VALERIO MONACÃ’
D AV I D LY N C H IL TEMPO DEL VIAGGIO E DEL SOGNO PREFAZIONE DI ANGELO BADALAMENTI
david lynch – il tempo del viaggio e del sogno di Valerio Monacò © dell’Autore dei testi © Solone srl per questa edizione © degli aventi diritto per le immagini utilizzate Collana: Narrativa, 20
Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Ufficio Stampa e Supervisione: Stefano Romanini ufficiostampa@edizioninpe.it service editoriale Valeria Morelli illustrazione in copertina Nino Cammarata
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Valerio Monacò
David Lynch Il tempo del viaggio e del sogno
Twin Peaks Theme – «Music From Twin Peaks» Angelo Badalamenti - 1990
Prefazione di Angelo Badalamenti Conosco David Lynch dalla metà degli anni ottanta. La nostra sintonia è stata immediata, così come la nostra collaborazione, è avvenuta in modo totalmente naturale e in qualche modo senza precedenti. David esprime a parole uno stato d'animo, un'atmosfera, un'immagine in movimento, e io li trasformo in musica con la mia tastiera. È mio privilegio scrivere la prefazione di un libro di un giovane scrittore italiano che ha seguito la grande carriera di David. Dato che Valerio Monacò e io condividiamo origini siciliane, forse è stato il destino a far incrociare le nostre strade così che io potessi scrivere l'introduzione al suo libro sul mio grande amico e collaboratore.
Angelo Badalamenti e David Lynch – Ondarock
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La storia raccontata da Monacò nelle pagine seguenti è quella di un artista unico, con cui ho avuto l'onore di lavorare nel corso di trentadue anni. Scrivere la musica di Blue Velvet, Wild at Heart, Twin Peaks, Twin Peaks-Fire Walk With Me, Lost Highway, A Straight Story e Mulholland Drive era come vivere un sogno. È raro incontrare un artista come David, che può comunicare in modo così chiaro, con poche parole, l'umore che immagina. Oltre alle nostre meravigliose collaborazioni, condividiamo anche un affetto caldo e fraterno. David e io siamo stati spesso due anime nell'oscurità, ma l'obiettivo finale era sempre quello di far risplendere la luce. Quindi, senza ulteriori indugi, godetevi questo libro! Possa David e la sua arte essere fonte di ispirazione per la vita. (Traduzione a cura di Valeria Morelli)
capitolo 4
The Elephant Man (1980) Di DAVID LYNCH
Scritto da: DAVID LYNCH, CHRISTOPHER DEVORE, ERIC BERGREN Musiche di: JOHN MORRIS, SAMUEL BARBER Montaggio di: ANNE V. COATES Fotografia di: FREDDIE FRANCIS con: JOHN HURT, ANTHONY HOPKINS, JOHN GIELGUD, ANNE BANCROFT, FREDDIE JONES, MICHAEL ELPHICK, WENDY HILLER, DEXTER FLETCHER, PHOEBE NICHOLLS, HANNAH GORDON, JOHN STANDING, STROMBOLI, PAT GORMAN, ADAM CAINE, KENNY BAKER, WILLIAM MORGAN SHEPPARD, DAVID LYNCH Produzione: MEL BROOKS, STUART CORNFELD, JONATHAN SANGER Durata: 118’ - anno: 1980 - Titolo Originale: THE ELEPHANT MAN
«La vita… è piena di sorprese… Riflettete un momento sul destino della povera madre di questa creatura: investita mentre era quasi al quarto mese di gravidanza da un grosso elefante, da un enorme elefante… Travolta e calpestata in terra d’Africa su un’isola sconosciuta. Il risultato… potrete vederlo. Signore e signori… il TERRIBILE… UOMO ELEFANTE!». La città fumante, Londra, sul finire dell’Ottocento. In una stanza livida gocce di sogni evaporano, dalla finestra la visione di una guglia, il modellino di una cattedrale, la dissezione del tempo nell’incisione di un gesto proibito che porta ad un sonno senza risveglio. John Merrick controlla il proprio aspetto, ha sempre paura di far paura. È ripugnante, deforme, storto, con una voce triste. Ma “l’uomo elefante” non è che un riflesso, in uno specchio deformato, dell’ipocrisia umana, della sua pochezza. Un lenzuolo bianco lo copre mettendolo al riparo dalla melma che lo circonda. Melma di nobili, di pezzenti. Un cuore umile in un corpo mostruoso, ospite del tempo e, dopo tanto peregrinare, di una stanza d’ospedale arredata con gusto. Sta bene ora John, dopo un passato turbolento fatto di vergogna e punizioni. Un ultimo ricordo ancora prima di andare a dormire… e poi finalmente la pace. 41
david lynch: il tempo del viaggio e del sogno
