Heavy Bone - La Grande Storia del Rock a Fumetti

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Heavy Bone - La Grande Storia del Rock a Fumetti

Disegni di Enzo Rizzi Testi delle biografie di Francesco Ceccamea Testi del Prog Italiano: Gianni Della Cioppa Il personaggio “Heavy Bone - il serial killer di rockstar” è stato creato da Enzo Rizzi

© 2013 Enzo Rizzi © 2015 per questa edizione: NPE - Nicola Pesce Editore © del logo di Heavy Bone: Enzo Rizi © dei marchi: dei rispettivi proprietari © fotografia di Enzo Rizzi a pg. 223: Elisa Danese Titolo Prima Edizione: Heavy Bone - Storia del Rock a Fumetti Prima Edizione: ottobre 2013 Seconda Edizione: ottobre 2015 Collana Music & Comics, 3 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Ufficio stampa: ufficiostampa@edizioninpe.it Grafica: Tespiedit service editoriale, tespiedit@gmail.com Grafica di copertina: Sebastiano Barcaroli Stampato presso Cartografica Toscana - Ponte Buggianese (PT) Nicola Pesce Editore è un marchio in uso di Solone srls via Aversana, 8 - 84025 Eboli (SA) Recapito postale: c/o GoldenStore, via de Amicis n. 22/28, 84091 Battipaglia (SA) edizioninpe.it https://www.facebook.com/EdizioniNPE


ENZO RIZZI

la

GRANDE STORIA d e l

A FUMETTI


12 - Robert Johnson

Una notte senza luna di tanto tempo fa ad un vecchio incrocio tra la Highway 61 e la 49 un perdigiorno con la chitarra, una nullità di nome Robert Johnson stipula un patto con l’oscurità.

nel giro di pochi anni e una manciata di canzoni, delinea le nuove coordinate del blues e, soprattutto, pianta il seme per la rivoluzione che esploderà qualche decennio più tardi: il rock ‘n’ roll.

Frutto di un adulterio, Robert cresce in un ambiente famigliare perennemente minacciato dalla violenza. Si sposa giovane ma la moglie Virginia muore di parto insieme al bambino.

Johnson lascia il lavoro nei campi e inizia a bere forte, perdendosi nelle nebbie della depressione.

Tra una rissa e una sbornia va a dire in giro di voler diventare un musicista ma tutti credono stia solo delirando. Un giorno rimedia sul serio una chitarra e si fa dare qualche lezione da Ike Zinneman che, nei dintorni, si crede sia Satana in persona (ma voi, boyZ... sapete benissimo chi fu a passargliela, quella chitarra... eheheh!). Ike si vanta di suonare per i morti e di aver imparato a padroneggiare lo strumento tra le tombe dei cimiteri. Johnson gli ruba tutti i segreti che può e inizia a girovagare per il sud alla ricerca di fortuna, o di una brutta fine.

Negli anni successivi si esibisce nelle più infime bettole disposte a farlo suonare e si infila nei letti delle più truci sgualdrine pronte a dargli qualche momento di piacere. Tutto finisce nelle sue canzoni, tutto è lì dentro, ancora adesso.


Quando torna al suo paese natale, a Robinsonville, gli amici e conoscenti rimangono a bocca aperta per come, in così poco tempo, quel piccoletto buono a niente di Johnson sia diventato un chitarrista incredibile.

Alcuni dicono che sia stato proprio un uomo tradito il responsabile della sua morte, il 16 agosto del 1938. Si varia sull’arma usata dall’assassino: c’è chi parla di coltello, di pistola o di veleno. La sola cosa certa è che non muore subito. Trascorre due giorni di agonia in una stanzaccia d’albergo dove nessuno bada troppo alle grida di dolore. La sua fine è già scritta e quando Robert la sente arrivare non se ne stupisce più di tanto.

Tutti dicono che sia il diavolo il responsabile, proprio come il bluesman canta in una delle sue canzoni più celebri, “Hellbound On My Trail”. “Devo sbrigarmi, c’è un cane infernale sulle mie tracce”. Prima che lo ammazzino qualche discografico riesce a trascinarlo via dall’ennesimo abbraccio sudato per rinchiuderlo in uno studio di registrazione e fargli incidere il suo repertorio carico di ossessioni, lussuria, superstizione e senso di ineluttabilità. In “Me And The Devil Blues” Robert Johnson dice: “Salve Satana, penso sia il momento di andare” e sappiamo benissimo che è tutto vero... eheheh!

13 - Robert Johnson

Non condivide mai con nessuno i segreti della sua tecnica ed è gelosissimo del proprio stile. Tanti cercano di studiarlo e di scoprirne i trucchi ma nessuno riesce mai a cavarne niente.


