Sebastiano Vilella - Le opere pittoriche

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Sebastiano Vilella

Le opere pittoriche

Sebastiano Vilella – Le opere pittoriche di Sebastiano Vilella © 2023 Sebastiano Vilella © 2024 Solone srl per questa edizione Tutti i diritti riservati. Collana Nuvole in tempesta, 43

Direttore Editoriale: Nicola Pesce

Caporedattore: Stefano Romanini

Ufficio Stampa: Gloria Grieco

Coordinamento Editoriale: Cristina Fortunato

Illustrazioni in cover: Sebastiano Vilella

Cover design: Sebastiano Barcaroli

Assistenza grafica e adattamento editoriale: Maria Forleo

Correzione bozze: a cura della redazione

Stampato in Cina – OTTOBRE 2024 Edizioni NPE

è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA)

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Prefazione

di Nicola Pesce

In questo mondo contemporaneo dove tutti sono esperti di tutto, io ho la grande fortuna di non essere esperto di niente. Così, quando affronto un argomento nuovo o conosco una nuova persona, posso guardarla con occhi vergini, senza alcun preconcetto.

Il mio lavoro mi ha portato a conoscere numerosissimi artisti e, purtroppo, alcuni dei miti della mia infanzia. Non c’è nulla di peggio che scoprire che dietro un grande artista si celi un pover’uomo. Sento in qualche modo che, se la persona non è umile e non è gentile, anche la sua opera ne esce in qualche modo diminuita. O, perlomeno, io non riuscirò più a guardarla con gli stessi occhi di prima.

Ci sono stati pochi, grandi maestri che accompagnavano alle loro infinite doti anche una infinita umanità. Sto pensando ad esempio a un Sergio Tisselli, che non ha mai smesso di arrossire quando lo chiamavo «Maestro» e, devo dire, quel rossore era il più bello dei suoi acquerelli. Sto pensando a Sergio Bonelli che, quando gli ho detto che era il mio idolo ed esempio come editore, mi ha pregato di non valutarlo solo per i suoi pochissimi successi ma anche alla luce dei suoi infiniti fallimenti. Parlare con queste persone era una boccata d’aria e mi rimetteva al mondo pieno di voglia di vivere e di fare.

Questo è quello che provo tutte le volte che ho occasione di scambiare due parole con Sebastiano Vilella. Non posso assicurare nessuno che non si nasconda in lui un serial killer, non lo conosco a sufficienza, ma posso mettere la mano sul fuoco e giurare che ogni volta che lo incontro la giornata termina meglio di come era cominciata. Di quante persone potreste dire la stessa cosa?

Mi ricordo, ad esempio, che ero un editore sconosciuto, nonché talmente giovane che mi vien da sorridere se solo penso alle arie che mi davo! Ero sempre andato in vacanza con i miei genitori nella città dove mio padre era cresciuto, ossia Rivello (PZ), nota anche come «il presepe d’Italia».

Anche il primo anno che papà non c’era più ci andai, con mia madre e mio fratello, e devo dire che dentro di me bene non stavo. E venni a sapere che Sebastiano Vilella abitava a Maratea. Era già un autore affermato. Mi feci coraggio e lo contattai. Mi invitò subito. Presi l’auto e andai da lui. Ero così piccolo che per me era già una rivoluzione guidare la macchina in una regione in cui non ero abituato. Avrò avuto ventidue anni.

Arrivai nel suo giardino, mi fece subito sentire uno di famiglia. Mi mostrò le tavole a cui stava lavorando. Chi di voi non ha mai incontrato a casa sua un artista che sta lavorando ad un fumetto non potrà mai sapere la sensazione di infinita scoperta che si prova a sbirciare le sue tavole in corso d’opera. Ho sempre trovato l’incompiuto più bello del compiuto, e sbirciare quella carta porosa che profumava di gomma e di matita era il paradiso. Eravamo all’ombra di un albero e quel grande autore mi trattava da adulto. Mi parlava come se io fossi davvero un editore. Nemmeno io mi ero mai considerato davvero un editore.

