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Ricordi di guerra nel bellunese

Ricordi di guerra: il Milite Ignoto di Alvise Tommaseo

La SALMA da un CIMITERO BELLUNESE

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Nel corso della Prima guerra mondiale morirono circa 650.000 militari italiani . Giovani morti sui campi di battaglia, le cui salme andarono completamente distrutte o sepolte in fosse comuni, altre furono tumulate in piccoli cimiteri allestiti a ridosso delle trincee. Alla fine, alcune centinaia di migliaia di soldati deceduti rimasero senza una degna sepoltura o furono collocati all’interno di sepolcri individuati da una scritta contenente la dizione “ignoto milite.” Finita l'inutile strage, come la definì Papa Benedetto XV, si volle onorare la memoria di questi soldati. L'idea fu del colonnello Dohuet, che, nell’agosto del 1920, propose la sepoltura di un milite non identificato al sacrario del Pantheon. Il Governo 1921 scelse il Vittoriano o Altare della Patria. Venne, quindi, nominata un’apposita Commissione, composta da sei militari con gradi diversi, ma tutti insigniti della medaglia d’oro, alla quale fu assegnato il compito di recuperare 11 salme non identificate, tra le quali scegliere quella del milite ignoto. I sei membri della Commissione, ad inizio autunno 1921, si riunirono ad Udine per definire il piano delle ricerche e al termine dell’incontro il generale Giuseppe Paolini pretese da tutti i presenti il formale giuramento che mai avrebbero rivelato i luoghi ove si sarebbero svolte le ricerche. Ma il tenente Augusto Tognasso di Milano, mutilato di guerra che aveva riportato 36 ferite in combattimento, tenne una specie di diario personale che pubblicò negli anni ’60 con il titolo “Ignoto Militi.” L’ufficiale, fedele al suo giuramento, nei suoi appunti, non ha mai nominato località o precisato i luoghi nei quali si svolsero le ricerche. Tuttavia, grazie alle sue descrizioni, il colonnello Lorenzo Cadeddu, studioso e storico del disciolto Quinto Corpo d’Armata, un tempo con sede a Vittorio Veneto, alla fine del secolo scorso, ritenne di avere individuato, con una certa precisione, gli 11 luoghi di esumazione delle salme. Ebbene, una di queste, precisamente la settima, fu recuperata nella provincia di Belluno, sicuramente in Cadore. Sembrerebbe certo che, verso il 15 ottobre 1921, i sei membri della Commissione partirono da Tolmezzo e raggiunsero Cortina d’ Ampezzo dopo avere scollinato il Passo della Mauria ed attraversato Pieve di Cadore. Le prime ricerche, da quello che risulta dal diario del tenente, furono svolte sulle Tofane e sul Falzarego e come già attuato in ana-

Ricordi di guerra: il Milite Ignoto

loghe circostanze, si fece ricorso all’esumazione di una salma tra quelle di ignoti in un vicino cimitero di guerra. A questo punto, dal diario del Tognasso, emergono alcuni elementi sui quali riflettere. L’ufficiale ha, infatti, lasciato scritto: “…le Tofane, le cime del Falzarego furono tutte esplorate invano poiché l’Ufficio Onoranze ai Caduti in Guerra già aveva raccolto le salme dei caduti e le aveva ricomposte in graziosissimi e pittoreschi cimiteri all’uopo costruiti fra l’ombre di abeti…”. Questo è il primo elemento: il cimitero nel quale si svolse l’esumazione della settima salma si trovava all’ombra degli abeti, cioè in un bosco. In un altro punto, il Tognasso specificava “… chiamato a raccolta dalle campane della cattedrale un foltissimo stuolo di popolani si assiepò a Cortina per salutare il simbolo..”. In questa frase c’è un secondo indizio importantissimo: la Commissione non poteva trovarsi troppo lontana da Cortina, se in quel punto del bosco si sentivano i rintocchi delle campane. Nel 1921, lungo la rotabile che da Cortina raggiungeva il Passo del Falzarego, sul Monte Crepa, a quota 1535, in località “Belvedere” si trovava un cimitero di guerra le cui croci erano sistemate, appunto, all’ombra di abeti. Questo campo santo era sufficientemente vicino alla “Stella delle Dolomiti” così da consentire al Tognasso ed agli altri membri della Commissione di udire il suono delle campane della cattedrale. Oggi quel piccolo cimitero non esiste più. Al suo posto sorge maestoso il sacrario progettato dall’ing. Giovanni Raimondi e noto come sacrario di “Pocol” che ospita quasi 10.000 soldati italiani, di cui la metà mai identificati. Anche questa settima salma, l’unica recuperata nel Bellunese, dopo essere stata riposta in una delle undici identiche bare in legno appositamente realizzate, raggiunse la chiesa di Santa Maria di Castello ad Udine per poi essere trasferita nella basilica di Aquileia. Qui, la mattina del 28 ottobre 1921, durante una solenne cerimonia, Maria Blasizza in Bergamas, una popolana, originaria di Gradisca d’Isonzo, scelse la bara e, quindi, la salma del Milite Ignoto italiano, quella che da un secolo riposa a Roma all’altare della Patria. La povera donna, sorretta da quattro soldati, si inginocchiò davanti alla decima bara e lì posò, con le lacrime agli occhi, il suo velo nero. Maria Blasizza era la mamma di un irredento, il sottotenente di fanteria Antonio Bergamas, alias Antonio Bontempelli, un cognome di copertura fornitogli dal nostro esercito. Abitando a Gradisca, territorio che nel 1914 faceva parte dell’impero Austroungarico, il giovane avrebbe dovuto arruolarsi nell’esercito di Francesco Giuseppe, ma, avendo scelto di vestire la divisa italiana, se catturato dal nemico, rischiava l’impiccagione, da qui la scelta di dargli un altro cognome. Questo giovane coraggioso morì in combattimento sull’altipiano di Asiago il 18 giugno 1916. Nella sua giberna venne ritrovato un foglio dove c’era scritto “In caso di mia morte avvertire il sindaco di San Giovanni di Manzano cav. Desiderio Molinari” il solo civile ad essere al corrente di chi fosse in realtà quel giovane ufficiale. Antonio Bergamas, alias Bontempelli, venne provvisoriamente sepolto nella piana di Marcesina nel locale cimitero militare, che successivamente fu devastato da ripetuti bombardamenti. In questo modo anche Antonio Bontempelli Bergamas fu rubricato tra gli ignoti. La medesima sorte subirono i resti del sottotenente Attilio Ghirardi di Salgareda suo compagno di camerata. Due ignoti a cui una madre ha dato nuovamente vita appoggiando il suo velo nero su una bara, forse la loro, idealmente quella di tutti i martiri della guerra.

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