Amedeo Pesce
PubblicitĂ e brand di famiglia
Pubblicità e brand di famiglia di Amedeo Pesce
© dell’Autore dei testi © Solone srl per questa edizione italiana © Foto in copertina di Andrea Catena Collana: Narrativa, 30
Direttore editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Ufficio stampa: ufficiostampa@edizioninpe.it Stampato presso: Rotomail Italia S.p.A. – Vignate (MI) nel mese di ottobre 2020
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INDICE
Prefazione di Federico Moccia
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Introduzione
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Le leggi del marketing Le leggi di Ries e Trout
La strategia pubblicitaria Il piano di comunicazione La copy strategy Il processo di acquisto La comunicazione efficace Errori di strategia
Pubblicità che hanno fatto storia Lo Zio Sam: “I want You for U.S. Army” Il Babbo Natale della Coca-Cola Rosie la Rivettatrice De Beers, “Un diamante è per sempre” Barilla, “Dove c’è Barilla, c’è casa” Coca-Cola, “Vorrei cantare insieme a voi” Ferrero Rocher (Ambrogio) Apple, “Think different” Adidas, “Impossible is Nothing” Nike, “Just do it” 9
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La pubblicità in Italia Un po’ di storia Un po’ di numeri Qualche tabella Qualche considerazione
I brand di famiglia Le aziende di famiglia: numeri Differenze con le grandi aziende Il cambio generazionale Veniamo ai brand E adesso la pubblicità
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L’agenzia pubblicitaria Cos’è una agenzia pubblicitaria Come sceglierla La casa di produzione La creatività è bella, sì, ma... La pianificazione Il ritorno sull’investimento Conclusioni
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Etica pubblicitaria e tutela dei consumatori Deontologia pubblicitaria La disciplina sulla pubblicità La pubblicità sociale
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Dopo la pubblicità La curva di efficacia dell’investimento La definizione del budget e i risultati attesi Stock e capacità produttiva ne abbiamo? L’interazione con i clienti Conclusione
Consigli di lettura Note
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PREFAZIONE di Federico Moccia
Questo sembra un libro sulla pubblicità. In realtà è ben di più. Va oltre i luoghi comuni e le nozioni sull’argomento, oltre ciò che è scontato e prevedibile, regalando nuovi punti di vista sull’argomento. Quando si parla di marketing spesso lo si fa in modo settoriale e riduttivo, si pensa solo al concetto di “vendita”, spesso in accezione negativa e svilente, trascurando il fatto che si tratta anzitutto di comunicazione, relazione con gli altri e consapevolezza di se stessi. È marketing ad esempio anche quando si parla di come migliorarsi e cambiare la propria vita, individuando ciò che davvero siamo e le nostre potenzialità. È la sfera del personal branding, che non è semplicemente fare di se stessi un marchio, ma comprendere il senso della propria identità, impostare una strategia per definire i nostri punti di forza, quello che ci rende unici. Seth Godin, noto scrittore e marketer citato anche in questo libro, dice che marketing è il modo in cui si risponde al telefono, si impaginano le fatture e, aggiungo io, come si scrive una mail o si stringe la mano (che, nel momento in cui scrivo, diventa sorridere da dietro una mascherina e darsi il 15
gomito). È dunque un’attitudine. Ed è esattamente ciò che emerge in queste pagine. Amedeo Pesce non vende rimedi miracolosi, non fa il guru, non declama verità assolute, non ha ricette magiche per far impennare i bilanci delle vendite ma fa una cosa importantissima: ti svela ogni aspetto e segreto del mondo pubblicitario. Ma la cosa più importante è che lo fa nel modo a volte difficile per molti, con semplicità. Condivide esperienze, analisi e punti di vista affinchè come scrive lui, “si tenga ben presente quali sono le possibili criticità e si possano programmare ed affrontare per tempo. Si tratta di criticità, è vero, di problemi da risolvere, ma sono problemi piacevoli perché hanno a che fare con il vendere di più”. La sua narrazione comunica in modo diretto, immediato, efficace, attraverso esempi pratici e senza mai perdere in chiarezza, che vendere non significa essere primi in assoluto, facendo tabula rasa della concorrenza. È il contrario. Significa essere prima che apparire, dare il meglio di sé e di ciò che si sa fare, in modo da emergere in modo naturale e senza forzature, diventando una vera scelta per gli altri e non il male minore in un oceano di proposte. E soprattutto vuol dire divertirsi e impegnarsi a trovare il proprio personale campo d’azione, un terreno nuovo rispetto a quello degli altri, in cui agire con le proprie qualità e diventare dunque un leader di riferimento. È un modo diverso di concepire la concorrenza, più costruttivo e stimolante. 16
