La Salernitana dopo i 100 Anni

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Alfonso Pierro

SALERNITANA

la

dopo i 100

anni


Salernitana dopo i 100 Anni di Alfonso Pierro © dell’Autore dei testi 2021 © Edizioni NPE per questa edizione © degli aventi diritto per le immagini utilizzate Collana: Sport, 5 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio Stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento editoriale: Valeria Morelli Progetto grafico e illustrazione di cover e quarta: Luca Magnante Correzione bozze: Ada Maria De Angelis Prima edizione, Salernitana prima dei 100 anni (giugno 2018) Seconda edizione, luglio 2021 Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. – Vignate (MI) nel mese di luglio 2021 Edizioni NPE è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe


La Salernitana dopo i 100 Anni di Alfonso Pierro



Indice

Capitolo primo

Capitolo secondo

Capitolo terzo

Capitolo quarto Capitolo quinto Capitolo sesto Capitolo settimo

Capitolo ottavo Capitolo nono Capitolo decimo

Introduzione

La Salernitana al debutto nell’Olimpo calcistico (Serie A, 1947-1948) Dalla retrocessione alla promozione in Serie B dell’anno 1965–1966

Il trionfo nel torneo Dante Berretti 1968-1969

La lunga militanza in Serie C dagli anni Settanta agli anni Novanta La promozione in Serie B di Mister Ansaloni e Di Bartolomei 1989-1990 Lo spareggio di Pescara

L’avvento del presidente Aliberti: Dalla Serie C alla Serie A

Dal post Piacenza al fallimento di Aliberti Sull’orlo del secondo fallimento. La favola di Breda e del D. S. Salerno

L’era di Lotito e Mezzaroma: dalla D alla B

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Capitolo undicesimo

Capitolo dodicesimo

Capitolo tredicesimo

Capitolo quattordicesimo

Minala al 96’

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Una stagione fantastica

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Dalla vittoria di Avellino alla delusione Ventura Pescara-Salernitana: la storia passa di nuovo dall’Adriatico Bibliografia

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Introduzione

Dal sogno alla realtà. Altre notti in lacrime. Questa volta lacrime di passione, di speranze e di gioia. Dopo il pareggio di Piacenza, nell’ultima giornata di campionato della formazione del presidente Aliberti, e la conseguente tragedia del treno dei tifosi di ritorno dall’ultima apparizione in A, nessuno avrebbe osato immaginato di rivedere di nuovo i granata in massima serie. Sognato sì! Perché il popolo granata vive di sogni che, ogni tanto diventano realtà. Era il desiderio di tutta la città di vivere questo sogno. I tifosi più attenti e oggettivi non chiedevano la serie A ma, solo, di poterla sognare di poterla aspirare, di poterla accarezzare e, qualora ci fosse stata l’occasione di poterla “rivedere” nel rettangolo dell’Arechi. La strada della Salernitana sembrava proiettata verso un calcio-business sterile e svuotato di quella passione che la gente vuole alimentare giornata dopo giornata. Una stagione piena di insidie e di delusioni. Una stagione piena di morte e di dolore. Il Covid ha privato il mondo di quella felicità e quella passione che il calcio riesce a dare. Ma la squadra di Castori è riuscita, come un combattente, a far dimenticare tutte le amarezze della vita e dello sport. Salerno sportiva ha vissuto una prova di fuoco con animo triste e nello stesso tempo forte. Quando le avversità delle Noif hanno logorato l’animo e frustrato le coscienze dei tifosi è arrivato Castori che, con uno spirito forte e non 5


la salernitana dopo i 100 anni disposto a subire l’arbitro altrui, ha iniziato la lotta pensando solo, esclusivamente, a cementare il gruppo e a plasmarlo a sua immagine e somiglianza. Lui ha affrontato questa lotta con grande sicurezza e tenacia e, nonostante avesse subito lividi dalle percosse e visto il suo sangue, non ha mollato. A ogni sgambetto non si è perduto d’animo. Si è rialzato sempre più deciso a resistere affrontando la lotta con la consapevolezza che stava forgiando un gruppo di gladiatori e guerrieri spartani. La Salernitana di Castori è la cronaca attuale di una storia che non ha eguali in fatto di passione e di voglia di emergere dalle difficoltà di una città che non trova, sempre, pace e dignità economica. Il tifoso ha bisogno di passione, emozioni, gioie e, questa volta hanno trovato spazio a discapito delle delusioni, delle amarezze e delle lacrime. Questo testo vuole essere un percorso emozionale, cercando di far sognare i lettori e far sentire addosso la polvere delle prime gare dei nostri beniamini sino alle ultime avventure che abbiamo vissuto in questo anno fantastico e pieno di emozioni e dubbi.

Appare per la prima volta il cavalluccio sulle maglie della Salernitana. Salernitana-Napoli, 1948. Tutti i diritti riservati.

