Mammamoka

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CHARLIE GNOCCHI

Mammamoka


Mammamoka – Neuroromanzo

di Charlie Gnocchi @2019, Edizioni NPE Tutti i diritti riservati. Collana Narrativa, 23

Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini o informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore e Ufficio Stampa: Stefano Romanini ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento editoriale: Valeria Morelli Impaginazione: Mimmo Bafurno Correzione bozze: Ada Maria De Angelis Progetto grafico copertina di Giovanna De Filippis. Opera in copertina di Charlie Gnocchi. Stampato presso MIG srl – Bologna nel mese di novembre 2019 Edizioni NPE – Nicola Pesce Editore è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA) edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe


Mammamoka Neuroromanzo di Charlie Gnocchi



Una prefazione interessata di Vittorio Sgarbi

Dunque io dovrei scrivere: «Conosco Charlie Gnocchi da circa venti anni e ancora non ho capito di cosi si occupi. Lavora in radio ma l’ho incontrato anche come inviato di Striscia, munito di una curiosa giacca coperta di banconote». Insiste per farmi leggere questo suo testo, e quindi dovrei inventarmi una prefazione per un libro certamente confusionario come il suo originale e spregiudicato (benché talvolta vile) autore. Senza dubbio condivido con Gnocchi molti spunti: tutti vogliono avere successo. È il nostro caso: “successo” non è un sostantivo, ma il participio passato del verbo “succedere”: è quello che ci è successo. A molti non è successo niente. Ad altri poco; a noi moltissimo, tutti i giorni, parlando e misurandoci con chi ci ascolta. Oggi si parla di influencer ieri di opinionisti, l’altro ieri di intellettuali. Tutti sono stati influenzati dagli influencer del passato. Pensiamo a Pasolini, a Moravia, a Sciascia. Tutti vorrebbero essere moderni e attuali. Oggi tocca a Charlie, la capra suprema. La Ferragni di vent’anni fa si chiamava Marina Ripa di Meana. Era difficile, ma giusto affiancarla a Moravia. Come oggi Gnocchi a Cacciari. Ma Charlie è più influente perché ha avuto una mamma importante. Come me. E ci hanno fortificato, facendoci sentire i migliori. Charlie poi viene, come me, da una terra piena di nebbia e umidità, con personaggi lunari e surreali che io, come lui, ho conosciuto. La nebbia avvolge la nostra vita e le nostre notti, e annulla i contorni delle storie, così come si mescola al fumo dei cotechini e degli stracotti. Questo si capisce bene in Mammamoka, libro riflessivo e autobiografico, una integrazione, per i giovani che si devono difendere del mio Diario della capra. L’amicizia con Charlie Gnocchi e la sua famiglia, i suoi stravaganti fratelli, mi fanno capire di più. Di lui e del suo mondo. Mi fanno concapire. Anche grazie ai misteri buddisti di Fidenza. Dunque... viva i Gnocchi emiliani, ma viva prima di tutto la gnocca. 5



CHARLIE GNOCCHI

MAMMAMOKA Neuro romanzo.

Lo “psicoconversatore” Davide Maria Ghiozzi scaraventa una moka incandescente sulla testa del suo padrone di casa e si caccia nei guai. Si affida all’avvocato De Sanctis che ha lo studio pieno di quadri del pittore Ennio Piro, il pittore delle caffettiere. L’avvocato Carlo De Sanctis, avvertendo un segno inequivocabile del destino confida poi al Ghiozzi di essere diventato anche lui una sorta di psico-conversatore e di aver bisogno di sfogarsi con qualcuno. Troppe persone lo hanno influenzato. Ora vuole essere lui ad influenzare gli altri! Carlo e Davide Maria davanti ad una tazza di caffè preparato con la moka, si accordano per far diventare i ricordi e le storie dell’avvocato un libro da pubblicare, nel quale Davide Maria può inserire tutte le sue considerazioni. Carlo dovrà fornire a Davide Maria l’assistenza legale del tirarlo fuori dai guai. I due però sono dei pasticcioni e la storia inevitabilmente viene invasa da tanti personaggi che la ingarbugliano terribilmente. Davide Maria Ghiozzi, novello Socrate, si inventa l’arte dello psicoconversare. Davide Maria Ghiozzi, non avendo un particolare talento o predisposizione, si è inventato il lavoro di psicoconversatore. Propone alla gente di Roma e dintorni di sfogarsi liberamente in cambio di una tariffa oraria che varia dai dieci ai venti euro l’ora. Le sedute avvengono in casa o anche passeggiando in strada o nei parchi cittadini, oppure prendendo un caffè in un bar. D’estate Davide Maria propone ai suoi clienti di conversare in piscina o sulla spiaggia di Fregene. Il vantaggio dello psico-conversatore rispetto allo psicanalista è che lui non propone di risolvere alcun problema esistenziale e nemmeno ha un titolo o una qualifica per farlo. Questa nuova professione se l’è inventata di sana pianta, il nostro amico. Gli psicanalisti e gli psicoterapeuti lo odiano 7


