C A r O - CA ffè , torrefattori a LL e prese con L a sfida dei CON sumi H O r ECA
DAVIDE LONGONI
«La panetteria rinasce da LL’esigenza de L quartiere»
C A r O - CA ffè , torrefattori a LL e prese con L a sfida dei CON sumi H O r ECA
DAVIDE LONGONI
«La panetteria rinasce da LL’esigenza de L quartiere»
Gustoso, versatile e fantasioso: questi i punti di forza delle nuove versioni dello storico formaggio erborinato Bergader, l’Edelpilz, che con le sue caratteristiche venature blu è da sempre utilizzato con successo in tutte le cucine del mondo.
Il grande classico dell’azienda bavarese che vanta 121 anni di tradizione casearia e qualità eccellente, torna a scaffale come edelblu nella versione Classic e in tre nuove varianti pronte all’uso e adatte a qualsiasi esigenza culinaria.
Edelblu Classic mantiene la stessa ricetta che lo ha reso un prodotto indispensabile nelle cucine degli chef ma anche in quelle di tante famiglie italiane. Rimangono i colori caratteristici della confezione da 100 g, ben riconoscibile e impattante a scaffale, ma con una grafica più moderna e accattivante, pensata per essere individuata facilmente dagli affezionati ma allo stesso tempo per intercettare e incuriosire un pubblico nuovo.
Affiancano il Classic altre tre varianti che stupiranno gli amanti del Blue Cheese:
- edelblu Cream nella pratica confezione da 175 g.
Cremoso e spalmabile, grazie a un’inedita ricetta, è adatto a preparazioni fredde e calde, per un utilizzo fantasioso in cucina; - edelblu Cubes nell’innovativo pack 2x50 g che azzera gli sprechi.
Pratici e versatili, i cubetti da 6 mm sono perfetti per rendere appetitose insalate, pizze, gratin e ricette fredde o al forno; - edelblu Gourmet nella vaschetta da 100 g.
Ricercato e versatile, è ottimo come ingrediente ma gustoso anche a freddo o per arricchire una selezione di formaggi.
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Vetrina Prodotti
COVER STORY - Salone
Franchising 2024
Franchising, crescono i "mumbo" e la ristorazione
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INTERVISTA - Davide Longoni
“La panetteria rinasce dall’esigenza del quartiere”
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Si parla di...
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Sviluppo rete
RM Magazine
Trimestrale di Ristorazione Moderna
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano
Registrazione n° 52 del 30/1/2007
Direttore responsabile
Armando Brescia
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mercati - CAFFÈ
Caro-caffè, torrefattori alle prese con la sfida dei consumi Horeca
29
mercati - ALTERNATIVE VEGETALI
Plant based senza confini grazie ai flexitariani
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mercati - PULIZIA E DETERGENZA
La priorità dell’Horeca è l’efficienza
Direttrice editoriale
Maria Teresa Manuelli
Coordinamento editoriale
Claudia Scorza
Responsabile editoriale
Nicola Grolla n.grolla@edizionidm.it
Progetto grafico
Silvia Ballarin
Mercato CAFFÈ
Caro-caffè, torrefattori alle prese con la sfida dei consumi Horeca
45 CASE HISTORY
Temakinho, Gohan Group
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OPINION
Come fare innovazione (vera) nel food retail?
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FOCUS CANALE - High street
A Roma, il food retail deve ancora guadagnarsi spazio
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ANTICIPAZIONI SUL PROSSIMO NUMERO
Editore
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8 - 10 Ottobre 2024 Norimberga (DE)
PADIGLIONE 9 ARNEG: Stand 9-426
INCOLD: Stand 9-326/328
Arneg e Incold, insieme per disegnare un nuovo concetto di retail più green, performante e responsabile. Forte della presenza di 41 società in tutti i continenti, il Gruppo Arneg fornisce le più evolute e sostenibili soluzioni di refrigerazione commerciale per offrire un servizio completo al mondo del retail.
CELLE FRIGORIFERE E PORTE AD AVVOLGIMENTO RAPIDO
HP2 E GLOBO, UNITÀ E CENTRALI FRIGORIFERE A CO2
Azienda del Gruppo Arneg, Incold è specializzata nella progettazione e produzione di soluzioni di coibentazione per il settore alimentare e la logistica refrigerata. Nello stabilimento di Rovigo (Italia) si producono celle frigorifere modulari, pannelli e porte isotermici e porte rapide. Incold propone soluzioni sempre più sostenibili con la massima attenzione al risparmio energetico.
Casa madre del Gruppo, Arneg affianca il cliente dalla progettazione alla realizzazione del punto vendita. Specializzata nella produzione di banchi frigo, centrali frigorifere e soluzioni impiantistiche, offre servizi di assistenza e consulenza energetica. L’evoluzione continua della ricerca e sviluppo assicura un approccio alla refrigerazione sempre più efficiente ed ecosostenibile.
www.incold.it
www.arneg.com
Ritorno sui banchi per intercettare la nuova frugalità
Settembre coincide con la ripresa delle attività a scuola e all’università che muoverà parte di un bacino di 7,2 milioni di persone: il futuro dei consumi. Anche a breve termine, come testimonia un’indagine promossa da TheFork insieme a TheFaculty e a cui hanno partecipato 1.080 studenti tra i 18 e i 22 anni. Il 44% afferma di consumare un pasto al ristorante più di una volta al mese; attività particolarmente apprezzata per passare del tempo in compagnia da oltre la metà di loro (55%). La maggior parte dei ragazzi (63%) sceglie di provare un determinato ristorante sotto consiglio di amici e parenti, affidandosi dunque al passaparola di persone vicine. Similmente, al secondo posto tra i fattori che influenzano la scelta, compaiono i suggerimenti (10%) o i trend (11%) derivanti dai social media e dai loro influencer. Meno rilevanti tra i giovani sembrano essere gli spunti delle guide e dei blog gastronomici, così come gli eventuali premi vinti dai singoli ristoranti (6%). Più popolari, invece, le piattaforme di prenotazione online, che attraverso sconti, promozioni e algoritmi ingolosiscono il 9% degli intervistati. La tipologia di ristoranti più popolare? Pizzeria (78%), seguita dalle trattorie (60%) e dai ristoranti di sushi (55%). Giù dal podio troviamo, invece, hamburgherie e steakhouse (43%), ristoranti etnici (28%), sempre più in voga, e ristoranti di pesce (24%).
Va anche ricordato, come fa una ricerca TooGoodToGo insieme a YouGov, che il 91% di studenti e universitari ha modificato le proprie abitudini in fatto di consumi alimentari, a causa del rialzo dei prezzi del carrello della spesa. Dovendo fare i conti con un budget limitato, quasi la metà degli intervistati (47%) dichiara che avrebbe bisogno di almeno 100 euro in più al mese per poter mangiare correttamente e in modo più sano. Come ha ribadito il Rapporto Coop 2024, d’altronde, il pragmatismo nella ricerca del prezzo più basso (il 51% lo considera il fattore su cui basa la sua decisione di acquisto), la scelta di alternative più rispettose dell’ambiente (il 58% sceglie prodotti di stagione, il 39% privilegia freschezza e qualità) e la riduzione o l’eliminazione dei consumi di carne (il 50% della fascia 18-35 a cui si aggiunge un 36% che sta valutando di farlo in futuro), sono i fattori della “nuova frugalità”.u
LA FRASE DEL MESE
«Il pollo sarà il futuro dei menu food retail. Non a caso stiamo attendendo l'arrivo in Italia di Popeyes: 4mila locali globali e proposta di cucina Cajun. In generale, c'è voglia di prodotti più sani, freschi, legati ai concetti di sostenibilità e benessere fisico». (Massimo Barbieri, consulente franchising e fondatore Sofi).
u Franchising, crescono i "mumbo" e la ristorazione
AL SALONE DI MILANO, DAL 26 AL 28 SETTEMBRE, IL MERCATO DELL’AFFILIAZIONE SI È RIUNITO ALL’ALLIANZ
MICO. ALLA RIBALTA
I MULTI-UNIT MULTI-BRAND OPERATOR ("MUMBO"), MA L’ESSENZIALE RIMANE
LA TRASPARENZA FRA
“PARTNER”
Il comparto del franchising vale l’1,8% del Pil. Basterebbe questo numero per far capire l’importanza dell’affiliazione commerciale come leva per l’economia italiana capace di muovere un business che sfiora i 34 miliardi di euro (+9,9% nel 2023 rispetto all’anno precedente) grazie all’attività di 929 insegne e oltre 65.800 punti vendita (+4.644 in un anno). Numeri in cui la ristorazione a catena gioca un ruolo fondamentale raggruppando, secondo l’analisi di
Assofranchising, il 19% del totale dei brand per un totale di 180 insegne con 4.899 punti vendita. Network presenti al Salone Franchising di Milano, tenutosi dal 26 al 28 settembre presso il Padiglione 4 di Allianz MiCo.
L’appuntamento, a cui hanno partecipato oltre 130 espositori in tutte le categorie merceologiche, ha presentato alcune novità rispetto alle edizioni passate. Innanzitutto, nuove aree volte a massimizzare i momenti di business hanno caratterizzato il layout della manifestazione. Una lounge ha favorito i confronti one to one, il Media Village ha consentito di incontrare stampa di settore e
di Enrico Tosco, direttore generale Reting
La normativa sul franchising in Italia ha subito importanti evoluzioni, culminate con l’introduzione della legge n. 129 del 6 maggio 2004. Questa legge regola l'affiliazione commerciale e si concentra in particolare sugli aspetti contrattuali, cercando di proteggere la parte più debole del rapporto, ossia il franchisee. Tale protezione si estende anche alla fase precontrattuale, con obblighi specifici per il franchisor. Con l’avvento della pandemia, i rapporti tra franchisor e franchisee sono ulteriormente cambiati, portando a una maggiore attenzione su elementi come il know-how e la trasparenza delle informazioni economiche. Su questo tema, la legge richiede che il franchisor fornisca visura e bilanci degli ultimi tre anni, ma le aspettative sono cresciute, richiedendo anche dati aggiornati sulle performance economiche della rete. In un contesto caratterizzato da inflazione e aumento dei costi delle materie prime, è diventato fondamentale specificare chiaramente nel contratto i costi d'ingresso e le modalità di rientro del capitale. Un contratto di franchising ben strutturato, quindi, deve prevedere:
Durata del contratto - La legge impone una durata minima di tre anni, ma è fondamentale che questa sia sufficiente per consentire al franchisee di ammortizzare l'investimento iniziale.
Economics del progetto - Il contratto deve includere un conto economico previsionale con dettagli sulle entrate e le spese correnti facilmente interpretabile anche da un non esperto, oltre a indicazioni sulle spese d'ingresso.
Know-how e manuale operativo - Il know-how è uno dei pilastri del franchising. È essenziale che il contratto specifichi chiaramente come utilizzarlo e che venga allegato un manuale operativo dettagliato.
Esclusiva territoriale - Sebbene opzionale, l’esclusiva territoriale è oggi un punto fondamentale per garantire al franchisee le basi per ammortizzare il proprio investimento e trasmettere una maggiore sicurezza operativa.
