GARGANTUA E PANTAGRUEL Dino Battaglia
Gargantua e Pantagruel di Dino Battaglia e Laura De Vescovi © 2016 – Mosquito – Eredi Battaglia © 2021, Edizioni NPE Tutti i diritti riservati. Collana Dino Battaglia, 11 Direttore editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento editoriale: Valeria Morelli Correzione bozze e revisione: Stefano Romanini e Gabriella Vajano Traduzione dei testi dell’edizione francese: Stefano Andrea Cresti Gargantua e Pantagruel, pubblicato per la prima volta a puntate su «Il Giornalino» (Edizioni San Paolo), a partire dal numero 40-41 del 21 ottobre 1979. Stampato tramite Tespi srl – Eboli (SA) nel mese di maggio 2021 Si ringraziano Erasmo Frascaroli, Andrea Mazzotta e Stefano Andrea Cresti per la gentile consulenza. Edizioni NPE – Nicola Pesce Editore è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe
Gargantua e Pantagruel di Dino Battaglia
pre faz i one
Gargantua e Pantagruel Una Battaglia di sottrazione di Andrea Mazzotta
Perché Rabelais è più importante di Amadeus Quante persone famose, celebri o importanti conoscete? Siete i vicini di un cantante da hit parade? I fiorai di una star del cinema? I visagisti delle dive più in voga su Instagram? Il vostro percorso di vita, o semplicemente la fortuna o il caso, vi consente di sedere a tavola con uomini e donne inavvicinabili per la maggior parte dei comuni mortali e delle divinità minori? Bene. Siete dei privilegiati, se tali vi ritenete. E se non lo siete, o non ritenete di esserlo, immaginatevi per un attimo in quelle vesti. Poi riflettete, per il tempo che vi è necessario, e rispondete a questa domanda: quanti tra coloro che vi sono vicini e che frequentano l’Olimpo della gloria, possono vantarsi di aver dato vita con il proprio ingegno… a un aggettivo? (Eh no, “petaloso” non vale…). Questo merito, frutto di raro quanto involontario talento, che fu di Pierre Alexis Ponson du Terrail con il suo rocambolesco Rocambole, e di William Shakespeare, con il padre dei dubbi, l’amletico Amleto, appartiene anche a uno dei due autori del volume che, spero fieramente, stringete tra le mani. Il suo nome è François Rabelais e fu, nel modo che volle (e solo in quello), uno scrittore rivoluzionario, un educatore picaro, e un uomo guascone, a cui si deve il Gargantua e Pantagruel, opera in cinque libri in cui appare il prode e invincibile gigante Pantagruel, dall’appetito talmente esuberante da assurgere a qualità propria dei banchetti infiniti, sinonimo di abbondanza
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condita da iperboli che disegnano contesti (e tavolate) per l’appunto “pantagrueliche”! Il primo libro a essere scritto fu il Pantagruel, nel 1532, che tuttavia nella versione definitiva dell’opera rappresenta il secondo volume. Nel 1533, Rabelais inizia a scrivere Gargantua, il libro che ora apre la raccolta così come è giunta a noi. Questi due volumi furono pubblicati con lo pseudonimo di Maître Alcofrybas Nasier, che è l’anagramma del vero nome dell’autore. Seguiranno nel 1546 il terzo libro, nel 1548 il quarto che ebbe una nuova edizione nel 1552. Mentre il quinto libro fu pubblicato postumo. Tutto chiaro? No? Fa niente, sono informazioni nozionistiche che in alcun modo possono influenzare il piacere della lettura di cui vi accingete a godere. Ciò che tuttavia dovete sapere, per comprendere il valore simbolico e storico di questa opera letteraria più dimenticata che ricordata è chi fosse, davvero, François Rabelais. Rabelais era, prima di ogni cosa, un uomo che amava alla follia i libri. Se questa semplice informazione non iscrive di diritto l’autore nel carnet dei vostri idoli, allora il vostro cuore letterario si è spento troppo presto, qualsiasi sia la vostra età. Ritrovate il vostro battito. Sappiate che quando il nostro eroe entrò nell’ordine francescano, quest’ultimo tentò di sequestrargli i suoi libri, per il voto di povertà. Come reazione, conscio che l’obbedienza a volte è una virtù sopravvalutata, passò tosto all’ordine benedettino, grazie al quale poté anche studiare medicina a Montpellier.
