Brian the brain -L'Integrale

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The thinking thing di Jorge Vacca (oggi Tango Dj Punto y Branca)

Ho conosciuto Brian the Brain agli inizi degli anni novanta quando, lavorando come operatore per il Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona, sono andato al Salon del Comic di Barcelona. In una fanzine molto colta, il «Krazy Komics», mi appaiono queste due pagine, pulitissime, asciutte, che subito mi hanno incuriosito: era il nostro beniamino Brian. Quelle due pagine erano cariche di emozioni varie e contrastanti. Mi rimasero impresse nella memoria e nel cuore. Due anni dopo torno al Salone, sempre di Barcellona, come editore. Avevamo pubblicato il discusso albo di Vuillemin e Gourio Hitler = SS, e in quella occasione un caro amico, il Xus, collaboratore della mitica rivista «El Vibora», mi presenta l’autore di Psycho Pathia Sexualis, uno degli albi più provocanti mai realizzati. Era Miguel Ángel Martín. A quel tempo nostro motto era “Qualcuno deve pur fare il lavoro sporco”. Inutile dire che Psycho Pathia cominciò da subito a far parte del nostro catalogo, della nostra storia e della nostra, involontariamente, sfortuna con la giustizia. 5


Dal primo momento che l’ho conosciuto, ho considerato Miguel Ángel Martín una persona amabile, gentile, solare a cui piace il buon vivere, tanto come a me. Ma aldilà delle qualità umane, il suo profilo artistico confina con il genio... La nostra amicizia è cresciuta attraverso le vicende giudiziarie, saloni di fumetti, centri sociali e, principalmente, le trattorie e i bar. In quegli anni, mentre noi pubblicavamo l’albo Ché di Alberto Breccia e Hector Oesterheld, usciva in Spagna il primo albo di Brian the Brain. Appena arriva nelle mie mani, ricordo subito quelle due pagine viste, anni prima, al «Krazy Komics», e questo albo che si presentava in copertina con la scritta “senza sesso senza violenza” fa una breccia nel mio intelletto. Mai fino a quel momento avevo letto un fumetto del genere. Dove tutti i sentimenti più contrastanti erano condensati in 32 pagine. Un gioiello letterario e di stile grafico. Brian the Brain nasce con intenti ben precisi: innanzitutto è un fumetto impegnato, un’opera concepita con il proposito di sensibilizzare il lettore su alcune realtà (l’ingegneria genetica, l’emarginazione dei soggetti deboli, ecc.) ed in secondo luogo è l’opera di un autore che ha una precisa pulsione visionaria. L’unione di queste due necessità determina l’apparente contraddizione in Brian the Brain, frutto invece di una scelta ben ponderata. Da una parte c’è la crudeltà quasi compiaciuta dei testi mentre dall’altra si trova l’estrema semplicità, quasi da disegno infantile, dei disegni: ci troviamo di fronte cioè ad un’opposizione aperta tra la brutalità e la violenza del mondo reale (ovviamente amplificate dal tono iperbolico) e la disarmante innocenza di un bambino costretto a subirle. È come se tutte le storie fossero delle soggettive che mostrano il marciume attraverso il candore di Brian. L’effetto è un pugno nello stomaco, è il raggiungimento di uno straniamento brechtiano totale. 6




Ma l’impatto distruttivo non termina i suoi effetti alla prima lettura; man mano che ci si riprende dallo shock si notano altri particolari che ne amplificano la portata. I primi episodi d’ogni fascicolo sono tavole autoconclusive o storie di due pagine e, poiché la loro prima lettura scorre molto veloce, sembrano messe lì come un’introduzione a ciò che seguirà, come dei “titoli di testa”, per presentare i personaggi e il loro ambiente. Ricordo uno dei capitoli che a mio parere è stato uno dei più raggelanti e violenti, “Bad seed” dove Brian aiuta la ragazzina che gli piace assumendosi una colpa che non aveva. Un compagno gli chiede perché l’abbia aiutata, dal momento che lei sempre ride di lui e lo chiama “the thinking thing”. La vignetta finale mostra Brian che, nella sua tristezza, si ripete quella frase. Lì è un condensato di elegante poesia e brutalità. A distanza dei tanti anni nei quali non ho fatto più l’editore, dal momento che la vita mi ha portato per altre strade nel mondo, porto sempre con me l’esperienza Topolin in ogni cosa, e mi sento un po’ lo zio di Brian. L’amicizia con Martin continua solida e sicuramente ci ritroveremo come se ci fossimo visti ieri, a bere, ridere, e a parlare di questo mondo in cui gli Oliver saranno sempre più prepotenti e i Brian sempre più emarginati. E per finire voglio complimentarmi con Nicola Pesce, per portare in Italia, oramai alle nuove generazioni di lettori, questo fumetto che è già un classico, e che porta in sé quel barlume di umanità che viene a mancare sempre più.

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Edizione Integrale





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OUT OF MY BRAIN



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