Servizi offerti dal franchisor - È cruciale dettagliare tutti i servizi che il franchisor offre al franchisee e specificare gli obblighi del franchisee nella fruizione di tali servizi. Questo aiuta a creare una rete di supporto che diventa parte integrante del contratto
social media manager, l’Area Consulenza ha offerto tutto il supporto necessario a franchisor e franchisee mentre l’Area Coworking ha facilitato ulteriormente il networking fra professionisti. Per agevolare ulteriormente gli incontri tra gli stakeholders e le potenziali collaborazioni, era disponibile l’app di Salone Franchising Milano attraverso la quale, in modo facile e veloce, il visitatore ha potuto prendere appuntamenti con le aziende in fiera e successivamente. Poi c’è stato il palinsesto degli incontri con un panel di 60 relatori che si sono confrontati su questioni fondamentali ed estremamente attuali per franchisor e franchisee, spaziando dalla gestione strategica ai trend di sviluppo del business, dagli aspetti finanziari a quelli immobiliari, dall’internazionalizzazione alla gestione delle performance, dall’omnicanalità alla digitalizzazione.
La crescita dei multi-unit multi-brand
Gli stessi temi al centro del dibattito associativo fra le realtà rappresentative del franchising. «In questi ultimi anni, molti imprenditori e singoli negozianti hanno visto la differenza di far parte o meno di una rete in affiliazione. Il giro d’affari del settore è cresciuto, così come il numero degli operatori che si attesta sulle quasi 290mila unità. Insomma, un mercato in salute, in cui la ristorazione è attesa in crescita del +3,4% nel 2024 – afferma Alberto Cogliati, presidente di Assofranchising – e va strutturandosi grazie all’attività degli operatori multi-unit multi-brand che hanno saputo cogliere il vantaggio competitivo delle economie di scala, sia dal punto di vista operativo sia dal punto di vista finanziario». Profili sempre più ricercati e che, a tendere, rappresenteranno la spina dorsale del settore sempre più portato a diversificare il rischio e cogliere le opportunità di ibridazione dei format mettendo a fattor comune una capacità operativa standardizzata. «I multi-unit multi-brand sono in crescita, soprattutto negli ultimi 10-15 anni e sicuramente post-pandemia, quando si è colto il potenziale di queste strutture – conferma Alessandro Ravecca, presidente di Federfranchisng – Al di là del sistema organizzativo e delle economie di scala, anche per loro valgono le regole base di una buona affiliazione: conoscenza approfondita del franchising sul quale investire, stipulazione di un contratto chiaro, con regole di ingaggio trasparenti su uscita anticipata, royalty, formazione, approvvigionamento delle materie prime, e la disponibilità a seguire le giuste procedure». Insomma, «una logica di partnership», la definisce Cogliati, capace di andare oltre la location per approfondire gli aspetti essenziali che fanno marciare un brand.
Competizione e complessità, come evolve il mercato
Il tutto all’interno di un mercato, quello dei consumi, evoluto molto velocemente. Soprattutto quando si parla di ristorazione e fuoricasa: «Gli indipendenti sono diminuiti e tutto quello che passa dalle catene trova un grande successo di pubblico grazie a un migliore servizio clienti, declinato in un approccio omnicanale – esordisce Mario Resca, presidente di Confimprese – Non sorprende quindi che il franchising abbia trovato uno spazio di sviluppo così ampio spingendo al contempo verso un processo di selezione degli imprenditori, chiamati a loro volta a mettere in campo strategia nuove, più efficaci ed efficienti per stare al passo con l’aumento della complessità». E della competitività, aggiungiamo. «Come trovare master franchisee e creare joint venture lo abbiamo imparato dalle multinazionali che sono approdate nel nostro mercato. Ora è arrivato anche il nostro turno di esportare il savoir-faire e il gusto italiani con le stesse logiche», conclude Resca. Un tema, quello dell’internazionalizzazione, che apre il paragone con i nostri cugini francesi: «Rappresentano il punto d’arrivo del nostro mercato –rivela Cogliati – Non solo a Parigi c’è l’expo internazionale dell’affiliazione commerciale, ma il mercato transalpino in franchising vale 5 volte il nostro giro d’affari, ha 4 volte gli addetti e 3 volte tanto i punti vendita». Cosa manca per raggiungere questi risultati? «Se, come sistema Italia, troviamo un’identità nel concetto di Made in Italy la stessa cosa deve valere anche sul piano istituzionale: andare da soli non ce la si fa, rischia di essere un mero exploit», sottolinea Ravecca.u
Sicurezza e gusto per la colazione gluten-free? Con l’imballo infornabile si può
Dal freezer al forno senza aprire la confezione: l’imballo infornabile permette di servire un croissant senza glutine caldo e fragrante in pochi minuti in totale sicurezza, senza bisogno di un forno dedicato.
“La
RAPPRESENTA IL MANIFESTO DEL
PROFESSIONISTA CHE HA DATO NUOVA
VITA ALL’ARTE BIANCA PUNTANDO SU
UNA FILOSOFIA ANTI-FORMAT, SPERIMENTAZIONE E FILIERE DI QUALITÀ
Figlio d’arte (il nonno e il padre avevano un forno in Brianza), panettiere, imprenditore del food retail grazie ai suoi 8 locali a gestione diretta a Milano, a cui si aggiungono altrettanti punti vendita agricoli, Davide Longoni ha rivoluzionato il concetto di bottega di quartiere. La prima in via Tiraboschi, in zona Porta Romana nel 2013, l’ultima in via Cagnola, le prossime 3 in 5 anni (a partire dal Mercato Centrale di Bolzano a novemebre). Location che proprio al rientro dalle vacanze iniziano a riaccogliere habitué e non solo: «Ogni anno arriviamo alla ripresa con la solita dose di ansia – scherza Longoni al telefono con RMM – Sembra quasi il giorno dopo Capodanno. Ti chiedi come torneranno i milanesi, quanto spenderanno, attendi la riapertura delle scuole e si ritorna al solito ritmo». Che in termini produttivi significa quasi 2.000 kg di pane al giorno. Cereali antichi, blend realizzato in casa con segale, frumento e farro, è il best seller.
Com’è andato l’ultimo anno?
È stato un anno di crescita, con tre nuovi punti vendita, tappe di un piano organico di sviluppo. Fra queste c’è anche la linea B2B che cresce di numero e accoglie clienti come Feltrinelli. Prossimo passo l’hotellerie. Oltre che sulla gradevolezza, infatti, puntiamo su una naturale shelf life più lunga che consente di ridurre lo spreco. Questo ci dovrebbe permettere di raggiungere i 7 milioni di fatturato a fine anno e i 10 nel 2027.
La rivincita di una proposta tradizionale e della filosofia "anti-format". Che spazio c’è per il food retail di prossimità?
La nostra tipologia di esercizio nasce dall’esigenza del quartiere. Per questo non hanno uno standard definito: si passa da quelli con sedute e dehors a quelli solo take away. Il tratto comune è la qualità del prodotto. Di certo, post-Covid, l’attività di quartiere è tornata centrale per tante esigenze, compresa la voglia di avere un contatto diretto con il commerciante. E a livello immobiliare abbiamo giocato sulla flessibilità.
Il panificio, però, è l’ultimo anello della catena. Come si struttura la vostra rete di fornitori?
Le farine sono le nostre, intorno al 30%. Le produciamo a Chiaravalle dove abbiamo un’azienda agricola (“Pane e Terra”, ndr) di 12 ettari circa; mentre in Abruzzo, tra Civitaquana e Catignano, sulle colline aprutine, 25 ettari sono dedicati a grani duri, teneri, farro e olio. Si tratta di produzioni biologiche su cui contiamo per dare maggiore dinamismo all’offerta, anche se questo significa complicare ancor di più il lavoro dell’artigiano. Fortunatamente possiamo contare su una solida rete di partner con mulini di fiducia come Molino Sobrino, Molini del Ponte e Molini Agostini, che macina anche le nostre farine agricole. Lato olio ci appoggiamo anche a De Fermo. Sul burro e le uova è più complicato affrancarsi dall’industria, anche se qualche passo lo stiamo facendo, per esempio con l’azienda agricola Salvaderi. E poi ci sono i salumi di Malintesa, il pomodoro è di Fragrassi, ecc.
Come si concilia questo con le nuove tendenze di consumo?
Siamo retro-innovatori e come dice Davide Paolini: “La tradizione è innovazione riuscita”. Inoltre, le nuove generazioni sono sempre più attente a quello che mangiano. Non a caso lavoriamo molto prodotto vegetale, abbiamo introdotto i cibi fermentati come il kimchi e dove possibile spingiamo
il tè al posto dell’alcol. Insomma, ci piace essere contemporanei. Senza per questo snaturarci: il nostro pane è realizzato con pochi semplici prodotti come acqua, farina, sale e lievito made.
Basi solide e un po’ di ecclettismo. Questa la chiave nel food retail?
Sì, chi ha basi solide e rimane coerente con la scelta fatta sulle materie prime e la loro panificazione possiede la base per conquistare i clienti. Poi c’è bisogno di fare un piccolo passo in avanti. Il mondo del bar italiano, che è da sempre una specificità del Made in Italy, recentemente è entrato in crisi. Il più delle volte si trattava di attività indipendenti, a gestione famigliare che non hanno tenuto botta alle recenti crisi. Uno spazio in cui si sono inseriti diversi forni organizzati dando vita a dei bread bar dove la vendita di pane affianca la caffetteria.
Un trend che sta prendendo piede sia in Italia sia all’estero.
Milano, Roma e Bologna sono attualmente le città italiane della bakery d’eccellenza. Londra e Copenaghen quelle europee. Il concetto si sposa bene con il contesto urbano dove le persone vivono meno il vincolo dell’orario fisso, tanto che la colazione alle 10.00 diventa l’occasione per fare un meeting.
Che spazio c’è per il digitale in un’impresa con queste caratteristiche?
Origini brianzole, 50 anni, ha riscoperto la panificazione a 30 anni. Dopo la laurea in Lettere, riprende le orme della famiglia e si rimette in laboratorio per 10 anni, con i cugini. Poi nel 2012, il successo ai farmer market di Milano e nell’attività B2B con i ristoranti e il sodalizio con Davide e Tatiana Moreschi che porta all’apertura della prima bottega milanese nel 2013. Ne seguono altre sette (compresa quella all’interno della scuola internazionale ICS) e il progetto di dar vita a una rete di panifici italiani (Breaders) con altri forni moderni.
Nonostante le apparenze artigianali, abbiamo fame di dati. Per facilitare il rifornimento dei negozi abbiamo implementato un sistema d’ordine stile eCommerce che comunica direttamente con il laboratorio centrale le esigenze del punto vendita oppure dei clienti B2B. Questo strumento ci permette anche di tenere sotto controllo il food cost e prevenire eventuali sprechi. Infine, abbiamo attivato una partnerhsip con Cosaporto per il food delivery sulla base di valori comuni d’impresa.
Che personale serve, oggi, per un lavoro a cavallo di artigianalità e innovazione?