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introduzione

L’obiettivo è quello di far sognare e rivivere storia e aneddoti attraverso i ricordi dei protagonisti che, a nostro avviso, non sono sempre gli atleti, perché la Salernitana è prima dei tifosi e poi di chi indossa la casacca granata. Proprio per questo siamo sempre più convinti che la storia di una società sportiva non la scrive solo il presidente, l’allenatore, i giocatori ma, soprattutto, i tifosi con la propria trasportata partecipazione alla vita sportiva quotidiana della squadra che parte, ogni anno, dal ritiro precampionato fino all’ultimo secondo della stagione quando poi cala il sipario del teatro del calcio. Questo senza trascurare, ovviamente, la campagna acquisti estiva, gli allenamenti settimanali fino a lasciarsi trasportare da una vittoria sofferta, e a piangere per una sconfitta in una gara delicata della stagione. Salerno vive di calcio: nei bar, soprattutto negli anni passati, si parlava solo di Salernitana. Il giorno dopo la partita la città si univa in una unica voce per commentare le gesta della propria beneamata, per criticare le scelte o un gol sbagliato o per esaltare il momento positivo di tutta la formazione. Sintetizzando, possiamo dire che, più di tutti, i tifosi sono la vera anima di una fede che, come recita un loro canto, si tramanda da padre in figlio. Gli altri protagonisti, quelli di “passaggio”, non sempre lasciano la città senza magone, e in questo percorso in tanti hanno ricordato con affetto la loro permanenza in maglia granata: la città, il calore del sole e del mare, il piacere di una passeggiata in uno degli scorci più affascinanti della penisola italiana. Troverete, in queste pagine, pochi cenni statistici, poche formazioni tipo, non è quello l’obiettivo, ma durante il percorso di lettura cercheremo di trasmettere quel pathos che necessita a un tifoso per restare legato al proprio “amore”. Un pathos che, di tanto in tanto, si autoalimenta, ma questo non succede in tutti, spesso la passione deve avere quella spinta emozionale che solo un pallone bianco che gonfia la rete sa dare. Per chiudere la presentazione di questo saggio vogliamo semplicemente dire che lo scopo principale è quello di raccontare i fatti come in un reportage anche se a volte, probabilmente, sembrerà uno “zibaldone” di contenuti, di racconti e testimonianze sparse durante il percorso lungo più di un secolo. Per cui, troverete interviste a giocatori, ricordi di tifosi e atleti, di presidenti e autorità cittadine o sportive, insomma tutto quanto sia riuscito a trovare, raccogliere, ascoltare, in questo lungo e faticoso percorso di completamento delle pagine di questa opera sportiva. Per una scelta personale, non ho voluto cominciare la storia della genesi granata poiché, ritengo, che la data della sua nascita, 19 giugno 1919, sia, ormai, praticamente tatuata nel cuore e sulla 7


la salernitana dopo i 100 anni pelle di ogni appassionato della Salernitana e anche perché in tanti, più blasonati di me, ne hanno approfonditamente parlato nelle loro opere. Questa data, tatuata su molti corpi e in molti cuori è ormai festeggiata ogni anno dai tifosi che si riversano in piazza per accrescere ancora di più la loro passione e di tentare di tramandarla di “padre in figlio”, cercando di allontanarli dalle sirene delle vittorie facili delle grandi squadre italiane. In quella data, ormai, tanti tifosi colorano di granata la città, festeggiando, così, “Sua Maestà” Salernitana. Per non lasciare incompleto questo libro, ho voluto inserire, in questa introduzione, un piccolo riassunto della storia granata, che il giornalista Antonio Roma ha scritto sulla «Città» il 10 agosto 2005 quando arriva l’ennesima “sconfitta” per il calcio salernitano. Il giorno prima, infatti, vengono cancellati 86 anni di storia e, il giornalista, li ripercorre, brevemente, nel suo articolo. Ecco le parole usate: Tutto cominciò il 19 giugno 1919 quando prese vita l’U.S. Salernitana. La costituzione avvenne nei locali della “SS.Giovani Esploratori” in corso Umberto I, al numero 67 dell’attuale via Mercanti. Dieci i soci, fra cui Matteo Schiavone e Adalgiso Onesti, poi diventati 60 ad agosto. L’attività sportiva iniziò il 27 luglio, la sede in un locale nello stabile del Teatro Verdi, concesso

I calciatori festeggiano la promozione in serie A. Fonte archivio storico della Salernitana. Tutti i diritti riservati.

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introduzione

dal Comune. Il primo campionato ufficiale nel 1920, quasi per caso, con la Salernitana inserita quale quarta formazione a completamento del girone B del campionato di promozione regionale. Nella stagione calcistica 1923-24, la fusione con l’Audax, per evitare eccessivi dispendi economici, presidente l’avvocato Settimio Mobilio.

Un altro nome da ricordare nella storia della Salernitana è Géza Kertész. Non amante della politica, ma solo il calcio e della sua evoluzione tattica, lui che alla sua prima esperienza in Italia ha vinto un campionato (Spezia), lui che attendeva con ansia la chiamata in serie A, lui che ha inventato il ritiro (a Catania), lui che è scappato di notte, da Salerno, per accettare un contratto più conveniente, lui che è dovuto ritornare, per via di un giusto ricorso, ad allenare la Salernitana, lui che ha sfiorato la promozione in B (perdendo lo spareggio col Cagliari stagione 1930-1931), lui che quando, allenando la Roma, per paura dei bombardamenti, decise di tornare in Patria, andando ad “abbracciare” il proprio destino. In poco tempo tutto cambiò. Géza Kertész all’improvviso decise che bisognava fare qualcosa contro l’arroganza nazista. La moglie Rosa in primo momento intuì di quello che stava facendo suo marito e ogni “volta che Géza usciva di casa si fa il segno della croce”. Tante vite salvate. Solita prassi. Documenti falsi e, grazie al suo ottimo tedesco, indossando una divisa militare, riesce a strappare da morte certa tante persone inermi dinanzi a un crudele destino. Il tutto, fino a quando la sua rete clandestina non venne smantellata. L’articolo di Antonio Roma continua: Sussulti vigorosi nella stagione 1931-32, dove riuscirà in una serie di ben 16 risultati utili di fila, approdando alle finali promozioni in B. Nel ’33, esordisce Antonio Valese, il “balilla salernitano”, mentre nel ’37 sarà la volta di “’O Lione” Jacovazzo, due elementi che trascineranno la Salernitana dalla C alla serie A. Dalla stagione 1935-36, scompare la Prima Divisione, per far posto alla serie C. Due anni, e la Salernitana centra la prima storica promozione. Presidente del sodalizio Giuseppe Carpinelli, con la squadra che raggiunge la B solo all’ultima giornata. Purtroppo, nella stagione anni seguente, giungerà anche la prima retrocessione. Gli anni Quaranta sono gli anni d’oro, quelli del massimo splendore. Dopo la retrocessione in C, cominciano ad apparire in prima squadra elementi che determineranno il futuro della Salernitana, a iniziare da “testina d’oro” Vincenzo Volpe, ma anche il più prolifico attaccante granata di tutti i tempi come Vincenzo Margiotta, un giocatore che, nonostante il non possente fisico, scagliava con potenza i suoi tiri da ogni posizione del campo.