26 - Johnny Cash

Fuck Off, dude... e benvenuto nel regno dell’ uomo in nero! Tutti i pionieri del rock and roll imparano ad amare la musica in chiesa quando da piccoli vengono portati a messa.

Crescendo però finiscono per servire il demonio, diffondendo anarchia, caos e violenza. O almeno così sostengono i benpensanti. Johnny Cash cresce lavorando nei campi di cotone assieme alla famiglia, andando alle funzioni domenicali e ascoltando le canzoni country alla radio.

Johnny ne rimane così colpito che se lo porta dietro come il più terribile dei torti subiti: i poveri muoiono, nessuno li aiuta, vengono sfruttati e c’è bisogno di qualcuno che dia voce alle loro storie! Nel ’55 ottiene un contratto con la Sun Records di Memphis. Incide i suoi primi singoli di successo: “Cry, Cry, Cry” e “Folsom Prison Blues” e soprattutto “I Walk The Line”. Si guadagna il soprannome di “Man In Black” a causa del suo look scuro in onore degli oppressi.

Un giorno suo fratello si ferisce a un braccio lavorando con una sega circolare e muore dopo otto giorni di sofferenze terribili, solo perché non riceve le cure adeguate.

Non a caso diviene il cantante preferito dai carcerati. Si esibisce spesso nelle prigioni, stringe la mano ai detenuti, i quali sentono che quel tipo non è un chiacchierone da strapazzo, sa cosa significhi sbagliare e dover pagare per i propri errori. La Sun cerca di trasformarlo nel nuovo Elvis, visto che il re li lascia per andare alla RCA, ma Johnny non si trova troppo bene in questa veste e nel 1960 passa alla Columbia con un contratto che gli garantisce maggiore libertà creativa. Le droghe pongono fine al suo matrimonio e, a causa dello stato pietoso in cui lo riducono gli eccessi, è spesso costretto ad annullare i concerti. Ben presto arriva anche la prigione. Lo arrestano a El Paso per aver cercato di introdurre illegalmente delle amfetamine. Neanche a dirlo si ritrova a scontare la pena proprio a Folsom!


27 - Johnny Cash

Di seguito lo mettono dentro, ancora e ancora per detenzione di marjuana e violazione di domicilio, quando si ritrova nel giardino di qualcuno senza sapere assolutamente il perché.

Lo processano e condannano anche per aver dato fuoco a un bosco intero. Lui però non sa in cuor suo se sia innocente o colpevole: non se lo ricorda. Una volta lo trovano nudo e addormentato nella macchina di un altro. Nel 1967 va in overdose e per poco non ci rimane. Ha anche un terribile incidente da cui esce vivo non si sa come. pieno di droghe, Alla fine capisce di aver toccato davvero il fondo; il demone del rock (sapete... sono sempre stato un tipo incorreggibile) è lì con un badile, sornione e sghignazzante.

Scopre di essere stimato da un sacco di musicisti. Tra loro c’è Bob Dylan, con cui scrive una ventina di canzoni in quella che diventa una collaborazione piuttosto chiacchierata. Ma la bestia in lui è chiusa in una gabbia fragile e Johnny deve continuare a conviverci.

Ci sono delle tremende ricadute, come quando si esibisce davanti alle truppe in Vietnam in uno stato tale che tutti provano vergogna per lui. June però rimane al suo fianco e lo aiuta sempre a rialzarsi. Dovrà aspettare gli anni ‘90 e il genio del produttore Rick Rubin per risorgere e chiudere in modo trionfale la sua lunga carriera. Fisicamente messo sempre peggio, sopravvive a tutto, ma non alla morte di June. Quando nel 2003 lei se ne va, la raggiunge quasi subito. Nel 2007, quattro anni dopo la sua morte, un misterioso incendio divora la casa in cui avevano passato gli anni migliori della loro esistenza. Lo confesso.... non ho mai saputo rinunciare alla teatralità... eheh!

Johnny però cerca di reagire. June Carter non è solo la ragazza più carina e di talento che Cash abbia mai incontrato: rappresenta la mano tesa di Dio. La sposa e per la prima volta in vita sua sente di aver fatto la cosa giusta. subito dopo il matrimonio incide uno dei brani più celebri della sua carriera, “Ring Of Fire”.


32 - The Rolling Stones

I know, boyZ... it’s only “rock’n’roll”, but I like it... OuyesS! Nel 1969, mentre le altre rock band si esibiscono gratis a grandi raduni in nome della pace e dell’amore, i Rolling Stones si dedicano a tour miliardari negli USA.

per mettere a tacere le critiche, organizzano un festival dove esibirsi senza compenso Con Altamont - è lì che si terrà lo show - il sogno di Woodstock finirà nel sangue e nella polvere. Gli Stones si sono fatti largo nell’ambiente del Rhythm & Blues inglese reinterpretando in chiave più acidula e aggressiva i cavalli di battaglia di Howlin’ Wolf e altri artisti americani.