Il messaggio è trasmesso dall’autore senza mai salire in cattedra. “Il mio cervello è molto semplice” scrive Amedeo Pesce “funziona a codice binario. Ma non come il Mac, l’iPhone, ecc., bensì come i vecchi computeroni di una volta, quelli grandi come un’automobile in cui si mettevano le schede preforate”. È proprio questo l’approccio che permette al lettore di entrare subito in sintonia con i concetti esperessi. Amedeo semplifica ma non banalizza mai. Vuole condividere un’esperienza perché diventi strumento utile agli altri e perché sa che le storie di vita sono maestre ben più efficaci della teoria. Il panorama editoriale è ricco di testi tecnici e di manualistica validissimi dedicati al tema del marketing e della vendita, spesso complessi e accademici, con i quali questo libro non si mette mai in competizione. Solo che non si dovrebbe mai perdere di vista quella grande lezione di Albert Einstein che dice che “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”. Noi non vogliamo mai perderla di vista, la nonna (anche laddove fosse laureata in astrofisica), perché farlo vorrebbe dire tradire il senso profondo della condivisione e dell’imparare insieme. Ogni pagina del libro apre una finestra, uno spunto, uno stimolo. C’è anche una sorta di filo rosso che lega tutto, un principio che non riguarda solo il marketing, ma l’intera esistenza: ovvero, è nei momenti di crisi che si possono scorgere davvero le opportunità. È la neces17
sità che ci mette alle strette e ci sprona all’inventiva. Lo scrivo in un momento storico che mai come prima porterebbe a scoraggiarsi e che invece può essere vissuto in modo costruttivo. Quando un’epoca finisce – o comunque si trasforma quasi inesorabilmente – è come atterrare su un pianeta inesplorato avendo a disposizione solo il bagaglio dell’esperienza. Allora servono due strumenti fondamentali: curiosità e capacità di adattamento. Amedeo Pesce ce lo ricorda di continuo tra le righe di questo libro. Tra il racconto della famosa pubblicità della Coca Cola con Babbo Natale e il mitico Ambrogio dei Ferrero Rocher, passando per errori di strategia e interazione con i clienti, l’autore ci dice che è proprio ora che non dobbiamo dimenticare di osservare sempre quello che abbiamo disposizione sul momento, per capire se potrebbe trasformarsi in una risorsa. Bisogna evitare il rischio di farci prendere dal panico, dallo sconforto e di bloccarci in uno stallo di smarrimento e sfiducia. Nella lingua giapponese la parola che indica “crisi, situazione di pericolo” nasce da una combinazione di due caratteri che significano “situazione di pericolo” ma anche “opportunità”. È in quell’opportunità che non dobbiamo mai smettere di credere, la capacità di leggere le cose sempre da più punti di vista, perché questo porta a effetti sorprendenti e permette di trovare soluzioni. “Le persone non acquistano ciò che fai, acquistano il perché lo fai” dice Simon Sinek. In quel “perché” c’è 18
un mondo di considerazioni, prima tra tutte la passione profonda che ci spinge ad agire e che quando manca rende tutto inutile, forzato, misero e vuoto. È ciò che ci rende speciali, che ci fa distinguere tra mille comunque validissime altre opzioni rispetto a noi. Concetto che si sposa a quello espresso da Ben Feldman: “Non vendere una assicurazione sulla vita. Vendi quello che una assicurazione sulla vita può fare”. Non si comprano oggetti in sé, ma ciò che rappresentano, il loro valore anche simbolico e la rete di relazioni che creano. È una visione emotiva, psicologica, culturale, sociale, mai meramente economica. Per questo il libro è uno strumento efficace per chi, per lavoro o curiosità e crescita personale, cerca una visione organizzata, puntuale, snella sul mondo del vendere, sapendo che le indicazioni saranno preziose anche in vari altri ambiti. Siamo appena atterrati su quel pianeta sconosciuto che si chiama futuro e l’esplorazione può iniziare anche grazie ai principi indicati in questo libro agile e pratico, ma soprattutto Amedeo Pesce, mentre parla di vendita, ci racconta pure un po’ la vita che a volte purtoppo ci trova sempre un po’ distratti.