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la salernitana dopo i 100 anni A questi va ad aggiungersi anche un giovane, Elio Onorato, che nel giorno del suo diciottesimo compleanno, il 18 ottobre 1942, arriva a esordire in prima squadra. Sono anche gli anni di Giuseppe Ferruccio “Gipo” Viani che dirigerà la Salernitana in due successive occasioni, fino a raggiungere la serie A […]. La serie A ritornerà a Salerno solo 51 anni più tardi […].

Ma le emozioni a volte ritornano. 10 maggio 1988-10 maggio 2021. 23 anni dopo. Atto terzo! E il destino ha voluto ancora giocare con noi. La gara decisiva si è giocata a Pescara dove la squadra di mister Ansaloni venne sconfitta dal Cosenza grazie a un gol di Marulla nei tempi supplementari, lasciando in lacrime la cadetteria, che mancava alla piazza dagli anni di Tom Rosati. Questa volta, però, quello che perdemmo a Pescara, Salerno e la Salernitana, se lo sono ripresi con i dovuti interessi.

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introduzione

L’evoluzione dello stemma della Salernitana

Unione Sportiva Salernitana 1919-1922

Unione Sportiva Fascista Salernitana 1927-1943

Unione Sportiva Calcio Salernitana 1943-1947

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la salernitana dopo i 100 anni

Unione Sportiva Salernitana 1947-1977

Salernitana Sport 1977-1986

Salernitana Sport 1999-2005, 2009-2011 e dal 2012 a oggi

Salernitana Sport 1986-1999

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introduzione

Salernitana Calcio 2005

Salernitana Calcio 1919 2005-2009

Salerno Calcio 2011

Salerno Calcio 2011-2012

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la salernitana dopo i 100 anni

Salernitana Calcio

Il Cavalluccio storico disegnato nel 1948 da Gabriele D’Alma e donato dalla sua vedova, Maria Talento alla società nel 2005. (foto in basso). Tutti i diritti riservati.

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capitolo i

La Salernitana al debutto nell’Olimpo calcistico (Serie A, 1947-1948) «La Salernitana al debutto nell’Olimpo calcistico» così titolava la pagina del quotidiano «Roma» nella presentazione della prima gara in massima serie dei granata, che fu giocata contro la Lazio. In questo capitolo vogliamo riportare alla luce quelle emozioni che hanno accompagnato quell’annata fatta di gioie, di spregiudicatezza e lacrime. Emozioni che, ormai, aleggiano nel mito del ricordo “sbiadito” nella mente dei tifosi. Chi potrà nascondere la propria emozione in quel momento solenne per gli sportivi di Salerno? Saranno i primi passi del bimbo timoroso, poi fatte le ossa, la Salernitana affronterà i pericoli del campionato con la ferma volontà di affermarsi permanendo nella divisione nazionale a dare lustro al calcio campano. Senza grandi nomi, ma piena di volontà, sicura della sua forza che risiede nella “La Salernitana al debutto nell’Olimpo calcistico” giovinezza degli atleti […]. «Il Roma», settembre 1947.

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la salernitana dopo i 100 anni Era l’emozione che si viveva in città in quell’anno, i tifosi erano anch’essi dei bambini timorosi che si affacciavano per la prima volta nella massima serie nazionale e sognavano, sognavano di restarci per sempre. Il calcio campano (era presente anche il Napoli), in quella stagione, se ne uscì con le ossa rotte, tra tante polemiche e accuse. Il bimbo timoroso, in realtà, è rimasto tale, cresciuto sì, ma rimasto “acerbo”, per cui non si è potuto gustare e godere il frutto maturo di fine stagione, anzi, era così acerbo, quando è stato raccolto che nessuno riuscì a godersi, appieno, quella corsa fino all’ultimo respiro verso la salvezza. L’esordio casalingo arrivò alla seconda giornata di campionato (nella prima la Salernitana riposava) vide la squadra campana battere la Lazio per 2 reti a 0 con doppietta, un gol per tempo, di Morisco. È lui è il primo marcatore della Salernitana in massima serie e anche colui che siglò la prima doppietta. Pasquale Morisco, attaccante nato a Bari il 6 giugno 1920, era arrivato alla Salernitana l’anno della promozione dalla B alla A e aveva disputato 14 partite siglando anche 2 reti. Andò meglio nella stagione successiva, quella della A dove giocò due partite in meno, ma andò in gol ben 5 volte. Non si poteva cominciare meglio, il vianema (di cui vi dirò più avanti) aveva dato subito i suoi frutti. La tattica usata dalla Salernitana aveva del sorprendete in quegli anni e aveva confuso la più accreditata formazione della Lazio. Quella partenza importante, sia da un punto di vista del risultato sia da un punto di vista mentale e del gioco se ne ha menzione già dalla prima trasferta, quando, i granata, alla terza di campionato, erano impegnati sul campo del Vicenza. Per buona parte della gara la Salernitana tenne il pallino del gioco ma, come scriveva il giornalista del «Roma»: «Il Vicenza non esisteva in campo, era sommerso, abbacchiato, ubriacato dal gioco degli uomini» di Gipo Viani. La formazione granata sembrava una squadra già rodata per la massima serie, girava a mille, però, con non poche lacune, ma portava con sé l’entusiasmo di chi, bambino, è troppo eccitato per arrendersi alla sconfitta del sonno. Quella gara, che vedeva la Salernitana schierata con Masci, Buzzegoli, Pastori, Piccinini, Benedetti, Daganti, Tori, Morisco, Vaschetto e Margiotta, terminò con una sconfitta. Purtroppo, nonostante il buon gioco e la buona fase difensiva, quella squadra soffrì molto il mal di trasferta. Ma questo lo vedremo più avanti. Nello stesso articolo, il «Roma», faceva un passaggio interessante sulla partita, infatti, raccontava che, più passava il tempo e più «la Salernitana andava 16