Ultimamente cerchiamo più cuochi che panettieri. Il profilo ideale è un giovane che ha avuto esperienze in cucina, conosce gli standard igienici e gli alimenti che va a trattare. E devo dire che finora non siamo mai andati in sofferenza sul personale. La sfida è quella di mantenere i talenti che formi attraverso una serie di incentivi, motivazioni e coinvolgimenti in percorsi di crescita professionale. Non solo all’interno dell’azienda ma anche avvalendoci di professionisti esterni e su determinate aree di interesse.u
L'ultimo Rapporto Coop presentato il 10 settembre svela un nuovo approccio degli italiani con il cibo: la Dieta Mediterranea tiene ma le alternative crescono. È l'effetto dei numerosi cambiamenti degli ultimi anni, segnati dall'inflazione e dalle tensioni a livello geopolitico che, tuttavia, sembrano aver risparmiato le aspettative di consumo alimentare: solo il 10% prevede di tagliare la spesa contro un 21% che dichiara addirittura di aumentare. A patto di comprare alimenti sani e che rispettano l’ambiente. Anche a patto di spendere qualcosa di più: gli italiani pagherebbero il +15% rispetto alla media Ue ferma al +1% per avere prodotti salutari. Lo studio, con la collaborazione scientifica di Nomisma e altri partner, si concentra soprattutto sui giovani: al pragmatismo nella ricerca del prezzo più basso (il 51% lo considera il fattore su cui basa la sua decisione di acquisto) si affiancano, infatti, alternative più rispettose dell’ambiente (il 58% sceglie prodotti di stagione, il 39% privilegia freschezza e qualità) e la riduzione o l’eliminazione dei consumi di carne (il 50% della fascia 18-35 a cui si aggiunge un 36% che sta valutando di farlo in futuro).u
Unioncamere: dopo l’estate, turismo e commercio ricercano 160mila addetti
Secondo l’ultimo bollettino del sistema Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro, sono 538mila i lavoratori ricercati dalle imprese (+1,3%) a settembre. A trainare la crescita prevista per il mese in corso è il settore dei servizi: 386mila i contratti programmati (+3,9% rispetto a dodici mesi fa), e oltre un milione nel trimestre, con l’apporto determinante per la crescita occupazionale proveniente dalle imprese turistiche (+21,4% a settembre, con una richiesta di 84mila unità) e da quelle commerciali (+25,4%, con una domanda di 75mila lavoratori). Allargando lo sguardo al periodo 2024-25, sono 712.500 gli occupati di cui ha bisogno il settore commercio e turismo. Ristorazione compresa. Di questi, il 19,3% è rappresentato da lavoratori immigrati (circa 137mila lavoratori).u
Dopo il nullaosta della Consob di inizio settembre, è scattata l'offerta pubblica d'acquisto (Opa) – che durerà fino al 27 settembre - proposta da Lavazza su IVS Group (attraverso Grey Sarl) a fine aprile scorso. Una "luce verde" arrivata dopo il parere favorevole di Bankitalia e che ha dato avvio al delisting del titolo della società specializzata nella distribuzione automatica. L'offerta di Lavazza, che è già azionista con oltre il 20% del capitale, riguarda 20,7 milioni di titoli circa, pari al 22,93% del capitale. A riassetto completato IVS sarà controllata interamente dal veicolo Grey, che lancia l'Opa con Ivs Partecipazioni al 51% e Lavazza al 49% (che potrebbe raggiungere il pieno controllo dal 2027). L’operazione rafforza la capacità di Lavazza «di misurarsi con gli altri grandi player del settore caffè a livello internazionale, anche nel canale strategico del vending», ha affermato Antonio Baravalle, ceo del gruppo torinese.u
La startup dei piatti pronti Saporeeto mette nel mirino il milione di fatturato per il 2024, a un solo anno dal debutto sul mercato. Horeca compreso. Ad oggi, il settore pesa il 10% del fatturato e la società prevede di chiudere il 2025 con una quota del 30% sul fatturato. Il target è il cliente della pausa pranzo a cui propone ready-to-eat di qualità ideali per bar/locali anche senza cucina attrezzata e con limitata disponibilità di personale dipendente. La realtà di Bovolone (VR) guidata dal general manager Tommaso Pelladoni ha registrato +600% di porzioni vendute da agosto 2023 a oggi, arrivando a quota 100mila item venduti (a fronte di una capacità produttiva di 250.000 unità al mese). L'ambizione è quella di raggiungere il milione di pasti pronti entro il 2027 quando il giro d'affari dovrebbe toccare i 14 milioni di euro. Il target sono i flexitariani: il 12% degli italiani seguono questo regime alimentare tutto l’anno, il 30% solo saltuariamente (dati Ipsos).u
La ripresa del lavoro dopo le vacanze estive coincide anche con il ritorno alle abitudini di sempre; pausa pranzo con Deliveroo compresa. Un'occasione per la piattaforma food delivery di tracciare il bilancio del servizio B2B dedicato alle aziende che consente a dipendenti e professionisti di utilizzare la app per ordinare, da casa o dall’ufficio, il proprio pasto o lo snack preferito. Nell’ultimo anno le aziende aderenti sono aumentare del +13%, quasi 5mila in tutto quelle della rete italiana; da Milano a Roma, da Firenze a Torino e Bergamo. Si tratta di realtà che operano principalmente nei settori della consulenza, nei servizi legali, finanziari e bancari, ma anche nel settore della moda e del tech. Gli ordini più ricorrenti? Anzitutto, piatti della tradizione italiana poi sushi, panini, poke e hamburger.u
A Milano un nuovo regolamento per l'apertura di pubblici esercizi
Dal 19 agosto, a Milano, è attivo il nuovo regolamento per la disciplina dell'attività dei pubblici esercizi nato dall'interlocuzione fra Comune ed Epam. L'obiettivo è quello di arrivare, nel tempo, a un migliore equilibrio in città del numero di locali con la definizione di aree (a tutela crescente) in cui regolamentare la presenza dei pubblici esercizi (e quindi delle licenze per aprire o trasferire un’insegna), evitandone la concentrazione e il conseguente sovraffollamento. “Il nuovo regolamento - ha commentato Lino Stoppani, presidente dell'associazione dei pubblici esercizi cittadini - può diventare lo strumento in grado di accompagnare in modo nuovo i cambiamenti sociali e urbanistici della città” Diversi i criteri considerati dagli uffici comunali (oltre la presentazione della Scia): la concentrazione di attività già presenti nella zona e la distanza tra loro; la vicinanza a luoghi sensibili come ospedali, residenze protette, Rsa; l’orario di apertura (diurno, serale o notturno); la presenza e le caratteristiche di dehor/occupazione suolo pubblico; la presenza di steward e personale dedicato alla clientela; accessibilità, ecc.u
Il 5 settembre ha aperto i battenti di Grand Tour
Italia: la nuova veste dell'ex parco alimentare Fico di Bologna ideato da Oscar Farinetti. All'interno di un'area di 50mila mq, l'obiettivo è quello di offrire al visitatore un'esperienza che celebra la biodiversità culturale e gastronomica delle 20 regioni italiane (ognuna con il suo stand dedicato). Un vero e proprio viaggio che unisce cibo, arte, tradizioni e intrattenimento con un approccio che mixa educazione, divertimento (c’è anche una pista da kart) e sostenibilità. La sfida, d’altronde, è quella di far dimenticare il flop dell’esperienza precedente chiusa ufficialmente il 18 febbraio nonostante gli 11 milioni di investimento iniziale e i lavori di ristrutturazione del 2021 (per ulteriori 5 milioni investiti) che non sono riusciti a generare il flusso previsto (e su cui ha pesato anche l’impatto del Covid).u
La dolcezza di Cioccolatitaliani e il gusto unico di Bun Burgers: a Varese, Gioia Group unisce i due brand del suo portfolio food retail in un unico format. Un'operazione innovativa resa possibile dal restyling del punto vendita della cittadina lombarda, in piazza Italia angolo via Griffi. Ma da dove arriva questa scelta? “Il futuro del food retail avrà a che fare non solo con l’aggregazione di più brand sotto un’unica ragione sociale ma passerà necessariamente dalla creazione di ambienti ibridi capaci di sfruttare al massimo gli spazi e offrire al cliente un’offerta sempre più diversificata e specializzata in cui la qualità sia la vera discriminante", ha affermato Vincenzo Ferrieri, ceo di Gioia Group. Nello specifico, Cioccolatitaliani, negli oltre 90 mq dei suoi ambienti iconici mette al centro l’artigianalità del suo prodotto all’insegna della Chocology: l’arte di combinare il migliore cioccolato con la pasticceria, la gelateria e la caffetteria. Affianco, invece, protagonista è il classico hamburger newyorkese cucinato con tecnica smash, proposto anche in versione vegetale e 100% proteica, il beyond meat, di Bun Burgers.u
La cucina giapponese grab&go di Yo! Sushi a Roma Termini
Da Londra a Roma, il "convoglio" di Yo! Sushi fa tappa alla stazione Termini grazie alla collaborazione tra Grandi Stazioni Retail e lo sviluppatore SSP. Per l'occasione, l'insegna fondata nel 1997 da Simon Woodroffe nel quartiere Soho della capitale britannica ha scelto di aprire un punto vendita grab&go dedicato alla cucina giapponese. Dal suo primo ristorante a Londra, Yo! Sushi ha conosciuto una rapida espansione, con oltre 350 sedi nel Regno Unito e una presenza internazionale in Stati Uniti, Europa, Medio Oriente e Australia. L’offerta è cibo fresco e di alta qualità, con un impegno costante verso la sostenibilità, utilizzando pesce da fonti responsabili e riducendo l'uso della plastica. Ideale per convincere i viaggiatori, anche grazie a una location fronte binari per garantire maggiore accessibilità.u
Isapori della cucina mediorientale di Comptoir Libanais sono atterrati per la prima volta in Italia, all'Aeroporto di Milano Malpensa, grazie ad Areas-MyChef. Una novità assoluta nel panorama aeroportuale italiano che sorge nell'area Extra-Schengen del T1 dello scalo varesino e ha aperto i battenti giusto in tempo per l’estate. Nato nel 2008, il brand è frutto di un'idea di Tony Kittous ed è un caleidoscopio di colore, carisma e fascino mediorientale. Presente con 24 ristoranti in 4 Paesi nel mondo, Italia compresa ora (dove ha attivato il quarto locale travel retail), Comptoir Libanais permette ai suoi ospiti (210 posti a sedere disponibili) di assaggiare una vasta selezione di pietanze pensate per essere condivise. L’offerta gastronomica, infatti, è strutturata in modo tale da incentivare l’assaggio di tanti piatti diversi da “mettere in mezzo” al tavolo creando un’atmosfera di convivialità secondo il principio del karam (parola araba che sta per "generosità"). Tra i piatti iconici: hummus, falafel, tabbouleh, baba ghanuj e batata harra; non mancano poi i wrap farciti, le delizie dalla griglia e i contorni. Vini o birre libanesi, ma anche con thè o limonate fatte in casa, oppure con rinfrescanti cocktails esotici di accompagnamento.u