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perché dicono che crea casino e false aspettative. A loro invece lui risponde che la sua è psicanalisi discount, low cost, da bar, innocua come certe tisane o certi infusi che sono solo acqua calda. Lui fa delle domande basiche tipo: «Cosa hai mangiato oggi? Chi ti ha telefonato? Ti vengono pensieri sconci o zozzi? Quanti soldi hai in tasca e come pensi di spenderli? Credi in Dio? Come immagini il tuo funerale?». Ascoltare storie e interagire coi protagonisti delle stesse è l’unica cosa che piace fare al Ghiozzi e che gli fa passare il tempo senza guardare l’orologio. I clienti non mancano, anzi lo chiamano ad ogni ora per stare a conversare e rispondere alle sue domande. Il problema principale per Ghiozzi è farsi pagare; ci provano tutti a chiedergli lo sconto. Uno addirittura, dopo due ore di colloquio, si è fregato dal cassetto della cucina i cucchiaini d’argento! Molti clienti alla fine delle sedute rimproverano Davide Maria di non aver in pratica detto e fatto nulla. Questi lui li caccia senza pietà. Come è capitato con un’esaurita del Testaccio che l’ha tenuto tre ore ad ascoltare una terribile storia di corna. Davide Maria ha una sua vita sentimentale normale, è fidanzato con la bellissima venticinquenne Tania che stranamente lo ama senza chiedergli niente. Lui la ama alla follia perché la sua ragazza parla poco e quel poco sono parole di affetto e bene. L’ha conosciuta durante i psicocolloqui con la madre che aveva urgenza di parlare del suo rapporto con la figlia prima che questa scappasse di casa. Davide Maria invitò la ragazza allo Zoo per ascoltare la sua versione dei fatti, ma appena si sedettero su una panchina davanti alla gabbia dei gorilla, Davide Maria baciò Tania senza dir nulla e si fidanzarono all’istante incuranti della madre di lei. Vorrebbe farla felice lasciando il segno o per lo meno avendo un pochino di successo con la sua professione. «Lei se lo merita si merita anche qualche regalo decente, non sempre roba di saldi o di outlet», si ripete spesso Davide Maria. Vivono in un condominio signorile del centro di Roma, ma il Ghiozzi fa fatica a pagare l’affitto e questo procura non poco stress. Il suo padrone di casa, che è anche l’unico inquilino dello stabile, dopo aver accettato di parlare qualche ora con Davide Maria anche per decurtare la rata del fitto, ha repentinamente cambiato idea convincendosi che sia un ciarlatano impostore. Davide però, va detto,e 8


