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STORIE di SOSTENIBILITÀ economia

Circolarità: come rompere l’allineamento tra crescita e consumo di risorse

di Nicolò De Rossi Il IV Report nazionale mostra la via di sviluppo necessaria per rafforzare l’economia e limitare l’uso di materie prime. Buoni i dati dell’Italia, ma bisogna ristabilire il trend. E la filiera ortofloricola deve fare la sua parte

Come accade spesso, preferiamo vedere le cause di una crisi (solo) negli eventi esterni, accidenti che sono scollegati dal nostro sistema economico e produttivo. Lo abbiamo in parte fatto con il Covid-19, e lo stiamo facendo adesso con l’aumento dei prezzi e la mancanza di risorse dovuti al conflitto tra Russia e Ucraina. Ma quello che stiamo vivendo oggi non è solo l’effetto di scelte politiche usate come leve nel braccio di ferro anti-Putin; è anche - e soprattutto - l’indicatore di una tendenza di fondo, strutturale, del nostro sistema globalizzato basato sulla domanda crescente di risorse limitate. Le difficoltà economiche che viviamo non sono solo legate al “naturale” periodo di congiuntura, ma anche al malsano rapporto tra crescita e uso delle risorse. In una economia lineare, la crescita di uno stato - l’aumento del suo PIL - è indissolubilmente legato all’aumento di materie prime utilizzate. Ergo, quando le materie prime scarseggiano, ci si trova davanti a un muro. L’unico modo per risolvere questo paradosso è quello di considerare come necessario e vitale un rafforzamento dell’economia circolare. Il monito arriva dal IV Rapporto nazionale sull’economia circolare, presentato lo scorso 4 aprile alla Conferenza nazionale sull’economia circolare.

RINNOVATO SISTEMA DI MONITORAGGIO

L’economia circolare, opposta a quella lineare, è un modello di economia che è strutturalmente in grado di riutilizzare materie prime secondarie provenienti dal suo ciclo interno, limitando l’estrazione di materie prime vergini. In termini pratici, questo si traduce nella fuga da quello stato di dipendenza e precarietà in cui l’Italia ha spesso vissuto, e, naturalmente, nell’uso più oculato delle risorse mondiali. Ma il problema non è solo italiano. In un mondo che ha appena sfondato il muro delle 100 mld di

I sette (nuovi) indicatori

Nel dettaglio, il tasso di circolarità si basa sulla somma di setter indicatori: • Il tasso di riciclo complessivo dei rifiuti, urbani e speciali • Il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo • La produttività delle risorse • Il rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali • La quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia • La riparazione • Il consumo di suolo.

tonnellate di materie prime consumate in un anno, il tasso di circolarità globale scende: tra il 2018 e il 2020 è passato dal 9,1% all’8,6% (Circularity Gap Report). Aumentano i consumi, ma si appiattisce il tasso di riutilizzo. L’obiettivo principale dell’economia circolare è proprio quello del disaccoppia-

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mento della crescita economica dal consumo delle materie prime vergini. Non a caso, è una delle basi decisive del Green Deal europeo, nonché componente considerevole (2,1 mld di euro) del PNRR italiano. Il Report 2022, realizzato in collaborazione con ENEA, rappresenta inoltre una delle prime applicazioni degli indicatori della Carta di Bellagio, un innovativo sistema di monitoraggio e diffusione dei dati sulla circolarità. Nel dettaglio, il tasso di circolarità si basa sulla somma di sette indicatori: il tasso di riciclo complessivo dei rifiuti, urbani e speciali; il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo; la produttività delle risorse; il rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali; la quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia; la riparazione; il consumo di suolo.

ANCORA IN PARALLELO

Il rapporto mette a fuoco il contributo italiano all’economia circolare durante l’anno 2020: i punti di forza, le debolezze, i possibili correttivi. Per osservare con chiarezza la situazione italiana, ogni indicatore è stato comparato con quelli di altri principali paesi europei (Francia, Spagna, Germania, Polonia). Anche l’Italia, come pure molti altri paesi, non è riuscita nel già citato disallineamento. Ciò significa che PIL e consumo di materiali viaggiano ancora in parallelo. Eppure l’Italia è uno dei paesi che “tiene”: nel quadro delle prime cinque economie europee si posiziona al primo posto per gli indicatori più importanti di circolarità, assieme alla Francia. Infatti, Italia e Francia totalizzando 19 punti ciascuno. In seconda posizione, staccata di tre punti, si attesta la Spagna con 16 punti. Decisamente più contenuto è l’indice di performance di circolarità della Polonia e della Germania che ottengono, rispettivamente 12 e 11 punti.