Sul Lago di Como si apre un nuovo arco di gusto, quello di Pasticceria Martesana che sceglie questa destinazione per la sua prima boutique fuori da Milano. Un'operazione che arriva a seguito dell'espansione del laboratorio centrale e l'apertura del quinto locale a Milano in zona Porta Romana (quello di Como è il sesto). Attività che, a loro volta, si inseriscono in un contesto di espansione del marchio storico avviato con l'ingresso dei fondi di investimento Mega Holding ed Eagle Capital Ventures. L’obiettivo è quello di intercettare il flusso turistico locale e internazionale, da raggiungere anche con l’eCommerce e il servizio B2B. Senza derogare all’approccio da “alta pasticceria di quartiere” reso famosa dal pasticcere Vincenzo Santoro. Per l’occasione, Martesana ha sperimentato con i gelati preparando 18 gusti classici e rivisitati secondo le migliori ricette del brand insieme al maestro Maurizio Peloni.u
Restyling per il brand Ristò di Iper La grande i che si ripresenta in una veste ammodernata e introduce il servizio al tavolo. Il concept ristorativo dell'insegna Gdo, di circa 1.000 mq, supera i confini della somministrazione per vere e proprie degustazioni ed esperienze culinarie. Inaugurato a Varese l'8 agosto, il primo punto vendita segue le linee del format pensato dall' architetto Michele De Lucchi, AMDL Circle e sarà progressivamente esteso a tutti i locali entro il prossimo autunno. Aperto tutto il giorno con orario continuato, il bar offre una varietà di prodotti per la colazione, dolci e salati, e ospita una cantinetta con 200 vini (tutti disponibili allo lo stesso prezzo dell’ipermercato), accompagnati da una selezione di salumi e formaggi. Proseguendo lungo il percorso, i clienti possono esplorare due grandi aree contrassegnate rispettivamente dal colore verde (primi, insalate e zuppe) e dal colore rosso (pizze, calzoni e focacce). Infine, il rinnovamento è evidente anche nel nuovo logo, che abbandona il pattern arancione a favore del verde, simbolo di freschezza e naturalezza. u
Bonollo festeggia i 25 anni di OFAmaroneBarrique con un restyling
L'11 dicembre 1999, all'alba del nuovo millennio, i distillatori di casa Bonollo creano OF Amarone Barrique che nel 2024 celebra i primi 25 anni di storia. Una eccellenza del mondo spirts che si rifà il look grazie alla collaborazione con Robilant Associati: nuovo decanter e codice cromatico dedicato per ciascuna referenza della gamma. Dettagli di stile che strizzano l’occhio al crescente pubblico femminile grazie a un gusto ricco, morbido ed elegante ottenuto dalla “distillazione flessibile” che rappresenta il marchio di fabbrica del brand.u
Da Doppio Malto debutta l'edizione limitata
Dalla collaborazione tra Doppio Malto, Mr. Malt e Fermentis nasce una nuova etichetta in edizione limitata: Super Blanche, birra "belga" dal sapore dissetante. Ideale per accompagnare gli ultimi scampoli dell'estate, la referenza risponde alla ricerca di soluzioni fresche e beverine, dal carattere innovativo. Per questa etichetta, per esempio, è stato utilizzato il lievito SafAletm BW 20 con il suo importante contributo aromatico: esteri (banana e pesca) e fenoli (chiodo di garofano e pepe rosa) enfatizzano i sentori agrumati e speziati delle bucce di bergamotto calabrese impiegate a fine bollitura insieme al coriandolo in grani.u
Perla del Garda lancia il vino in lattina per il canale Horeca
Nuova sfida per la cantina Perla del Garda di Lonato, guidata da Giovanna Prandini, che lancia sul mercato Horeca la referenza di vino in lattina Perladellago. Il prodotto, ottenuto da uve Turbiana autoctone, consolida la crescita sostenibile della cantina portando in Italia un formato ancora poco diffuso ma molto apprezzato in Europa, soprattutto nella fascia giovane. Il tutto in un dosaggio da 0,25 che si ricollega al quartino consumato un tempo nelle osterie (sulla falsariga del pirlo, il classico aperitivo bresciano).u
Dal mondo della grappa a quello dell'aperitivo, il salto doppio di Castagner arriva con due novità per il progetto mixology nato nel 2017: Bitter Castagner e Vermouth Castagner. Referenze che si affiancano a Casta, la grappa creata per la miscelazione e Gin Vitae, il gin creato in house dalla distilleria trevigiana che, come le altre etichette, si caratterizza per il forte legame con l'uva e il territorio locali. Un esempio? Nel bitter è infuso il radicchio di Treviso Igp, nel vermouth alcune botaniche sono infuse nel Glera.u
La Brillante conquista al primo sguardo con il suo stile contemporaneo ed essenziale. Studiata nei minimi dettagli per lasciare un segno forte e duraturo nel mercato, permette un’esperienza di gusto unica.
La Brillante è disponibile in più configurazioni ed è dotata di PrimeMilk, un nuovo ed efficace sistema di schiumatura del latte. Oltre a offrire bevande calde a base di latte fresco schiumato a regola d’arte, questa tecnologia consente di dosare minuziosamente, e per ciascuna ricetta, la quantità di schiuma desiderata, il tutto tramite il touchscreen da 7 pollici.
La Brillante è intuitiva e facile da usare sia per i tecnici sia per il personale non specializzato, soprattutto in tema di manutenzione quotidiana. Con un solo tocco è possibile programmare cicli di pulizia della macchina completamente automatizzati o fare affidamento su suggerimenti utili per la risoluzione di problemi tecnici.
La Brillante, inoltre, è particolarmente intuitiva nella sua modalità di “self-service”: la possibilità di scegliere in autonomia tra una varietà di bevande personalizzabili dà un valore aggiunto all’esperienza di consumo, lasciando un’impressione positiva e duratura nei consumatori.
Gaggia Milano propone anche dei mobili carrellati su cui posizionare La Brillante. Grazie alle loro linee eleganti e sobrie, i mobili carrellati si adattano ad ogni tipo di ambiente e permettono una facile movimentazione della macchina da una sala all’altra. In un batter d’occhio è possibile spostare la superautomatica dalla sala colazioni alla meeting room, pronta per un coffee break dal gusto unico, oppure alla zona wellness dell’hotel, per un momento di relax tra un trattamento benessere e l’altro.
Estremamente versatile, è una preziosa alleata nelle più svariate situazioni: nella sala colazioni, a disposizione degli ospiti per l’erogazione di bevande cremose; nella zona bar, a fianco del barista per offrire espressi dal gusto unico; nella sala riunioni per un coffee break rigenerante. www.gaggiaprofessional.com
CARO-CAFFÈ, TORREFATTORI ALLE PRESE CON LA SFIDA DEI CONSUMI HORECA
u Costadoro, food retail e fuoricasa: la qualità batte i rincari
u Pellini, oltre il caffè conta anche il servizio
u Caffè Toraldo segue i trend al bar innovando con la tradizione
u Bazzara: prima del prezzo bisogna conoscere la filiera
LA POLEMICA DEL PREZZO DI UN ESPRESSO AL BANCO HA ACCESO
LE LUCI SULLA FILIERA PRODUTTIVA
DEL CAFFÈ E LE SUE FRAGILITÀ. LE SOLUZIONI, PERÒ, SONO GIÀ IN ATTO
E FAVORISCONO QUALITÀ, SOSTENIBILITÀ E SERVIZIO
Quello che pareva un tabù si appresta a diventare realtà: i 2 euro per l’espresso potrebbero essere la novità dell’autunno 2024. Equamente sgradita a consumatori, baristi e torrefattori. Ovviamente con i debiti distinguo che accendono il dibatto. Anche perché, secondo i dati Fipe, a fronte di un tasso di inflazione del +16% tra luglio 2021 e luglio 2024, i prezzi nei bar sono cresciuti del 13% e per l’espresso gli aumenti sono al di sotto dell’inflazione, facendo del prezzo italiano uno tra i più bassi d’Europa (al netto dei distinguo interni, da città a città). Questo grazie anche all’attività dei torrefattori che, a loro volta, hanno visto i listini del caffè verde schizzare in alto fra agosto e settembre: fino a 4.840 dollari alla tonnellata per la Robusta, 5.700 dollari a tonnellata per l’Arabica. Una situazione che ha richiesto adattabilità sul mercato e si sta riverberando anche nell’offerta professionale dove le alternative e la ricerca non mancano.
Per Costadoro, il 2023 è stato l’anno della ripresa del canale Horeca che, con 19 milioni di ricavi e una crescita del +8,5%, vale il 67% del fatturato. Numeri raggiunti anche nel primo semestre del 2024, chiuso a +9% di giro d’affari. «Ma gli aumenti dei costi stanno di nuovo intaccando la marginalità, anche a fronte di una domanda in crescita», avverte Federica Trobetta, head of marketing & online operations. Due le novità pensate per il mercato. La prima è Respecto che da referenza super premium ora si allinea agli altri: miscela 100% Arabica, fair trade, packaging compostabile. «Lo serviamo all’interno all’interno dei nostri franchising Costadoro Social Coffee, circa 12 a livello internazionale. La seconda novità è un prodotto sia per l’Horeca che per la Gdo: caffè istantaneo di qualità, 100% Arabica», spiega Trobetta. Ancora sul tavolo, invece, i progetti per il ready-to-drink, in attesa che il fenomeno passi l’hype della novità per assestarsi nei consumi. Meglio offrire qualcosa in più al barista: «Per loro abbiamo pensato a dei ricettati da realizzare con l’obiettivo di aumentare lo scontrino medio sperimentando con il cold brew e le collaborazioni con Alpro e Danone per bevande più ”americane” o ice latte e simili», aggiunge la manager. Ricette che diventano occasioni di ri-formazione del personale: «Sia tra gli imprenditori sia tra il personale c’è un forte turnover, questo implica un supplemento di supporto al cliente (grazie a una rete di agenti pressoché monomandatari e un paio di distributori, più quelli esteri, ndr) che si traduce anche in attività di arredamento, merchandise, menu, ecc.», afferma Trombetta. E inventario: da tempo Costadoro ha abbandonato i 3 kg in funzione di quelli da 1 kg per questioni di qualità. Il primo nemico del caffè, infatti, è l’ossigeno e un’eccessiva esposizione dei chicchi in campana, dopo aver aperto il pacco, ha un impatto
negativo. Tre le miscele tradizionali per il canale: una 100% Arabica, una 90% Arabica 10% Robusta, e una 70-30%. E la questione prezzo? «Vendiamo l’espresso a 1,50 euro nei nostri locali. Ma fermarsi al prezzo è prima di tutto un limite culturale e gastronomico. Bisognerebbe fare capire maggiormente quanto lungo sia il viaggio di questo prodotto. Magari allestendo una certa customer experience che ne esalti provenienza, passione e gusto. Sta di fatto che abbiamo ritoccato anche noi i listini a fronte dei rincari dell’ultimo periodo riducendo parte della nostra marginalità. Speriamo questo dia modo al barista per aumentare la qualità dell’offerta», conclude Trobetta.