la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

sempre più ammirando la bellezza del suo gioco e la perfezione delle trame, dimenticandosi che il sistema di gioco e la bellezza del gioco sono un mezzo e non il fine e che invece è assolutamente necessario segnare». Avevamo accennato della presenza del Napoli nello stesso campionato e, ovviamente, non poteva mancare di narrare quelle due partite che poi, resteranno le uniche disputate in massima serie tra le due compagini. Il primo derby in serie A col Napoli si giocò all’ottava giornata di campionato. Prima di aprire la pagina del giornale del «Roma» non avevamo mai pensato, minimamente, di leggere che la Salernitana, sulla carta, era nettamente favorita: “[…] oggi con la Salernitana che tutti stiamo ammirando in questo inizio di campionato, e ciò facendo attraverso valutazioni di ordine tecnico, il risultato del ragionamento andrebbe tutto a discapito del Napoli, tanto che i granata avranno domani il campo amico”. La prima gara fu disputata a Salerno e, per la cronaca fu ricca di emozioni e di gol e il risultato finale (3 a 3) vide il Napoli agguantare il pari proprio allo scadere della partita lasciando a bocca asciutta tutti i tifosi presenti sugli spalti che già pregustavano la vittoria nel derby con i cugini in casacca azzurra.

Formazione della Salernitana 1947-1948. Archivio della storia della Salernitana. Tutti i diritti riservati

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la salernitana dopo i 100 anni I gol furono realizzati, in sequenza da: Barbieri al 21’, Di Benedetto al 32’, Onorato al 51’ (S), Buzzegoli (rig.) al 59’ (S), Vaschetto al 86’ (S) e, come anticipato, il pareggio di Di Benedetto all’89’ minuto. La gara di ritorno, a Napoli, invece, finì con uno scialbo 0 a 0 e fu giocata davanti a 22 mila spettatori, annoiati. L’incasso fu di nove milioni di lire. Curiosità: in questa partita furono siglate tre reti, tutte viziate da irregolarità, due delle quali realizzate dal Napoli. Ma, nonostante ciò, i commentatori dell’epoca non rimasero di certo entusiasti della prestazione delle due squadre. Ecco uno stralcio del commento, pubblicato dal «Roma»: Nessuno si aspettava invero una accademia delle squadre di Napoli e Salerno, ma bisogna riconoscere che queste due unità hanno superato ogni limite nel negare alla partita qualsiasi contenuto apprezzabile.

Nello scorrere le pagine e le memorie scritte dai quotidiani dell’epoca, ci imbattiamo in una pagina di cronaca sportiva nazionale del «Corriere della Sera» del 10 novembre, che racconta ai suoi lettori la bella vittoria casalinga, nell’anticipo di serie A, della Salernitana sul Genoa per 4 a 1. Ecco come si esprime il cronista sulla partita: “La Salernitana ha battuto e piegato il Genoa, con un gioco a sorpresa e con continui spostamenti di ruolo che hanno disorientato i sistemisti rossoblù. La Salernitana ha iniziato a tutta velocità e al 17’ Rossi metteva a segno la prima stoccata, alla quale tre minuti dopo si aggiungeva quella di Margiotta”. Poi andavano in rete Onorato all’11’ del secondo tempo e, nel recupero ancora Margiotta. Arriva quasi al giro di boa, e l’ultima gara del girone di andata vide i granata impegnati a San Siro contro i nerazzurri. Sempre il «Corriere della Sera», in un articolo firmato da Bruno Guerini, del lunedì-martedi 9-10 febbraio titola: “Stentata per l’Inter la vittoria sulla Salernitana”. Ancora una sconfitta, ancora una volta immeritata. Questa volta però abbiamo la fortuna di poterci gustare il racconto del gol dei granata di Gipo Viani del cronista Guerini: “Nella ripresa i granata prendono l’iniziativa dopo aver operato vari spostamenti. L’Inter tentenna e al 20’ ecco il gol per la Salernitana: Onorato passa a Morisco che traversa al centro ove Vaschetto – libero – raccoglie e batte Franzosi con un tiro che sfiora la traversa”. Quel gol da antologia non basterà a lasciare la “Scala del Calcio” con almeno un punto in tasca. 18


la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

Il primo ricordo “personale” di questa storica e, per tanti anni, unica apparizione in massima serie si deve, per forza di cose, al genitore che tramanda la passione per i colori granata, quando, di tanto in tanto, raccontava le sue emozioni che, a nostro avviso, aveva più ascoltato che vissuto personalmente. Di quella serie A «Verdetto Sport» raccontava di un episodio che sembrava più epico che reale ma, poi, leggendo le cronache di quella partita ci siamo immaginati quel gesto come vero, più volte sognato, in bianco e nero, come erano le foto e le sparute immagini di quegli anni. Quel gesto che, nella mente, appariva, come se avesse negato la permanenza in serie A alla squadra del cuore, perché nella fanciullesca passione non era ancora apparsa la partita “farsa” contro la Roma (di questo ne parleremo più avanti). Di quel gesto ne racconta anche Matteo Amaturo, figlio del grande giornalista Salernitano Gigi: Papà, era molto stimato dal grande Viani, e il ricordo della serie A si riferisce alla partita contro il Torino quando lui vide Mazzola indicare al resto della squadra ‘andiamo’. La partita finì come sappiamo.