Mi offrì del latte alle mandorle, che io nemmeno sapevo esistesse. E tuttora mi capita, da quel momento in poi, di berlo almeno una volta a settimana e pensare a Sebastiano Vilella.

Ora, riassumendo, temo che conoscere un grande artista e scoprire che è spiacevole renda la sua opera meno bella, renda i miei occhi meno capaci di apprezzarla, il mio cuore meno capace di commuoversi. Lo so che non dovrebbe essere così.

Allo stesso modo, leggere una recensione a un mio libro che Sergio Bonelli scrisse prima di morire, vedere un acquerello del maestro Tisselli o un quadro di Sebastiano Vilella, rendono il mio cuore più pronto a commuoversi e i miei occhi più lesti alla meraviglia. Perché so che sono il frutto dell’intimo di persone che mettono l’umanità prima di ogni altra cosa.

Non pensiate però che io e Sebastiano ci vediamo tutti i giorni. Negli ultimi venti anni avremo parlato sì e no tre volte. Quindi non pensiate che io non mi sia sforzato, adesso, di essere oggettivo nel guardare i suoi quadri. Sono uno che è assai più «cattivo» con gli amici che coi nemici. Perché dagli amici mi aspetto tutto e dai nemici niente.

Quando vedo un quadro di soggetto naturale di Vilella mi rendo conto che ha fatto un piccolo miracolo: senza rappresentare ogni cosa nei minimi dettagli ha rappresentato tutto. Forse riuscirebbe a farti dire «bosco» con una sola pennellata. Nei suoi dipinti più bucolici il mio sguardo si perde come un piccolo uccellino che si mettesse a volare tra quei rami. E vorrei essere là. Provo delle sensazioni che vanno oltre la vista. Sento i profumi della resina degli alberi, sento gli aghi di pino sotto ai piedi e il sole sulla pelle che filtra a ventaglio tra alcune fronde.

Quando invece decide di rappresentare la figura umana, mi accorgo che le sue matite e i suoi carboncini li puoi toccare, sono morbidi, sono vivi. E a un certo punto va oltre. I suoi quadri con figure umane cominciano a sembrare muse inquietanti di De Chirico. Mi rendo conto che, potendo rendere alla perfezione la realtà, sceglie a un tratto di rappresentare il simbolo. E lì lo apprezzo ancora di più. Perché alla fine se prendi una matita in mano e disegni cinque ore al giorno per dieci anni impari senz’altro a disegnare in modo realistico, non ci vuole un genio, ci vuole solo dedizione, o tempo libero. È quando l’artista decide di andare oltre, quando i suoi quadri cominciano a piegarsi alla mente, a diventare più espressionisti da un lato, più simbolici dall’altro, che ti rendi conto che c’è una ricerca in corso, che Sebastiano si sta cercando. Io, che non capisco nulla di arte e tantomeno di fumetto, solo un augurio posso lasciare al lettore e all’artista. Al primo di perdersi nelle opere di Sebastiano Vilella, al secondo di non ritrovarsi mai.

Nicola Pesce, 13 luglio 2024

OPERE PITTORICHE, MATITE E INCHIOSTRI

I nudi simbolisti di Sebastiano Vilella di Ferruccio Giromini

La vita è una tragicommedia, Sebastiano non ha dubbi su questo, ce lo dice e ce lo disegna nelle sue storie a fumetti da tanti anni. E che la vita sia un enorme finzione che si recita in notturna, tra scene madri urlate, morsicature silenziose di labbra, mentre ora con dolore ci si gonfia una parte del corpo, mentre dopo con sollievo ci si scioglie un fondo dell’anima, emerge sempre dai personaggi che animano i suoi racconti. Una vita ubriacante, invero. E c’è chi ha la sbornia allegra e chi l’ha triste.