100mld

le tonnellate di materie prime consumate in un anno nel mondo

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ELEVATO CONSUMO DI SUOLO

Partiamo con i dati incoraggianti, che non sono pochi. In media, in Europa nel 2020 sono state consumate circa 13 tonnellate pro-capite di materiali. In Italia si parla invece di 7,4 tonnellate, contro le 8,1 della Francia e le 13,4 della Germania. Anche la produttività delle risorse in Italia è più che buona: ogni kg di risorse consumate ha generato nel 2020 3,5 euro di PIL, il 60% in più della media europea. Ottime anche le notizie sul fronte del riciclo e sul tasso di utilizzo di materia proveniente da esso: da una parte l’Italia ha una percentuale di riciclo su tutti i rifiuti quasi del 68% (dato più elevato dell’Unione); dall’altra, siamo secondi solo alla Francia (21,6% contro 22,2%). Dove siamo in difficoltà? Uno degli indicatori più bassi è quello del consumo di suolo: nel 2018 nella UE a 27 paesi risultava coperto da superficie artificiale in media il 4,2% del territorio. La Polonia era al 3,6%, la Spagna al 3,7%, la Francia al 5,6%, l’Italia al 7,1%, la Germania al 7,6 %. Infine, la riparazione dei beni: in Italia nel 2019 oltre 23mila aziende lavoravano alla riparazione di beni elettronici e di altri beni personali (vestiario, calzature, orologi, gioielli, mobilia, ecc.). Siamo dietro alla Francia (oltre 33.700 imprese) e alla Spagna (poco più di 28.300). In questo settore abbiamo perso quasi 5mila aziende (circa il 20%) rispetto al 2010. Due sono i modi di accogliere i dati italiani sull’economia circolare. Possiamo essere contenti dei traguardi raggiunti, nutrendo le rivalità con gli altri stati europei. O possiamo renderci finalmente conto che, effettivamente, la strada davanti a noi è ancora molto lunga e che non esiste altro sviluppo, se non quello che limita l’uso delle nostre materie prime costruendo una economia circolare.

Classifica complessiva Con indicatori chiave di circolarità nelle principali cinque economie dell’UE nell’ultimo anno disponibile (2020)

consumer

Fame di informazione

di Rachele Pozzato

Sarebbero proprio le conoscenze e la consapevolezza dei consumatori, come rivela un’indagine DNV, gli elementi essenziali per il decollo dell’economia circolare

Se ne parla sempre di più e le richieste sono sempre più concrete: la sostenibilità e l’ambiente sono oggi, per i consumatori e dunque per i produttori, un importante valore. L’atteggiamento della popolazione è sempre più propositivo rispetto a queste tematiche, e come raccontano i risultati della ricerca DNV, quello che è fondamentale è accrescere la fiducia nelle aziende, oltre a rafforzare innovazione e leggi per favorire un maggiore coinvolgimento nell’azione di tutti i cittadini.

EMERGENZA AMBIENTE

Il dato positivo è anzitutto che solo il 35,8% degli intervistati non ha mai sentito parlare di economia circolare, mentre ben il 45% la conosce approfonditamente e vi partecipa in modo attivo, con un’evidente maggioranza tra le generazioni più giovani. Quello che emerge dall’indagine è anche come ci sia altresì consapevolezza della complessità delle dinamiche intorno all’economia circolare, e di quanto sia una sfida da affrontare a più livelli. Quelle che vengono viste come problematiche più urgenti sono senza dubbio quelle più vicine, anzitutto riducendo rifiuti e sprechi d’acqua, ma anche tenendo conto del proprio impatto d’acquisto. Più del 48%, infatti, afferma di preferire prodotti con materiali riciclati, e più del 60% di preferire prodotti di seconda mano o una riduzione degli acquisti.

LIBERI DALLA PLASTICA

Grande attenzione soprattutto al consumo e all’utilizzo della plastica: c’è una grande concentrazione dei media sulla tematica e quasi la metà degli intervistati afferma di aver deciso di non acquistare un prodotto perché l’imballaggio non era sostenibile. Sono favorite perciò le aziende che investono in materiali riciclabili e riciclati, anche se l’esigenza di innovazione e norme che regolino la circolarità della plastica è sempre più sentita.

LA PARTE DEI PRODUTTORI

La ricerca rivela poi che quasi il 61% delle persone intervistate ha sentito parlare di economia circolare e sostenibilità tramite TV, social o radio, nemmeno il 30% da dibattiti politici o programmi elettorali, poco più del 20% da amici coinvolti nelle cause ambientali, ma solo il 20,9% è entrato in contatto con queste tematiche grazie alla comunicazione delle aziende. Solo un rispondente su cinque ha citato le informazioni presentate direttamente dai produttori e fornitori, evidenziando l’esigenza per le aziende di veicolare in modo più efficace il loro messaggio e costruire una relazione di fiducia. «Bisogna fare di più, quindi, per rimediare a questa carenza di informazioni, dando priorità alla sensibilizzazione dei consumatori e offrendo informazioni validate e affidabili», ha infatti dichiarato Luca Crisciotti, CEO Supply Chain & Product Assurance di DNV.

48%

È la percentuale

di coloro, secondo l’indagine DNV, afferma di preferire prodotti con materiali riciclati

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