Non una gran vita, almeno fino a che un lungimirante manager non vede in loro i perfetti antagonisti di quei quattro ragazzi gioviali e dall’aria tranquilla che si fanno chiamare gli “Scarafaggi” e mandano fuori di testa le ragazzine come non accadeva dai tempi di Elvis!

Quello che i Beatles NON sono, lo saranno gli Stones: brutti, sporchi, cialtroni, delinquenti, tossici, violenti e ingestibili. La loro musica trasmetterà sensazioni disturbanti, contraddittorie. Saranno così guasti che nessuno si sognerebbe di far suonare le loro canzoni a una festa.

Basta il sapiente lavoro di un manager spregiudicato e un sinistro riff di tre note. “Satisfaction”, tratto dal disco “Out Of Our Heads” è un successo clamoroso negli Stati Uniti.

Non è tanto facile da credere ma il gioco riesce e nel giro di poco tempo, i cinque ragazzotti diventano le rock star più temute e invidiate del mondo.

Da lì a parlare di patto con il diavolo (un giorno vi racconterò tutti i particolari, boyZ!) in cambio del successo ci vuole poco e la band non fa nulla per dissimulare simili rimandi, anzi. Su “Beggar’s Banquet” del 1969 Jagger scrive addirittura un brano che dà la parola a Satana in persona.


Nei dischi successivi alla morte di Jones e dopo Altamont, gli Stones non cambiano registro: le tematiche affrontate sono ancora incentrate sul male, la morte, l’odio, i serial killer e il vizio.

Dicevamo di Altamont: per mantenere l’ordine durante il festival gli Stones chiamano gli Hell’s Angels, sapendo benissimo chi sono e cosa aspettarsi da loro. Una inesorabile progressione di violenza porta all’accoltellamento di Meredith Hunter, un giovane che gli Angels hanno giudicato troppo turbolento.

Dopo quel festival, gli Stones vedono la fama di satanisti ritorcerglisi contro e quando la cosa inizia a pesare anche sulle vendite, da bravi uomini d’affari sdrammatizzano le loro simpatie per il lato oscuro e si avvicinano ad un pubblico ancora più vasto con un sound più commerciale e meno intriso di sfumature blues e dannate.

33 - The Rolling Stones

La canzone è “Sympathy For The Devil” e Lucifero usa gli Stones per vantarsi con l’umanità di tutti i suoi più grandi trionfi, esortando e minacciando la gente a consegnare le proprie anime a lui nell’eterna dannazione.

A una simile provocazione bisogna aggiungere gli arresti per uso di sostanze stupefacenti, gli scandali sessuali e gli strani interessi per l’occulto che Jagger ostenta sempre di più. Come se non bastasse, Brian Jones, da molti considerato l’unico vero genio del gruppo, muore in circostanze mai chiarite. Ufficialmente è un incidente: un uomo ubriaco e drogato che annega nella propria piscina durante una festa. Per molti è omicidio, magari organizzato da Keith e Mick, giusto per saldare il debito con qualcuno molto... ma molto in basso (Cosa c’è? Perchè state guardando il sottoscritto? Eheheh!).


50 - Janis Joplin

Port Arthur, Texas, odiano quelli come lei, i tipi strani che passano il tempo dipingendo, leggendo i libri di Steinbeck senza disdegnare la presenza dei negri. Janis è considerata matta o una “beatnik” o entrambe le cose.

li vorrebbero appendere a un palo e cospargerli di pece e piume di tacchino. Lei se ne va, si getta tutto alle spalle diretta a San Francisco.

In quel buco di culo di gallina del profondo nulla degli Stati Uniti, sebbene non ne abbiano mai visto uno vero, odiano i “beatnicks”.

Ha una bella voce ma non le preme così tanto cantare. Non sente il bisogno di interessarsi a nulla di particolare, solo godersi la vita e drogarsi fino a uscire di senno.

L’eroina le fa compagnia quando non c’è più nessuno disposto ad aiutarla a tener caldo il letto. Il suo problema è questo: scopare con cinquantamila persone ogni sera e poi tornare a casa da sola.

Così a diciannove anni deve già sottoporsi alla prima di una lunga serie di riabilitazioni. A 24 anni è la prima grande diva del rock and roll. Dice di provare con il pubblico il più appagante degli orgasmi e quello del Monterey Pop Festival è tra i più intensi di sempre. Già a Woodstock invece è troppo fatta di roba per poterselo godere fino in fondo.

