Il razzismo nei fumetti

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critico ed editore. Ha scritto per Walt Disney Italia, Eura, AVE, Edizioni Masters, Star Comics. Ha tradotto alcune delle opere più importanti nel fumetto americano del xx secolo come Watchmen, Batman - Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, Batman Anno Uno, Sin City, La Morte di Superman, Thor di Walt Simonson, Silver Surfer di Lee & Buscema (Ed. Play Press) e dal 1994 al 1998 ha coordinato le testate dc Comics pubblicate dalla Play Press. Ha lavorato per Lexy, Free Books, 7age, 001 come consulente editoriale. Con la Bottero Edizioni ha pubblicato opere di Steve Rude (Nexus), Stan Sakai (Usagi Yojimbo) e Andi Watson. Collabora con l’e-

“IL FUMETTO È UNA FORMA ARTISTICA DI PARI DIGNITÀ CON LE ALTRE ARTI PIÙ NOBILI E BLASONATE. MEDIANTE ESSO È POSSIBILE DIRE TUTTO ED ESPRIMERE TUTTA L’IMMENSA GAMMA DI ESPRESSIONI DELL’ANIMO UMANO. QUESTA È LA STORIA DI COME ALCUNI AUTORI ABBIANO DECISO DI COMBATTERE IL RAZZISMO ATTRAVERSO LE STORIE A FUMETTI DA LORO REALIZZATE. È UNA STORIA FINORA IGNOTA. È UNA STORIA DEGNA DI RISPETTO. È UNA STORIA DEGNA DI ESSERE RACCONTATA.”

dizione italiana della rivista «Classic Rock» con traduzioni e articoli. Ha pubblicato saggi e volumi dedicati al fumetto, alla letteratura fantasy e al cinema di animazione (Batman – I Segreti del Cavaliere Oscuro, Iacobelli, 2012; Da Nembo Kid a Superman, Iacobelli, 2013) e antologie di racconti di fantascienza (Se in Italia, Vallardi; Cronache del Neocarbonifero, Giunti). Dal settembre 2009 dirige il sito

Perché è importante parlare di tutto questo? Perché milioni di uomini e donne in tutto il mondo, ancora oggi, soffrono perché altri uomini e altre donne ritengono se stessi superiori e loro inferiori, basandosi sul colore della pelle o su altre caratteristiche fisiche o sociali. Perché il razzismo, l’ideologia razzista per cui ci sono esseri umani a priori inferiori ad altri e quindi meritevoli solo degli ultimi posti nella scala sociale, è sbagliata, e questo va detto forte e chiaro. Perché combattere il razzismo è sempre una battaglia di civiltà, ed è doveroso riconoscere chi, nella storia del fumetto, si impegnò perché anche sulle pagine dei comic book due innamorati potessero darsi un bacio. Anche se di colori diversi.

fumettodautore.com ISBN 978-88-971-4153-2

edizioninpe.it Edizioni NPE

9 788897 141532

€ 16,90

ALESSANDRO BOTTERO

(Roma, 1962). Traduttore, sceneggiatore,

“UNA STORIA A FUMETTI È UNA CAPSULA DEL TEMPO CHE SPESSO CI RAGGIUNGE DA ANNI PASSATI, E CI DICE QUALCOSA SUL MONDO IN CUI È APPARSO.”

IL RAZZISMO NEI FUMETTI

ALESSANDRO BOTTERO

IL

ALESSANDRO BOTTERO

RAZZISMO NEI FUMETTI DA ALL-NEGRO ALLE BLACK PANTER, DA MARTIN LUTHER KING A LUKE CAGE

Il razzismo come teoria che definisce una razza, quella bianca, come superiore e tutte le altre come inferiori è un male che ciclicamente torna ad infettare la società umana. Nell’America degli anni ’30 però la questione era più complessa. Proprio mentre gli USA si battevano contro il Nazismo in Europa, sul fronte interno la popolazione di colore viveva una realtà quotidiana di razzismo e separazione, frutto delle leggi approvate dopo la Guerra Civile. Il fumetto rifletteva questa contraddizione, così come sulle pagine dei fumetti pubblicati negli anni ’50 e ’60 era possibile trovare echi della lotta per i diritti civili portata avanti in nome della pari dignità degli esseri umani, a prescindere dal colore delle pelle. La storia del razzismo nella società americana e delle lotte antirazziste che portarono nel 1965 alla Legge sui Diritti Civili viene riletta alla luce delle tracce che emergono dall’esame delle storie pubblicate in quegli anni.