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mette sempre in chiaro la natura della sua prestazione e addirittura propone una prima seduta di conversazione gratis. Come se non bastasse, il signor Ivano qualche tempo fa prese a insultarlo e rivolgergli l’epiteto di “fallito”, l’unico epiteto che Ghiozzi non sopporta e gli fa andare il sangue al cervello. Così, circa due anni fa Davide Maria ha cercato di ammazzare il signor Ivano con la precisa intenzione di farlo tacere per sempre. Si mise a scaldare una vecchia moka sul fuoco del fornello, fino a renderla incandescente e poi quando Ivano stava passando sotto la sua finestra, gliela scaraventò con forza sul cranio urlando: «Fallito ci sarai te!». Lui però si è scansato e così Davide è solo riuscito ad ustionargli l’orecchio destro e a bruciacchiare il suo bel vestito di lino di Cerruti. Davide Maria è stato denunciato per tentato omicidio e ha avuto bisogno di un avvocato amico che capisse che la reazione all’epiteto “fallito”, era più che comprensibile. Non è andato tanto lontano perché a pian terreno c’è un studio Legale con l’insegna De Sanctis Communicare. Scritto con due emme. Così ha conosciuto l’avvocato Carlo De Sanctis che si occupa di impicci vari. Carlo De Sanctis è un uomo alto elegante con gli occhi azzurri porta sempre le Clark desert boot color beige. Prima di ascoltare il fatto, ha offerto un caffè con la moka e poi a sua volta ha confessato a Davide Maria di essere lui un fallito. Capitò il nostro, proprio in un momento essenziale della sua vita in cui la parola fallimento avrebbe potuto essere sinonimo di redenzione. Ghiozzi ebbe molti dubbi se affidarsi o meno a De Sanctis, ma alla fine questo simpatico ed elegante sessantenne lo conquistò. Carlo si offrì di assistere legalmente Davide a un patto, che quest’ultimo ascoltasse a sua volta le sue storie e le trascriveva e che alla fine sopportasse un po’ delle sue stravaganze. Così per circa due anni il psico conversatore è stato ad ascoltare un povero avvocato in crisi di identità e, come se non bastasse, anche qualcuno dei suoi molti clienti. I clienti di De Sanctis erano quasi tutti assai strani e a loro volta degli psicolabili. Un totale di milleottocentocinquanta ore di conversazione, alcune anche in tarda notte. Davide Maria però ha tenuto il conto delle ore di conversazione e della tariffa che l’avvocato avrebbe dovuto 9


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sganciare per un totale di circa ventottomila euro. Mentre a sua volta Davide Maria gliene doveva ottomila. Hanno poi fatto modo di venirsi incontro. Ghiozzi e l’avvocato De Sanctis hanno scoperto di avere in comune tante cose: poca voglia di lavorare, una nonna Maria, la passione per il caffè della moka, mamme ambiziose che hanno desiderato per i figli il successo, mogli toste e migliaia di amicizie strampalate. Davide Maria un poco ci si ritrovava nella vita di De Sanctis, un po’ gli sembrava un logorroico con grosse carenze affettive. De Sanctis aveva un amico d’infanzia conosciuto a Parma, un tale Ercole Pizzelli che era bravo a far tutto… questa amicizia lo aveva fortemente influenzato. Come se l’avvocato non si fosse mai staccato da quella continua competizione esistenziale col suo amico del quale invidiava tutto, anche la famiglia. Carlo aveva anche problemi con la moglie, ma a sentire gli amici sposati, pareva a Davide Maria che tutti abbiano problemi con le rispettive mogli. Gli aneddoti che leggerete vengono riportati così come narrati e virgolettati. Davide Maria Ghiozzi si è permesso di mettere alcune sue considerazioni alla fine di ogni aneddoto. Alla fine delle conversazioni De Sanctis ha letto quanto scritto dallo psicoconversatore e ha detto «Pubblicalo così, che va bene!». Così è stato fatto. Vi voglio anche dire Davide Maria è uno psicoconversatore che voleva far fuori il suo padrone di casa non uno scrittore e quindi prendete questo libro un così com’è. I due si erano anche accordati sul titolo del libro che è Te non puoi capire cos’è successo! Poi alla fine hanno dovuto entrambi riconoscere che il merito di ogni cosa era delle loro mamme desiderose di successo e della moka che li ha fatti incontrare. Il titolo definitivo è Mammamoka. In seguito è anche successo che l’avvocato Carlo ha saldato le sedute sue e quelle dei suoi clienti. Con quella cifra Davide Maria si è permesso di pagare regolarmente l’affitto e di far ritirare la denuncia al signor Ivano. Sembra che per merito di questo avvocato buono, ora la vita dello psicoconversatore abbia preso a funzionare con più successo e anche il terribile signor Ivano ora apprezzi il suo lavoro e non lo apostrofi più col termine “fallito”. Se ora Davide se ne sta qui a raccontare, il merito è tutto di questo signore per bene ed elegante e se non ci fosse stato lui, forse a quest’ora ritrovereste Davide Maria Ghiozzi a conversare in una cella del carcere di Rebibbia. Buona lettura. 10