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La pubblicità è la più grande forma d’arte del xx secolo. Marshall McLuhan
INTRODUZIONE
Questo libro nasce, come tutti i miei libri, dall’esigenza che ho di riportare in maniera semplice concetti complessi. Non lo faccio solo per voi lettori, non ho questa arrogante esigenza didattica. Scrivere serve soprattutto a me per fissare sulla carta un riassunto di anni di esperienze, studi e informazioni e per poter dire a me stesso che sono arrivato ad un punto. Forse sbagliato, forse lontano, forse senza importanza, ma per me è comunque un punto. Ed è in ogni caso il migliore risultato che sono riuscito a raggiungere fin qui. In questo libro, quindi, prenderò tutto quello che so di questo argomento (o almeno la gran parte) e lo riassumerò e semplificherò. Ciò non vuol dire che gli argomenti saranno trattati con superficialità e approssimazione. Riporterò semplicemente il percorso che ho fatto io nell’apprendere i concetti.
Il mio cervello è molto semplice, funziona a codice binario. Ma non come il Mac, l’iPhone, ecc., bensì come i vecchi computeroni di una volta, quelli grandi come un’automobile in cui si mettevano le schede preforate. 23
Le porte della mia comprensione sono molto strette e i concetti per entrare hanno bisogno di essere sminuzzati fino all’inverosimile. Quindi quello che faccio è: leggere, rimuginare, semplificare, capire, ripetere. E quando capisco qualcosa, nel mio piccolo, la capisco in maniera tale che, come diceva Einstein, potrei spiegarla a mia nonna (oppure alla nonna di qualcun altro visto che la mia non c’è più).
Una delle cose che ho capito è che esistono solo concetti semplici, nulla è complicato. A rendere complicate le cose sono le caste che si arroccano sulle proprie grandi o piccole supremazie, cercando di mantenere gli altri quanto più possibile all’oscuro di quelle poche cose che sanno. Non credete che parliamo solo di cose grosse o dietrologia politica di alto livello, perché questo succede anche nel piccolo di tutti i giorni, quando una vicina non dà all’altra la ricetta di un dolce. Vi siete chiesti ad esempio perché la maggior parte dei libri universitari sono scritti in maniera così complessa? La risposta è semplice: è molto probabile che chi ha scritto quel libro non conosce bene la materia, altrimenti la lettura sarebbe stata più piacevole e i concetti più comprensibili. O forse vuole solo fare bella figura con i colleghi, quindi peggio. 24
In definitiva, anche il concetto più complesso è costituito da una serie di concetti semplici ma organizzati, così come un lungo viaggio, anche di mille chilometri, è solo un insieme di tanti piccoli passi messi in fila l’uno dopo l’altro.
Ora però la lettura si fa vincolante: continuando a leggere questo libro dichiarate di accettare le premesse che vi ho fatto, di accettare di approcciarvi a quello che leggerete non come a un libro sempliciotto, ma come a un libro che va oltre la forma per arrivare alla sostanza. Non prendetela come una presunzione, è anche probabile che la sostanza sia sbagliata! Ma, comunque vada, giusto o no, avete comprato il libro, lo avete iniziato a leggere, conoscete il mio nome e la mia faccia, sapete che esisto e forse comprerete i miei prossimi libri. E se questo libro non vi piace o non siete d’accordo, oppure vi fa proprio schifo, tanto da andare a postare il tutto sui vostri social, a mettere in guardia gli amici, a parlarne male in tv o dove vi pare, fate pure, per me è meglio. Infatti, come diceva Andy Warhol, “Non c’è migliore pubblicità della cattiva pubblicità”. Baci a tutti e buona lettura. 25
PiĂš che farci conoscere un prodotto, la pubblicitĂ deve farcelo desiderare. Roberto Gervaso
Le leggi del marketing
Una delle prima letture in cui mi sono imbattuto quando diversi anni fa ho cominciato il mio percorso di studio del marketing e della pubblicità è stato uno dei libri secondo me fondamentali per capire l’argomento. Il libro si intitola Le 22 immutabili leggi del marketing. Se le ignorate è a vostro rischio e pericolo ed è stato scritto da Al Ries e Jack Trout. Loro sono convinti che il marketing, al pari della natura, segua determinate leggi, e che queste leggi siano immutabili, a prescindere dall’epoca storica e a prescindere dal mercato di cui si parla. Ne hanno individuate ventidue (chiaramente questa era una informazione superflua visto il titolo del libro!) e devo dire che sono davvero interessanti. E poi bisogna anche ammettere che il sottotitolo è simpatico e invita a leggere il libro anche solo per pura curiosità. In questo capitolo non le enuncerò tutte (compratevi il loro libro se le volete tutte!), ne approfondirò solo alcune, non perché mi ritengo all’altezza di decidere quali siano buone e quali no, ma semplicemente 31
perché ce ne sono alcune che mi hanno colpito di più rispetto ad altre, forse perché sono più intuitive o più semplici da mettere in pratica, o chissà per quale altro motivo. Sicuramente quelle che ho deciso di approfondire sono direttamente attuabili nel mercato pubblicitario, quindi rientrano meglio nella logica di questo libro, che non è un libro di marketing.