Sul palco sputa pezzi del proprio cuore, come dice il titolo di una delle canzoni più celebri dei “Cheap Thrills”, la band con cui riesce ad avviare la sua carriera. A ogni esibizione perde qualche anno di vita e il resto del tempo si cura con alcol e sesso sporco, fugace, inappagato assieme all’ennesimo amante passeggero. Janis cerca l’amore vero ma nessuno è disposto a darglielo: tutti pensano sia troppo brutta (o almeno così crede lei) e, soprattutto, perché è fin troppo facile avere amore da lei.

Ha storie insoddisfacenti con Leonard Cohen, Kris Kristofferson, Country Joe e molti altri. Tutto si conclude sempre allo stesso modo: il rumore di una porta chiusa, il silenzio umido di una nottata quasi finita e l’odore stantio degli umori ectoplasmatici dopo che l’ennesimo amante spettrale fugge via facendola sentire come una vecchia casa abbandonata: vuota e pericolante. A volte si aggira furente alle feste, correndo dietro a un bel ragazzo con in mano l’ennesima, immancabile bottiglia di bourbon, fregandosene di quello che pensano gli altri.


Un giorno la rompe in testa a Jim Morrison, colpevole di averle prima chiesto un pompino e poi di essersi ritirato negandole il “piacere” e prendendola pure in giro davanti a tutti. Poi Janis pensa di aver trovato sul serio l’uomo della sua vita. Si chiama Seth Morgan, è ricco e per nulla interessato alla musica.

51 - Janis Joplin

La vuole per ciò che è veramente, non è l’ennesimo parassita pronto a sfruttarla e lasciarla in un angolo come un cencio.

Però spesso anche la prospettiva di vivere l’insperata gioia di una vita insieme a lui la angoscia e pensa bene di curarla. Solo un altro buco per sopportare l’assenza di lui e tutti i dubbi che l’aggrediscono nella fredda camera d’albergo del famigerato Landmark Hotel di Hollywood, meglio noto come l’“albergo dei tossici”. Lì incontra Peggy Caserta, sua vecchia amante. Si concedono qualche amplesso ma dopo che anche la sua amica se ne va.

Nella stanza da letto, Janis ha ancora in mano il resto del pacchetto di sigarette che è scesa a comprare. Il sangue le cola dal naso e la bocca. Chi la ritrova è troppo fatto per ricordare i dettagli ma ci sono certe voci insistenti sul fatto che non fosse sola in camera. Qualcuno sembra aver dato una bella ripulita e, a parte il laccio e la siringa, non c’è più eroina, mentre si sa che Janis ne prende sempre di più di quella che usa per se stessa.

a Janis non rimane altro che il gelo dell’ennesimo sabato sera dove non ci sarà nessuno a cercare di non farla sentire una merda. A parte l’ero. Seth non c’è e non chiama, lasciandola affogare nei più terribili dubbi. La sta ingannando anche lui? Come potrebbe reggere l’ennesimo fallimento?

All’inizio i poliziotti pensano a un omicidio ma l’inchiesta si chiude quasi subito come “morte accidentale” per overdose da eroina incredibilmente pura. Seth non si strappa certo i capelli quando lo viene a sapere.


58 - The Doors

Hell-O, my dear... sei pronto a valicare le porte della percezione? Prima dei Doors il rock è un ragazzino indisciplinato che adora dire parolacce e assumere pose oscene. Con Jim Morrison il ragazzino matura e diviene un anticristo irresistibile.

Sesso e desiderio di liberazione, associati a un’orgia boleriana, avvincono i giovani scoppiati degli anni ‘60 in una danza mortale, insieme a demoni che i padri hanno smesso di temere da tempo.

Quando inizia a cantare i suoi versi nei locali chiassosi di New York, Jim ha già una grande esperienza con acidi e alcol. Una sera, poco prima di incidere con il resto della band l’omonimo album d’esordio, costringe la sua Pam a correre verso un incendio che vede solo lui e provare a spegnerlo. È fuori di testa e le droghe non fanno che amplificare la sua paranoia e la sua voglia di annientarsi. C’è tutta una mitologia su quanto la bottiglia lo renda eccessivo, violento, imprevedibile. Il peggior fraintendimento è che il cantante dei Doors sia una specie di nuovo profeta venuto per la liberazione della giovane America dalle catene sociali. Il pubblico inizia a pretendere sempre di più da lui e lui da se stesso, instaurando un rapporto simile a un braccio di ferro sempre più stucchevole con le convenzioni e le inibizioni made in USA. Per qualcuno i Doors non sono altro che un commento sonoro alle elucubrazioni e alle jam liriche di Morrison, il poeta, il profeta, il Dio Lucertola.

