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L’ambìto Quirinale del post Mattarella

L'elezione del Presidente della Repubblica di Franco Zadra

L'ambìto Quirinale del post Mattarella

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Il 3 febbraio prossimo Sergio Mattarella compirà i sette anni del suo mandato da Capo dello Stato, il dodicesimo da che, con la Carta costituzionale del 1948, l’Italia si è dotata di una forma di governo parlamentare. Mentre scriviamo non vi sono ancora segnali per fare una previsione probabile intorno a un nome, anche se sembra plausibile aspettarsi l'elezione di una personalità non indipendente come Sergio Mattarella, pur considerando il gradimento di Pier Luigi Bersani e della sinistra Pd per la sua ascesa al Colle, ma “giocata ai dadi” tra destra e sinistra sarà forse un o una presidente proveniente dall'area in quel momento preponderante. Questa legislatura, la diciottesima per stare in tema di numeri da giocare al lotto, non è certo la culla ideale per le certezze, poiché è stata capace di dare vita a tre governi con maggioranze e orientamenti diversi, favorendo una sorta di disorientamento che ha indotto ben 270 deputati, aggettivo che in italiano vorrebbe definire degli incaricati di un compito, destinati a una mansione specifica, a “cambiare casacca” senza peraltro vedersi additare come dei “volta gabbana”, o sdoganando questo termine fin'ora dispregiativo a quasi titolo di merito, girovagando tra le varie correnti, saltando a caso di qua e di là o anche compiendo elegantemente l'intero tour dell'arco costituzionale, per cui nemmeno il mago di Oz saprebbe pronosticare come si comporteranno al voto per il Quirinale, né tanto meno con quali criteri. Nomi se ne sono fatti anche troppi, come l'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini o il ministro della Giustizia Marta Cartabia, lo stesso Mario Draghi, Letizia Moratti, Marcello Pera o Silvio Berlusconi, con qualche esponente di partito che millanta di avere l'asso nella manica che rivelerà last minute. Mattarella ha detto fin troppo chiaramente la sua intenzione a non ricandidare, ma non si può nemmeno prevedere, o escludere del tutto, che la forza persuasiva della disperazione possa fargli cambiare idea, così da mettere una assicurazione sulla tenuta dell'esecutivo di governo almeno fino al 2023; l'inquilino del Quirinale ha infatti una influenza di rilievo nel processo di formazione del Governo e c'è chi teme che Draghi non possa proseguire con un nuovo capo dello Stato. Assisteremo così alla nomina di un altro esecutivo, che dovrà presentarsi alla camere per ottenere la fiducia, dopo che il presidente, secondo una consolidata e irrinunciabile prassi costituzionale, avrà avviato le consultazioni con i partiti, i capi dei gruppi parlamentari, e i presidenti di camera e senato, senza dimenticare i rappresentanti delle coalizioni, gli ex presidenti della Repubblica, i capi delle componenti del gruppo misto e le minoranze linguistiche. In un quadro di fanta politica, forse un tantino trash, se le consultazioni non portassero a un’indicazione chiara, potremmo vivere il prossimo carnevale con Silvio Berlusconi che conferisce un mandato esplorativo a Marcello Dell'Utri, con la stessa tranquilla indifferenza con la quale l'opinione pubblica nel lontano 2018, nel contesto di un panorama politico a dir poco frammentato, vide il presidente Mattarella conferire il mandato esplorativo a Carlo Cottarelli. Non è da tutti entrare nei meccanismi complessi e a tratti un po' misteriosi dell'elezione del Capo dello Stato; questa volta il collegio elettorale sarà formato da 629 deputati, 321 senatori, e da tre delegati per ogni Consiglio regionale, due dei partiti di maggioranza e uno dell'opposizione (fatta eccezione per la Valle d'Aosta che ha un solo delegato). Nei primi tre scrutini serviranno 673 voti su 1008, mentre dal quarto scrutino ne basteranno 505. D'altra parte, chi non si è emozionato al sentire il neo presidente del Consiglio, davanti al Capo dello Stato garante della Costituzione, pronunciare quelle solenni parole: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione».

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