Le leggi di Ries e Trout La prima legge di Ries e Trout è È meglio essere primi che meglio degli altri. La chiamano la legge della leadership. Secondo loro convincere qualcuno che il vostro prodotto è migliore di quello di un altro è un compito praticamente impossibile o comunque molto difficile: è molto più semplice essere i primi ad entrare nella testa della gente. Da varie ricerche effettuate, dicono, il brand leader di qualsiasi categoria è quasi sempre il primo nella mente del cliente potenziale. Questa legge sembrerebbe valida per qualunque settore. E spesso anche l’ordine di vendita dei brand successivi (il secondo, il terzo, ecc. in termini di quote di mercato) è lo stesso dell’ordine con cui sono entrati nel mercato. 32
Tutto il discorso qui sopra, chiaramente, è totalmente opposto al concetto di benchmarking, cioè confrontare e valutare i prodotti o servizi della propria azienda rispetto ai migliori del settore. Ries e Trout infatti sono convinti che, indipendentemente dalla qualità del prodotto, si percepisce come migliore il primo prodotto che si ha in mente. Questo è un discorso che condivido anche io: se dico bibita pensi CocaCola, se dico hamburger pensi McDonald’s eccetera. Sono i primi, sono i leader, sono quelli che hai subito in mente. E questo anche se le bibite o gli hamburger degli altri sono migliori. Come si fa ad essere i primi? Se non sono il primo come faccio? Semplice, arriva la seconda legge: Se non potete essere i primi in una categoria, inventatene una nuova in cui diventarlo. Questa legge è detta legge della categoria. Il discorso è semplice, e serve molto in campo pubblicitario: se il tuo brand non è il primo della sua categoria, allora inventane un’altra. Questo è compito di chi si occupa del marketing dell’azienda, internamente o esternamente. Nelle aziende meno strutturate, dovrà essere l’agenzia pubblicitaria a scegliere il messaggio giusto da recapitare ai potenziali clienti. A volte basta uno slogan, una parola, a smuovere il mercato. 33
Chi invece vuole rincorrere il primo di un’altra categoria avrà di sicuro una vita molto difficile e molto più impegnativa in termini di investimento pubblicitario. Quindi, chi ve lo fa fare?
Ritornando al discorso sullo slogan, sulla parola giusta, arriviamo alla quinta legge (la tre e la quattro chiaramente le ho saltate), detta legge della focalizzazione, che dice: Il concetto più potente del marketing è possedere una parola nella mente del potenziale cliente. Il primo della categoria di sicuro è identificabile o definibile con una parola nella mente di un potenziale cliente. E le parole più efficaci sono sempre le più semplici e quelle orientate al beneficio. Ries e Trout fanno una serie di esempi, tanto per dire: Volvo > “Sicurezza”, Pepsi > “Gioventù”, ecc. Quindi, un piano di marketing, una creatività e una campagna pubblicitaria devono necessariamente essere impostate nel senso di scegliere o rafforzare questa parola e, nel caso di una prima volta, ad appropriarsene, scolpendola nella mente dei potenziali clienti. Attenzione però, come nella categoria, anche nella parola bisogna essere i primi, infatti, come dice la sesta legge, quella dell’esclusività, Due aziende non possono possedere la stessa parola nella mente del cliente. Quindi bisogna scegliere con cura perché altrimenti diventerà un fallimento e un bagno di soldi. Inutile quindi cercare di scippare la parola ad un altro. 34
