DOUGLAS MORTIMER
MANUALE DI ELEGANZA CLASSICA MASCHILE
Manuale di eleganza Classica Maschile di Douglas Mortimer © dell'Autore dei testi © Edizioni NPE per questa edizione © degli aventi diritto per le immagini utilizzate
Collana: Narrativa, 33 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio Stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento Editoriale: Valeria Morelli Correzione bozze: Antonio Recupero Progetto grafico copertina: Giovanna De Filippis Progetto esecutivo: Valeria Morelli Stampato presso Rotomail Italia S.p.A. – Vignate (MI) nel mese di luglio 2022
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Douglas Mortimer Manuale di
Eleganza Classica Maschile
MANUALE DI ELEGANZA CLASSICA MASCHILE
SOMMARIO Parte I I NTRODUZIONE ALL’ELEGANZA CLASSICA MASCHILE....................... 5 COS’È L’ELEGANZA CLASSICA?........................... 5 PRINCIPI GENERALI............................................. 8 DECODIFICARE I LIVELLI DI FORMALITÀ........... 11 ABBIGLIAMENTO TECNICO................................. 15 DIFFERENZA TRA ELEGANZA CLASSICA E DANDISMO
Parte II SAPERE SCEGLIERE...................... 17
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INTRODUZIONE ALL’ELEGANZA CLASSICA MASCHILE
COME COSTRUIRE IL PROPRIO GUARDAROBA?.17 L’ABITO................................................................ 24 LO SPEZZATO...................................................... 45 LA CAMICIA......................................................... 50 LA CRAVATTA....................................................... 63 LE SCARPE.......................................................... 69 LE CALZE............................................................. 76 GLI ACCESSORI................................................... 80 IL CAPPOTTO E GLI ALTRI CAPISPALLA.............. 92 MAGLIE E MAGLIONI........................................101 GLI ABITI DI SOCIETÀ.......................................104
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Parte III LE OCCASIONI.............................118 INVITATI A UN MATRIMONIO.............................118 AL PROPRIO MATRIMONIO...............................122 A TEATRO..........................................................124 INVITO “CRAVATTA NERA” (BLACK-TIE)............127 IN CITTÀ PER IL TEMPO LIBERO......................152 AL MARE...........................................................154 IN CAMPAGNA...................................................157 IN MONTAGNA..................................................160 PER IL RIPOSO DOMESTICO............................162 E PER LO SPORT?.............................................163
Parte IV E RRARE È UMANO, PERSEVERARE È DIABOLICO.....164 ERRORI TOLLERABILI.......................................164 ERRORI INTOLLERABILI...................................166 PECCATI MORTALI.............................................170 BIBLIOGRAFIA...................................................172
Parte I INTRODUZIONE ALL’ELEGANZA CLASSICA MASCHILE COS’È L’ELEGANZA CLASSICA? Secondo il Vocabolario Treccani, elegante è ciò che «ha insieme grazia e semplicità, rivelando cura e buon gusto senza affettazione o eccessiva ricercatezza». Una definizione tanto calzante, quanto vaga, sfuggevole e apparentemente arbitraria. L’eleganza può afferire tanto a qualcosa di materiale (un dipinto, un edificio, un’automobile), quanto per estensione a qualcosa di immateriale (un brano musicale, un pensiero, un’idea). Può riferirsi a qualcosa che coinvolge i sensi, come ad esempio quelli del gusto e dell’olfatto (un vino elegante, un sigaro elegante, ecc.), quanto a qualcosa che definisce il nostro
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modo di essere, come il parlare, il comportarsi e ovviamente il vestire. In questo testo parleremo solo dell’ultimo di questi aspetti – l’eleganza nel vestire – e in particolare di quella che viene propriamente definita “eleganza classica”, cioè quel vasto ed eterogeneo complesso di regole e di consuetudini che sono alla base dell’abbigliamento classico maschile. classico è una sinfonia e noi siamo i diretto«ri L’abbigliamento d’orchestra che al più, rispettando lo spartito delle regole, possiamo imprimere una accelerazione, una sottolineatura, un timbro a un singolo elemento, senza stravolgerne l’unità» [A G ] lfredo de
iglio
Bellezza eterna e immutabile
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eleganza classica, quella che non muore, che non si supera mai, che è eterna, ha trappole, dogmi, regole, che vanno assimilati e di cui ci si deve appropriare, inciampando e alcune volte cadendo […] in una sorta di studio continuo, di iniziazione [Alex Pietrogiacomi]
»
Provate a osservare, confrontandole, le splendide illustrazioni di J.C. Leyendecker, le tavole di Laurence Fellows e le opere di Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate (in arte René Gruau). Descrivono rispettivamente gli stili di tre epoche differenti: quella d’inizio ‘900 (prima della Grande Guerra), quella tra le due guerre, e infine quella che va dal primo dopoguerra all’inizio
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di quel decadimento estetico che si fa convenzionalmente coincidere con il 1968. Per quanto le opere di questi artisti rappresentino tre generazioni differenti, c’è un comune denominatore che lega indissolubilmente le une alle altre. Esiste cioè un’armonia di forme, colori e associazioni, che rendono letteralmente e universalmente “elegante” ogni tenuta da essi raffigurata. Il segreto di questa straordinaria coerenza si deve al fatto che ognuna di esse risponde ai canoni immutabili (o quasi) dell’eleganza classica. Le fondamenta di questi canoni – che solo oggi definiamo classici – vennero infatti gettate all’inizio del secolo scorso, per consolidarsi definitivamente negli anni ’30 (epoca che da molti arbitri elegantiae è ritenuta l’età dell’oro dello stile maschile) e sopravvivere quasi immutate nel tempo, se non con minime influenze dettate dalle mode dei momenti, sino ai nostri giorni.