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Nello studio di De Sanctis sono appese le opere di un cliente che paga col baratto, Ennio Piro. Pittore in cerca di successo, dipinge solo caffettiere utilizzando il caffè della moka. Sono le cinque e mezza del mattino ed Ennio Piro pittore è già sveglio. Anche questa è stata una notte insonne caratterizzata da sogni strampalati, buoni propositi, ricordi, personaggi e frequenti camminate nel corridoio buio. Da qualche anno Ennio non dorme, ma questo non è un problema, perché lui recupera con la pennichella pomeridiana alla quale non sa rinunciare. Ha passato la serata con un gallerista e sua moglie in una birreria di San Lorenzo, una serata nella quale non ha brillato e si è sorbito un fottio di problemi di una coppia scoppiata. Quando ha salutato la moglie del gallerista l’ha baciata sulla bocca per turbarla. Lei si è scomposta urlando «Cosa fai?», lui si è accorto della maldestraggine di Piro e ora salta la più importante mostra della sua vita. «Ma poco importa, vado avanti lo stesso. Prima o poi arriverà il successo», si ripete Ennio continuamente. Una volta tornato a casa al Nomentano si è subito buttato sul letto ancora vestito. Dopo poche ore è già sveglio. Va in cucina e vede lei già pronta sul fornello della cucina a gas. È appoggiata sul fuoco piccolo spostato a destra. Lei lo stava aspettando impaziente e premurosa come sua nonna Maria. Grazie a sua nonna ha imparato a conoscere e apprezzare questa figura femminile, geometrica, classica, metallica. Piro parla da solo a voce alta: «Mia nonna aveva un carattere di ferro, mi chiedeva sempre se avessi bisogno di un caffè soprattutto quando facevo le notti prima degli esami di giurisprudenza. La piccola Bialetti da due tazzine sbuffava e si avvitava, sorbiva il fuoco come Giovanna D’arco pur di darmi un barlume di energia. Oggi la scena si ripete, la nonna Maria mi segue da lassù e mi invita a prendere l’ennesimo caffè con lei. Osservo la mia nuova vecchia macchina del tempo che è del tutto simile a quella della nonna. È piccola e tozza tutta annerita nella parte inferiore, di un colore bruno terra di Siena bruciato, le parti plastiche sono rosse, un tocco di modernità, e tengono bene l’usura del tempo. La mia piccola moka è un compagna fedele che in alcuni casi sembra mi voglia parlare, raccomandarmi prudenza proprio lei che ha il compito di eccitare. Sorseggio dal fondo un po’ di acqua ferruginosa per sentire il suo grado 11


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di pulizia e anche come rito scaramantico. Lei è sempre perfetta così, come la sua guarnizione in gomma. Acqua del rubinetto bevuta dalla caffettiera, buonissima! Nel tempo esatto di quattro minuti viene su il caffè e ne metto un bel po’ nella tazza della Marimekko che contiene anche il latte. Vado in studio, sorseggio il fluido tiepido, infatti il latte lo metto così dal frigo, se non ho il latte metto la panna chef, oppure allungo la moka con un po’ d’acqua. Mi siedo e penso davanti ad un foglio bianco… o un cartoncino comunque qualcosa su cui lasciare il segno. Già, lasciare il segno… questo è il problema, il dilemma. Non pensavo di essere un grafomane, un tarato, uno che deve sempre scarabocchiare, macchiare, pennellare qualcosa. Il foglio tutto bianco e intonso mi dà ai nervi così come la gente che lascia un minuto di silenzio nei discorsi. Io debbo riempire di segni, io sarei il testimonial ideale del barone Bic. Non uso bic ma Carioca pennarelli maxi perché hanno l’inchiostro fluido che si espande. Quando parlo invece sento che la mia voce gracchiante esce dalla bocca con cinque decibel in più rispetto a un umano normale, ecco perché tutti sono costretti ad ascoltarmi. La nonna non aveva di questi problemi, le bastava fare quotidianamente il suo dovere; tirare su i nipoti, lavare, stirare, pulire, rammendare, cucinare, fare la spesa, ritirare la pensione. Non ha mai avuto il bisogno di lasciare il segno e alla sera si addormentava tranquilla. Però si augurava il meglio per me preparandomi una moka ad ogni ora. La mia presenza oggi è ingombrante, per chi mi sta accanto. Parlo troppo spesso a sproposito e faccio tante domande… inopportune. La situazione non migliora se penso a tutto ciò che ho sporcato! Lei, la moka se ne sta davanti a me e mi supplica di lasciare un segno, uno solo, ché così faccio contenti i miei familiari, gli amici che ormai disperano, la guardo e comincio con una Tratto Pen nera… si comincia… moto o moka? Moto simbolo di libertà e inquietudine, di movimento e di avventura o moka simbolo di ingegno, di stile, di familiarità, di razionalità chimico fisica e design? Disegno una moka, anzi due, col beccuccio storto e col manico strampalato, poi le coloro coi pennarelli e poi cosa faccio? Il caffè lo rovescio su quel povero foglio bianco e vedo che il colore si scompone e manda in tilt sia il disegno che l’autore. Ma che cavolo di colore è mai questo? È soprattutto a quale fase della mia vita appartiene? 12