Questi due ricordi si riferiscono alla gara di ritorno tra Salernitana e Torino. Il “Grande Torino”, quello di Valentino Mazzola, quella squadra che ha fatto piangere tutto il mondo sportivo dell’epoca quando, di ritorno da una gara amichevole, contro il Benfica, l’aereo si infranse contro la collina di Superga. Era il 4 maggio 1949. Ebbene quella grande squadra ha calcato il terreno di gioco di via Nizza (l’attuale stadio “Donato Vestuti”) e, i “granata del Sud”, come il cronista dell’epoca li etichettavano, stavano pareggiando per una rete a uno contro il Torino, quel Torino. Si narra che i tifosi di Salerno beffeggiarono, durante il primo tempo, la formazione torinese. La squadra capitanata da Valentino Mazzola, in pratica, aveva lo scudetto già bello e conquistato, in Italia non aveva rivali, per cui, lasciare un punto alla Salernitana, non avrebbe di certo macchiato il suo cammino e il suo campionato. Praticamente, non avrebbe modificato il suo destino. Quello della Salernitana, invece si. Quel punto non concesso per “colpa dei tifosi” ha fatto si che poi, si ritornasse in serie B. Questo, almeno nella fantasia di bambino. «Stampa sera», in un articolo pubblicato il 12/11/1947, così presenta il match tra le due squadre con le maglie color granata: 19


la salernitana dopo i 100 anni I campioni d’Italia dovranno, quindi, stare bene attenti perché, gli uomini di Viani partono col deciso proposito di sovvertire i pronostici contro il Torino. La Salernitana giocherà con questa formazione: Masci; Pastori, Benedetti; Damanti, Buzzegoli, Tori; Margiotta, Vaschetto, Piccinini, Rossi e Onorato.

Buzzegoli, non giocò ma, come si evince, la Salernitana era molto considerata dalla stampa nazionale e non solo da quella locale. La gara: i tifosi della Salernitana lamentavano di non vedere all’opera il meglio di questa stupenda squadra che era il “grande” Torino. Le grida di disapprovazione erano composte, ma fastidiose. Questo chiacchiericcio da stadio, insolente e denigratorio, portò, e qui si mescola la leggenda con la realtà, il grande Valentino Mazzola ad alzare la mano verso i suoi compagni indicandogli di attaccare. Da quel momento in poi, il grande Torino dimostrò tutto il suo valore, lasciando a bocca aperta il pubblico e portando in trionfo i “granata del Nord”. La gara cominciò subito bene per i “granata del Sud” che al 7’ minuto passarono in vantaggio con bomber Merlin (che raccoglieva un pallone calciato da Onorato sfuggito alla presa di Baccigalupo). Dieci minuti dopo Gabetto pareggiò i conti. La gara filò liscia per tutto il primo tempo, fino a quando Valentino Mazzola non diede la carica ai suoi e, in sequenza, siglarono altre tre reti: al 59’ ancora Gabetto; al 79’ Ossola e all’81’ il grande capitano Valentino Mazzola. Il quotidiano «Roma», nella cronaca della gara, giocata innanzi a 12 mila spettatori, parla di una Salernitana all’altezza della “NazionalTorino” come la definì Gigi Amaturo in un commento post gara su un settimanale locale: La storia della partita registra per il primo tempo e per il primo quarto d’ora del secondo una netta prevalenza della Salernitana la quale con la foga e l’entusiasmo delle sue migliori giornate ha attaccato […] con un Merlin decisamente impetuoso, con Vaschetto vero e instancabile motorino.

Salernitana-Torino, Serie A. Le formazioni al centro del campo, 17 aprile 1948. Tutti i diritti riservati..

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la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

Il blocco mediana-difesa, saldamente imperniato sulla triade Piccinini, Pastore, Iacovazzo, ha disorientato per oltre 60 minuti il famoso attacco nazionale dando spettacolo di bel giuoco.

La sontuosa prestazione dei granata fu rimarcata anche da «Verdetto Sport», settimanale di approfondimento sportivo locale, in un articolo a firma di Matteo Talento che scrisse: […] In questo primo tempo che i “granata del sud” hanno scritto, nel libro d’oro la pagina più bella delle loro prestazioni: Agli attacchi dei “granata del Nord” hanno risposto con veemenza inaspettata e alla ferrata difesa dei Campioni hanno portato attacchi insidiosi, tanto da costringere ripetutamente il colosso Rigamonti a smistare indietro a Bacigalupo per liberarsi delle noiosissime cavallette “giallo-rosse” (perché la Salernitana per dovere di ospitalità, ha indossato la maglia di questo colore). Questo pugno di ragazzi, insomma, che l’anno scorso, quasi stentatamente ha vinto il proprio Girone di Serie B, ha saputo tener testa alla Nazionale Italiana […].

