H.P. Lovecraft – La musica di Erich Zann e altri racconti

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H.P. Lovecraft La musica di Erich Zann e altri racconti

di D.D. Bastian e Sergio Vanello © 2019 © per questa edizione Edizioni NPE Tutti i diritti riservati. Collana Horror, 6

Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore e Ufficio stampa: Stefano Romanini ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento Editoriale: Valeria Morelli Si ringrazia Roberto Ferraresi per l'adattamento dei testi Stampato presso MIG srl - Bologna nel mese di maggio 2019 Edizioni NPE – Nicola Pesce Editore è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe


H.P. Lovecraft La musica di Erich Zann e altri racconti di D.D. Bastian e Sergio Vanello



Un’illustrazione e una vecchia casa (Titolo originale: “The Picture in the House” – 1920)



Chi ama l’orrido frequenta sovente luoghi strani e remoti, come le catacombe di Tolemaide e i mausolei notturni dei paesi dell’incubo. Nelle notti di luna, costoro ascendono le torri dei castelli diroccati del Reno, o si avventurano per i neri gradini ammantati di ragnatele sotto i resti delle perdute città dell’Asia. Ma l’autentico epicureo del terribile, per il quale un nuovo brivido di orrore è il fine principale e la giustificazione dell’esistenza, apprezza più di ogni altra cosa gli antichi e solitari casolari disseminati nei boschi del New England. La più spaventosa di tutte le visioni è quella che ci offrono le piccole capanne di legno nudo distanti dalle vie di transito, solitamente addossate ad un umido ed erboso declivio o abbarbicate a qualche sperone di roccia. Generazioni di persone eccentriche hanno dimorato in quelle case, gente della quale il mondo non ha mai veduto l’eguale. Schiava di una fede oscura e fanatica che la costrinse ad appartarsi dalla sua specie, la sua progenie scelse la solitudine di lande sperdute per garantirsi la libertà.

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Fu in una di tali case, frustra e logora di vecchiaia, che mi imbattei un pomeriggio di novembre del 1896, sospintovi da una pioggia così gelida e fitta che qualunque rifugio sarebbe stato preferibile al restare all’aperto.

Mi ritrovai così su una strada che, a giudicare dall’aspetto, doveva essere abbandonata, e che avevo scelto in quanto era la migliore scorciatoia per Arkham. E fu lì che venni sorpreso dal temporale in un tratto distante da qualsiasi città, senza possibilità di ricovero, ad eccezione di quell’antica e repellente costruzione di legno che mi fissava con le sue finestre opache tra due olmi giganteschi spogli del fogliame, ai piedi di un’altura rocciosa. Per quanto distante dai resti della strada, la casa mi risultò sgradevole a prima vista.

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Avevo dato per scontato -chissà perché- che la casa fosse abbandonata; ma nell’avvicinarmi, non ne fui più tanto sicuro, perché, per quanto ricoperti dalle erbacce, i viottoli avevano conservato un po’ troppo bene la loro natura per supporre un abbandono totale.

Mentre attendevo sulla rozza pietra muschiosa che faceva da soglia, lanciai un’occhiata alle finestre vicine ed ai vetri delle lunette sovrastanti, notando che, per quanto fossero vecchi, tremanti e opachi dallo sporco, non erano tuttavia rotti. La casa doveva quindi essere abitata a dispetto dell’isolamento e del senso di generale abbandono.

E fu per questo motivo che, invece di provare ad aprire la porta, bussai, pervaso da un senso di trepidazione che mi risulta difficile spiegare.

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i miei colpi sulla porta non suscitarono però alcuna risposta, e allora riprovai a bussare, dopodichÊ tirai il chiavistello rugginoso, scoprendo che la porta non era sprangata.

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Entrai, portando la bicicletta con me, e richiusi la porta.

Di fronte all’ingresso si alzava una stretta scala fiancheggiata da una porticina che probabilmente dava accesso alle cantine. Verso destra e verso sinistra vi erano altre due porte chiuse che davano nelle stanze del pianterreno.