Piuttosto è meglio capire che, come dice la legge n. 14, quella degli attributi, Per ogni attributo esiste un attributo contrario ed efficace (mi dispiace non aver messo le leggi in ordine, ma secondo me quando due cose sono collegate è meglio dirlo subito anziché aspettare che leggiate tutto il capitolo. Tanto lo sapete già che “l’assassino è sempre il maggiordomo”). Cosa significa questo fatto degli attributi? Significa che se il vostro competitor ha già preso una parola, e voi siete il secondo, magari conviene che usiate la parola esattamente opposta e impostiate la vostra strategia su questo. Se CocaCola dice “100 anni di storia”, Pepsi risponde “Next generation”. Un’altra legge che ha risvolti interessanti e immediati anche in campo pubblicitario è la settima, la legge della scelta: La strategia da usare dipende da quale piolo della scala occupate. Ovviamente si parla del secondo o del terzo, ma non tanto oltre. Secondo alcuni studiosi di Harvard, infatti, nella mente umana c’è posto per un massimo di sette unità contemporaneamente. Quasi nessuna persona è in grado di gestirne di più. Ed ecco perché è un numero molto popolare: Biancaneve e i sette nani, le sette meraviglie del mondo, ecc. Tornando alla settima legge, il primo esempio che fanno Ries e Trout è quello di Hertz e Avis. Herts è arrivata prima e si è presa la leadership, mentre Avis è arrivata seconda. Come fare? 35
Lo sloga di Hertz era: “I migliori del noleggio auto”. Allora la strategia di Avis è stata ammettere il fatto di essere seconda e farlo diventare un punto di forza. Lo slogan diventò: “Avis è solo la n. 2 del noleggio auto. Quindi perché scegliere noi? Perché ci mettiamo più impegno”. Da lì il fatturato di Avis decollò. Mi sembra avere molto senso come cosa. Da qui deriva, quindi, la legge n. 9, cioè la legge dell’opposto secondo la quale, Se vi battete per il secondo posto, la vostra strategia è dettata dal leader. Niente di più di quello che abbiamo appena detto. Dopo qualche altra legge eccone un’altra che è da tenere molto presente, l’undicesima, la legge della prospettiva: Gli effetti del marketing si fanno sentire nell’arco di un periodo di tempo prolungato. Questo a scanso di equivoci per definire una volta per tutte che una qualunque azione in questo campo va innanzitutto programmata e poi valutata nel lungo termine, in prospettiva, appunto. Chi cambia sempre strategia è come una persona che per andare in un posto cambia continuamente strada: non arriverà mai da nessuna parte.
Nel marketing e nella comunicazione bisogna essere anche sinceri, perché la sincerità aiuta sempre. Crea empatia e fiducia. La legge n. 15, infatti, dice: Se ammettete una qualità negativa, il cliente potenziale ve ne riconoscerà una positiva. 36
Come esempio possiamo riprendere pari pari quello dell’Avis, che ammette di essere la n. 2 del noleggio auto. Consideriamo che i potenziali clienti saranno più inclini a credervi se dite qualcosa di negativo sul vostro brand, piuttosto che qualcosa di positivo. E siccome non è possibile far cambiare idea alle persone, bisogna allora sfruttare i concetti che invece nella testa delle persone sono già presenti. Vedi il caso Avis. Dire qualcosa di negativo su di voi, inoltre, aprirà la mente del potenziale cliente. A quel punto dovrete inserivi subito il concetto positivo e il gioco è fatto. Altre due leggi che mi sembrano interessanti ai fini del discorso che stavamo facendo sono la n. 19: Il fallimento va messo in conto ed accettato e la n. 22: Senza finanziamenti adeguati un’idea non può decollare. Questi due concetti valgono molto per il settore della pubblicità, ma sono anche dei buoni consigli di vita, soprattutto il primo. E dopo che hai fallito c’è sempre una seconda chance: non a caso si dice “Fallisci presto, avrai successo prima”.
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I brand di famiglia hanno qualcosa in più: una visione a lungo termine, un senso di impegno e dedizione, di sacrificio, di soddisfazione, di orgoglio.
Sono queste le aziende che è fondamentale valorizzare con la giusta strategia di comunicazione.
Questo sembra un libro sulla pubblicità. In realtà è ben di più. Va oltre i luoghi comuni e le nozioni sull’argomento, oltre ciò che è scontato e prevedibile, regalando nuovi punti di vista. FEDERICO MOCCIA
isbn: 978-88-36270-23-1
€ 19,90