Uomo, società e religione di Franco Zadra
Parlando di vocazione… Siamo partiti, ci siamo rimessi in corsa cercando di massimizzare l’ottimismo a inizio di questo 2021 nel quale però ci ritroviamo già sfiniti, carichi di paure e con un calo impressionante di fiducia nelle voci rassicuranti che erano convogliate nello slogan di primo soccorso ideale «Andrà tutto bene!» “... e se non sarà bene lo faremo andare comunque”; poi è arrivata la seconda ondata che ci ha colti ancora impreparati (qualcuno dice che non abbiamo imparato nulla dalla prima, non è bastata quella a educarci…), e la paura per la terza sembra corrodere già ogni speranza, alla velocità del fulmicotone.
U
n genio del ‘900 riconosciuto a livello globale nel campo dell’educazione, don Luigi Giussani, era solito definire la speranza come «una certezza nel futuro in forza di una realtà presente», definizione che forse dovremmo imparare a memoria e ripetere di continuo per abituarci a collegare parole
e concetti alla nostra esperienza di vita. Senza certezze non c’è futuro, e la realtà è innanzi tutto una Presenza che possiamo cogliere, anzi, dobbiamo cogliere per avere forza di vivere. Questa premessa “ambientale” serve a mio avviso per guardare con realismo a quella che viene definita in gergo giornalistico “crisi delle vocazioni”, cioè, il nome che viene dato a l’impressionante calo di spinta ideale che pensiamo di poter misurare per cui, per esempio, dai tanti aspiranti al sacerdozio di un tempo, si è finiti nel corso dell’ultimo mezzo secolo con conventi e seminari svuotati, oltre che registrare una partecipazione ai sacramenti (nessuno escluso, l’eucaristia, come anche il matrimonio) al minimo storico, così come sembra essere dissolto il riguardo che comunemente si aveva alla cura per una spiritualità di qualche genere, e
non si intravvedono avvisaglie di possibili riprese. Vorrei evitare i numeri perché in questo ambito non sono in grado di cogliere nella sua verità la portata del fenomeno che intendo affrontare. Non c’è nulla di più impattante nell’esistenza personale di ciascuno di noi che la propria vocazione. Una questione di vita o di morte tra le più gravi, ma anche solitamente la meno considerata. Non ha molta importanza sapere che siamo in Italia ormai sotto la soglia del 7% come partecipazione alla vita ecclesiale; importa piuttosto sapere che c’è una possibilità per me di salvare la mia vita, qualunque sia la mia condizione esistenziale o la mia condotta morale. È il Dio della vita che dobbiamo riconoscere come Padre Nostro (e la statistica della vita si risolve sempre in un sì o un no, presente o assente, 0 o 100), un Dio che
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