ULTIMI VOLUMI PUBBLICATI NELLA STESSA COLLANA: Luigi Siviero Dall’11 settembre a Barack Obama La Storia contemporanea nei fumetti Nicola Andreani Graphic Novel – il fumetto spiegato a mio padre Pier Paolo Argiolas, Andrea Cannas, Giovanni Vito Distefano e Marina Guglielmi Le grandi parodie Disney ovvero i classici fra le nuvole Valentino Sergi Frank Miller – Il Cavaliere Oscuro di Hollywood Valentino Sergi I Demoni di Mike Mignola


capitolo 1

Genesi 1.1 Lo stato delle cose negli Stati Uniti degli anni ’30 Il razzismo è una realtà che accompagna l’uomo da sempre. Volendo partire da una definizione il razzismo, secondo il Sabatini-Coletti è: Ideologia che, fondata su un’arbitraria distinzione dell’uomo in razze, giustifica la supremazia di un’etnia sulle altre e intende realizzarla attraverso politiche discriminatorie e persecutorie. Per estensione ogni atteggiamento o manifestazione di intolleranza.

L’enciclopedia Treccani ci dice:

Concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la “purezza” e il predominio della “razza superiore”.

e Wikipedia:

Il termine razzismo, nella sua definizione più semplice, si riferisce ad un’idea, spesso preconcetta e comunque scientificamente errata, come dimostrato dalla genetica delle popolazioni e da molti altri approcci metodologici, che la specie umana (la cui variabilità fenotipica, l’insieme di tutte le caratteristiche osservabili di un vivente, è per lo più soggetta alla continuità di una variazione clinale) possa essere suddivisibile in razze biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, valoriali o morali, con la conseguente convinzione che sia possibile determinare una gerarchia secondo cui un particolare, ipotetico, raggruppamento razzialmente definito possa essere definito superiore o inferiore a un altro.

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Fig. 2 - Antica Tavola Razziale da un libro di testo del XIX secolo.

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genesi Su cosa di fonda il razzismo? È evidente che non si fonda su parametri economici, o commerciali. Economia e finanza usano il razzismo, ma non lo fanno sorgere. Il razzismo nasce da una ideologia, parola che va intesa nel senso di visione del mondo. Esiste un modo in cui alcuni vedono il mondo e tutto ciò che esiste in esso, secondo parametri a-logici, a-scientifici, a-razionali, ma unicamente basati su ciò che si crede assolutamente giusto e talmente evidente da non necessitare di spiegazioni o prove. È un dato di fatto che i negri siano inferiori, te lo devo spiegare? È un dato naturale che i paria della società indiana non possano aspirare a diritti, devo anche spiegartelo? Non lo capisci da solo? È evidente che gli Apache sono bestie rabbiose da eliminare. È necessario che perda tempo a ricordartelo? Non è qui il luogo per discutere della storia del razzismo dagli albori a noi, dato che obiettivo della nostra indagine sia raccontare come il fumetto pubblicato negli Stati Uniti dal 1934 in poi abbia espresso le dinamiche sociali razziste ed antirazziste presenti nel Paese, ma sicuramente è utile fare il punto della situazione e capire come stavano le cose in quel periodo. Negli anni ’30 del XX secolo gli Stati Uniti erano una grande nazione, sia pure con molti problemi. La crisi economica iniziata nell’ottobre del 1929 aveva colpito duramente la società statunitense ma con l’elezione di Franklin Delano Roosevelt nel 1932 e il suo piano di rinascita economica (Il New Deal) basato su un forte intervento statale in campo economico con grandi opere pubbliche pensate per dare lavoro alla massa di disoccupati e interventi nel campo dei contratti e dei sindacati, le cose iniziavano a migliorare. Rimaneva una forte sperequazione sociale basata sulla ricchezza (poche famiglie/dinastie molto ricche e un gran numero di persone precipitate nell’indigenza) e soprattutto sulla razza. Gli Stati Uniti, culla della democrazia liberale, frutto della grande Rivoluzione americana, terra delle opportunità per tutti, erano fin dalla nascita la terra perfetta se eri bianco, anglosassone e protestante, i cosiddetti wasp (White Anglo Saxon Protestant). Se eri indiano o di colore (i messicani nel 1776 erano molto lontani dalle 13 colonie) allora erano guai. Ma per capire gli Stati Uniti del 1930 dobbiamo fare un passo indietro e risalire fino al tempo della scoperta dell’America (o quasi).

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genesi Nella pagina precedente: Fig. 3 - Franklin Delano Roosevelt, 32esimo Presidente degli Stati Uniti, dal marzo 1933 all’aprile 1945.