Ma i fumetti ebbri, nerastri, ipocondriaci, contrastati, drammatici di Sebastiano non rappresentano la totalità dell’uomo e dell’artista Vilella. Abbiamo scoperto più di recente un altro lato, insieme più spudorato e più pudico, di questo artista e di quest’uomo: i suoi quadri. Oli su tavola e su tela. Ebbene sì, accanto alle sue attività di autore di fumetti e quelle di docente, fin qui neppure nominate, fa pure il pittore. E l’aggiunta di questa tessera inaspettata ribalta la visione complessiva del puzzle che risulta da adesso in poi.

Riconosce: «Il senso della mia pittura è piuttosto differente da quello dei racconti a fumetti, dove spesso ad evidenziarsi sono le tensioni emotive, le difficoltà delle relazioni interpersonali, la precarietà dei sentimenti e dove le atmosfere sono generalmente notturne, oscure. È come se con la pittura cercassi di controbilanciare quel senso di amarezza e di disincanto della vita reale che mi interessa raccontare con i fumetti. Con la pittura cerco una forma di maggiore astrazione e idealizzazione della forma e una esigenza di sublimazione della realtà».

Già nel 1985 avevamo visto un paio di immagini sue che ci lasciavano intuire una dimensione più dilatata della sua immaginazione. Erano due illustrazioni per la famosa mostra “Doctor Pencil e Mister China”, in cui il giovane demiurgo metteva in scena una piccola ipotetica Cappuccetto Rosso, del tutto nuda e inerme nella sua pelle così bianca, a confronto con un lupo macilento, nervoso e minacciosissimo, e soprattutto con un ambiente naturale del tutto inospitale; persino le nuvole nel cielo si disponevano in ordine aggressivo come in un campo di battaglia, quasi pronte a colpire anch’esse.

Invece, anni dopo, ritroviamo nei suoi quadri un’atmosfera ben meno agitata. Anzi, ormai le sue immagini appaiono composte, come sono in una visione volentieri simmetrica e ortogonale, sempre fortemente contemplative. Si tratta di esterni, paesaggi fluviali o lacustri, in cui l’orizzonte appare lontanissimo e il cielo con le sue nubi non è mai puro sfondo, ma anch’esso presenza espressiva. Tali visioni sono dominate, al centro, da figure femminili che si mostrano di fronte o di profilo – quasi mai interlocutoriamente di tre quarti – e che emanano un carattere perentoriamente sacrale. Immerse in una luce calda e vitale, in una atmosfera trasparente e rivelatoria, queste figure quasi angelicate cercano una intima e naturale intesa armonica e spirituale con l’ambiente circostante e la esprimono con atteggiamenti di profonda calma meditativa. Le stesse nudità dei soggetti hanno una valenza esotica sottesa, più potenziale che manifesta.

Mi interessa infondere un senso di pace ed equilibrio, talvolta di leggera inquietudine per uno stato di grazia difficile a perdurare. In ciò l’elemento femminile, come quello naturalistico, rappresenta qualcosa di temporaneo e fugace, nell’atto di affermarsi stabilmente nel tempo.

Spiega ancora l’autore:

La scelta di una forma di rappresentazione compatta, minuziosa e ricca di particolari vorrebbe trattenere la visione estatica e contemplativa, in tempi di ricezione dilatati e lenti, che suggeriscano un senso di permanenza e una generale sensazione di incantamento. Inoltre la natura simbolica degli elementi rappresentati avvicina le immagini alla pittura di racconto della tradizione quattrocentesca, spiritualista ed intimamente evocativa, o a certe esperienze tardo ottocentesche, preraffaellite o simboliste, con effetto credo straniante e atemporale.