Per Pellini il 2023 si è chiuso con una crescita del 10% del fatturato netto complessivo. E l’Horeca ha messo a segno un +2% a valore. Performance che si stanno ripetendo anche nel primo semestre 2024 (dal fuoricasa il 12% del fatturato, con una crescita del +4%), confermando così le scelte commerciali dell’azienda veronese. Tra queste, anche la partnerhsip con alcune catene come i Ristoranti Rana, i Minuto Bauli e altre collaborazioni. Per il canale del bar, invece, parliamo della miscela Barista con 5 proposte, guidate dal Pellini Top e impreziosite anche da una proposta totalmente biologica e a cui si aggiungerà un blend dal sapore meno nordico e con il ricorso alla Robusta. «Abbiamo la fortuna di operare in tutti i canali di vendita compresa Gdo, eCommerce, estero e vending. Quindi riusciamo a gestire richieste diverse a seconda delle esigenze di spazio e rotazione del prodotto», racconta Michele Tentindo, direttore commerciale di Pellini Caffè. Fra le nuove tendenze all’orizzonte, Pellini monitora lo specialty coffee, il cold brew, il segmento ready-to-drink, ma per il momento non si espone. Piuttosto ritocca i best seller con packaging particolari, capsule compostabili in alluminio riciclato, richiami ai traguardi ESG raggiunti. «Quello che ci viene riconosciuto è innanzitutto la qualità del prodotto: utilizziamo una modalità di tostatura che lavora sulle singole origini, con tempi e temperature differenti, che poi vengono miscelate insieme. Successivamente, la funzionalità: utilizziamo il formato da 1 kg, più pratico e garanzia di una migliore conservazione il livello di servizio. Infine, consegne puntuali e personale addestrato a risolvere anche qualche piccolo problema
tecnico», spiega Tentindo. E per chi avesse domande ulteriori, c’è il brand ambassador: inserito da ormai 3 anni, conosce le esigenze dei clienti e sa dove mettere le mani per migliorare la resa del caffè. A lui sono affidati anche alcuni eventi di formazione, compresi quelli nell’Atelier aziendale. «La cultura del caffè ormai si trova nelle pasticcerie. Sono più esigenti e quindi premiano la qualità. Nel mondo bar c’è una tale varietà di situazioni, parliamo pur sempre di 120-150mila locali in Italia, che è difficile giudicare. Ci sono persone che lo fanno con grande passione utilizzando prodotti eccellenti. In altri casi c’è necessità di ricordare che anche la sera il macinino va svuotato e pulito oppure di non macinare troppo caffè che rimane esposto all’ossigeno. Insomma, c’è forse bisogno di attenzione ai dettagli», sottolinea Tentindo. Anche perché, ultimamente, il caffè costa: «Ricordiamoci che più dell’80% del costo finale è rappresentato dal caffè crudo. Oscillazioni record degli ultimi mesi non si erano mai viste. Una situazione complessa. Oggi trovare un caffè di media qualità sotto i 6-6,50 euro al kg la vedo dura. Si è poi appiattita la differenza di quotazione fra Arabica e Robusta e questo ha rivoluzionato un po’ le regole del gioco», spiega il manager.
Da sempre protagonista del settore Horeca, con radici profonde nel canale bar, Caffè Toraldo ha registrato una crescita del +10% nel canale, che oggi rappresenta il 30% del totale fatturato. Risultati ottenuti attraverso «un’espansione all’estero, una strategia di innovazione continua e servizi di consulenza mirati all'apertura di bar, sia diretti che indiretti, in Italia e oltre confine, rafforzando così la presenza del brand nel canale professionale», rivela Marco Simonetti, direttore commerciale del torrefattore campano. Per il fuoricasa si cerca di interpretare attraverso le lenti della tradizione le nuove tendenze: «I consumatori cercano caffè di alta qualità, con un focus su provenienza, metodo di lavorazione e tostatura. Infatti, sono sempre più in voga caffè monorigine e specialty coffee. Oltre a espresso e moka, cresce l'interesse per nuove tecniche di estrazione come french press, chemex, aeropress e cold brew. Anche il mondo dei cocktail si evolve, con ricette classiche rivisitate che introducono il caffè come ingrediente. Nonostante l’aumento di alternative come tè e orzo, la domanda di caffè rimane predominante», aggiunge Simonetti. Ma il bar rimane il luogo preferito per il consumo della pausa caffè degli italiani. Da qui arrivano le maggiori sollecitazioni verso qualità, tracciabilità e trasparenza. E anche il packaging diventa cruciale: sostenibile e informativo. «Prestiamo grande attenzione all'uso di materiali sostenibili adottando soluzioni
alternative, come l'uso della carta al posto della plastica. Allo stesso modo, l’approvvigionamento delle materie prime avviene nei luoghi d’origine, con attenzione alla tutela dell’ecosistema e al sostegno delle economie locali, generando lavoro e valore sul territorio», ricorda il manager. Valori che vanno trasferiti dal produttore al barista e infine al cliente: «La formazione è essenziale per promuovere la cultura del caffè in modo professionale, non solo come materia prima, ma anche come valore della ritualità e del "mestiere", profondamente radicato a Napoli e in tutta Italia. Per questo offriamo servizi di consulenza ai bar a marchio Toraldo, assicurando una corretta estrazione e erogazione del caffè per esaltare le miscele in grani create ad hoc», spiega Simonetti.
Con un fatturato 2023 intorno ai 2 milioni di euro, penalizzato dalle tensioni geopolitiche e ambientali che impattano sulla logistica del caffè, Bazzara affronta il 2024 senza derogare al suo Dna artigianale e alla sua missione di comunicare la cultura del caffè oltre qualsiasi crisi di prezzo: «Oggi diventa dispendioso andare al bar per bere un caffè. Dovrebbe essere un lusso che ognuno può concedersi. Un piacere per tutti. Eppure gli ultimi aumenti si associano a una tendenza di riduzione del consumo al bar, non tanto per una questione di qualità ma per una di funzionalità, soprattutto quando si scopre che lo stesso livello si
può raggiungere anche a casa. Il bar allora rimane un’esperienza veloce, forse troppo: in 25 cl di prodotto si nasconde un elisir che va degustato e in cui sono concentrati come minimo 6 mesi di preparazione», dice Marco Bazzara, Q-grader e direttore della Bazzara Academy. Per questo l’azienda ha lanciato tre nuove miscele luxury, tutte Arabica, interpretate quasi fossero un profumo per seguire un concept di gusto legato alla geografia di provenienza. «Ogni miscela vuole ricreare viaggio sensoriale che si lega al territorio e all’aspetto aromatico. Quando pensiamo alla panamericana parliamo di una miscela con richiami di frutta esotica ma anche sentori di bakery; la panafricana possiede un’acidità che ricorda quasi il vino; la panasiatica conta su un flavour speziato e una corposità intensa e persistente – spiega Bazzara –Passaggi necessari per l’avvicinamento al comparto dello specialty coffee». Sempre che il cliente sappia apprezzare a fronte dei rincari attuali: «In Italia c’è ancora poca consapevolezza e conoscenza dell’intera filiera produttiva del caffè. Questo porta a non riconoscere il valore del prodotto, o meglio il suo maggior costo, come un problema», sintetizza il manager.
iarp-plugin.com
Vetrina firmata IARP e parte della famiglia Winity, mix di design e tecnologia, ideale per la perfetta conservazione ed esposizione di vino e birra.
CARATTERISTICHE TECNICHE
Dimensioni (lxpxa): 593x599x1838 mm
Temperatura di esercizio: da 0°C a +20°C
Sistema di refrigerazione: ventilato
Gas refrigerante: R600a
Illuminazione LED
Ripiani: 5, regolabili
PLUS
Vetrina espositiva con sistema di refrigerazione ventilata, in grado di mantenere la corretta temperatura delle etichette. Grazie alla centralina elettronica è il prodotto ideale per conservare birre pregiate, vini rossi e vini bianchi.
Bitter Wine&Beer, nelle sue estetiche Black e Wood, arricchisce con un tocco di classe ristoranti, birrerie e pub, donando grande visibilità alle bottiglie esposte e diventando perfetto alleato professionale degli amanti di vino e birra artigianale.
PLANT BASED SENZA CONFINI GRAZIE AI FLEXITARIANI
u Salomon Food World, dagli appetizer all’hamburger green
u Planted, prossimo passo: la bistecca di barbabietola
u Diemme Food con AltroFood abbina funzionalità e lunga shelf life
u The Bridge cavalca il flexitarianesimo nell’Horeca
SECONDO LE ULTIME RICERCHE
SAREBBERO CIRCA 22 MILIONI GLI ITALIANI
CHE MANGIANO ALTERNATIVE VEGETALI.
ANCHE NEL FUORICASA DOVE
I CONSUMI SONO IN CRESCITA GRAZIE
ALL’INNOVAZIONE FOOD RETAIL
Secondo un recente studio condotto da Astra Ricerche e Unione Italiana Food, oggi si stima che siano 22 milioni gli italiani che mangiano cibo plant based. Di questi, due italiani su tre lo consumano abitualmente e uno su quattro lo ha inserito nel proprio regime alimentare generando un giro di affari di poco inferiore a 500 milioni di euro, con l’Italia che occupa il terzo posto nella classifica dei consumi in Europa. Non sorprende, dunque, che anche nel fuoricasa il ricorso a prodotti alternativi alle classiche proteine animali sia stia facendo sempre più strada. Soprattutto fra i giovani: i dati riportano un maggiore interesse e curiosità verso diete che integrano prodotti a base vegetale da parte di Millennials (43%) e Gen Z (40%), contro il 37% dei consumatori tra i 45 e 57 anni e il 28% dei cosiddetti Boomer.
Se ne è accorta, in tempi non sospetti, Salomon Food World: azienda tedesca (dove il fuoricasa vale il 70% del fatturato) famosa per la sua produzione di hamburger di carne che grazie al proprio lavoro di ricerca e sviluppo ha portato sul mercato alternative di gusto e a base vegetale. «Negli ultimi 10 anni, grazie a un continuo monitoraggio del mercato, l’azienda ha lanciato una linea di prodotti vegani e adattato alcune ricette a questo regime alimentare (che oggi coprono circa il 30% dell’assortimento, ndr). D’altronde, la richiesta non manca, soprattutto da parte dei flexitariani: consumatori che normalmente mangiano carne e proteine animali ma per una cultura alimen-
tare evoluta ed esigenze particolari o consapevolezza diversa si approcciano alle sue alternative», spiega Giovanni Vitale, head of market Italy di Salomon Food per cui l’Italia rappresenta il terzo mercato (dietro l’Austria).
Nascono così referenze plant based che utilizzano proteine di grano per hamburger e cotoletta che “mimano” consistenza e texture di manzo e pollo. Una base su cui è nata la linea
Green Heroes a cui si sono aggiunti anche degli appetizer particolari (come i Cauli Wings, fiori di cavolfiori marinati in salsa barbecue, aromatizzati con paprika, pastellati e cotti oppure i Chicken Nuggets in versione green utilizzati da Burger King o ancora i Panki Falafel). «Negli ultimi anni ci siamo resi conto che l’idea di combinare la richiesta di prodotti gustosi e prodotti vegani è connubio vincente. Il concetto del vegano non è solo la tristezza del tofu o dei baccelli di soia, ma deve integrare una sorta di indulgenza nel gusto», sottolinea Vitale. Così, nel 2023, nasce anche l’hamburger vegano con diverse combinazioni di verdure: Green Oat, Red Oat e Umami Master. Item dedicati interamente al foodservice B2B, con particolare riferimento alle catene di ristorazione (in Italia Old Wild West, Autogrill, Roadhouse, Bun Burgers, Spiller, ecc.), che hanno concorso nel 2023 a un +22% di volumi rispetto al pre-Covid. «A Salomon è sempre stata riconosciuta la qualità. Spesso i nostri clienti ci dicono: “Costate caro ma siete imbattibili”. Anche a costo di ridurre i margini, c’è chi ha capito che offrire un prodotto plant based nel proprio menu è uno strumento di fidelizzazione dell’utente finale. Poi c’è la varietà dell’offerta che fa la differenza: lanciamo ogni anno come minino 7-8 nuovi prodotti fra tutte le categorie», ricorda Vitale. Le consegne (principalmente pack di ridotte dimensioni, da 3-4 kg con sottoimballi da 1,5 kg) avvengono attraverso una rete di distributori che si appoggiano a una struttura italiana formata da 4 account diretti. Obiettivo: +14% di giro d’affari nel 2025. Puntando sulle catene food retail: «Per noi rappresentano il risultato di un processo naturale di aggregazione che sta avvenendo anche in altri settori non food», conclude Vitale.