Il gol della Salernitana contro il grande Torino, 17 aprile 1948. Archivio della storia della Salernitana. Tutti i diritti riservati.,

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la salernitana dopo i 100 anni Ebbene sì, quella squadra, il grande Torino, era praticamente la Nazionale Italiana di quel periodo che nel secondo tempo, continuava l’analisi di Matteo Talento “ha cambiato totalmente la tattica di gioco stordendo gli allievi e il pubblico. […] Il Maestro ha dato scuola!”. I granata, per la penna di Talento, non furono umiliati, ma va riconosciuta “l’aureola del martire che tutto ha dato per la sua causa, cadendo all’impiedi di fronte al più forte avversario”. Per chiudere il capitolo Torino bisogna citare anche il titolo apparso sul «Corriere della Sera» domenica 18 aprile 1948 “Il Torino domina sul campo della Salernitana”. Insomma, l’altro lato della medaglia che, però non sminuì la buona prova dei granata del sud. Di quella serie A abbiamo un altro ricordo personale, questa volta, per aver intervistato, verso la fine degli anni ottanta, uno dei pochi superstiti, a quei tempi, di quella squadra. In quel periodo, una rivista locale, era solita raccontare alcune partite di quella stagione o intervistare qualche calciatore di quella meravigliosa annata. L’unico che riuscimmo a trovare fu Carmine Iacovazzo al quale chiedemmo un’intervista. La prima volta che chiamammo rispose la moglie, gentile nei modi e nei toni. Fu lei il tramite. Carmine Iacovazzo era il centrocampista di quella formazione ed era nato il 16 gennaio 1920.

Foto del grande Torino, 1948. Fonte «Verdetto Sport». Tutti i diritti riservati.

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la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

Riuscimmo a ottenere l’incontro dopo almeno altri due tentativi, ma il suo appuntamento fu vago: «Io ogni mattina scendo al corso, mi trova seduto sulla panchina alle spalle della Banca d’Italia». Qualche giorno dopo andammo a trovarlo. Sembrava non volesse sforzarsi di ripercorrere quella stagione e disse: “Ho solo ricordi sbiaditi. Ormai sono anziano, sono passati tanti anni e assicuro che faccio fatica!”. Ma non potevamo perdere quel momento fantastico, l’emozione era tanta, stavo intervistando un calciatore della Salernitana che aveva giocato in serie A. Ci ponemmo come fa un nipotino che pende dalle labbra del nonno per conoscere le storie e farsi tramandare tutta la saggezza che solo loro possono trasmettere e, così, lui si lasciò andare. Raccontò delle sue emozioni e dei pochi ricordi ancora nitidi nella sua mente, l’emozione fu tanta anche nello scrivere quel pezzo, perché, forse, fummo gli ultimi a ottenere un’intervista. Quella serie A va ricordata anche per il “vianema”, così come già ai tempi veniva chiamato lo schema della Salernitana. Infatti, sempre dalle cronache di quel periodo, nell’articolo che raccontava la gara tra Alessandria e Salernitana, troviamo cenni di questo nuovo modo di giocare a calcio: […] Gambazza è stato brillante e preciso nei suoi interventi e i tre terzini del vianema (Pastore, Buzzegoli, Iacovazzo), pur non essendo nella loro giornata migliore hanno giocato con serietà e bravura, divincolandosi, insieme con Piccinini […].

Lo stesso Viani racconta, alcuni anni, dopo le motivazioni dell’utilizzo di quel modulo: Dovevo affrontare un campionato impegnativo, pieno di incognite, ed ho voluto dare alla squadra, soprattutto in difesa, una maggiore sicurezza senza, però, perdere la possibilità di attaccare con una certa efficacia. Fui costretto a giocare in questo modo, anche se non ho mai approvato l’impiego di un battitore libero alle spalle di tutti, una formula che, secondo me, rovina il gioco.

In realtà quella idea del battitore libero ha fatto la storia del calcio italiano, soprattutto grazie a Nereo Rocco. Poc’anzi avevamo accennato della forte amicizia tra Gipo Viani e Gigi Amaturo, che aveva ottenuto un nomignolo di prestigio: il “Brera di Salerno”. Proprio il grande giornalista salernitano contrastò con veemenza la paternità del vianema all’amico Gipo, sostenendo che il sistema di gioco rivoluzionario fosse 23


la salernitana dopo i 100 anni stato sperimentato tempo prima, sulla spiaggia di Santa Teresa da Antonio Valese. Procediamo con ordine. In quel periodo esistevano solo due schemi, il “sistema” e il “metodo”. Il metodo (2-3-2-3) veniva anche chiamato modulo a WW e questo schema permise all’Italia di vincere i due titoli mondiali nel 1934 e nel 1938 (senza trascurare l’unico oro Olimpico del calcio nel 1936). In pratica davanti al portiere si schieravano due difensori; la linea mediana era composta da due laterali e dal centromediano chiamato metodista che aveva come compiti di dirigere la difesa ed era incaricato a capovolgere il gioco anche con lanci lunghi; due Juventus-Salernitana, 13 giugno 1948. Fonte «Corriere della Sera». interni o mezzali arretrate rispetto alle due ali e al centravanti. Il “sistema”, invece, prevedeva uno schema (3-2-2-3) con marcature individuali e che rendeva molto più aggressivo il gioco rispetto a chi utilizzava il metodo. Insomma, mentre chi adottava il sistema riceveva applausi per la manovra di gioco, le squadre che adottavano il metodo invece erano considerate più contropiediste. In Italia, la prima squadra ad adottare il sistema fu il grande Torino di Valentino Mazzola. Proprio mentre il mondo pallonaro si dibatteva su quale fosse il miglior modulo in assoluto tra il metodo e il sistema, a Salerno nasceva il “vianema” che prevedeva l’arretramento del “falso centravanti” dietro la linea difensiva. Praticamente, succedeva che, al fischio d’inizio, il falso centravanti, Piccinini (che scendeva in campo con la maglia numero 9), correva a posizionarsi nel ruolo di centromediano metodista, mentre Bazzegoli giocava nel nuovo ruolo di battitore libero, ruolo che ha dato lustro e vita al calcio “catenacciaro” e vincente italiano. 24