Manzarek, Krieger e Densmore sono visti come delle comparse di cui si potrebbe fare a meno. Più volte manager senza scrupoli tentano di portar via il cantante al resto della band. È lui il vero spettacolo, gli altri tre possono essere sostituiti, dicono gli sciacalli.

Jim però non la pensa così. Una sera, quando un dj annuncia il gruppo come “Jim Morrison & The Doors” lui lo prende per un orecchio e lo costringe a tornare sul palco e presentare di nuovo la band nel modo giusto, dicendo “The Doors” e basta.


È stanco di fare il cialtrone su quei palchi, davanti alla gente che lo applaude o lo fischia senza capire mai davvero una sola parola di ciò che dice.

L’album omonimo e il secondo, “Strange Days”, sono un’irresistibile commistione di psichedelia, blues selvaggio e visioni degne del cinema più sperimentale. Poi come sempre qualcosa smette di girare e le droghe stendono ruggine e decadenza ovunque. prima di morire, Morrison perde interesse per il rock.

Non partecipa neanche più al processo creativo della band. Gli ultimi dischi sono deludenti e le esibizioni dal vivo fallimentari. jim interrompe sempre la scaletta per darsi a sproloqui alcolici su quanto siano tutti aggrappati alle proprie catene, di quanto siano tutti addormentati.

Quando incontra Manzarek, in riva al mare, sembra che l’amico e compagno di studi sia lì ad aspettarlo. I Doors sono la prima vera grande band del rock and roll anche se il mondo cerca di ridurre la magia “grigia” delle loro canzoni a qualcosa di blasfemo e distruttivo. Fanno paura: preso da non si sa quale raptus, descrive orgasmi pirici aggrappato all’asta del microfono e urla di scoparsi la madre e uccidere il padre in un quadro delirante di vendetta edipica.

La gente dopo un po’ fischia e una volta Morrison tira fuori l’uccello e si fa arrestare. alcool e acidi riducono sempre più uno dei più carismatici e ispirati istrioni del rock in un panzone egomaniaco votato all’autodistruzione. La prudenza è una vecchia e orrenda zitella, dice sempre Jim. Ma il coraggio spesso è un cadavere posseduto dalla follia e nessuno vede mai il suo. Una volta chiede alla folla: “Chi di voi sa di essere realmente vivo?” Nessuno risponde e nemmeno lui potrebbe farlo. Non si può sapere se stiamo tutti vivendo o se siamo soltanto il sogno di un uomo morto. i misteri legati alla sua fine sembrano rimandare a quel dubbio primordiale.

59 - The Doors

La gente vede e sente solo Jim, ma lui sa che senza gli altri ragazzi non riuscirebbe mai a concretizzare il turbine di immagini e frasi che ha dentro. Il giorno che scende in spiaggia con dei nuovi versi poetici in testa e visioni scatenate su un enorme, pantagruelico, concerto rock, come potrebbe renderlo vero senza il resto della band?


84 - Jimi Hendrix

Hell-O, boyZ! Eccomi qui a jammare con il mitico Jimi! Dicono che Hendrix porti il foulard a fiori intorno al collo per coprire i buchi delle siringhe. Si pensa addirittura che sia un’overdose di eroina a ucciderlo un grigio venerdì mattina del 1970. In verità Jimi prende moltissime droghe sintetiche ma non si buca: il giorno che se ne va per sempre è a causa di un sonnifero tedesco molto forte chiamato “quinalbarbitone” e una serie di eventi mai chiariti risalenti la sera prima.

Pochi mesi prima della sua morte Jimi è insoddisfatto ed esprime in più occasioni la volontà di cambiare, smetterla con il suo solito spettacolo baracconesco. La gente va a vederlo solo per sentire la chitarra fischiare, per assistere al consueto martirio dello strumento, per i suoi abiti variopinti e le sue scenate animalesche sul palco.

Lui invece vorrebbe che tutti chiudessero gli occhi e lasciassero entrare la musica dentro di loro. È infelice, imprigionato in un ruolo che non vuole più. Odia il music business e non vorrebbe averci più nulla a che fare. Una volta dice a un giornalista che è strano come la gente cominci ad amarti solo dopo che sei morto.

In cosa o chi si imbatte quando percorre di nuovo quelle vecchie strade da cui è scappato nessuno lo saprà mai. Negli ultimi mesi di vita è in seria difficoltà.

È come se abbia il presentimento di qualcosa in arrivo, un brutto evento a cui è impossibile sfuggire. Nessuno capisce la sua decisione di abbandonare l’Inghilterra, un intero paese adorante, per recuperare le proprie radici in USA.