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PRINCIPI GENERALI Sebbene l’abbigliamento classico sia per la maggior parte disciplinato da regole che si applicano all’uopo, cioè nell’ambito di uno specifico contesto (ad esempio, ciò che vale per una cena di gala non vale per una riunione di lavoro), tutta l’eleganza classica si fonda su un corpus di principi che potremmo definire generali e che è prioritario padroneggiare prima di proseguire nello studio. Nell’elenco che segue ho tentato di ricostruire un decalogo di quelli che ritengo essere i principi generali alla base dell’eleganza classica maschile. 1. L’eleganza classica è tale solo se contestuale. Non può prescindere cioè dalle caratteristiche del contesto, quali l’occasione (cerimonia, lavoro, tempo libero, ecc.), il luogo (città, mare, campagna, montagna), la stagione (primavera/estate o autunno/inverno) e l’orario (dì o sera). 2. L’occasione determina anche il livello di formalità. Una cerimonia (matrimonio, laurea, evento istituzionale) è quasi per definizione formale. Un contesto lavorativo può essere più o meno formale a seconda della tipologia di professione e dell’ambiente nel quale essa viene espletata (ad esempio, sono tradizionalmente considerati formali o semi-formali gli ambienti legali e finanziari, mentre informali quelli legati all’istruzione). Le attività nel tempo libero, salvo rare eccezioni (ad es. andare a una prima teatrale), sono pressoché di natura informale (passeggiate, visite a mostre e musei, diporto, ecc.).
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3. Formalità e flessibilità delle regole sono inversamente proporzionali. Il rispetto dei canoni sarà tanto più pedissequo quanto maggiore è il livello di formalità e, viceversa, tanto più elastico quanto minore è il livello di formalità. Nelle occasioni più informali, infatti, si parla più propriamente di consuetudini piuttosto che di regole. 4. I canoni dell’eleganza classica prevedono di suddividere la giornata nel cosiddetto dì (o giorno), che convenzionalmente va dal sorgere del sole sino alle 18.00 (viga o meno l’ora legale), e la sera, che va dalle 18.00 all’alba. A parità d’occasione, ciò che va bene per il giorno può non andare bene per la sera, e viceversa. 5. L’abbigliamento classico trascende la moda che, per definizione, è effimera. Un capo casual che è di moda quest’anno, non lo sarà il prossimo. Un capo classico lo sarà anche dopo decenni. Da questo punto di vista, abbigliamento e musica sono simili: l’Aria sulla quarta corda di J.S. Bach non passerà mai di moda, Despacito di Luis Fonsi sì. 6. «L’eleganza» secondo Tommaso Di Benedetto «è, per definizione, personale, e i loghi e i marchi, simbolo della conformità e della scelta impersonale, sono in qualche modo ammessi solo in ambito sportivo». A corollario di questo assunto, si potrebbe aggiungere che l’abbigliamento classico – in quanto personale– è quasi sempre, laddove possibile, “su misura”.