1.2 Ok, abbiamo trovato un continente. E ora che ci facciamo? Questo era, probabilmente, lo stato d’animo dei reali di Spagna quando si resero conto cosa aveva fatto davvero Cristoforo Colombo. Non si trattava solo di un passaggio più veloce per le Indie. No. Qui c’era un sacco di terra da conquistare, sfruttare, usare, dominare, assoggettare. E per farlo era necessario molto lavoro, molto tempo e, soprattutto, molta mano d’opera, perché non potevano essere certo gli hidalgos o i guerrieri spagnoli ad arare i campi, a costruire le città, a versare il sudore per questa nuova terra. Non lo facevano a casa propria, perché avrebbero dovuto farlo nella Nueva Hispania? Serviva mano d’opera, mano d’opera a basso costo e in gran numero. E da millenni la mano d’opera a basso costo proveniva dagli schiavi. Dai tempi delle primissime civiltà lo schiavo era colui che forniva il lavoro manuale. Aristocrazia o cittadini (i cosiddetti “uomini liberi”) potevano vivere sereni, dandosi all’arte, alla filosofia, alla poesia, a tutto quello che poi gli storici avrebbero ritenuto i frutti delle varie civiltà, in Egitto come in Grecia, a Roma come in India o in Cina e dappertutto nel mondo, perché qualcuno concretamente lavorava per tenere in piedi la baracca. Lo schiavo è colui che viene sfruttato da un altro e che non è libero di dire «no grazie», perché colui che ne detiene la proprietà può decidere per lui in ogni cosa. Essere schiavo è una condizione totalizzante finché dura, e non prevede interruzioni. La storia dello schiavismo è argomento interessante ma ai fini di questo lavoro ci basti dire che agli albori del Medioevo una direttrice molto importante attraverso cui nel mondo civile arrivava questa mano d’opera a basso costo era quella che partiva dall’Africa subequatoriale e che grazie all’opera di schiavisti spesso di origine nordafricana faceva arrivare schiavi di colore in Europa e in Medio Oriente. Lo schiavismo era un commercio come un altro. E un modo per tranquillizzare la coscienza dei compratori era quella di dipingere gli schiavi di colore come non-umani. Il “negro” era diverso, era somaticamente differente, era scuro di pelle, non era un essere umano, ma era qualcosa di più vicino

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il razzismo nei fumetti Fig. 4 - Commercio di schiavi tra l’Africa e il Nord America.

ai demoni o alle scimmie, come recentemente abbiamo sentito dire anche in Italia. Oppure, anche se gli si riconosceva la qualifica di umano, soggiaceva alla condanna biblica dei figli di Noé. A questo punto, volendo semplificare il tutto, da puro strumento per ricavare mano d’opera a basso costo lo schiavismo si mescola col razzismo, adottando motivazioni pseudo religiose. Lo schiavo non è più solo colui che più o meno volontariamente (nel mondo semitico dell’antico Medio Oriente era anche possibile che uno si autovendesse come schiavo, e col ricavato provvedesse alle necessità della famiglia. Il Giubileo che il popolo ebraico festeggiava ogni cinquant’anni aveva come effetto anche quello di liberare gli schiavi volontari) si poneva in una condizione di schiavitù, cedendo la propria libertà personale ad un altro, ma era colui che per sua natura era inferiore e quindi di per sé destinato al servizio di colui che, a lui superiore per essenza e natura, ne possedeva l’interezza della persona. Lo schiavo era ordinato da Dio al servizio dell’uomo libero perché il credente dominava e soggiogava la terra, con tutti gli esseri viventi (non umani) che in essa dimoravano. È questa visione dello schiavo come non umano, e quindi sostanzialmente per quei tempi non dotato di un’anima, a giustificare la mentalità razzista-schiavista, in molti casi sostenuta e difesa in assoluta buona fede. Un esempio si può trovare nell’affermazione di Padre Bartolomeo de Las Casas che ai tempi della conquista del Nuovo Mondo da parte della Corona spagnola (XVI secolo) si batté in difesa dei nativi americani di etnia india. Las Nella pagina successiva: Fig. 5 - Padre Bartolomeo de Las Casas. Dipinto del 1975 di Felix Parra (1845-1919). Museo Nacional de Arte a Città del Messico.