Fa uno strano effetto aggirarsi per questo suo fantastico giardino delle “belle addormentate”, le quali, anche quando sono sveglie, paiono comunque sospese in un mondo assolutamente onirico, mitologico. Ma tutto ciò non è affatto casuale. L’artista ha piena coscienza di quanto crea sulle sue tavole e tele:

L’equilibrio formale, la scelta di una figurazione compiuta, plastica e risolta in sé stessa, mi consente di immergermi in una dimensione in cui la precarietà del quotidiano, l’effimero del vissuto si sfaldano e si annullano in uno spazio concettuale evocativo, luminoso e trasparente. Il mondo conosciuto o riconoscibile assume un senso nuovo, come fosse ribaltato in uno specchio ideale, profondamente spirituale, anzi sacrale. Qui ogni piccola cosa vivente o inanimata trova una ragione in sé; piccola o grande che sia, è

simbolo di sé, rimanda a sé stessa e alla propria volontà di essere e di appartenere al tutto. Tutto è visto come attraverso una lente o una sfera cristallina che rivela e restituisce le cose come rinnovate, con quel senso di incanto e di stupore di chi vede luci, forme, colori per la prima volta in tutta la loro ricchezza e varietà e le sente sue.

In questo caso l’artista ha le idee ben chiare sul proprio percorso e sulla propria identità espressiva:

Mi rendo conto che questo atteggiamento pittorico rischi di apparire anacronistico o detestabilmente formalista, ma credo che il fare pittorico oggi si debba porre per forza di cose su binari differenti rispetto alle esigenze attuali delle espressioni artistiche. Esaurite completamente tutte le spinte su forma e contenuto destrutturate, scomposte e ridotte nell’arco del Novecento a puro concetto espressivo; in un’epoca in cui le scelte degli strumenti applicati sono innumerevoli e vanno dai materiali di uso comune all’alta tecnologia informatizzata, alle applicazioni più o meno intelligenti, alla manipolazione del territorio, all’utilizzo strumentale dei fenomeni naturali (lampi, piogge, ecc.) o direttamente di corpi umani ed animali, per forza di cose operare con supporti tradizionali (colori, tele, tavole, pennelli…) presuppone un atteggiamento differente. Il fatto che se certe cose hanno ancora un senso, e per alcuni come me ce l’hanno ancora, si possono dire e fare solo con strumenti tradizionali.

A noi non resta che stupire ancora di questo lato inedito della personalità di Sebastiano Vilella, confrontato con quanto di lui conoscevamo fino ad ora, e tranquillamente godercelo per quello che è. Così ce lo immaginiamo, come Paride, vagare beato nel Giardino delle Esperidi, esitante su quale delle bellezze che lo circondano premiare con il pomo della più bella. Che, almeno in sogno, si possa disputare per un Pomo della Concordia!

Giugno, 2002

Pomeriggio, 1981. Olio su tela, cm 60 x 80.
Tuffatrice, 1985. Acrilico su tavola, cm 30 x 65.
Silentium, 1989. Olio su tavola, cm 75 x 170.
Due figure con gatto, 1998. Olio su tela, cm 70 x 70.
Persephone, 1998. Olio su tavola, cm 17 x 32.
Gatto blu, 1998. Olio su tavola, cm 85 x 85.
Iris, 1998. Olio su tela, cm 30 x 40.
Lontano, 1998. Olio su tavola, cm 55 x 73.
Meditazione del mattino (Therese), 1998. Tempera su carta, cm 25 x 35.
Tempesta in montagna, 1999. Olio su tavola, cm. 20 x 30.
Tempesta (part.), 2002. Matita su carta colorata, cm 20 x 25.

Altri volumi della stessa collana pubblicati da Edizioni NPE:

Il vecchio e il mare – nuova edizione – isbn: 978-88-36272-34-1

Lontano Lontano – isbn: 978-88-36271-88-7

Charlie Chaplin – Il funambolo – ed. brossurata – isbn: 978-88-36271-84-9

Scienza e Fede – isbn: 978-88-36270-16-3

Il Giardino – isbn: 978-88-36270-51-4

Le notti bianche – isbn: 978-88-36270-14-9

Kafka – La metamorfosi – isbn: 978-88-36270-50-7

Giacomo Leopardi: L’infnito – ed. brossurata – isbn: 978-88-36270-57-6

Viaggio al centro della Terra – ed. brossurata – isbn: 978-88-36270-48-4

Basquiat – ed. brossurata – isbn: 978-88-94818-87-1

La Tana – isbn: 978-88-94818-27-7

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