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Lo sapevate che: il baccalà è italiano?
Lo sapevate che? di Elisa Rodari
E se il BACCALÀ non avesse RADICI ITALIANE?
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Una delle pietanze tipiche della cucina veneta e italiana in generale è il famoso baccalà, cucinato poi in modalità differenti a seconda delle tradizioni regionali. Non tutti sanno però che questa tipologia di pesce alla base di molte ricette non è propriamente italiano. Tutto nasce molto più a nord, in terra norvegese. Proprio in Norvegia infatti, un luogo apparentemente ostile per il suo clima rigido, in cui si alternano lande desolate e fiordi, ha origine la storia del baccalà. Fu proprio per via di un evento accidentale che la storia del baccalà ebbe inizio. Durante un viaggio in mare tra l’isola di Creta e le Fiandre per motivi commerciali, l’imbarcazione di un patrizio veneziano di nome Pietro Querini, assieme al suo equipaggio, furono sorpresi da una violenta tempesta lungo il loro tragitto. La furia impetuosa del mare in burrasca, distrusse la nave, costringendo Pietro Querini e il suo intero equipaggio a dividersi, cercando di mettersi in salvo tramite due scialuppe: di una si persero le tracce, mentre l’altra scialuppa, dopo essere andata a lungo alla deriva, toccò terra nel lontano 14 gennaio 1432. In questa data, divenuta poi significativa, l’equipaggio sopravvissuto, insieme a Pietro Querini, approdarono a Røst, isola dell’arcipelago norvegese delle Lofoten, a nord del Circolo polare artico. Qui l’equipaggio venne subito accolto dalla popolazione locale: un popolo amichevole, come descrive lo stesso Pietro Querini in una relazione del suo viaggio, dedito alla pesca ed essiccazione del merluzzo, pesce particolarmente abbondante in queste zone. Grazie all’influenza della corrente del Golfo, che incide sulle temperature delle acque e sul clima, rendendolo piuttosto mite rispetto ad altri luoghi situati alla medesima latitudine, i merluzzi trovano il luogo ideale nelle acque delle isole Lofoten per riprodursi. Pertanto, l’abbondanza di merluzzo in questa zona, rende la Norvegia il secondo esportatore di pesce al mondo (primo è l’Islanda). Al giorno d’oggi, il merluzzo viene esportato dai Paesi nordici verso i Paesi dell’Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo) come anche in alcuni Paesi dell’America Latina, apprezzato per il suo gusto delicato e le notevoli proprietà nutrizionali, tra cui la ricchezza di ferro, calcio, proteine e vitamine. Una volta pescato, il merluzzo attraversa due diversi processi che ne permettono la conservazione. Parliamo quindi di conservazione per essiccazione o salatura. Riferendosi a uno piuttosto che all’altro tipo di conservazione, il merluzzo si identifica poi con due nomi diversi: “stoccafisso” nel caso del merluzzo essiccato (di cui la Norvegia è prima produttrice al mondo) e “baccalà” parlando di merluzzo conservato sotto sale. Nel caso dello “stoccafisso”, una volta pescato e pulito, il pesce viene poi appeso a delle rastrelliere in legno dedicate all’essiccazione. Questo processo avviene in una prima fase all’aperto ed è la natura stessa a svolgere un ruolo fondamentale, grazie in particolare alle perfette condizioni climatiche che si creano in questo angolo di mondo. Infatti, il clima freddo e secco risulta essere favorevole, permettendo al pesce di mantenere inalterati i suoi principi nutritivi. Al termine del processo di essiccazione della durata di tre mesi (da febbraio ad aprile circa), il pesce viene poi conservato per un altro paio di mesi in un ambiente fresco e ben ventilato. “Baccalà” indica invece il merluzzo con-
Lo sapevate che?
servato sotto sale. Anzi, esistono addirittura due diverse modalità per ottenere il “baccalà”: tramite il processo di salatura oppure salatura ed essiccazione. Il sale permette al merluzzo di perdere completamente l’acqua e dopo ben tre settimane di salatura il pesce, diventato “baccalà”, può essere esportato. Quella di Pietro Querini è stata la prima testimonianza storica dello “stoccafisso”, quindi merluzzo essiccato. Le navi veneziane, spagnole, portoghesi e anche inglesi (si pensa che la parola “stoccafisso” derivi dall’inglese “stock fish”, ovvero “pesce da stoccaggio”), hanno iniziato a trasportarlo in tutto il mondo, diventando parte integrante della tradizione culinaria come nel caso dell’Italia. Ogni regione ne ha dato una sua interpretazione: in Liguria troviamo lo brandacujun, seguito da baccalà alla piemontese, alla livornese, alla fiorentina, alla napoletana, alla calabrese, alla messinese, alla salentina, all’anconetana, alla vicentina e alla veneziana. Insomma, una tradizione lunga secoli che unisce il nord Europa in particolare all’Italia, che ha saputo rendere questa pietanza parte integrante della cultura culinaria di tutta la penisola, adattando poi la ricetta ai vari gusti regionali.
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