la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

“Mastro Gipo”, (all’epoca del racconto era manager del Genoa) come verrà nominato in seguito, però in un’intervista rilasciata al «Corriere della Sera» e pubblicata il 13 Novembre 1965, analizzando una sconfitta della Nazionale italiana a Glasgow, così parla del suo modo di intendere il calcio e dell’evoluzione che ha cercato di dare al suo “vianema”: “La paura ha fatto perdere la Nazionale. […] questo abito mentale che da troppo tempo rappresenta l’handicap del calcio italiano fa si che ci si preoccupi solo di non prenderle. È una forma mentis sbagliata”. Un’accusa che spesso si è ripetuta nel tempo, anche in anni diversi, continua Viani: Io sono stato il primo, lo confesso, vent’anni fa con la Salernitana, mi preoccupavo di non perdere e di salvare il posto. Ma sono stato anche il primo – mi devo dare atto – ad aver capito l’errore e di aver cercato altre strade. […] Il catenaccio deve essere una variante tattica per determinati momenti della partita, non può essere più uno schema fisso, partendo con la consapevolezza di rinunciare all’offesa, isolando i propri attaccanti e, chiudendosi tutti in difesa è inevitabile che si perda.

Insomma, come dire, ha recitato un mea culpa oppure è stata una necessaria evoluzione di un gioco che ha dato lustro alla Salernitana e all’Italia intera? Questo dilemma, però, lo lasciamo a voi lettori, intanto ricordiamo, solo che “Mastro” Gipo morì stroncato da un collasso in un albergo di Ferrara nel 1969 a sessant’anni. La sua carriera d’allenatore lo aveva visto seduto su panchine importanti come Palermo, Roma, Bologna, Milan e Udinese. Col Milan, da tecnico, vinse anche due scudetti nel 1956-57 e nel 1958-59. Questa idea tattica, come raccontavano i calciatori dell’epoca, era stata fondamentale per la squadra granata perché altrimenti avrebbero dovuto soccombere allo strapotere tecnico delle avversarie, invece in questo modo avevano disputato un ottimo campionato, soprattutto in casa e, questo almeno fino a quando, contro il Livorno, Rossi non si infortunò gravemente (ricordiamo che all’epoca non esistevano le sostituzioni, per cui il calciatore granata non poté essere cambiato durante la gara). Da quella partita, tra le mura amiche, contro il Livorno, (dove la Salernitana era in vantaggio per due reti a zero, fu poi persa per 4 a 2) che portò a un ulteriore declino della squadra guidata da Gipo Viani, che aveva perso un interprete importante del suo gioco, e impiegò un po’ di tempo per riprendere un cammino regolare che, purtroppo, non bastò a raggiungere la meritata salvezza. 25


la salernitana dopo i 100 anni Insomma, da quando si evince nelle letture e nei ricordi dei protagonisti dell’epoca, si narra di una squadra che giocava e divertiva, ma che aveva, e in effetti è stata forse la sua pecca maggiore, il mal di gol e, soprattutto malata del “morbo” da trasferta. Ma, l’episodio che ancora rimbomba nella mente di ogni tifoso, anche giovane, è quello (quelli) relativi alla partita “spareggio” tra Roma e Salernitana, alla penultima di campionato. La partita era di quelle che valeva una stagione e si affrontava, in trasferta, davanti a trenta mila tifosi. Lo stadio Flaminio era gremito. La Salernitana giocò una gara impeccabile, il punto poteva bastare per una salvezza meritata, lo zero a zero, però, fu schiodato grazie alla collaborazione dell’arbitro Vittorio Pera di Firenze (poi squalificato a vita) che, stranamente, non si accorse che il gol della Roma era viziato da un clamoroso fallo sul portiere in uscita e in presa alta, dove, fu travolto da due giocatori giallorossi. Ecco il racconto dell’azione estratto dal quotidiano «Roma»:

Juventus-Salernitana, 1948. Tutti i diritti riservati.

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la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

Al 6’ della ripresa si ha l’episodio decisivo della partita. Brunelli batte un lungo calcio di punizione da oltre metà campo, la palla piove in area fra tre difensori, uno dei quali, probabilmente Piccinini, cerca di passarla al portiere. Masci, però, pressato da Zsengeller, scivola e non riesce a raggiungere il pallone che finisce in rete”. Vittorio Masci, il portiere di quella Salernitana che in quella gara parò anche un rigore ad Amadei, almeno così lui dichiara in un’intervista, anche se la cronaca del tempo, invece, parla di rigore calciato sul palo, infatti l’articolo descrive l’azione in questo modo: “Il suo tiro colpisce il palo cosicché il portiere degli ospiti può deviare in angolo.

Sempre Masci, durante la stessa intervista, dichiarò che l’arbitro, in campo, ripeteva più volte: “Non so più che cosa fare per farvi segnare”. La partita non finì al triplice fischio, infatti, per la dirigenza della salernitana l’arbitro aveva commesso un errore tecnico e presentò reclamo chiedendo la ripetizione della gara. Dell’episodio si ha notizia anche grazie ad alcuni calciatori, errore tecnico, però, che il direttore di gara non ha mai riconosciuto. Proprio per questa ragione la richiesta di ripetizione della partita, inoltrata agli organi competenti, fu respinta.

Gol della Roma contestato, 1948. Fonte archivio storico della Salernitana. Tutti i diritti riservati.

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la salernitana dopo i 100 anni

Caricature di «Verdetto Sport». Tutti i diritti riservati.