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Appoggiata la bicicletta al muro, aprii la porta alla mia sinistra entrando in una stanzetta dal soffitto basso, fiocamente illuminata da due polverose finestre.

il mobilio, spoglio e primitivo come non mai, suggeriva si trattasse di una specie di soggiorno, essendovi una tavola circondata da diverse sedie e un immenso camino sulla cui mensola un’antica pendola scandiva il tempo. Quel che mi impressionò maggiormente di quel luogo fu l’atmosfera di uniforme arcaismo che si dispiegava in ogni particolare visibile, l’antichità possedeva una curiosa completezza, giacché non scorsi in tutta la stanza un solo oggetto databile a dopo la Rivoluzione.

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Riluttante all’idea di sedermi, preferii aggirarmi d’attorno esaminando i diversi oggetti che avevo notato. La prima cosa che attrasse la mia curiosità, fu un libro di media grandezza poggiato sul tavolo.

Mentre ispezionavo quella bizzarra abitazione, sentii crescere in me il senso di avversione già suscitatomi dalla desolata facciata esterna. Non saprei definire che cosa in realtà temessi o mi ripugnasse, ma l’intera atmosfera di quella casa pareva impregnata di un’eccessiva vecchiezza, di una crudezza sgradevole e di segreti da dimenticare.

Quando guardai il frontespizio, il mio stupore aumentò, poiché esso si rivelò nientemeno che il resoconto di Pigafetta sulla regione del Congo, scritto in latino sulla base degli appunti di viaggio del marinaio Lopez e stampato a Francoforte nel 1598.

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Le illustrazioni erano effettivamente molto interessanti, ricavate com’erano dalla pura immaginazione e da inaccurate descrizioni; raffiguravano indigeni con la pelle bianca e lineamenti europei.

Quello che mi infastidÏ fu l’ostinata tendenza del volume ad aprirsi da solo alla tavola 12, nella quale era raffigurata, con macabra dovizia di particolari, una macelleria umana dei cannibali Anzique.

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quando un inequivocabile rumore di passi al piano superiore attirò la mia attenzione. Sulle prime ne fui stupito e sconcertato, perchÊ nessuno mi aveva risposto quando avevo bussato alla porta; ma subito dopo conclusi che, evidentemente, la persona che udivo camminare doveva essersi appena svegliata da un sonno profondo. E seguii con minore sorpresa il rumore dei passi sui gradini cigolanti.

Passai allo scaffale vicino e stavo passando in rassegna il suo magro contenuto.

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entrato nella stanza mi chiusi la porta alle spalle; ora sentii tirare il chiavistello e vidi la porta rivestita di pannelli spalancarsi nuovamente.

Sulla soglia apparve una persona dall’aspetto singolare. Vecchio, coperto di stracci, con la barba candida, il mio ospite possedeva un fisico e un portamento che ispiravano in egual maniera rispetto e meraviglia.Era alto non meno di un metro e novanta e, malgrado gli anni e la miseria, si mostrava robusto e vigoroso. La lunga barba, una massa di capelli bianchi che gli ricadeva sulla fronte spaziosa e gli occhi azzurri, straordinariamente acuti e ardenti. A parte l’orribile trasandatezza, il vecchio avrebbe avuto un aspetto tanto distinto quanto impressionante. A stento potrei descrivere in che cosa consistessero i suoi indumenti, giacchÊ essi sembravano un mucchio di stracci sopra un paio di alti e pesanti stivali e la sporcizia che lo copriva era indescrivibile.

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Questo volume contiene due tra le storie più intense del solitario di Providence, il grande scrittore horror H.P. Lovecraft, splendidamente adattate a fumetti dai meravigliosi acquerelli di Sergio Vanello, più una terza storia inedita. Il violinista Erich Zann suona tutta la notte in preda ad una terribile agitazione, di fronte a una finestra aperta, per tenere lontana l’oscurità con i suoi mostri indefiniti: notte dopo notte l’intera umanità si regge sulle fragili note di un uomo stanco. Nel secondo racconto, Un’illustrazione e una vecchia casa, durante un temporale il protagonista si rifugia in una piccola casa in campagna, dove ad accoglierlo ci sarà un contadino davvero inquietante... Nella terza storia, Samsara, interamente opera di Sergio Vanello, le angosce e la sofferenza prenderanno una forma speculare a quella del protagonista, conducendolo verso l’oblìo della distorsione dello spazio e del tempo…

ISBN: 978-88-94818-42-0

edizioninpe.it Edizioni NPE euro 19,90


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