Nata nel 2019 come progetto universitario a Zurigo, in Svizzera, Planted è riuscita a conquistare una fetta importante del nascente mercato plant based. Merito della sua etichetta corta
di soli 4 ingredienti: acqua, sale, olio e le proteine dei piselli tutto derivanti dall’Unione Europea. «Dai primi test realizzati in alcuni locali vicini all’università e gli inizi produttivi all’interno dell’istituto siamo passati a un laboratorio centralizzato che produce 10 tonnellate di articoli l’anno e contiamo su una team di 280 persone, di cui 60 impegnati in ricerca e sviluppo», racconta Massimiliano Nogheredo, key account manager foodservice di Planted Fra i clienti dell’azienda ci sono le insegne della ristorazione commerciale e ristoranti stellati, profili che fanno capire come il prodotto (e la sua richiesta sul mercato) metta d’accordo realtà diverse che danno priorità alla qualità della materia prima coniugata con la volontà di diffondere una filosofia a basso impatto ambientale. Per sostenere questa mission, Planted a breve lancerà una bistecca vegetale realizzata con un processo misto di estrusione e fermentazione. «Un prodotto dalla texture succosa
e spugnosa che rende al meglio le caratteristiche dell’ingrediente base: la barbabietola», rivela Nogheredo. Fra i best seller, invece, rimangono i bocconcini effetto pollo e gli straccetti effetto maiale e poi il kebab. Varianti che si prestano a essere arricchite dal ricorso ad alcune spezie, «prassi che ha fatto breccia nei consumi dei Paesi del Nord Europa, mentre in Italia rimaniamo più raffinati nelle scelte. D’altronde, il nostro più che un prodotto è un concetto che va spiegato. Ancora oggi facciamo molta formazione con gli imprenditori del fuoricasa e il loro personale. Le domande non mancano - afferma Nogheredo – così come la voglia di sperimentare».
Attiva dal 2008, Diemme Food opera nel settore dell’ingredientistica e dei semilavorati (anche conto terzi) per il canale foodservice (area che ha toccato il 30% del fatturato aziendale) e ha deciso di presidiare il mercato plant based italiano e straniero con il marchio AltroFood. Questa linea ha dalla sua «una facilità di operazione per il settore ristorazione, prodotti semplici da stoccare e da preparare in quanto semilavorati disidratati che si conservano per lungo tempo fuori frigo. Sono a base di proteine di pisello e con la sola aggiunta di acqua e olio diventano prodotti finiti dal gusto simile al mondo della carne, pollo e manzo, delle uova e a breve anche del pesce. Ma ci sono anche le nostre salse, hummus e sughi che in pochissimo tempo l’operatore trasforma in piatti per i consumatori», spiega Fabio Daviddi, account manager di AltroFood. Grazie alle caratteristiche sopra citate, l’esperto di settore in cucina o laboratorio può quindi personalizzare il prodotto a suo piacimento, mettendoci il suo tocco e creando sempre nuove ricette. Inoltre, i prodotti AltroFood sono completamente senza glutine e senza allergeni e privi di lattosio, mostrando così una particolare inclusività.
«Abbiamo scelto di mantenere un’etichetta pulita e corta per andare in contro anche a consumatori attenti che scelgono prodotti più sani, ma senza rinunciare al gusto. La nostra offerta è composta da buste che possono variare in base ai prodotti scelti, ma si va dai 600 gr per busta a quantità più elevate, in base alle esigenze del cliente stesso. La shelf life è di 24 mesi a busta chiusa. Stiamo lavorando per l’ampliamento nel settore Horeca grazie a collaboratori esterni che contribuiranno sia in Italia che all’estero alla commercializzazione di AltroFood. Essendo una materia prima molto versatile e di una categoria in crescita ci ha aperto le porte anche all’estero, Stati Uniti ed Europa», commenta Daviddi.
L’idea iniziale è quella di Ernesto Negro Marcigaglia che, nel 1994, decide di intraprendere una strada nuova: il biologico. Inizia così la storia di The Bridge, azienda famigliare specializzatasi nella produzione di bevande vegetali. Un cambio di rotta per Marcigaglia, nato in una famiglia di contadini e per anni impegnato nel settore della lavorazione dei guanti in pelle, che nel 2023 ha toccato quota 42,3 milioni di fatturato. Per quanto riguarda il primo semestre del 2024, i dati mostrano un incremento del 12%
rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il canale Horeca incide per circa il 10%. «Attualmente, il catalogo complessivo conta tre referenze: Avena Barista, Soia Barista e Mandorla Barista. A breve, la gamma Barista si arricchirà con l’introduzione di una quarta referenza, Cocco Barista, pensata per soddisfare le esigenze di chi cerca opzioni vegetali con un tocco esotico. È importante sottolineare che la linea delle bevande Barista non è venduta esclusivamente nel mondo Horeca, ma ha anche ottime performance nel retail, grazie al loro utilizzo domestico», spiega The Bridge. D’altronde, il trend del flexitarianesimo è ormai diventata abitudine comune: «Sta crescendo rapidamente, alimentato da una crescente consapevolezza ambientale, etica e salutistica. Questo regime alimentare, che combina prevalentemente una dieta vegetariana con occasionali consumi di carne e pesce, riflette un cambiamento destinato a continuare, con una crescita prevista nel settore delle proteine alternative. Anche le politiche alimentari globali stanno spingendo verso diete più sostenibili, incoraggiando la riduzione del consumo di carne per motivi ambientali e di salute pubblica. In sintesi, il flexitarianismo rappresenta una risposta alla necessità di conciliare sostenibilità, salute e tradizione, offrendo un'alternativa più inclusiva rispetto ad altre diete vegetariane», afferma l'azienda. Ma quali sono le richieste dei professionisti del fuoricasa? «Essenzialmente, la disponibilità di formati di prodotti più grandi. Tuttavia, le nostre linee produttive attuali, Tetrapak ed Elopak, non permettono di introdurre formati di maggiori dimensioni e per questa ragione al momento non riusciamo a soddisfare queste richieste».
DETERGENZA E PULIZIA, LA PRIORITÀ DELL’HORECA È L’EFFICIENZA
u ÈCosì, detergenti dal cuore sostenibile
u Tork rivoluziona carta e sapone per mani
u Arexons parte dalle lavastoviglie con Fulcron u Sofidel, tre idee targate Papernet per il fuoricasa
I FORNITORI DI DETERGENTI E PRODOTTI
CARTACEI GUARDANO ALLE ESIGENZE DEL FUORICASA CON INTERESSE, SIA IN CUCINA (LAVASTOVIGLIE COMPRESA) SIA IN SALA (MA ANCHE BAGNO E AL BANCO).
PRIORITÀ ALLA SOSTENIBILITÀ
Anche nel 2023, il settore del cleaning professionale è cresciuto, confermando la spinta positiva anche per quanto riguarda i primi mesi del 2024. Lo rivela l’indagine Cerved commissionata da Afidamp. La crescita interessa in particolare i settori chimici e carta, che fanno da traino a un mercato complessivo dei produttori intorno ai 4 miliardi di euro. A questo va ad aggiungersi il giro d’affari dei distributori, formato da circa 1.700 aziende, che ammonta a 2,8 miliardi di euro. In generale, è rilevante segnalare che circa il 10% del fatturato del campione è generato dalla vendita di prodotti green. Soluzioni adottate ormai da diversi fornitori.
Come produttore di prodotti chimici, dal 1998 ÈCosì presidia il mercato della detergenza e disinfezione offrendo un servizio a 360° lavorando nel ramo professional cleaning, zootecnia, industria alimentare, sanità, Horeca, ecc. Nel 2020 è stata acquistata da Europe Capital Partners ma ha mantenuto la presidenza di Davide Fornasari, fondatore, e la direzione tecnica operativa di Simone Fornasari. Il 2023 si è chiuso con una consolidamento della crescita a oltre 17 milioni in totale (comprensivi del valore dell’acquisizione di un distributore avviata a completata a dicembre dell’anno precedente). In tutto questo, l’Horeca pesa per il 10%. «Prima di essere produttori chimici siamo promotori di soluzioni e metodologie. I nostri clienti ci scelgono perché siamo di supporto nella redazione di progetti e nell’ottimizzazione della produttività sempre con lo sguardo rivolto alla sostenibilità ambientale. Per questo
abbiamo sviluppato prodotti e sistemi unici di deter-disinfezione semplificati, rispondendo alle normative igieniche e Haccp secondo le norme Iso del settore alimentare», spiega Danilo Bergamini, business development manager. È proprio la sostenibilità ambientale il focus della linea produttiva che comprende prodotti certificati Ecolabel ed Epd e imballaggi Plastica Seconda Vita e Fsc, come, ad esempio, il sistema Riva e Klar detergente e brillantante per lavastoviglie, Brixen sgrassatore, la linea superconcentrata Ultra per tutte le superfici. Inoltre ÈCosì vanta una gamma di disinfettanti per ambienti e superficie come Rifraxsan e DeornetClor, il cui utilizzo e la relativa efficacia sono riconosciuti dal Sistema sanitario nazionale. Nella gamma rientrano anche prodotti di lavanderia, soprattutto per gli alberghi che hanno un servizio interno. «Abbiamo una gamma prodotti e formati molto ampia: dalla tanica da 50 litri al flacone da 0,75 cl. Questo ci permette di rispondere alle esigenze di clienti che spaziano dalla grande industria o azienda di servizi a realtà più circoscritte come alberghi, ristoranti e bar. La nostra flessibilità produttiva ci consente
di gestire anche quantitativi d’ordine minimi», rivela Bergamini. Per distribuirli, l’azienda di Forlì si appoggia a una rete di vendita diretta e a dei distributori. Fra i servizi offerti anche la formazione pre-apertura e on job e l’assistenza tecnica. «A livello di competenza c’è chi è un po’ più tecnico, con richieste specifiche magari per la pulizia di teglie incrostate da grasso. Ci chiedono di trovare soluzioni per vedere se si riesce a ovviare alla problematica quindi detersivi con acidità diverse, schiumatura, ecc. Sul piccolo esercizio indipendente la richiesta è più sulla resa che sull’effetto», precisa il manager. Più trasversale, invece, la proposta legata alla sostenibilità che ha portato l'azienda a sviluppare il software Dunamico2 per il tracciamento e il monitoraggio della Co2 sugli appalti.