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7. Gli oggetti metallici che si indossano (orologio, gemelli, anelli, fibbie, ecc.) dovrebbero essere tutti della stessa tonalità (oro con oro, argento con argento). È diffusa consuetudine, ma non una regola, che i metalli dorati si indossino di giorno e quelli argentati la sera. Fanno eccezione a queste regole, ovviamente, le fedi nuziali. 8. Come per gli oggetti metallici, anche tutti gli elementi in pelle (scarpe, cintura, asole delle bretelle, cinturino dell’orologio) dovrebbero essere della stessa tonalità (nero con nero, marrone con marrone). Sono esenti da questa regola i guanti che, se in pelle, dovrebbero essere marroni (o al limite grigi) a prescindere dal colore di scarpe e cintura. 9. Il paradosso della perfetta eleganza. Per quanto sia rigidamente codificata, l’eleganza non potrà essere mai perfetta. Ciò che è perfetto è innaturale, e ciò che è innaturale non può essere elegante. L’eleganza non può prescindere dalla naturalezza, e quindi anche da un pizzico di (consapevole) imperfezione. 10. L’ultima regola è un corollario della precedente, e fu ben riassunta da Tatiana Tolstoi: «Se applicate con troppo rigore, queste convenzioni allontanano dall’eleganza. L’arte dell’uomo elegante consiste nel superare quei divieti senza trasgredirli». Ivano Comi aggiunse che queste regole «sono fatte per essere trasgredite», pur sempre «entro certi limiti» e «a patti di conoscerle». Sottolineo, a patti di conoscerle.
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DECODIFICARE I LIVELLI DI FORMALITÀ Come abbiamo visto, uno dei principi basilari dell’eleganza classica è che essa si modula in funzione del livello di formalità richiesto dall’occasione. Il gentiluomo che aspiri a vestire classico non può dunque prescindere dal padroneggiare il significato dei diversi livelli di formalità. La formalità di ogni occasione, e di conseguenza di ogni tenuta, può essere classificata all’interno di un’ipotetica scala di livelli.
Formale Si definisce formale un’occasione che richiede, espressamente o tacitamente, il rispetto di uno specifico protocollo. Tanto più è rigido il protocollo, tanto più elevato è il livello di formalità. In questi casi le regole sono precise e lasciano poco o punto spazio alla libera interpretazione. Rientrano nella categoria delle occasioni formali i cosiddetti inviti in “abito scuro” o “cravatta nera” (black tie), la partecipazione a eventi speciali (premi letterari, teatrali e cinematografici), i matrimoni e in generale le cerimonie (compresi i funerali) celebrate in contesti di ufficialità, le prime nei teatri più prestigiosi (es. Alla Scala di Milano, La Fenice di Venezia, il San Carlo di Napoli), ecc. Un esempio di tenuta formale? Il cosiddetto “abito scuro”, richiesto tipicamente negli inviti serali e che può prevedere tanto lo smoking quanto un più generico abito blu scuro o antracite, rigorosamente abbinato a camicia bianca e oxford nere.
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Semi-formale Quando non vige un codice specifico ma esistono delle convenzioni di carattere generale, si parla più propriamente di occasioni semi-formali. In questi casi le regole, pur essendo presenti, sono generalmente flessibili e più liberamente interpretabili. Premesso che il passaggio dalla categoria delle occasioni formali a quella delle occasioni semi-formali non è da intendersi così netto, a titolo indicativo possiamo far rientrare in questa categoria buona parte delle occasioni lavorative (specialmente se afferenti agli ambienti legali e finanziari), tutte le cerimonie che non rientrano nella prima categoria (la maggior parte dei matrimoni e di altri eventi religiosi), cocktail, lauree, premiazioni, presentazioni, ecc. Un esempio di tenuta semi-formale? Il completo di grisaglia indossato dal direttore di banca.
Informale Tutte quelle situazioni che non prevedono – neanche tacitamente – il rispetto di specifiche etichette, si definiscono informali. Rientrano in questa categoria buona parte delle attività lavorative svolte in contesti pubblici e privati, comprese quelle legate al mondo dell’Istruzione.
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Informali sono anche le attività svolte per diletto, seppur in contesti cittadini, come le visite a musei, cinema e gallerie d’arte, le passeggiate in città, il far compere, ecc. Un esempio di tenuta informale? Spezzato, cravatta di lana o di maglia, derby marroni.
Sportivo
Nell’ambito classico, con il termine “sportivo” ci si riferisce a un abbigliamento pratico e disinvolto, adatto alle attività all’aria aperta, al diporto e al relax, ma che non deve assolutamente essere confuso con il cosiddetto casual o con l’abbigliamento tecnico per la pratica sportiva vera e propria. Sgombriamo il campo da ogni dubbio. Tuta e scarpe da ginnastica non rientrano in questa categoria, così come non rientrano jeans e t-shirt. L’abbigliamento sportivo, secondo i canoni dell’eleganza classica, risponde a consuetudini consolidate che derivano in parte dalla pratica sportiva, in parte da tradizioni venatorie, e in piccola parte anche da usanze locali. L’eleganza sportiva è infatti ricca di interessanti alternative, che variano in funzione dell’ambiente (campagna, mare, montagna), della stagione e, non ultimo, anche da tradizioni locali (a cui si devono, ad esempio, il celebre cappotto di panno casentino, la giacca maremmana e il tabarro veneto). Se però il confine tra informale e semi-formale è vago, ancora più sfumato è quello tra informale e sportivo.