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Il nostro narratore e creatore di giganti fu uomo più moderno dell’epoca in cui viveva. Facile esserlo in epoche oscure, ma riuscirci in pieno Rinascimento, è talento di pochi. Viene considerato oggi come esponente dell’anti-classicismo, per aver rifiutato le norme e le tematiche linguistiche dei generi nobili come la lirica amorosa che fu del Petrarca o l’epica cavalleresca. Dove la norma imponeva un linguaggio aulico e forbito Rabelais invece scelse come argomento tutto ciò che è popolano, ai limiti e oltre del volgare, dell’umano, del reale, come il corpo e le sue funzioni, il cibo, il vino, il sesso, distinguendosi nella dimensione linguistica per una grande ricchezza e creatività verbale. Dove altri scrivevano di rose che sbocciano nelle mani di fanciulle giulive che osservano prati infiniti, dove sbocciano altre rose, colte da principi tanto innamorati quanto azzurri, che le donano a donne il cui capo è cinto di fiori, sempre rose, colte in prati dove regnanti dai cuori gonfi di sentimenti si sono recati alla ricerca di… indovinate un po’? Sì ancora una volta di rose, da donare a… e così all’infinito e oltre, Rabelais racconta di viaggi oltre i confini del mondo, di isole in cui eserciti di insaccati e salumi lottano contro truppe di cuochi, di popoli di gatti ciambellani che addomesticano gli uomini, di vino, vino, vino come se piovesse. Anzi, come se fosse petali di rose. La sua scrittura rispondeva a un principio preciso: essere per pochi non è mai un pregio, essere per tutti non è mai una necessità. Ma il valore maggiore del Gargantua e Pantagruel, soprattutto dei due primi libri, è il messaggio educativo che Rabelais vi nasconde, seppure sotto gli occhi di tutti, usando i trucchi dell’allegoria e delle iperboli. Qual è la migliore scuola per formare coloro che dovranno essere i giganti di domani?
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I libri e il di loro apprendimento mnemonico e nozionistico del sapere, a cui, a esempio viene sottoposto Gargantua all’inizio della storia? Il nostro iconico autore afferma il contrario, introducendo il maestro Ponocrate che inizia a insegnare al suo pupillo la vita vissuta, l’apprendimento dall’esperienza, la conoscenza come frutto che discende dal sapere e non dallo studio disperato delle parole su carta che una scuola di educatori imponeva. Imparare viaggiando. Imparare scoprendo. Imparare vivendo. Quanto è moderno Rabelais se lo confrontiamo con la scuola di oggi, che nella crescita del bagaglio di conoscenze esperienziali degli studenti determina il proprio obiettivo? Gargantua e Pantagruel bevono e trincano, lottano e scherzano, viaggiano e si fanno beffa dei potenti, eppure, al fine, tornati nel proprio regno, diventano re saggi e amati. E in questo lieto fine ci sono tutti i perché del messaggio di Rabelais. Rabelais, Battaglia e l’ossimoro che li lega Resta una sola domanda da porsi: cosa c’entra il monaco scrittore parigino con il fumettista veneziano di nascita e milanese d’adozione Dino Battaglia? Cosa li lega davvero? Forse tra di loro esiste un rapporto che declina il concetto di ossimoro. Rabelais è un oceano di parole che straripa su carta, piacevolmente ridondante, esagerato, esegeta dei sinonimi, sacerdote delle iperboli, dalla scrittura grottesca, abbondante, pantagruelica, appunto. Mentre Battaglia… be’, Battaglia è il dio della sottrazione grafica immolato sull’altare dell’indomabile straripamento del tratto. Ogni suo disegno contiene esattamente tutto ciò che può contenere, ogni ghirigoro, ogni ombra, ogni sfumatura, ogni punto di inchiostro… ma non uno di più.