Sembra così preso da pensieri profondi nonostante stia frequentando la più succosa di tutte le super-groupie che il sordido mondo del rock and roll possa offrire, la tedesca Monika Dannemann. La sera prima di morire le dice di dover andare a un appuntamento con gente strana che non gli piace neanche tanto ma che non può proprio tirarsi indietro e preferisce farlo da solo.


85 - Jimi Hendrix

Probabilmente sono solo spacciatori che gli daranno qualche acido da buttar giù, magari gente immischiata con la magia nera o un gruppo politico radicale.

Chiunque siano quegli strani individui non si scoprirà mai (io una mia idea ce l’avrei... eheheh!) e nulla dimostra un legame tra loro e la morte del chitarrista avvenuta poche ore più tardi. Hendrix torna a casa e prende dei sonniferi per dormire. Anche Monika fa così. La mattina lei si sveglia presto ed esce per fare delle compere.

Quando torna trova che Jimi ha vomitato. Cerca di scuoterlo senza alcun risultato, allora telefona al cantante e amico Eric Burdon che le grida di chiamare subito un’ambulanza. La Dannemann ubbidisce senza prendere troppo sul serio la cosa e preoccupandosi più che altro di uno scandalo che la possa far finire sui giornali.

Non si è mai compreso a fondo come siano andati i fatti. La Dannemann ormai non può più aiutarci a fare chiarezza, si è suicidata 26 anni dopo con il gas di scarico della sua Mercedes Benz. Jimi scompare al momento giusto per consolidare il suo mito una volta per tutte: la sua carriera ormai va sempre peggio, dal vivo non rende più come un tempo e i suoi progetti musicali sono confusi.

Jimi muore prima dell’arrivo dei soccorsi. I paramedici dicono al giudice di non aver trovato nessuno nella stanza, a parte il chitarrista già morto. Monika invece ribadisce più volte di essere stata presente quando sono arrivati i soccorsi e che Jimi era ancora vivo, avendogli anche parlato.

Dal punto di vista delle vendite la sua scomparsa è una vera manna e in un certo senso gli prova che aveva ragione: “La morte nel music business sistema tutto. Dopo che sei andato la gente ti adora per sempre”.


94 - Kiss


95 - Kiss


144 - The Cure

Il 18 aprile 1982 inizia il “14 Explicit Moment” ovvero il tour più letale che la storia del rock conosca. I Cure di Robert Smith supportano “Pornography”, il disco dell’autodistruzione definitiva.

La cosa avviene in diretta, un poco ogni sera, con la band e intrappolata in un ristagno creativo prosciugante e condannatasi con le proprie mani ad un pubblico suicidio a puntate. Dai ricordi del leader del gruppo quei concerti segnano la fine effettiva dei Cure e l’inizio di non si sa più cosa. Di fatto i Cure smettono di esistere come band già nel 1983 chiudendo i primi quattro album in una sacca placentare sulfurea inavvicinabile. Il trio di “ragazzi immaginari” Robert Smith (chitarra e voce), Lol Tolhurst (batteria) e Michael Dempsey (basso), sostituito poi da Simon Gallup, esordiscono nel 1979, dopo il singolo discusso “Killing An Arab”, ispirato a “Lo Straniero” di Camus (ma in grado di coinvolgere per sbaglio le frange del nazipop). Il primo disco si intitola “Three Imaginary Boys” ed è una mistura ben dosata di punk e fulminee cupezze sperimentali. I brani come “It’s Not You” e “Fire In Cairo” sono proiettili impazziti ma non rendono ancora l’idea dello stile che decreterà la fama dei Cure in futuro. “Seventeen Seconds” (1980) è un lavoro assai più complesso e che avvicina la band ai territori funesti e spigolosi da cui iniziare la semina di quella che diverrà presto una tetra foresta di sogni, incubi e visioni. Con l’aggiunta di un tastierista, Mathieu Hartley, il gruppo incide di fatto i primi due grandi capisaldi del goth rock assieme alla suite “Bela Lugosi’s Dead” dei Bauhaus: “Play For Today” e soprattutto “A Forest”. Il pubblico gradisce il sound, le canzoni, lo stile, il carisma di Robert Smith.

folletto da cimitero con i capelli sparati in tutte le direzioni, diventa una vera icona della moda gotica post-punk britannica, che segue divertita il suo incedere spettrale. Ciò che però i Cure hanno in serbo per la gente sarà sempre più difficile da accettare, sostenere o imitare. Chi si aspetta una festa forsennata di ritmiche punky e lamenti esistenzialisti viene prima spinto sul pavimento a pregare con il monumento sacrilego “Faith” (1981) e poi massacrato senza pietà attraverso la violenza spregiante di Pornography (1982). Questi due dischi a oggi sono considerati l’apice artistico ed espressivo dei Cure e di tutto il gothic rock ma quando uscirono raccolsero molti insulti, indignazione e odio da parte dei critici e dei fans. L’atteggiamento dittatoriale di Robert Smith in seno alla band conduce verso una fine prematura. Dalle stesse parole del leader dei Cure lo scopo ultimo del gruppo è proprio quello di uccidersi artisticamente.