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Per semplicità, considerate informali tutte quelle occasioni che, pur non prevedendo un codice di abbigliamento specifico, avvengono in ambito cittadino e che ci vedono vieppiù relazionare con estranei. Considerate sportive invece tutte le attività che afferiscono alla nostra sfera privata e al diporto extra-cittadino. Rientrano tra le occasioni sportive, una gita fuoriporta, una passeggiata in campagna o in uno dei tanti magnifici borghi d’Italia, una cena conviviale con amici davanti al fuoco di un camino, un’escursione in barca, l’andar per sagre e mercatini paesani, ecc.
E il cosiddetto “casual”?
si tratta di un genere che definiremo degenerativo, sconsolatamente ine«legante, per di più dal prezzo elevato e privo di alcuna qualità pratica, in quanto non ha neppure il pregio dell’utilità e della comodità » 1
[Tommaso di Benedetto]
Che sia formale o sportivo, l’abbigliamento classico risponde sempre a delle regole o a delle consuetudini consolidate. Tutto ciò che è casual, sia esso business casual, smart casual o come desiderate chiamarlo, è categoricamente escluso dal concetto di eleganza “classica”. Ogni forma di commistione tra classico e casual è in genere deplorata dall’uomo elegante, che non ammette perciò contaminazioni di sorta. I jeans restano relegati agli indumenti per il duro lavoro e le scarpe da ginnastica (a cui
1 Riferendosi al c.d. smart casual
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oggi ci si riferisce spesso con il termine inglese sneakers) restano relegate all’abbigliamento tecnico per la pratica sportiva.
ABBIGLIAMENTO TECNICO
sciare, per scalare rocce, perdersi sui sentieri del trekking, vestitevi «comePer comanda la disciplina cui amate applicarvi». [Luigi Settembrini]
Nel campo della pratica sportiva vera e propria, che si tratti di golf, calcio, vela, equitazione, alpinismo, finanche di semplice “ginnastica”, perfino il più ortodosso dei “classicisti” sa che le uniche regole da rispettare sono quelle comandate dalla rispettiva disciplina sportiva (laddove previste) o suggerite dal buon senso e l’esperienza (laddove non previste).
DIFFERENZA TRA ELEGANZA CLASSICA E DANDISMO
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L’uomo elegante è misurato ma non banale e riesce a dare un’impronta personale e distintiva al proprio abbigliamento senza sconfinare nel “dandismo” (categoria a parte) e nell’eccentricità e comunque mai nell’eccesso . [Tommaso di Benedetto]
»
Spesso si confonde l’uomo elegante con il dandy, quando in realtà sono due figure – e soprattutto due modi di essere – in alcuni casi anche diametralmente opposti. Si potrebbe dire, tanto vicini quanto lontani: vicini nel senso che entrambi conoscono e padroneggiano le regole dell’eleganza
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classica; lontani nel senso che l’uno rifugge da ogni forma di ostentazione e l’altro sublima nell’ostentazione il proprio individualismo. Il Conte Massimiliano Mocchia di Coggiola, in una bella intervista rilasciata a Daniele Ruffino di Cabenera, dichiarò che veste elegantemente e adattandosi alla circostanza, «senzail gentiluomo mai scadere negli eccessi di un gagà o nell’affettazione di un dan-
dy. Ripugna l’eccentricità quasi come un delitto, o un divertissement. È forse un po’ noioso, ma è sicuro di sé e ha una perfetta padronanza dei suoi codici vestimentari come di quelli sociali
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Il dandy, come un funambolo, cammina perennemente in bilico sul filo dell’eleganza, almeno quella concepita dalla definizione ordinaria secondo cui è elegante ciò che «ha insieme grazia e semplicità, rivelando cura e buon gusto senza affettazione o eccessiva ricercatezza». Ed è forse proprio su quest’ultimo aspetto, quello della ricercatezza, che ama giocare il dandy. Una ricercatezza intima, personale, unica, che rischia facilmente di tradursi in eccentricità, in un individualismo esasperato che può sfociare nel narcisismo. Il dandy è come un giocatore d’azzardo, che fa dei propri indumenti le sue carte da giuoco.
Una guida completa ed esauriente al complesso e sofisticato mondo dell’eleganza classica maschile.
ISBN: 978-88-36270-38-5
EURO 14,90