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Battaglia è Geppetto che intaglia nel ceppo il suo Pinocchio, che sottrae al pezzo di legno materia per arrivare al burattino. Battaglia è Michelangelo che scolpisce da un blocco di marmo La Pietà, fino a portare alla luce il Cristo e Maria. Ma Battaglia è anche il mare con le sue onde, che disegna le spiagge di ciottoli, collocandoli ognuno al proprio posto. Battaglia è anche il vento del deserto che separa i granelli di sabbia delle dune dal cielo in cui vorticano. Battaglia è abbondante, barocco, generoso nella sua essenzialità. Preciso, come una misura compiuta che non vuole negarsi nulla. L’autore conosce il nero, ama il grigio e le sue sfumature, ma rispetta più di ogni altra cosa l’essenzialità del bianco, quasi come se la presenza di questo colore, spesso dominante nelle tavole, fosse l’accento che risalta il tratto, la luce che balugina nel tratto polveroso, illuminando le profondità di nuove dimensioni grafiche. L’infinito bianco di Battaglia, che Toppi, suo amico e in un certo qual modo allievo devoto, ha ben compreso, colora tutto ciò che si può sottrarre al disegno e lo riempie di immaginazione libera nel suo svuotarlo di presenza. In ciò che al bianco fa sottrarre dal proprio tratto, Battaglia nasconde, sotto l’occhio di tutti, la più grande prova della sua maestria. Questo rapporto, tra l’ostentata abbondanza di parole e creatività dell’autore francese, e la generosità, celata e al tempo stesso palese, del tratto diadico nell’infinitamente vuoto e infinitamente pieno di Battaglia, crea un corto circuito narrativo tra gli stili dei due autori, così vicini, così lontani, dal quale si genera un’opera dalla potenza iconica.
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Storia di una storia Qual è la storia della storia che vi apprestate a leggere? Tutto nasce sulle pagine della mai troppo lodata rivista per ragazzi delle edizioni San Paolo, «Il Giornalino», sul finire degli anni Settanta. La storia viene originariamente pubblicata a puntate a partire dal numero 41 del 21 ottobre 1979. Il linguaggio colorito di Rabelais non può trovare casa sulla rivista, e pertanto il testo viene adattato per i lettori più giovani. Lo spirito dello scrittore francese si ribella a questa scelta e grazie ai suoi influssi ultraterreni, nei primi anni ’90, viene alla luce una versione curata da Ranieri Carano con testi forti di un linguaggio più vicino a quello del creatore letterario dell’opera. Questa nuova versione verrà proposta su «Corto Maltese» a partire dal numero 9 del settembre del 1992 e poi raccolta in uno storico volume della Milano Libri. Anche la prima versione godrà di una raccolta in volume, anzi due: la prima uscita nel 1980 per le Edizioni Paoline e la seconda nel 1985 per le edizioni L’Isola Trovata. Ciò per quanto riguarda le edizioni italiane, perché quelle d’Oltralpe rappresentano un ulteriore capitolo di una storia infinita… Oggi Edizioni NPE riporta nelle librerie d’Italia la prima e più rara delle edizioni di questo capolavoro, quella apparsa sulle pagine de «Il Giornalino», aggiungendo un altro tassello a una collana che offre finalmente la possibilità di scoprire tutta la grandezza di un autore che ha scritto la storia dell’Arte sequenziale. Dietro ogni grande uomo… …C’è sempre una grande donna. Vale anche per le storie e per gli autori di fumetto. Il Gargantua e Pantagruel di Dino Battaglia non sarebbe il capolavoro che è senza la sua particolare colorazione, delicata e rispettosa dei disegni, delle mezze tinte, dei toni sfumati dell’autore. A realizzarla fu Laura De Vescovi, moglie di Dino Battaglia, che curò anche l’adattamento dell’opera originale nella sua versione a fumetti. Alla donna che donò colore e luce, con evidente amore e passione, alle tavole del Maestro Battaglia saremo sempre grati. Buona, pantagruelica, lettura.
nel quale si parla di una importante scoperta archeologica...
...di un re buono e gioviale e della sua bella e allegra sposa, la regina gargamella...
...della nascita e infanzia del nostro eroe, della sua partenza per Parigi e... ...del saggio precettore Ponocrate che lo accompagna.
tanti e tanti anni fa, in un prato
della Turenna, alcuni contadini urtarono con i loro badili in una gran cassa di bronzo. in quella cassa trovarono nove bottiglie di vino, che si scolarono subito, e un libro antichissimo.
l'interno del libro era tutto scritto a
mano in una lingua stranissima e corroso dal tempo, sicché risultò impossibile decifrarlo. bisognò ricorrere a un illustre studioso che, dopo anni di paziente lavoro, così lo tradusse.
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in una splendida mattina di primavera, l'ottimo
diede una poderosa respirata...
grangola, allegro e buon sovrano di un felice paese chiamato utopia, spalancò la finestra del suo palazzo.
bella giornata, adatta per una festa campestre. invitate tutti i cittadini e gli abitanti dei dintorni.
il re volle che le cose fossero fatte alla grande.
poi, con la sua bella sposa, la regina gargamella, figlia del re delle farfalle, si recò sul posto.