David Lynch lo accarezza, lo accompagna lungo la strada imboccata con Eraserhead, racconta la sua storia realmente accaduta, schiacciata tra il moralismo estremo e la rivoluzione industriale, in una cornice gotica dove contano i propri cappelli e i salotti nei quali vengono posati. Londra. Un deposito immondo della borghesia irsuta, ripugnata e osteggiata da derelitti che sono solo pallide escrescenze volgari, con la pelle di un colore indefinibile, incrostata dalla sporcizia e dall’alcool a buon mercato. Puzzo di vomito, piscio e sperma nelle strade, puzzo di corruzione, ricchezza stantia e decomposizione nei palazzi dei potenti. La sceneggiatura è un lavoro accurato, estrapolato dalle memorie di Sir Frederick Treves (interpretato da un immenso Anthony Hopkins) The Elephant Man And Other Reminiscences e dal libro di Ashley Montagu The Elephant Man: A Study In Human Dignity, che il regista ha adattato con l’aiuto di Christopher DeVore ed Eric Bergren, e con una partecipazione emotiva che fa venire la pelle d’oca. La raffinata fotografia in bianco e nero in formato panoramico è di Freddie Francis. Il suo particolare occhio, influenzato dagli horror della Universal, fa sì che l’atmosfera sprofondi nel buio, come guardare da una finestra sporca la notte, accoltellata più volte, e la sua evoluzione. Lo stile cromatico perde gli sfondi, accumula energia dai fumi delle ciminiere, dalle piastrelle lucide dell’ospedale e dai corpi volgari, e poi svanisce, si dissolve nella ricchezza e nel lusso. La circense partitura musicale è di John Morris; geniale l’uso sul finale del film dell’Adagio For Strings di Samuel Barber, composizione fortemente voluta da Lynch che figura anche come direttore musicale e del design del suono. John (Joseph) C. Merrick (1862-1890) è un magnifico e irriconoscibile John Hurt che, pur appesantito da un mostruoso make-up (7 ore di trucco giornaliere), e grazie a quella sensazionale finezza interpretativa che lo caratterizza da sempre, riesce ad infondere al suo personaggio un’anima ricca di dignità e malinconia. Il volto del rimorso degli altri, colpevoli di essere “normali”. Hopkins, che in tutto il film lavora per sottrazione, trasmette l’orrore di una lotta interiore incredibile, di chi è cosciente di sfruttare un abominio a proprio vantaggio e si chiude in un mutismo che sa di rivolta contro la natura e di speranza verso la medicina. Il cast, tutto inglese, annovera tra i nomi eccellenti Sir John Gielgud (uno dei più grandi attori del '900) nel ruolo del Direttore del London Hospital di cui Merrick sarà un privilegiato ospite e la sublime Mrs. Kendal di Anne Bancroft (moglie del produttore Mel Brooks), la stella più splendente del teatro londinese; 42
THE ELEPHANT MAN (1980)
John Hurt, The Elephant Man (1980) - Atmosphereblog.com
Mrs. Kendal è un mezzo per far ricomporre la maschera sociale de “l'uomo elefante” e trovargli la giusta collocazione, arrivando persino a dedicargli la pantomima Il Gatto Con Gli Stivali e una sua foto autografata. Maschere. Recitano insieme un atto della tragedia di Shakespeare Romeo e Giulietta per farlo sentire più “umano”… ancora maschere. Meno false forse. Poi un congedo finale, con un dolce bacio – adattare il proprio “Io” alla situazione circostante. Lo spettacolo finisce, la buona società applaude. A completare la schiera di ottimi interpreti, Freddie Jones, il padrone del freak show bastardo e picchiatore (personaggio inesistente nella realtà, modellato su uno dei ladri del romanzo di Charles Dickens Oliver Twist). David Lynch dissemina sulla pellicola le sue immancabili ossessioni, dalle lampade, ai fumi, alle officine, ai volti e i corpi che entrano ed escono dal buio, e omaggia di una prospettiva distorta Freaks (1932) di Tod Browning, con mostri che amano uomini e uomini che diventano mostri. The Elephant Man è il rifratto dell’altro, la manifestazione di un dolore sordo; pietra angolare di una personalità, un lavoro da fare nell’ombra e nella solitudine. «Le case sono come gli esseri umani che le abitano» ha scritto Victor Hugo. 43
david lynch: il tempo del viaggio e del sogno
Le sequenze oniriche sono un capolavoro registico e ci guidano in un ambiente indefinito, senza pareti, come proiettato da un prassinoscopio alieno che squarcia il sipario al di là del tempo per farci conoscere una bellissima donna, con un piglio da signora distinta, la madre di John Merrick; poi il montaggio si fa violento, crudele, e assistiamo al tragico incidente che l’ha portata a partorirlo con un’anomalia genetica, una forma ripugnante di neurofibromatosi, detta anche “morbo di Von Recklinghausen” (studi recenti affermano che in realtà si tratti della “sindrome di Proteo”). Che diritto ha il genere umano di presentarsi al “mostro” così impreparato? Una immensa città in pieno clima di rivoluzione industriale, la buona società londinese, commiserevole – carità umana, elemosina riflessa nell’assenza forzata di sorpresa di fronte all’“uomo elefante”, contegno imbarazzato di ricchi e della poltiglia delle loro anime che puzza in modo nauseabondo, ricchi che celano il loro volto permettendo alla bugia di diventare realtà; il sottile confine che separa un medico dall’essere filantropo; la raffigurazione del popolo, dei poveri, animali lerci, alcolizzati e prostitute. Reietti orripilanti che torturano Merrick e, tra strida e convulsioni in una delle scene più commoventi, gli fanno urlare tutta la sua dignità: «Non sono un animale! Sono un essere umano! Un uomo, UN UOMO!».