Raccontiamo il fatto incriminato: allo scadere del primo tempo Buzzegoli non poté battere un calcio di punizione perché il pallone era sgonfio e la sfera andava cambiata. La palla fu lanciata verso la linea laterale per permettere di riprendere la partita regolarmente e con un pallone “gonfio”. Il gioco, però, riprese con un fallo laterale battuto dalla Roma. Questo episodio era ancora limpido e nitido nella mente di Carmine Iacovazzo che, con amarezza, ricordava la trasferta romana. Anche il cronista del quotidiano «Roma» riportò, col condizionale, il preannunciato reclamo della società granata, che sperò per la “salvezza” fino a estate inoltrata. La prima decisione, relativa al reclamo, venne rinviata, e ne fa menzione un articolo della «Stampa» del 1 gennaio 1948: Il reclamo del Napoli respinto dalla Lega. Dopo due giorni di riunione a porte chiuse, la Lega Nazionale del Calcio ha comunicato le sue decisioni: Il reclamo del Napoli è stato respinto e il risultato della partita Inter-Napoli (1 a 0) omologato. Il Napoli è ricorso alla commissione d’Appello che si riunirà il 3 luglio a Firenze. L’esame del reclamo della Salernitana per la partita Roma Salernitana di domenica scorsa è stato rinviato in attesa di ulteriori accertamenti, perché, sembra che l’errore tecnico sussista.

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la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

Le speranze furono riposte invano, infatti, l’attesa sentenza arriva ma non fu per niente favorevole:

La Lega Nazionale Calcistica nel corso di una lunga riunione conclusasi in tarda serata ha esaminato il ricorso della Salernitana per la partita Roma Salernitana del 27 giugno. Dopo aver aperto un supplemento di rapporto e interrogato personalmente l’arbitro la Lega ha respinto il reclamo non risultando che la gara fosse inficiata dall’errore tecnico lamentato.

L’arbitro Vittorio Pera di Firenze aveva concluso, non riconoscendo l’errore tecnico, quanto inizialmente raccontato dal portiere Masci, segnando, lui stesso, la rete della vittoria per la Roma. La città si mobilitò, i maggiori esponenti politici e non (si parla del senatore Gaetano Quagliariello, gli onorevoli Carlo Petrone, Pietro Amendola, Raffaele Lettieri e Mario Ricciardi, dell’avvocato Roberto Spirito, Francesco Quagliariello, Vincenzo Scarpa, Domenico Mattioli, il dottor Gustavo Bottiglieri) chiesero alla Lega, attraverso una nota, addirittura di far riscrivere la Salernitana in serie A, portando il format a 22 squadre. Si pensò, addirittura, a uno spareggio tra Napoli e Salernitana che avevano terminato la stagione appaiate a 34 punti (il Napoli fu poi retrocesso all’ultimo posto per illecito sportivo). Insomma, come oggi accade, i campionati non finiscono mai all’ultima 29

Caricature di «Verdetto Sport». Tutti i diritti riservati.


la salernitana dopo i 100 anni giornata, ma si deve attendere sempre un’antipatica coda finale. Corsi e ricorsi storici? L’amarezza della piazza è stata ben riassunta nel titolo di «Verdetto Sport» che così scrive della vicenda: “Il sinedrio Federale ha pronunciato la sentenza. La Campania non sarà rappresentata nel massimo torneo”. La buona novella, tanto auspicata dalla città terminò in una tragedia sociale vera e propria che sfociò in una contestazione contro lo strapotere calcistico del Nord che echeggiò, in modo particolare, nelle parole di Matteo Talento (giornalista di «Verdetto Sport» ndr):

No! […] in questo “no” è racchiuso tutto lo sdegno e tutCaricature di «Verdetto Sport». to il disprezzo per chi “motu Tutti i diritti riservati. proprio” (dal latino, di propria iniziativa), strappando, l’anno scorso, il Regolamento, ammise in serie A una squadra destinata alla retrocessione aumentando di autorità il numero delle retrocedenti.

In effetti, per via della riammissione della Triestina, dovuto a motivi patriottici, prese il via, nella stagione 1947-48 il campionato più lungo e affollato della storia con ventuno squadre ai nastri di partenza e, con un format che prevedeva una retrocessione in più rispetto a quelle usualmente effettuate. Insomma, per dirla tutta e in breve, quell’anno la Campania è stata decisamente bistrattata dalla stanza dei bottoni. Il 30 agosto, il «Corriere della Sera» parla del format del campionato successivo dove le retrocessioni dalla A alla B saranno definite in due. Nell’articolo si conferma la retrocessione del Napoli all’ultimo posto, mentre non si menzione minimamente allo scandalo di Roma. Quella Salernitana retrocesse nonostante conquistò 30 punti su 34 totali tra le mura amiche, rimpiangendo, amaramente, il negativo rendimento esterno. La Roma si salvò avendo conquistato 35 punti in tutta la stagione, di cui, almeno due, grazie a favori arbitrali. 30


la salernitana al debutto nell’olimpo calcistico (serie a, 1947-1948)

L’ultima gara di campionato, partita che, ormai, non poteva cambiare le sorti granata, fu giocata, e vinta, contro l’Inter per una rete a zero. Marcatore della contesa fu Merlin che chiuse la stagione in doppia cifra. La serie A, una lettera che nel calcio significa tutto è, per Salerno, un sogno ma, soprattutto, tanto dolore, purtroppo, non solo sportivo. Il campionato di serie A della Salernitana del 1947-48, ha tante cose in comune con quello che verrà quarant’anni dopo. A Roma si giocò la prima trasferta, si retrocesse per un solo punto e il rendimento esterno non fu brillantissimo. Entrambe le squadre sono state etichettate come formazioni dal gioco interessante e, per finire, in panchina sedeva un altro mostro sacro del calcio salernitano: Delio Rossi. Ma di questo parleremo più avanti.

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«Quando andammo alle finali non avevamo una divisa. Il Presidente in poche ore riuscì a comprarci delle maglie bianche e ci fece cucire lo stemma del cavalluccio. Era un altro calcio, fatto di amore e passione». Fulvio De Maio

«Sono venuti qui a fare la guerra e la guerra li aspetta qui» Luka Bogdan isbn: 978-88-36270-64-4 Edizione ampliata e aggiornata di La Salernitana prima dei 100 anni (2018).

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