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Le regole per fare “goal”
Scendiamo letteralmente in campo. E insieme a Fabrizio Ingegnoli, agronomo consulente per diverse società di calcio di Serie A e serie minori, vediamo l’approccio corretto per la gestione del tappeto erboso a uso sportivo
di Valerio Pasi
La tematica del tappeto erboso a uso sportivo, e in particolare a uso calcistico, è di grande interesse per i manutentori del verde. Vediamo quali sono le regole base e il tipo di specializzazione necessario per un corretto approccio con un’intervista a
Fabrizio Ingegnoli, dottore agronomo libero professionista e consulente per diverse società sportive di calcio di Serie A e serie minori.
Dal campo comunale al campo di Serie A ci sono grandi differenze, tuttavia possiamo trovare delle regole di base che li possono accomunare?
Dal punto di vista infrastrutturale, tecnologico e climatico, in effetti, c’è molta differenza tra gli stadi comunali e quelli utilizzati per il Campionato di Serie A, senza contare che spesso questi ultimi si avvalgono anche di sistemi di rinforzo (orizzonatle o verticale) alla vegetazione. Forse solo l’impianto di irrigazione è più o meno simile tra le due realtà. Una regola che li dovrebbe accomunare sarebbe la tempestività nello svolgere alcune operazioni di
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è esattamente il contrario:
Le regole per fare “goal”
Nelle foto le operazioni per realizzare il sistema di drenaggio. Secondo gli enti di riferimento, il top soil dovrebbe drenare a saturazione dai 150 ai 660 mm/ora come range.
manutenzione ordinarie, quali il ripristino post partita o allenamento, il taglio con raccolta, le pulizie del cotico e la corretta e attenta gestione dell’impianto irriguo nel periodo estivo. Tutti interventi di basso costo che nell’arco dell’anno si rilevano utili nella prevenzione sanitaria e alla qualità del prato. Se ogni stadio comunale destinasse più risorse alla gestione ordinaria del campo, piuttosto che riporre aspettative solo a operazioni straordinarie, sarebbe molto meglio e più efficace al manto erboso.
Quali sono le maggiori difficoltà nella corretta manutenzione?
Gli stadi sono spesso strutture architettoniche di rilievo, in cui nel catino interno non ci sono le condizioni ideali per lo sviluppo delle essenze prative sottoposte a calpestamento (poca luce e alta umidità). Il particolare microclima che si instaura all’interno del catino di uno stadio richiede l’impiego di prodotti agronomici specifici, macchinari dedicati, oltre a uno staff preparato ed esperto in grado di compilare piani biotecnici a stretto raggio temporale (non oltre i 14 giorni). Sempre di più, anno dopo anno, ci si aiuta con la sensoristica, in grado di rilevare in tempo reale valori climatici utili per effettuare una vera e propria “intelligence agronomica” finalizzata a limitare i danni da stress ambientale. Un’altra difficoltà negli stadi è dovuta alla necessità di limitare le operazioni con mezzi meccanici di grosse dimensioni e optare per mezzi a spinta manuale o walk behind per ridurre al massimo i compattamenti nello svolgimento delle manutenzioni, che inevitabilmente richiedono tempi più lunghi o più personale. Se devo trovare una difficoltà sopra tutte è quella che riguarda la reperibiltà di manodopera specializzata per il verde sportivo, il cosidetto “Giardiniere Sportivo”, termine che rende l’idea ma che, a mio parere, è improprio, perché in
In un campo di calcio il tappeto erboso si taglia più di 100 volte l’anno, così i primi 20 mm di top soil si degradano nell’arco di quattro-cinque partite.
uno stadio non c’è bisogno di un giardiniere: è un contesto, infatti, in cui viene dato poco spazio alla creatività, e un giardiniere di creatività ne ha giustamente molta.
Quanto è influente il substrato sulla durata del tappeto erboso e sulle caratteristiche del gioco?
Un top soil per stadio è come l’asfalto per la Formula 1. Diciamo, il corretto bilanciamento tra velocità d’infiltrazione e ritenzione idrica è la chiave del successo. Nel luogo comune, un tappeto erboso è spesso accompagnato dal cartello “Vietato calpestare l’aiuola”, per un campo di calcio è esattamente il contrario: “Fatto per essere calpestato”. I carichi di gioco (calpestamento e trazione) insieme a numerosi passaggi meccanici (si taglia più di 100 volte in un anno!) degradano velocemente l’efficienza del top soil, fino a ridurlo a uno strato molliccio, salino e impenetrabile. I primi 20 mm si degradano nell’arco di quattrocinque partite! Sotto il profilo prestazionale, il top soil influisce sul rimbalzo, sullo scorrimento della palla oltre che sulla trazione. Secondo gli enti di riferimento (USGA e STRI) il top soil dovrebbe drenare a saturazione dai 150 ai 660 mm/ora come range: vi assicuro che diversi prestigiosi stadi italiani drenano 500 mm/ora, se poi in realtà se non vengono mantenuti nel modo migliore, i primi 20 mm dopo cinque partite si riducono a un film organico quasi impenetrabile ad acqua e aria.
Qualè il periodo più critico per il prato?
Posso essere preciso: uno stadio in Pianura Padana con essenze microterme, soffre tra il 20 luglio e il 15 settembre, c’è di buono che in quel periodo le squadre non giocano spesso. Il periodo peggiore, a mio avviso, è durante i giorni piovosi di novembre e dicembre, è in quel lasso di tempo che si
GESTIONE ORDINARIA Le operazioni da svolgere sempre post partita o post allenamento, che si tratti di un campo comunale o di un campo utilizzato per il Campionato di Serie A: il taglio con raccolta, le pulizie del cotico e la corretta e attenta gestione dell’impianto irriguo nel periodo estivo. LE PRIORITÀ
• Manodopera specializzata nel verde sportivo • Prodotti agronomici specifici • Macchine dedicate • Redazione di piani biotecnici non oltre i 14 giorni • Utilizzo di mezzi a spinta manuale o walk behind
Il periodo peggiore per un campo di calcio è durante i giorni piovosi di novembre e dicembre.
distruggono i tappeti erbosi negli stadi (Genova, Torino, Milano e tutta la fascia padana da Alessandria a Udine). Un mix letale di impegni agonistici e piogge autunnali con scarsa forza di penetrazione determina la repentina discesa prestazionale del campo. In quel periodo si forma il “paciugo” destabilizzante per il top soil e per la tenuta degli scarpini, a ridosso dell’inverno la situazione peggiora fino a fine gennaio. Un campo in macroterme, cioè in gramigna sia seminata che insediata con ibrido vegetazionale (Tifway 419, Latitude 36, Tahoma 31), ha due periodi critici, che si riducono proporzionalmente al ridursi della latitudine: la transizione estiva, cioè l’uscita della gramigna dalla dormienza fino alla chiusura della vegetazione pronta per l’uso calcistico, che comprende circa 70-80 giorni al Nord e 60-70 al Sud; la transizione autunnale, che consiste nel velocizzare la dormienza della gramigna per favorire la comparsa della specie microterma (loietti diploidi, tetraploidi, Loietti multiflorum westervoldicum, Poa trivialis, Poa pratensis, Poa annua, ecc) per ottenere il manto erboso autunno-primaverile. Quest’ultima si svolge sempre con il campionato in corso e si sfruttano le pause della nazionale. Spesso non si riesce a essere in tempo, così in televisione si vedono campi a macchie (spesso nei campi del Sud Italia).