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e
qui si mangiò, si bevve, si ballò, si ritornò a bere...
salute! alla tua!
e
qui nacque anche il figlio del re: il grande gargantua. naturalmente il neonato era gigante, come del resto lo erano il padre e la madre.
il re suo padre lo
guardava con legittimo orgoglio.
che vocione, tutto suo padre... bisogna accontentarlo... presto: una bella botte piena del mio vino migliore.
fino ai cinque
anni gargantua passò il tempo mangiando, dormendo e giocando; oppure giocando, mangiando e dormendo, o, come altra variante, dormendo mangiando e giocando.
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va giù che è un piacere.
appena aperti gli occhi al mondo, cominciò subito a gridare.
questa vita piaceva molto
al nostro eroe e avrebbe voluto continuare così. ma il re grangola decise di dargli un'educazione e gli assegnò dei precettori. passarono gli anni, ma gli studi non assorbirono molto la mente di gargantua, che si interessava più volentieri al volo di un moscerino o al ronzio di una mosca.
allora il saggio re grangola pensò di intervenire e fece chiamare gargantua.
caro figlio, vedo che sei grande e grosso e, in grazia del cielo, bene in salute. è giunta per te l'ora di intraprendere qualche cosa di buono. cosa ti piacerebbe fare?
questo sai farlo ottimamente; ma dato che un giorno sarai re, e i re dovrebbero saper fare qualche altra cosa oltre a mangiare e bere, ho deciso di mandarti a Parigi, dove riceverai un'adeguata istruzione. ti accompagnerà il sapiente Ponocrate, che sarà il tuo precettore.
deciso il viaggio, grangola ordinò che si confezionasse un bellissimo abito per il suo figliolo.
mangiare e bere, signor padre...
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voglio che tu faccia bella figura nella capitale.
per il giubbetto ci vollero 813 metri di seta. per i pantaloni 1105 metri e mezzo di velluto. gli stivali richiesero 406 pelli di vitello, 1800 metri di broccato il mantello.
tutti i sarti del paese
furono impegnati a lavorare per più giorni... e così pure i calzolai.
per una fortunata circostanza, proprio in quel periodo il re di numidia mandò in dono a grangola un cavallo africano. grandioso e mostruoso come sei elefanti messi insieme. il cavallo di troia sarebbe stato un puledrino nei suoi confronti. aveva poi una coda...
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grangola lo vide arrivare dagli spalti del castello.
e finalmente, il mattino stabilito, dopo aver fatto una buona mangiata e un'altrettanto buona bevuta, gargantua salutò con affetto padre e madre e si mise in strada per parigi. buono quel vinello.
il viaggio si svolse nella più completa allegria perché, sebbene lungo, era disseminato di locande e osterie e, per non far torto a nessuna, i viaggiatori si fermavano in tutte.
è quello che ci vuole per portare gargantua a Parigi.
la fricassea era ottima.
gargantua mangiava e beveva che era una meraviglia.
io dico e sostengo che quando il corpo è ben nutrito, l'animo si eleva a più alti pensieri.
ecco, io mi domando: che cosa dispone meglio l'animo di un ottimo pranzo? avete mai visto persone musone o cattive dopo un buon pasto?
giusto! troppo vero!
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bravo... avete delle massime che consolano un precettore... son contento di voi...
dove si racconta come mosche, tafani e calabroni vengono debellati dal cavallo africano...
...e dell'arrivo a Parigi di gargantua e del furto di alcune campane.
quindi io affermo che, prima di intraprendere qualsiasi cosa importante, bisogna sedersi a tavola.
dopo alcuni giorni il gruppetto giunse a Orléans. una grande foresta si stendeva davanti a loro. era lunga 35 km e larga 17 km e mezzo.
la massima di gargantua si
diffuse rapidamente ed è da allora che ebbero inizio i pranzi d'affARI.
si inoltrarono tra il verde.
che ombra fresca e deliziosa... che aria balsamica... è un vero piacere respirare.
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non avevano fatto neppure mezzo
chilometro che un nugolo di tafani e calabroni si avventò su di loro. un vero tormento.
l'unica salvezza consisteva in una rapida fuga.
qui però si dimostrò la grande virtù del cavallo di gargantua, che in questa occasione si comportò come un vero eroe di omero.