La ristorazione è uno dei settori prediletti da Tork che, nell’Horeca, genera il 30% delle vendite per un fatturato annuo che ha chiuso poco sotto i 35 milioni nel 2023. Per il fuoricasa, l’azienda ha tre focus: l’area bagno con asciugamani, sapone e carta igienica; l’area sala ristoro dove c’è rapporto fra cliente e staff con arredo tavola e tovaglioli; cucina con bobina in carta e panni con diverse proprietà abrasive. Tre anche le ultime novità di prodotto: «A fine 2023 abbiamo lanciato un panno abrasivo 2 in 1, con tessuto-non-tessuto da un lato e dall’altro parte. Utilizzato per sporchi mediamente ostinati con il vantaggio di essere riutilizzabile e avere una maggiore durata grazie a
una tecnologia per assorbire meglio i detergenti e rilasciarli in modo più graduale (e che viene utilizzata anche per il classico canovaccio). Sempre per i panni, abbiamo una linea in tessuto-non-tessuto certificata TÜV che provengono al 99% da fibre vegetali. Infine, abbiamo progettato un sapone anti-odori per locali che cucinano pesce o speziato e dove il lavaggio mani è più frequente. Questo sapone permette di rimuovere olio e grasso con un lavaggio soltanto piuttosto che ripetuti garantendo un vantaggio igienico e un risparmio di risorse», afferma il product manager
Riccardo May. A collocarli sul mercato una forza vendite interna di 9 persone e circa 200 distributori attivi sul territorio dove funzionano come da “antenne” per eventuali necessità di formazione. «Le richieste dei professionisti del fuoricasa hanno a che fare con il packaging, per gestire il minore spazio di stoccaggio disponibile nel punto vendita. Per lo stesso motivo utilizziamo risme compresse per gli asciugamani oppure spediamo cartoni da 10-12 prodotti con 100-200 fogli. Nonostante ciò, soprattutto nel Sud Europa, il prezzo è ancora una variabile considerevole. Da qualche hanno ci siamo orientati sul concetto di “costo in uso” che ci permette di vendere dei veri e propri sistemi igienici che ammortizzano l’investimento e garantiscono efficienza», conclude May.
Degli 80 milioni di euro di fatturato segnati nel 2023 da Arexons (+5% sull’anno precedente), 4,5 sono dovuti alle prestazioni del marchio Fulcron. La gamma oggi conta oltre 60 referenze, suddivise in 6 famiglie di prodotto, di cui quelli per lavastoviglie, eccellenza nel settore dei prodotti professionali per cura e manutenzione di queste macchine. Si tratta dei primi passi nel settore per un’azienda centenaria. «Al momento contiamo 7-8 referenze specifiche – afferma il ceo Mario Patrick Parenti - ma vogliamo arrivare a 80-85: dai pavimenti alla cucina, passando per i bagni e altri segmenti, come il bucato per gli hotel. Attraverso i nostri distributori saremo in grado di offrire anche servizi aggiuntivi, tra cui il supporto tecnico alle lavatrici e quello burocratico alle imprese impegnate nella compliance HSE. D’altronde oggi è chiaro: l’imprenditore non vuole avere problemi e cerca partner strategici per risolverne qualcuno, come la pulizia». Tanto più chi lavora nella ristorazione. Dove contano anche funzionalità e rapporto qualità-prezzo: «Dai nostri primi contatti nel canale Horeca, abbiamo notato che, oltre al rapporto qualità-prezzo, molti clienti danno grande importanza alla sicurezza e sono disposti a investire per ottenerla. Anche l’impegno verso la sostenibilità è un fattore determinante: i clienti apprezzano soluzioni che utilizzano packaging riciclato, etichette ecosostenibili e formulazioni specifiche». Parenti conclude sottolineando che, nonostante le sfide della chimica, Arexons si impegna a sviluppare prodotti derivati da fonti vegetali o di fermentazione, sempre con l’obiettivo di minimizzare l’impatto ambientale e ridurre i rischi per l’utente finale.
Dici Sofidel e solo gli addetti del settore faranno un sussulto. Eppure è un’azienda famigliare italiana nata nel 1966 che nel 2023 è arrivata a fatturare circa 3,2 miliardi di euro a livello globale, dagli Usa (dove a fine anno chiuderà un investimento da un miliardo di dollari) alla Spagna, dalla Grecia alla Germania. Specializzazione: settore tissue. Tre le linee di business: fuoricasa, consumer brand con Regina e consumer private label per la Gdo. «Per ristoranti, bar e pubblici esercizi ci affidiamo al marchio Papernet che conta 330 referenze – racconta Enzo Ricci, vice presidente marketing & sales AFH – Dall’asciugamano per l’area bagno ai tovaglioli in carta usa e getta, copriamo tutta la parte igiene mani e della persona». Tre le novità di rilievo. La prima è un nuovo sistema di dispensazione di carta igienica dedicato ai bagni comuni ad alta affluenza. Si tratta di rotoli di carta compatti dispensati uno strappo alla volta grazie a un brevetto proprietario. E alla fine non si butta l’anima di cartone, perché non c’è. La seconda è la linea Simplify: la prima in Europa ad essere carbon neutral. La terza è la carta igienica Dissolve Tech Plus che, grazie a una composizione naturale permette di ridurre la creazione di calcare all’interno delle tubature. Specifiche che l’azienda diffonde grazie a una direzione vendite centrale e una rete di distributori locali anche con politiche di affiancamento marketing-commerciale che diventano attività di consulenza. «La nostra filosofia è quella di dare un valore aggiunto al cliente che utilizzando le nostre soluzioni, magari, riduce i costi di manutenzione, di ricarica e quello in uso. Elementi che ci hanno permesso di approcciare le compagnie aeree, le navi da crociera e i fast food, infine gli alberghi», afferma il vice presidente. Settori che hanno dovuto affrontare anche il Covid. Risultato? «Durante la pandemia abbiamo lanciato Defend Tech, con packaging in plastica con trattamento antibatterico, dove possibile anche sul prodotto stesso. Picco di domanda fino al 2021. Oggi siamo tornati ai livelli pre-Covid», conclude Ricci.
GUIDE E ANNUARI
LOSCENARIO2025 DELRETAILEDEL LARGOCONSUMO: PREVISIONI,TREND ATTESI,SENTIMENT DIESPERTIE ANALISTI.
CONILPUNTODIVISTADEI
INTERVISTATIADHOC. TOP MANAGER DELLE PRINCIPALI INSEGNE DELLA GDO,
DISPONIBILEONLINE GRATUITAMENTE DADICEMBRE2024
u Temakinho al rilancio fra plant based e intrattenimento u Gohan Group, Italia e Cina insieme per il sushi food retail
DOPO LA CESSIONE DA PARTE DI CIGIERRE , PER IL BRAND DI SUSHI
NIPPO-BRASILIANO INIZIA UN NUOVO CAPITOLO CON MUTARES . PIANO DI SVILUPPO DA 12 LOCALI
IN 4 ANNI. NEL MENU SPAZIO ALLE ALTERNATIVE VEGETALI
Il2024 segna l’inizio di un nuovo, quasi doppio diremmo, capitolo nella storia di Temakinho. L’insegna di ristoranti nippo-brasiliani, che a Milano dal 2012 è diventata presto meta degli amanti del sushi, riparte dal via con un nuovo alleato: Mutares al posto di Cigierre Al timone ecco Fabrizio Pisciotta fondatore e ceo del brand coadiuvato da Linda Maroli, come consulente nutrizionale e gastronomico del marchio. La mission è quella di riportare Temakinho ai valori iniziali che hanno permesso la costruzione di un network di 10 ristoranti a gestione diretta (a cui se ne aggiungono altri 4 in franchising), magari riadattati al contesto attuale. Spazio dunque alle alternative plant based per un rilancio sostenibile: «Temakinho è un patrimonio della città di Milano (dove conta 5 locali, ndr) e Roma, non poteva finire nel dimenticatoio – spiega Pisciotta – Dopo il Covid, sono stati rivisti i piani industriali dopo l’acquisizione del 2018. A febbraio 2023 ho chiesto a Cigierre di poter vendere il brand a patto di trovare qualcuno che ci credesse. Alla fine abbiamo scelto Mutares e siamo ripartiti ufficialmente il 3 marzo 2024».
Il piano di sviluppo: 12 locali in 4 anni
A sostenere il rilancio di Temakinho, c’è un piano di sviluppo che prevede 12 locali in 4 anni (zone ad alto traffico, in città medie e grandi ma anche luoghi a forte vocazione stagionale con una metratura di 200-250 mq comprese cucine e area di stoccaggio), oltre alla ristrutturazione degli esistenti. E nei primi 100 giorni i segnali sono incoraggianti: «Stiamo comunque iniziando a vedere segnali di controtendenza rispetto ai numeri. Era venuta meno la customer experience del cliente. Temakinho era un luogo dove si mangiava bene, in premium location ma servizio e staff non erano allo stesso livello. Oltretutto, si era spento anche l’intrattenimento, l’allegria che da sempre ci aveva contraddistinto. Infine l’appiattimento della value proposition. Ora puntiamo su un nuovo menu e un piano di intrattenimento continuativo che includerà musica dal vivo (circa tre a settimana, principalmente dedicati alla Bossa Nova e alle melodie brasiliane, ndr), eventi a tema e partecipazione a festival», racconta Pisciotta.
Il nuovo menu food&beverage di Temakinho
Per quanto riguarda la proposta food, il risultato è quello di una scelta di campo a favore della sostenibilità. «Siamo sempre stati peschetariani, con prevalenza vegetariana – precisa Maroli – Ma in questo momento vogliamo ridurre le proteine animali che utilizziamo. Ci siamo resi conto che per quanto fossimo certificati e potendo vantare un controllo diretto sui fornitori, abbiamo fatto dei piccoli interventi per incidere ancor di più. Un esempio? Il formaggio spalmabile che guarniva i nostri roll è stato sostituito con un prodotto plant based di Vegeluna. Solo così abbiamo ridotto l’emissione di 37mila kg di carbonio. E poi è altamente più salutare per il cliente a parità di qualità organolettiche». A questo dettaglio, poi, si aggiunge il ricorso a salmone norvegese allevato secondo i migliori standard di qualità, ricerca di bacchette riutilizzabili, ecc. Il nuovo menu cibo è composto quindi da circa 60 referenze di cui 4 vegetariane e ben 9 vegane, il numero di referenze vegane sale a 21 presso il nostro ristorante di Milano Navigli. Novità che integrano l’offerta base: sushi in salsa brasiliana e una spruzzata di Perù, in cui c’è una forte presenza di superfood e vegetali, dall’avocado al maracuja. Il tutto per uno scontrino medio che varia 33 ai 40 euro fra pranzo e cena. Senza considerare il beverage: «La cocktail list sarà rivista: rimarranno i drink dal sapore esotico, un po’ caraibico ma aggiungeremo Piña Colada e Caipirinhas e vini naturali e no-alcol. La vera novità, però, è la kombucha che aiuta ad abbattere il picco glicemico post-pasto», conclude Maroli.
