DAVIDE G.G. CACI
FINO ALLA
FINE DALLO JUVENTUS STADIUM ALLA TERZA STELLA (E OLTRE): CRONACHE DI UN QUADRIENNIO A TINTE BIANCONERE PREFAZIONE DI GRAZIANO CARUGO CAMPI
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CAPITOLO 1 Il nuovo corso e lo Juventus Stadium
L’emozione Juventus è sempre rivolta al domani, la gioia più bella è quella che deve venire. Andrea Agnelli
Dopo centonove anni di storia, la Juventus Football Club ha subìto un duro colpo, ritrovandosi da Campione d’Italia «sul campo» a squadra militante nel Campionato cadetto. La permanenza in B è durata, come prevedibile, soltanto un anno, ed è stata utile tanto alle squadre di Serie B, che hanno registrato una serie di «tutto esaurito» mai vista prima, quanto agli avversari della Juve, che per un anno avuto di che gioire. Ma, in realtà, si può tranquillamente parlare di un quinquennio: l’effettivo periodo passato in «Purgatorio» è stato di una stagione, ma la risalita è stata tutt’altro che immediata. Il percorso di rinascita è stato lungo, complesso, e – almeno per quanto riguarda i tifosi – doloroso, ed è stato 21
caratterizzato da un andamento a dir poco discontinuo. Con una rosa composta in parte da alcuni dei campioni pre-Serie B (da Trezeguet a Buffon e Nedved, da Camoranesi al monumento Del Piero), e da giovani promesse (spesso non mantenute), la Juventus tra il 2007 e il 2011 ha avuto risultati quantomeno altalenanti. Il ritorno in Serie A è stato ottenuto con Didier Deschamps, «vecchia» gloria bianconera (chiunque abbia seguito, anche distrattamente, la grande Juve degli anni Novanta targata Lippi non può non ricordarlo) alla guida della panchina: successo subito funestato da un divorzio aspro e sicuramente prematuro, dopo una sola stagione Nelle due annate seguenti (2007/2008 e 2008/2009), la Juve ha ricominciato ad «annusare» l’aria delle posizioni di alta classifica, con un terzo e un secondo posto ottenuti, rispettivamente, da Claudio Ranieri e Ciro Ferrara (altro ex giocatore rimasto nei cuori dei tifosi). Ma si trattava, purtroppo, di semplici illusioni: complici scelte di mercato rivelatesi, a posteriori, decisamente infelici, tra il 2009 e il 2011 i bianconeri hanno occupato stabilmente la settima posizione, sotto la sfortunata guida di Alberto Zaccheroni e Luigi Delneri. Una delle conseguenze di Calciopoli è stato il totale 22
azzeramento dei vertici societari, che si poteva già ampiamente intuire quando, nel maggio 2006, a scandalo appena scoppiato, John Elkann (nipote dell’Avvocato, e guida della Famiglia Agnelli dopo la dipartita di Giovanni e Umberto) dichiarò «siamo vicini alla squadra e all’allenatore, vogliamo vincere lo Scudetto», senza citare la dirigenza, con la quale – è risaputo – i rapporti non erano certo mai stati idilliaci. La discontinuità tra la cosiddetta «Triade», composta da Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega, e la nuova dirigenza (quella in sintonia con la proprietà, subentrata sull’onda dello «smile») era evidente in molti fattori, non ultima la carenza di prospettive, e dei valzer di panchine che a Torino non si vedevano da un po’: una squadra che, tra il 1994 e il 2006, aveva avuto solo tre allenatori (Marcello Lippi per due cicli, Carlo Ancelotti e Fabio Capello) si è ritrovata, tra il 2007 e il 2011, ad avere ben sei allenatori diversi (Didier Deschamps, Claudio Ranieri, Ciro Ferrara, Alberto Zaccheroni, Luigi Delneri), sette se si conta anche il breve passaggio di testimone di Giancarlo Corradini. In generale, al di là dei (risibili) risultati sportivi della dirigenza composta da Giovanni Cobolli Gigli (Presidente) e Jean-Claude Blanc (Amministratore Delegato, Di23
rettore Generale, e, dalla fine del 2009, anche Presidente egli stesso), pare evidente che la proprietà sentisse il bisogno di una cesura netta tra il passato e il presente. Ironia della sorte, dopo i gravi fallimenti sportivi del nuovo corso, la rinascita bianconera arriva insieme a un evento epocale che è legato a doppio filo con la dirigenza che guidava i Campioni d’Italia prima del 2006: lo Juventus Stadium. In effetti, il progetto «Stadio», innovativo ai limiti del fantascientifico in un Paese retrogrado come l’Italia, nasce addirittura nel lontano 1994, quanto un brillante manager di nome Antonio Giraudo, appena nominato Amministratore Delegato della più importante squadra di calcio italiana, commissiona (con l’approvazione dell’allora Presidente Onorario Umberto Agnelli), il progetto per uno di «stadio di proprietà» per la Vecchia Signora, sul modello del calcio anglosassone. Il percorso è lungo e accidentato, e deve fare i conti con lungaggini burocratiche, estenuanti trattative, immancabili polemiche ma, alla fine, consente di arrivare (nel giugno 2002) alla firma di un protocollo d’intesa per la riqualificazione dell’area intorno allo stadio Delle Alpi (stadio dalla vita molto breve, e mai amato: lo stesso Avvocato aveva in più occasioni commentato come si vedesse male, e il pubblico fosse 24
