«Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire.» Necronomicon, Abdul Alhazred
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Nel pomeriggio del 18 giugno 1917, io, Tenente comandante della Flotta Imperiale tedesca Karl Heinrich Graf Von Altberg-Ehrenstein, al comando del torpediniere sommergibile U-29, detti l’ordine di affondare la nave da carico inglese Victory, partita da New York per Liverpool, a 45°16’ di latitudine Nord, 28°34’ di longitudine Ovest.
Il mio comandante in seconda, Tenente Klenze, tecnico d’impareggiabile bravura, manovrava la telecamera con precisione.
Al fine di rendere più drammatiche le riprese per gli archivi dell’Ammiragliato, avevamo autorizzato l’equipaggio ad abbandonare la nave sulle scialuppe.
Non tralasciammo nessun dettaglio…
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Avevamo raccolto un documento cinematografico di eccellente qualità, che il servizio di propaganda avrebbe sicuramente saputo come utilizzare al meglio…
Comunicammo via radio la nostra vittoria ai commilitoni dell’U-61, in rotta verso Kiel.
Subito dopo ci inabissammo.
Una volta usata l’intera pellicola a disposizione, affondammo le scialuppe di salvataggio…
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Timone di direzione
Eliche
Lanciasiluri
Timoni di profondità posteriori
Batterie
Motori elettrici
Valvola di sfogo
Zavorre
Motori diesel
Periscopio
U-29 – Tipo: UC III Boote – Costruzione: AG Vulcan-Bremen – Assegnazione: Wilhemshaven – Messa in servizio: 19 settembre 1916 – Equipaggio: 15 – Artiglieria: 1-10,5 cm – Siluri: 4 BTR 1 HTR – Comandante: K.L. Karl Heinrich Von Altberg-Ehrenstein.
Centro di controllo
Torretta di comando
Cassone acque nere
Cambusa
Cuccette
Faro
Portellone a tamburo
Mascotte: HOLZAUGE «Vede la pagliuzza nell’occhio del vicino e non vede la trave che ha nel suo.»
Alloggi ufficiali
Cella
Antenne radio
Cannone 105 Pompe ossigeno
Timoni di profondità anteriori
Tubi anteriori
Ancora
Metà dell’ultimo servizio (ore 21)
Centro di controllo
Torretta di passerella Agli ordini, herr leutnent!
Assetto ristabilito! Pressione regolare!
Apertura della garitta in passerella!
Vedette ai posti di manovra! Stiamo per uscire!
Sala macchine
Cambusa
maledizione! Anche oggi la vediamo col cannocchiale, la luce del sole!
Non mi dispiacerebbe prendere una boccata d’aria fresca!
Sicuro, mozzarella. Male non può farti!
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Bah… Almeno mi è rimasto un goccetto, se lo vuoi...
Quando riemergemmo in superficie, al calar del sole, ci aspettava una bella sorpresa.
Ma il mozzo che mi chiamava dal ponte di passerella non riusciva a contenere la propria emozione. Presto, herr kommandant! Salite sul piatto di babordo!
Che… che… che cos’è?!
Bisogna aspettarsi di tutto quando si naviga nel bel mezzo dell’oceano, tanto più se in tempo di guerra…
?!
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Trovammo il corpo di un marinaio, con le mani angosciosamente abbarbicate alla murata.
Doveva essere un membro dell’equipaggio della Victory… Aveva cercato rifugio proprio a bordo del vascello che aveva distrutto il suo.
L’ennesima vittima di quella guerra ingiusta che quegli schweinhunde d’Inglesi avevano dichiarato alla nostra madre patria…
Il povero diavolo era giovane, di buona costituzione, abbronzato. Doveva trattarsi di un italiano o di un greco.
Il tenente Klenze stimò che l’oggetto, molto antico, fosse di significativo valore artistico. Lo rivendicò per sé. Frugandogli nelle tasche alla ricerca di effetti personali, i miei uomini trovarono un curioso pezzo d’avorio scolpito, raffigurante il viso di un giovane incoronato d’allori.
Ma com’era possibile che un semplice marinaio fosse in possesso di un oggetto simile? Nessuno di noi riusciva a immaginarlo.
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Dopo aver preso posizione nella torretta di comando, governai il faro per vederlo un’ultima volta. La pressione l’avrebbe schiacciato, come teoricamente avrebbe dovuto? Oppure il corpo non avrebbe subìto nessun danno, come nel caso di quegli straordinari delfini?
Non potei però soddisfare la mia curiosità, giacché quei cetacei mi bloccavano la vista…
Quella sera, la solitudine mi pesava e quasi rimpiansi di non poter conversare con Klenze.
Ero affascinato dal suo ricordo.
Rimpiansi anche di non aver sottratto la statuetta a quel povero sciocco.
Benché non avessi l’anima dell’artista, non riuscivo a dimenticare la bellezza di quel viso.
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Il giorno seguente accesi il faro per proseguire con l’esplorazione. Mi parve che la deriva dell’U-29 fosse più lenta.
Per distinguerli meglio allora dovetti modificare sensibilmente l’inclinazione del raggio…
Provocando così la rottura di un cavo.
Sul fondo, che presentava una forte pendenza, credetti di vedere dei blocchi di pietra ripartiti secondo uno schema geometrico.
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Benché non sia particolarmente emotivo, devo ammettere che fui stupefatto quando rimisi in funzione il faro.
Pur avendo ricevuto come educazione il meglio della kultur prussiana, devo confessare la mia meraviglia di fronte a quel complesso architettonico, prodotto di geologia e tradizione.
Ero di fronte a quell’Atlantide che avevo fino ad allora sempre considerato un mito…
Notai anche che i delfini erano scomparsi… L’entusiasmo mi aveva reso sentimentale quasi quanto il povero Klenze, e fui sorpreso di constatare che il sommergibile si era appena posato dolcemente sul fondo.
Godevo di un eccellente punto di osservazione. La città costeggiava il letto di un antico fiume.
A babordo scorgevo una scalinata che portava verso un edificio di titanica maestosità, certamente un tempio.
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