Delivery e digitale: dal 2025 le novità front-end
Proposta che funziona anche in delivery: «Un canale importantissimo per dare la possibilità ai nostri clienti di gustare comodamente da casa e in altre location le nostre proposte culinarie ed è funzionale a far conoscere anche le novità che introdurremo nel tempo. Il suo peso sul fatturato totale è circa il 23% nel 2024 e immaginiamo rimarrà tale anche nei prossimi anni», afferma Pisciotta. Dal punto di vista dell’integrazione digitale il primo step è stato l’implementazione di un nuovo sistema della gestione delle casse, con analisi predittive dei fatturati e kitchen operating system all’avanguardia. Dal 2025, le novità front-end.u
DALL’INCONTRO FRA JIANLEN XU , SALVATORE BARRALE E JIAN WANG NASCE UN NETWORK DI 19 RISTORANTI CHE IN SICILIA STA RIDEFINENDO LA CUSTOMER EXPERIENCE DELLA CUCINA ETNICA, CON LAYOUT RICERCATI E MENU DEL TERRITORIO
L’idea
nasce nel 2018 dall’incontro fra Jianlen Xu, in
Italia da 20 anni e da sempre appassionato di cucina giapponese contemporanea, e Salvatore Barrale, architetto siciliano impegnato nelle settore delle opere pubbliche: creare una destinazione per gli amanti della cucina del Sol Levante realizzata utilizzando i prodotti del territorio. Il primo ristorante Gohan vede così la luce. «In cinese, il nome dell’insegna significa “ciotola di riso” – precisa Barrale – L’idea è quella di accompagnare il cliente in una food experience di qualità in cui c’è una forte connessione fra proposta gastronomica e layout degli spazi. La svolta è arrivata con il quarto locale, ad Agrigento, all’interno del Villaggio Mosè: progetto che ci ha dato molta carica e ci ha resi visibili sulla mappa». Ad oggi sono 19 i punti vendita sparsi per tutta la Sicilia, per un totale di circa 33 milioni di euro di fatturato, e altri 7 in apertura. Un’accelerazione dovuta all’ingresso in scena del terzo protagonista del sodalizio food retail: Jian Wang, amico di Jianlen Xu e responsabile della costruzione del business model di base. La struttura di Gohan Group, infatti, prevede che la casa madre coinvolga altri imprenditori, per lo più cinese per il momento, nell’opening di
un punto vendita a marchio con un equilibrio del 60-40%. Una volta scelta la location, infatti, la società principale si occupa del progetto (circa 7-8.000 euro) di costruzione, del marketing, delle forniture (grazie a un centro di distribuzione centralizzato a Caltanissetta con una cella frigorifera di 12° C), contabilità, amministrazione, formazione.
Location da 800 mq con cucina a vista per Gohan «Ci siamo concentrati in Sicilia perché abbiamo trovato un mercato vergine. Apriremo a Messina e poi a Taormina dove, per esempio, non esiste un ristorante di sushi come il nostro. Nel futuro però puntiamo a svilupparci in altre regioni», racconta Barrale. A patto di trovare le location adatte: ristoranti grandi dove muoversi in libertà, senza troppe vicinanze fra i tavoli per un totale di 150-200 posti in circa 700-800 mq. Un format comodo, con tanto di privé per dare intimità ai gruppi, e instagrammabile. A partire dalla cucina a vista: «Ce l’hanno tutti i ristoranti Gohan. Qui realizziamo dei veri e propri showcooking che permettono al cliente di vedere la cura nella preparazione delle pietanze. Un modo per accoglierlo e rassicurarlo», commenta Barrale. Attorno a questo elemento, poi, si sviluppa tutto il servizio, «che ci è stato riconosciuto dall’Azienda sanitaria provinciale come un modello da prendere a esempio», aggiunge l’architetto. Il menu, ovviamente, è a base di pesce ma contempla anche una vasta scelta fra zuppe, spaghetti saltati, secondi a base di carne, ecc. Tutti preparato con ingredienti del territorio. Stessa cosa per l’offerta beverage, in collaborazione con Baglio di Pianetto (che ha realizzato in esclusiva per i locali Gohan il Murriali). A scelta del cliente rimane la formula: alla carta o all you can eat.
Le opportunità del real estate siciliano
Lo sviluppo di Gohan permette anche di analizzare il mercato immobiliare siciliano: «Ultimamente c’è molto fermento. Dopo anni in cui si tirava un po’ a campare, in molti hanno aperto un’attività e questo significa meno vetrine disponibili. Per non parlare del prezzo: se nel 2020 era 3mila euro al metro quadro per locale ora si arriva a 15mila euro. Le utenze poi sono un salasso. Ci sono costi fissi che vanno equilibrati», afferma Barrale. Il digitale può aiutare? «Sicuramente sì. A Palermo, sede della società, abbiamo un server centralizzato per la raccolta dati così da rendere le operations sempre più efficienti. Inoltre, stiamo portando avanti un progetto per velocizzare il food delivery», conclude Barrale.u
Hoavuto l’ occasione di partecipare al Bolzano Slush’D, un evento che ha riunito startup, investitori e aziende italiane e internazionali per discutere sui temi fondamentali per il futuro del nostro settore (il 3 settembre, ndr). Il panel sull’innovazione nel food, moderato da Alberto Barbari di Eatable Adventure, al quale ho preso parte insieme a Roberto Profera di Cortilia e a Sara Guaglio di Ful Food, è stato un momento di grande ispirazione e scambio di idee. Riflettere sull'importanza di una comunicazione efficace, sul significato dell'innovazione e su come questa venga definita e implementata in ciascuna realtà è stato estremamente stimolante così come ascoltare le testimonianze di altri professionisti ci ha motivato ancora di più a continuare a innovare. Ma cosa significa farlo nel nostro settore? Trasformare idee creative in soluzioni pratiche è la chiave dell’innovazione nel food service, fondamentale per guidare un cambiamento capace di fare la differenza, sfidando lo status quo e ogni tipo di limite. L’innovazione è il vero asset dell’azienda: è la linfa vitale che ne alimenta la crescita; è il centro intorno al quale disegniamo le proposte per i nostri clienti; è il segreto della nostra competitività su mercato. È una mentalità diffusa che stimola, al contempo, una partecipazione democratica a ogni livello. Naturalmente è importante che sia comunicata con chiarezza affinché venga compresa e diventi reale, non confinata a una dimensione mentale. Per fare sì che questo accada è necessario puntare su messaggi in cui la trasparenza e la sostanza traccino la strada della comunicazione, internamente ed esternamente.
In che modo? Dal punto di vista del team interno, tutti sono coinvolti e debitamente informati con modalità che vanno da riunioni a roadshow passando per newsletter e chat, in un percorso collettivo che stimola la crescita personale e legittima una leadership costruita “sul campo”. Diverso, ma complementare, il rapporto comunicativo con il cliente dove il focus del messaggio deve forzatamente concentrarsi sui benefici che l’innovazione porta con sé. Evidenziarne la capacità risolutive, condividere case history di successo, usare canali appropriati per amplificarne il valore: l’importante è dimostrare l’impatto reale e la forte valenza pratica che l’innovazione porta in dote. L’esperienza mi spinge a considerare prioritari, in questo processo, alcuni elementi capaci di trasformare le idee in risultati concreti e garantire un successo realmente misurabile. In primis, lo scopo chiaro a cui mira l’innovazione e le sue basi che devono essere incentrate sul cliente che ne beneficia. In secondo luogo, deve essere presente una cultura di supporto che incoraggi la sperimentazione e che diventa efficace per la sua prosperità così come un’esecuzione efficace e solida delle idee di partenza. Senza dimenticare che l’innovazione non si esaurisce, ma è un processo continuo e inarrestabile, per sua stessa natura.u
Danilo
Gasparrini
Imprenditore del food retail e ceo di Salty Consulting, azienda di consulenza nata nel 2024 che unisce competenze diverse per supportare l'imprenditoria della ristorazione a catena offrendo una serie di servizi innovativi: dalla consulenza strategica alla target audience, dal set up delle operations al business data analysis e molto altro.
u A Roma il food retail deve ancora guadagnarsi spazio
CATENE INTERNAZIONALI E LOCAL HERO HANNO APERTO NELLA CAPITALE, MA OLTRE L’EFFETTO WOW LA PRESA SULLE ABITUDINI FUORICASA DEI
RESIDENTI È TUTTA DA VALUTARE. LE INSEGNE AUTOCTONE NON
MANCANO, MA BISOGNA SAPER SCEGLIERE LA ZONA GIUSTA
Il dinamismo della stazione Termini. La diffusione di Starbucks. L’apertura del flagship store dell’Antico Vinaio. Tre indizi fanno una prova: a Roma il food retail inizia a consolidarsi. O meglio, farsi notare all’interno di un panorama tanto vario nella proposta gastronomico quanto frammentato a livello di organizzazione. Secondo le stime Fipe, nel primo semestre dell’anno risultavano attive 25.974 imprese in tutta la provincia, di queste 9.012 sono bar. Di nuove solo 113 a fronte di una cessazione di 323. Saldo negativo, sì. Ma questo, «forse è più dovuto a un processo di rinnovamento e innovazione dovuto al cambio generazionale e al riposizionamento di diversi codici Ateco. Insomma, non parlerei di crisi, quanto di ricambio del business», afferma Sergio Paolantoni, presidente della federazione capitolina. Basti pensare alla forte presenza femminile (27% delle aziende sono gestite e amministrate da donne), giovani (10% del totale dei locali) e imprenditori stranieri (11%).
Da Ponte Milvio alla Garbatella, le zone della ristorazione romana
Per capirne la tenuta, bisogna aspettare che si chiudano i bilanci della stagione estiva, comunque positiva soprattutto a giugno e luglio, prima del grande caldo agostano e la “fuga” dei locals verso altri lidi. E questo per merito di un flusso turistico straniero, in particolare dagli Usa in sostituzione dall’incoming dell’Europa dell’Est, che ha spinto sui consumi fuoricasa. Trend che ha favorito le catene protagoniste: «C’è effervescenza nel settore, anche grazie all’operazione alla Galleria Sordi dove sono approdati Massari Pasticceria e Antica Focacceria San Francesco. Rimane comunque un mercato, quello romano, molto frazionato e un po’
Roma chiama Milano: più diversificazione fuoricasa
attaccato alle tradizioni. Al Vaticano persiste una ristorazione veloce; a Trastevere, Campo de Fiori e Tridente presentano una certa diversificazione. Ponte Milvio è una fooc court a cielo aperto. Infine, Pingneto, Monti, San Giovanni e pure la Garbatella stanno diventando sempre più trendy mentre il comune ha cercato di spingere anche le aperture in zone periferiche favorendo l’occupazione di suolo pubblico con dehors e simili», spiega Paolantoni.
Dal punto di vista immobiliare commerciale, quello di Ariel Tesciuba, responsabile sviluppo di Agat Retail, le aree coincidono: «Ponte Milvio, Trastevere, il centro storico. Poi qualche via periferica ma in un contesto commerciale molto valido come via Tuscolana e via dei Serpenti. Sono queste le zone a maggior trazione food della città. E negli ultimi 6 mesi c’è molta richiesta, sia da parte di brand consolidati, sia da startup». Nonostante le molte limitazioni architettoniche, la mancanza di licenze e diversi locali che vivono grazie alla loro tradizionalità, «il livello del mercato sta avvicinando quello milanese. La classica cucina italiana, infatti, sta lasciando piede a proposte asiatiche oltre il solito sushi aprendosi a ramen e ravioli. Allo stesso tempo crescono il kebab, la cucina greca e i menu healthy. Fra questi cito Great, un progetto che ruota attorno a una proposta a base vegetale di ispirazione mediterranea», sottolinea Tesciuba.
Un format di cucina romana? Ecco cosa manca
Quello che manca, forse, è proprio un format di cucina romana. Perché? « Ci sono tanti ristoranti tipici che funzionano. Spesso seguendo un modello operativo molto tradizionale difficilmente standardizzabile e replicabile. Parliamo di trattorie che si passano il business di generazione in generazione senza grande lungimiranza. Dal mio punto di vista, la cucina regionale ha ancora del margine inespresso e alcune realtà romane sono vicine a trovare la quadra. Tuttavia, penso che ad oggi manchi ancora un gruppo imprenditoriale capace di proporre uno sviluppo strutturato», conclude Tesciuba. u
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