In realtà la band torna, anche se con vistosi rimaneggiamenti di formazione e scelte artistiche spiazzanti. A partire dal 1983, e con la raccolta dei tre inediti “Japanese Whispers”, Smith trasforma i cure in qualcosa di molto meno lugubre ma in un certo senso ancora più temerario. Il chitarrista e cantante inizia infatti un percorso opposto a quello precedente, smitizzando volutamente l’aura oscura della band e spingendo tutto quanto verso un pop vibrante, da classifica: a colpi di hit singles allontana così le frange estreme dei sostenitori più vecchi e coinvolge il pubblico mainstream.

Il gruppo rinasce e prospera senza più farsi male. Album come “The Top” (1984) o “The Head On The Door” (1985) si rivelano successi incredibili e trasformano una delle realtà elitarie più difficili e indigeste del rock moderno nell’ennesima icona culturale anni ’80. Solo alle porte della decade successiva, Smith tornerà nei lidi oscuri dei primi album ma con più esperienza e voglia di uscirne incolume. “Disintegration” (1989) e “Bloodflowers” (2000) sono tra le cose migliori composte dai Cure post “The Top” e un’ideale conciliazione con le turbinose origini... ma è da “Pornography” in poi che Smith continua ossessivamente a chiedersi una cosa: i Cure esistono ancora?

145 - The Cure

si alza sempre più la posta dell’autolesionismo intimistico fino a restarci secchi e trascinare lo sventurato pubblico in quel vortice di infelicità e paura mortifera. Al termine del 1982 Smith capisce che la direzione scelta non è dannosa solo per la creatività ma conduce lui nel vicolo cieco in cui è stato trovato morto Ian Curtis dei Joy Division (v). Decide per questo, in un momento di lucidità, che è ora di finirla con i Cure e decretarne la morte clinica.


168 - Nirvana


169 - Nirvana


192 - Banco del Mutuo Soccorso

Roma, capitale d’Italia e città eterna, ha visto nascere anche quella che viene considerata la più importante band italiana di pop progressivo: il Banco del Mutuo Soccorso. Nel 1968 il tastierista Vittorio Nocenzi ed il fratello Gianni, abile al pianoforte, si forgiano in gruppi esordienti. Quando nel 1971 partecipano al II Festival Pop Di Caracalla, incontrano il cantante Francesco “big” Di Giacomo, proveniente dai Fiori di Campo: nasce così la formazione definitiva del Banco del Mutuo Soccorso, conosciuti anche come BMS o semplicemente Banco. È l’inizio di una lunga avventura musicale che ha solcato la nostra politica e società, e che dura ancora oggi. Il gruppo abbandona il beat per dedicarsi a canzoni più lunghe e complesse, contribuendo di fatto alla nascita di un nuovo genere musicale: il prog rock. Con PFM, Area, Osanna, Le Orme e New Trolls il BMS diventa un punto di riferimento per tutta la scena italiana, che proietta la sua ombra creativa in tutto il mondo. Il primo passo è il disco d’esordio omonimo.

famoso per la copertina a salvadanaio, diventa nella sua tiratura originale un vero pezzo ambito dai collezionisti, che cercano di procuraselo con mezzi leciti e non. Il disco dimostra lo stile caratteristico della band, che si muove tra parti strumentali variegate, con musica rock, folk, classica e da camera, su cui Di Giacomo canta i suoi testi colti e visionari, frutto di riferimenti letterali, che dimostrano l’unicità della sua scrittura. Nella bellissima “R.I.P.”, ad una musica dolce e pacata, fa da contraltare la forza di parole forti e tinte di rosso sangue. Il secondo lato del disco è quasi coperto interamente dall’ambiziosa “Il giardino del mago”, suite in quattro parti che dimostra la grandezza del gruppo e che diventa un classico del repertorio.