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critico ed editore. Ha scritto per Walt Disney Italia, Eura, AVE, Edizioni Masters, Star Comics. Ha tradotto alcune delle opere più importanti nel fumetto americano del xx secolo come Watchmen, Batman - Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, Batman Anno Uno, Sin City, La Morte di Superman, Thor di Walt Simonson, Silver Surfer di Lee & Buscema (Ed. Play Press) e dal 1994 al 1998 ha coordinato le testate dc Comics pubblicate dalla Play Press. Ha lavorato per Lexy, Free Books, 7age, 001 come consulente editoriale. Con la Bottero Edizioni ha pubblicato opere di Steve Rude (Nexus), Stan Sakai (Usagi Yojimbo) e Andi Watson. Collabora con l’e-

“IL FUMETTO È UNA FORMA ARTISTICA DI PARI DIGNITÀ CON LE ALTRE ARTI PIÙ NOBILI E BLASONATE. MEDIANTE ESSO È POSSIBILE DIRE TUTTO ED ESPRIMERE TUTTA L’IMMENSA GAMMA DI ESPRESSIONI DELL’ANIMO UMANO. QUESTA È LA STORIA DI COME ALCUNI AUTORI ABBIANO DECISO DI COMBATTERE IL RAZZISMO ATTRAVERSO LE STORIE A FUMETTI DA LORO REALIZZATE. È UNA STORIA FINORA IGNOTA. È UNA STORIA DEGNA DI RISPETTO. È UNA STORIA DEGNA DI ESSERE RACCONTATA.”

dizione italiana della rivista «Classic Rock» con traduzioni e articoli. Ha pubblicato saggi e volumi dedicati al fumetto, alla letteratura fantasy e al cinema di animazione (Batman – I Segreti del Cavaliere Oscuro, Iacobelli, 2012; Da Nembo Kid a Superman, Iacobelli, 2013) e antologie di racconti di fantascienza (Se in Italia, Vallardi; Cronache del Neocarbonifero, Giunti). Dal settembre 2009 dirige il sito

Perché è importante parlare di tutto questo? Perché milioni di uomini e donne in tutto il mondo, ancora oggi, soffrono perché altri uomini e altre donne ritengono se stessi superiori e loro inferiori, basandosi sul colore della pelle o su altre caratteristiche fisiche o sociali. Perché il razzismo, l’ideologia razzista per cui ci sono esseri umani a priori inferiori ad altri e quindi meritevoli solo degli ultimi posti nella scala sociale, è sbagliata, e questo va detto forte e chiaro. Perché combattere il razzismo è sempre una battaglia di civiltà, ed è doveroso riconoscere chi, nella storia del fumetto, si impegnò perché anche sulle pagine dei comic book due innamorati potessero darsi un bacio. Anche se di colori diversi.

fumettodautore.com ISBN 978-88-971-4153-2

edizioninpe.it Edizioni NPE

9 788897 141532

€ 16,90

ALESSANDRO BOTTERO

(Roma, 1962). Traduttore, sceneggiatore,

“UNA STORIA A FUMETTI È UNA CAPSULA DEL TEMPO CHE SPESSO CI RAGGIUNGE DA ANNI PASSATI, E CI DICE QUALCOSA SUL MONDO IN CUI È APPARSO.”

IL RAZZISMO NEI FUMETTI

ALESSANDRO BOTTERO

IL

ALESSANDRO BOTTERO

RAZZISMO NEI FUMETTI DA ALL-NEGRO ALLE BLACK PANTER, DA MARTIN LUTHER KING A LUKE CAGE

Il razzismo come teoria che definisce una razza, quella bianca, come superiore e tutte le altre come inferiori è un male che ciclicamente torna ad infettare la società umana. Nell’America degli anni ’30 però la questione era più complessa. Proprio mentre gli USA si battevano contro il Nazismo in Europa, sul fronte interno la popolazione di colore viveva una realtà quotidiana di razzismo e separazione, frutto delle leggi approvate dopo la Guerra Civile. Il fumetto rifletteva questa contraddizione, così come sulle pagine dei fumetti pubblicati negli anni ’50 e ’60 era possibile trovare echi della lotta per i diritti civili portata avanti in nome della pari dignità degli esseri umani, a prescindere dal colore delle pelle. La storia del razzismo nella società americana e delle lotte antirazziste che portarono nel 1965 alla Legge sui Diritti Civili viene riletta alla luce delle tracce che emergono dall’esame delle storie pubblicate in quegli anni.

ULTIMI VOLUMI PUBBLICATI NELLA STESSA COLLANA: Luigi Siviero Dall’11 settembre a Barack Obama La Storia contemporanea nei fumetti Nicola Andreani Graphic Novel – il fumetto spiegato a mio padre Pier Paolo Argiolas, Andrea Cannas, Giovanni Vito Distefano e Marina Guglielmi Le grandi parodie Disney ovvero i classici fra le nuvole Valentino Sergi Frank Miller – Il Cavaliere Oscuro di Hollywood Valentino Sergi I Demoni di Mike Mignola


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