troppo lontano dal campo). Il resto, come si suol dire, è storia e, sebbene il progetto realizzato sia effettivamente diverso da quello «cominciato» dalla vecchia dirigenza, fa sorridere che il primo tassello della nuova, grande Juventus arrivi proprio da quel passato che spesso si tentava di nascondere, con malcelata (e ingiustificata) vergogna. Ma procediamo con ordine. Il 29 aprile 2010, nell’ambito dell’assemblea soci Exor (la holding della Famiglia), che detiene il pacchetto di maggioranza della società, John Elkann annuncia la nomina di Andrea Agnelli – suo cugino – quale nuovo presidente della Juventus. Queste le parole rilasciate dal presidente Exor e Fiat, in una intervista a «La Stampa»: La Juve è molto importante per la mia famiglia e per me. C’è bisogno di una vicinanza costante. Con il fatto di aver aumentato il mio livello di responsabilità, ho chiesto ad Andrea se fosse stato disponibile a fare il Presidente. Andrea non è solo un rappresentante della nostra famiglia, ma è anche una persona che ama la Juventus in modo genuino. Non è solo per questo che diventerà Presidente. Andrea ha una reale esperienza nel mondo dello sport, ha lavorato in Juventus, Ferrari, con la Philip Morris per la parte sportiva. Oggi è molto 25
impegnato nel golf con un progetto di rilancio del Royal Park I Roveri, ed è Consigliere Federale. C’è un percorso che condividiamo, procederemo insieme, Andrea lavorerà fianco a fianco con Blanc, che uscirà rafforzato da una presidenza familiare con cui instaurerà un legame molto stretto. Nel giro di un paio di settimane, la rivoluzione ha inizio: vengono allontanati Alessio Secco, Renzo Castagnini e Roberto Bettega (il quale, dopo anni di successi con la Triade, pareva, almeno per quanto si possa valutare da fuori, un po’ «estromesso»), e vengono chiamati alla corte bianconera Giuseppe Marotta (Direttore Generale) e Fabio Paratici (Coordinatore dell’area tecnica), mentre Jean-Claude Blanc rimane, per il momento, Amministratore Delegato. Il primo anno targato Agnelli è comunque molto deludente, da un punto di vista strettamente sportivo, e si conclude con il settimo posto della squadra guidata da Luigi Delneri. La prima sessione di mercato è caratterizzata da alti e bassi, tra cui spiccano, in positivo, Leonardo Bonucci, Simone Pepe e Fabio Quagliarella (futuri pilastri della Juve nuovamente Campione d’Italia) e, in negativo, Armand Traoré, Alberto Aquilani, Amauri e 26
Miloš Krasić (deludentissime meteore). Il primo grande colpo di mercato targato Marotta-Paratici arriva, tuttavia, nel cosiddetto «mercato di riparazione», a gennaio: con soli 300.000 euro (più un bonus di altri 600.000) arriva a Torino Andrea Barzagli, sottovalutato difensore, rivelatosi poi muro impenetrabile in grado di guidare la miglior difesa d’Italia, e che farà la differenza per le stagioni a venire (e a tutt’oggi rimane una rocciosa, imprescindibile presenza nella difesa bianconera). Ma la «pietra angolare» della nuova Juventus, vero e proprio punto di svolta, viene posata tra il maggio e il settembre 2011: il 31 maggio viene annunciato il nuovo allenatore bianconero, quell’Antonio Conte condottiero di mille battaglie, con la fascia da capitano (in quella Juve «anni Novanta» che aveva già dato alla panchina della «nuova» Juve due allenatori, Deschamps e Ferrara), amato dalla tifoseria e, ora, allenatore promettente, che porta con sé Angelo Alessio e Massimo Carrera, che si erano anch’essi ritagliati un posto nella memoria e nel cuore dei tifosi. A livello di volti nuovi (ma non proprio nuovi), fa il suo ingresso nel consiglio di amministrazione bianconero anche Pavel Nedvěd, in virtù del forte rapporto umano 27
che lo lega con il Presidente Agnelli, mentre Jean-Claude Blanc, minimo comun denominatore delle stagioni tra il 2006 e il 2011, esce dall’organigramma della società. La campagna acquisti estiva viene condotta senza investimenti da capogiro, come d’abitudine e, tra qualche flop (Elijero Elia su tutti), continuano le ottime intuizioni della dirigenza bianconera: il vero capolavoro è Andrea Pirlo, che, dato per «finito», giunge svincolato (quindi a 0 euro) dal Milan. Insieme a lui, arrivano sotto la Mole giocatori importanti quali Arturo Vidal, indomabile trascinatore, Mirko Vučinić, Emanuele Giaccherini e Stephan Lichtsteiner. L’8 settembre 2011 viene poi inaugurato lo Juventus Stadium (lo slogan utilizzato per l’evento è quantomai evocativo: Welcome Home), il cui ruolo nelle vittorie bianconere non deve assolutamente essere sottovalutato: come i grandi club europei, anche la Juventus ha finalmente una propria «roccaforte», molto difficile da espugnare, anche grazie al (pur generalmente poco vivace) pubblico, che affolla la piccola (41.475 posti a sedere) bomboniera bianconera. La cerimonia di inaugurazione è uno di quegli eventi di portata storica (in ambito sportivo e sociale, s’intende:
si parla pur sempre di calcio…), quelli per i quali è motivo d’orgoglio poter dire «io c’ero». Curato da K-Events, la società che si era occupata, tra l’altro, delle cerimonie delle Olimpiadi di Torino 2006, l’evento fonde perfettamente tradizione e innovazione, in pieno stile Juventus. La serata, presentata da Cristina Chiabotto e Linus, ripercorre velocemente la centenaria storia della società, grazie anche alla presenza di numerosi ex giocatori che hanno contribuito alle tante vittorie. Tra tante gioiose e colorate coreografie, doveroso e davvero commovente è il ricordo dei fratelli Gianni e Umberto Agnelli (che hanno contribuito con passione a dare un senso alla parola «Juventus»), al compianto campione Gaetano Scirea, cui è informalmente intitolata la curva Sud, e alle vittime dello Stadio Heysel di Bruxelles. In un turbine di emozioni fanno la loro comparsa, insieme a una panchina (quella panchina di corso Re Umberto, su cui dei liceali fondarono lo Sport Club Juventus nel 1897), Giampiero Boniperti e Alessandro Del Piero, probabilmente i due giocatori, i due uomini, i due campioni che meglio hanno incarnato lo spirito «juventino»: il passato e il presente e futuro della Vecchia Signora, in un dialogo divertente ed emozionante. Il Capitano ha commentato così l’evento e lo Stadio: «La Juve è sempre 29
stata un meraviglioso dipinto, e un meraviglioso dipinto ha bisogno di una cornice meravigliosa come questa». Il momento più intenso di tutto il pre-partita rimane, probabilmente, il discorso tenuto da Andrea Agnelli, più volte interrotto da boati e applausi. Il Presidente, con parole forti, ha rivendicato le vittorie sul campo, oltre che l’orgoglio di essere bianconeri: Signori, benvenuti a casa! Siamo decine di milioni nel mondo, siamo milioni in Italia, e siamo centinaia di migliaia in questa città. Sappiamo gioire, sappiamo soffrire, sappiamo stringere i denti, sappiamo vincere. Noi siamo la gente della Juve. Siamo gente che si riconosce quando si guarda negli occhi. Occhi che sanno accettare i risultati conseguiti sul campo, su un campo verde, come questo, solcato da linee bianche che definiscono il nostro destino. Linee che non mentono, perché il campo dice sempre la verità. Un prato come questo ci ha consacrato ventinove volte Campioni d’Italia, due volte Campioni d’Europa, due volte Campioni del Mondo.
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Oggi scriviamo un nuovo capitolo di questa leggenda. Una leggenda che supera amarezza e gioie, una leggenda che supera i Presidenti e i calciatori, una leggenda che ha scaldato i cuori di intere generazioni, una leggenda che oggi entra in casa sua: la Juventus. Quando entreremo qui, a casa nostra, sapremo guardarci negli occhi, e i nostri sguardi incroceranno gli sguardi dei nostri ragazzi, ragazzi che vogliono vincere, perchÊ vincere è sempre stata la nostra abitudine, ed è una bellissima abitudine. Adesso provate per un momento a chiudere gli occhi. Riapriteli e guardate i vostri vicini. Non dimenticate mai le facce dei vostri vicini: sono le facce della Juve. Le facce che si incontrano dopo 114 anni, quando il popolo bianconero ha finalmente conquistato la sua casa. Abbiamo la nostra casa, abbiamo la nostra magnifica squadra, abbiamo degli straordinari tifosi e saremo sempre uniti, oggi e domani, pronti a gridare insieme: fino alla fine! In seguito alla cerimonia, ha luogo la partita Juven31
tus-Notts County: la squadra di Nottingham è chiamata a battezzare lo Stadium per via della storia che lega le due società (visto che la Juventus deve i propri colori sociali proprio alla squadra inglese, dalla quale li ha «presi in prestito» a inizio Novecento). Si tratta di una gara disputata, a onor del vero, con il freno a mano tirato, complice il vicinissimo inizio di Campionato, che si conclude con un pareggio (1-1), e vede Luca Toni primo marcatore bianconero nel nuovo Juventus Stadium. Molti ancora non lo sapevano, e altri lo temevano, ma in quella splendida serata di inizio settembre 2011 la Juventus non aveva soltanto trovato, finalmente, una casa, ma aveva cominciato a ritrovare sé stessa.
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ÂŤAbbiamo la nostra casa, abbiamo la nostra magnifica squadra, abbiamo degli straordinari tifosi e saremo sempre uniti, oggi e domani, pronti a gridare insieme: fino alla fine!Âť Andrea Agnelli Presidente della Juventus F.C.
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