Greg Lake degli Emerson, Lake & Palmer, convince la band a pubblicare un album per il mercato estero con la sua etichetta Manticore. esce così “Banco” del 1976, una raccolta del meglio del gruppo, cantato in inglese. Nocenzi e soci continuano a produrre materiale di qualità superiore, anticipando temi come la musica etnica e la fusione con il jazz, ed ottengono molta visibilità con il tour “La carovana del mediterraneo”, dove dividono il palco con il folletto Angelo Branduardi. Il Banco, attraversa gli anni ’80 con composizioni più semplici, come dimostra l’incredibile successo dei singoli pop “Paolo, Pa” del 1980 e “Moby Dick” del 1983. Dal 1997 il gruppo, che muta a causa di numerosi cambi di formazione, decide di non scrivere più materiale nuovo e si dedica solo ai concerti, raccogliendo consensi ovunque, anche in prestigiosi festival prog all’estero. Ma la tragedia arriva improvvisa la sera del 21 febbraio 2014, quando il cantante Francesco Di Giacomo muore in un incidente stradale. Il dramma non è solo privato, e non riguarda solo la perdita di un’artista straordinario di rara sensibilità e cultura: si chiude forse definitivamente l’epoca del prog italiano dei ’70, anche se la band, con una mossa spiazzante, decide di continuare a suonare con una formazione allargata.

193 - Banco del Mutuo Soccorso

Il secondo album “Darwin!” è una coraggiosa presa di posizione sull’evoluzione della vita sulla terra, che procura alcuni problemi al gruppo, vista la lontananza dalle linee cattoliche. Nonostante o forse proprio per questo, il disco ottiene un successo enorme e canzoni come “L’evoluzione” e “La conquista della posizione eretta” dimostrano l’originalità del Banco, ma è la storia d’amore tra due scimmioni primitivi di “750.000 anni fa… l’amore?”, che commuove e conquista il vasto pubblico.

Solo gli Area hanno la stessa audacia del BMS, che infatti apre il terzo disco “Io sono nato libero” (con il nuovo chitarrista, il bravo Rodolfo Maltese), con la canzone “Canto nomade per un prigioniero politico”, anche se i brani che lanciano l’album sono la dolce e delicata “Non mi rompete”, con echi poetici e “La città sottile”, contro l’alienazione delle metropoli, diventate oramai catini di frustrati e seriali mostri in giacca e cravatta, pronti a succhiare il denaro e la felicità del prossimo.




Gallery

Image 1: alessandro vitti Image 2: alessio rotulo Image 3: arturo -moloch- lauria Image 4: danijel zezelj Image 5: emanuele boccanfuso Image 6: fabrizio galliccia Image 7: gian marco de francisco Image 8: massimiliano veltri Image 9: nathan ramirez Image 10: paolo antiga Image 11: riccardo lat Image 12: walter trono Image 13: valerio giangiordano Image 14: enzo rizzi Image 15: rossano piccioni Image 16: Zaex Starzax

pg. 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215


Indice alfabetico

Ac/Dc Aerosmith alice cooper Allman Brothers Ben Harper Bill Haley Bob Dylan & The Band Bruce Springsteen Buddy Holly Canned Heat Chuck Berry Cream Creedence Clearwater Revival Crosby Stills & Nash David Bowie Deep Purple Depeche Mode Dire Straits Eagles

pg. 132 130 92 110 180 16 38 122 18 56 22 70 80 116 96 52 146 160 134


ELP Elton John Elvis Presley Fleetwood Mac Foo Fighters Frank Zappa Free Genesis Grand Funk Railroad Grateful Dead Guns’n’roses Hank Williams Iggy Pop Jack White & The White Stripes Janis Joplin Jefferson Airplane Jerry Lee Lewis Jethro Tull Jim Morrison & The Doors Jimi Hendrix Joe Cocker Johnny Cash Joy Division Kiss Led Zeppelin Lenny Kravitz Little Richard Lou Reed

pg. 120 124 28 88 182 68 98 108 106 64 162 14 104 176 50 62 24 82 58 84 36 26 148 94 72 166 20 78


Lynyrd Skynyrd MC5 Muse New York Dolls Nirvana Pearl Jam Pink Floyd R.E.M. Radiohead Ramones Red Hot Chili Peppers Robert Johnson Rod Stewart & The Faces Rolling Stones Rush Santana Sex Pistols Siouxie and the banshee Sly And The Family Stone Stevie Ray Vaughan T. Rex Ten Years After The Animals The Beatles The Byrds The Clash the cure The Kinks

pg. 118 42 178 128 168 170 54 164 174 138 172 12 66 32 100 74 140 150 76 136 90 60 44 30 40 142 144 46


The Police The Queen the Smiths The Who Todd Rundgren Toto Traffic U2 Uriah Heep Yardbirds ZZ Top

pg. 158 102 152 48 126 156 86 154 114 34 112

I concerti the heavy bone’s the rocky horror show

184 186 188

area banco del mutuo soccorso goblin le orme pfm

190 192 194 196 198

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200


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