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che bellezza!
non erano trascorsi che dieci minuti o dieci minuti e mezzo e nel raggio di 40 km non restava né un tafano né un calabrone e neppure un albero.
la grande bestia caracollò poi per almeno
mezz'ora pavoneggiandosi per la vittoria più di Alessandro magno dopo la conquista dell'Asia.
gargantua insuperbì meno.
tirate le briglie al cavallo, col suo seguito riprese il viaggio di buon trotto. trottarono allegramente e alla fine della bella trottata si ritrovarono alle porte di Parigi.
per il mangiare bisogna attenersi alla seguente regola: fermarsi quando il ventre è pieno. in quanto al bere, invece, la cosa migliore da farsi è: smettere quando il sughero della suola delle pantofole si è gonfiato per almeno 10 centimetri.
si sistemarono in un comodo alloggio e incominciarono subito a far baldoria.
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e ora andiamo a goderci la città.
voi, ponocrate, come esperto di studi, vi informerete sui più celebri professori dell'università, compito mio sarà accertarmi dove vendono il vino migliore.
così fecero. Gargantua si mise a
vagabondare per Parigi in cerca di osterie, e andando a zonzo suscitava la più incredibile curiosità.
eccomi qua. potete guardarmi a vostro agio e dopo spero mi lascerete in pace.
la cosa gli riuscì piuttosto
fastidiosa e allora, per farsi guardar bene una volta per tutte, andò verso la cattedrale e si sedette tra le due torri.
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si scatenò un ciclone terribile che sollevò in aria non meno di 260.413 persone, senza contare le donne e i bambini.
i
parigini si ritrovarono in aperta campagna (i superstiti, si intende) e si divertirono per tutta quanta la giornata.
la folla era inten-
ta a osservare il gigante, il sole scottava... gargantua tirò fuori il fazzoletto e lo agitò per farsi vento.
rimasto da solo nella
piazza, Gargantua poté tranquillamente ammirare la cattedrale.
ed è allora che nacque e queste che cosa sono?
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l'abitudine di andare a prendere un po' di sana aria fuori città a ogni occasione possibile.
belle... starebbero benissimo al collo del mio cavallo. potrei farne un presente al mio signor padre, assieme a un bel carico di formaggi e prosciutti della zona.
Gargantua si mise in tasca le campane e tornò a casa.
quando i parigini si accorsero della sparizione delle campane vi fu un grande tumulto davanti al sindaco. vogliamo indietro le nostre campane! sindaco, dovete fare qualche cosa!
ridateci le nostre campane!
calma... calma, amici miei. in questo caso, con la forza non otterremo niente. invieremo una delegazione guidata dal nostro miglior operatore: mastro janotus de pistolis.
si fece avanti janotus de pistolis, dottore in eloquenza alla Sorbona.
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«Ai vinti dirò che preferisco conquistarmi i loro cuori piuttosto che i loro beni. Quindi andate liberi e padroni di voi come nel passato.»
Su «Il Giornalino» del 1979 Dino Battaglia, all’apice della sua carriera, realizzava questo magistrale adattamento del capolavoro di François Rabelais. Battaglia sceglierà di selezionare gli episodi più rappresentativi e dinamici, mettendo così in luce la gioia di vivere e la straordinaria modernità dello scrittore francese nel denunciare la stupidità
e la faziosità ideologica del popolo in tutte le sue forme. Passando da una festa a una battaglia, il maestro veneziano, grazie ancora una volta al fondamentale apporto dei colori di sua moglie Laura De Vescovi, ci farà rivivere le gioiose atmosfere del Cinquecento attraverso questo imperdibile classico della letteratura francese.
Dino Battaglia (Venezia 1923 – Milano 1983), considerato uno dei maggiori autori italiani di fumetto, è stato il primo italiano a conquistare il premio di “Miglior Disegnatore Straniero” al Festival di Angoulême. Dando corpo ad atmosfere indefinite e misteriose, Dino Battaglia evoca con il suo pennino silenzi inquietanti e luci abbaglianti – anche grazie al supporto di una tecnica inconsueta nel fumetto come il tampone – e vedono così la luce fumetti che ancora oggi non smettono di sorprendere per la loro elegante e inquietante potenza espressiva.
edizioninpe.it ISBN: 978-88-36270-21-7
euro 19,90