società fa parte della centrale Crai. L’anno scorso il gruppo di Oristano ha rilevato (con un bond di 10 milioni collocato da Intesa Sanpaolo) Supermercati Gieffe con 16 pdv nel Cagliaritano. «Con il boom delle materie prime, dell’energia e dei noli marittimi – sostiene Ibba – non possiamo sperare che l’industria si faccia totalmente carico della situazione. Su certe categorie di prodotto siamo costretti a contribuire anche noi a limitare gli effetti dell’inflazione, in caso contrario rischiamo di farci del male. Da qui la convinzione che quest’anno ci attendiamo un’erosione dei margini». Come reagirà il consumatore all’aumento dei prezzi? Si rivolgerà di più ai discount?

Non credo. Tenderà a tagliare di più gli sprechi alimentari e porrà più attenzione al rapporto qualità/prezzo di ciò che acquista. Data l’incertezza pandemica, nei primi mesi del 2022 si naviga a vista?

Assolutamente no. Abbiamo un piano industriale impegnativo che vogliamo accelerare. Il 2022 sarà l’anno delle ristrutturazioni: ne abbiamo in cantiere 37, una ogni 10 giorni. Inoltre apriremo un cash&carry a Olbia e un negozio al dettaglio a Sassari di 5mila mq lordi e 3.500 di vendita. La nostra strategia comprende anche più spazio ai freschi e maggiore vivibilità del negozio.

Nel 2021 Nielsen segnala una crescita delle vendite in Area 3 dello 0,2% a parità di rete. A voi come è andata?

La nostra crescita è stata superiore, siamo arrivati al 4,2% a parità di negozi. Uno sviluppo trainato dal boom del turismo estivo. Infatti, nella prima parte dell’anno è prevalsa la debolezza, specie nel secondo trimestre. Poi, in tarda estate, la situazione si è completamente ribaltata e la domanda si è mantenuta vivace fino a tutto settembre. E dopo?

Probabilmente l’effetto smart working ha permesso di allungare il soggiorno nelle regioni periferiche come la Sardegna. A ottobre e novembre è andata bene. In dicembre siamo andati in parità. E da allora è scattata l’incertezza pandemica con la conseguente riduzione degli spostamenti.

Alla fine qual è il preconsuntivo del 2021?

Siamo andati oltre i 700 milioni di fatturato del budget. Come procede l’integrazione della rete Supermercati Gieffe?

Bene, siamo al 90%. Ormai l’aria che si respira è quella di una rete unica. Nei primi sei mesi, per non perdere l’expertise del gruppo, non abbiamo modificato nulla, solo a ottobre abbiamo avviato il processo d’integrazione partendo dai sistemi informativi, ma soprattutto delle persone.

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