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Le cinque del mattino. Torna a casa la mia coinquilina e si sente sbraitare il compagno, ascolto i loro romantici litigi… «Troia! dove sei stata?». Il gestore della raccolta rifiuti rovescia il contenuto della spazzatura nel cassone del camion stracolmo. Mi fermo un attimo e mi affaccio per vedere le operazioni di svuotamento cassonetti del camion e intanto il proprietario di un Pitbull pensa bene di farla sul marciapiede in compagnia del suo cane. Mia nonna sicuramente non conosceva i Pitbull, noi avevamo però un mastino napoletano Billo, che se gli capitava di dar giù di testa, la nonna gli spaccava sulla stessa un manico di scopa e lui zitto e a cuccia. Ecco, dovrei raccontare di nonna Maria e del mastino Billo e di quella volta che lui, dopo l’ennesima scopa fracassata sul testone s’è incazzato e la voleva sbranare, mia nonna! Quindici punti di ferita lacero-contusa nel costato! Accidenti! Maledetti ricordi! Maledetta moka! Maledetto me! Maledetto di un segno… maledetta insonnia ma io non prenderò mai camomille tisane e sonniferi io voglio far scorrere la vita in modo tranquillo. Ho due album da disegno nuovi ruvidi e belli bianchi e allora… comincio a fare dei cerchi e degli ovali… questa una moto col suo motociclista… ci verso il caffè Lavazza qualità rossa, spalmo col dito e lascio fare al rivolo di colore e moka. Sapore antico futurista, disegno, sgorbio, la ruota anteriore sembra una patata, il motociclista rachitico… ma che roba! Siamo a ventimila opere sgorbi disegni che ho puntigliosamente classificato. Tutti però invenduti. Mia nonna avrebbe buttato via tutto, altro che segno! Quattro scatoloni che dovrebbero essere portati a uno psicanalista, che invece mi guardo e ripenso alla fasi della mia vita sempre in moto… sempre in moto… sempre in ebollizione, sempre agitata, sempre parlata, urlata… distorta. La moka questa volta è uscita sgraziata… coloro i lembi col tricolore verde bianco rosso vorrei addirittura gettarla… il caffè è troppo acquoso e i colori mischiati sono fiacchi, irrilevanti, opachi… non lasciano il segno. Non so che miscela usasse mia nonna ma il caffè era sempre buono e dolce perché a lei piaceva così e anche a me. Tutti noi dobbiamo lasciare il segno e allora mi sforzo di catalogare e classificare la mia collezione di moto moka… quelle che mi tolgono il sonno e mi fanno avere gli incubi. 13


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Mauro Quartoni, dopo l’ennesimo rimprovero del suo datore di lavoro, decise che era arrivato il momento di alzare la testa e di cominciare a prendere la vita per il verso giusto. Spense lo scalpello meccanico con il quale aveva cominciato ad incidere il marmo di una lapide, salutò il collega Cinzio e senza neanche togliersi la tuta blu sporca di polvere di marmo si diresse nel piccolo ufficio per comunicare alla ragioniera Silvana che da domani si sarebbe licenziato.

ISBN: 978-88-94818-88-8

EURO 14.90


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