Freddie Jones, The Elephant Man (1980) - Atmosphereblog.com
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THE ELEPHANT MAN (1980)
Lynch non salva nessuno. La maschera che indossa John Merrick è il suo abito nuziale, la promessa fatta dinnanzi a un Dio triste in una chiesa consacrata agli Dei dell’apparenza, novello sposo dei costumi eleganti e molto rigidi della borghesia vittoriana. Arredamenti. Vestiti. I riti che precedono la bevuta di una buona tazza di tè. Il tutto è solo una mano protesa in cerca di aiuto, nulla di più. The Elephant Man venne candidato a 8 premi Oscar tra cui: “Miglior Film”, “Regia”, “Sceneggiatura non Originale”, “Attore Protagonista” (Hurt) e “Colonna Sonora”, e non ne vinse, scandalosamente, nessuno. Il successo del film portò all’allestimento di un’opera teatrale a Broadway, dove fu David Bowie a vestire i panni di Merrick. Poco altro. È stata un’opera magnifica che si è voltata senza un addio. Come un ingranaggio di un meccanismo perfetto, arriva il finale. Uno dei più toccanti della storia del cinema… In una stanza ora, la dissezione del tempo nell’incisione di un gesto proibito. Sta finendo. Sta finendo tutto. Abbassate le luci, soltanto un po’, “l’uomo elefante” è stanco e molto malato, il dolore gli mastica la carne come un parassita, scende in profondità. Ma pur sapendo a cosa va incontro, John sta per realizzare finalmente il sogno che porterà in cielo la sua anima, quello di dormire come tutte le persone normali. La preparazione è una danza incantata e dolcissima, un rito che lo avvicina al miracolo d’amore. Sul comodino la foto dell’amata madre che rincontrerà nelle stelle. Una coltre di pace lo avvolge. Il sonno diventa eterno. Il sipario cala. «John… mai, mai, niente morirà mai… l’acqua scorre… la nuvola fugge… il cuore batte… niente muore.»
Io non ho una casa – disse Jonathan – non ho una patria, né uno stormo. Sono un reietto. Non potrei mai sollevare più in alto il mio vecchio corpo. Sì, invece, puoi riuscirci – risposero i suoi fratelli – perché tu hai terminato il tuo corso d’istruzione e adesso, per te, ne comincia un altro. Il lume dell’intelletto lo soccorse in quell’istante e lui capì: quegli uccelli avevano ragione. Potevano volare, sì! Più in alto! Ed era l’ora di andare a casa. Abbracciò con un ultimo sguardo il suo cielo, i magnifici campi del cielo dove aveva imparato tante cose e disse… sono pronto. Richard Bach (1936) 45
david lynch: il tempo del viaggio e del sogno
Lettera di Jack Lo Squartatore, From Hell (15 October 1888) La Quarta Dimensione - Atmosphereblog.com
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PER LUI È TEMPO DI CONCENTRARSI E ASCOLTARE LA PROPRIA ANIMA E FARE IL SUO ESORDIO, LIBERO DA QUALUNQUE COMPROMESSO. TRASFORMANDO IL CINEMA PER SEMPRE. SIGNORE E SIGNORI, DALL’OSCURITÀ DELLO SPAZIO DELLA SUA MENTE: DAVID LYNCH! isbn: 978-88-94818-60-4
€ 14,00