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40 anni di emoticon
Lo sapevate che? di Chiara Paoli
40 anni di emoticon
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19 settembre 1982, nasce l’emoticon, noti anche come smile o faccine, quelle che ormai fanno parte del nostro modo di comunicare attraverso la tecnologia e che sono andate ad arricchire e rendere più accattivanti i messaggi di testo.
L’ideatore di questa nuova modalità di comunicazione è il professor Scott
Fahlman, che per primo ha messo insieme punti, trattini e parentesi sulla tastiera ASCII per dare l’idea di un volto, mandando un messaggio ad una bacheca elettronica dell’università Carnegie Mellon di Pittsburgh, in
Pennsylvania.
I messaggi di testo hanno la pecca di non riuscire a trasmettere il nostro stato d’animo, a volte le parole possono essere fraintese e l’uso delle espressioni facciali introdotte con l’emoticon serve a comunicare la nostra tristezza o la nostra felicità, ma anche una risata se il nostro messaggio deve essere preso in modo scherzoso. Le emoticon si configurano come sostitutive del linguaggio non verbale, quando due persone non hanno la possibilità di vedersi faccia a faccia e nell’intento di comunicare sensazioni e emozioni. Le faccine e non solo quelle hanno avuto un grande successo, perché con un piccolo simbolo è possibile esternare il nostro sentire e anche pochi caratteri possono esprimere sentimenti importanti come l’amore . In quarant’anni anche questa tecnologia si è evoluta, oggi parliamo infatti di emoji (termine composto dalla ‘e’ che significa ‘immagine’ e ‘moji’ che in giapponese vuol dire lettera/carattere). Le emoji come le conosciamo noi oggi, nascono nel 1999 grazie al grafico giapponese Shigetaka Kurita, che per realizzarle si ispira alla cultura manga. All’epoca egli faceva parte del team di sviluppo della società di telefonia mobile NTT DoCoMo, e si dedicò alla progettazione di 176 pittogrammi o icone; il set originale è conservato all’interno del MoMA di New York (Museum of Modern Art). Nel 2014 Jeremy Burge, storico delle emoticon e fondatore di Emojipedia propone di dedicare una giornata a queste faccine che fanno parte della nostra quotidianità e da allora il 17 luglio si celebra il World Emoji Day. Questi piccoli disegni si evolvono secondo gli avvenimenti, ne sono nate di nuove nel perdurare della pandemia e costellano le nostre giornate anche attraverso la letteratura con interi libri come “Pinocchio”, tradotti in emojitaliano e i film, non solo quelli dove gli emoji prendono vita divenendo i protagonisti. Sempre più vicine alla realtà le serie televisive scelgono di mostrare allo spettatore i messaggi che i personaggi si scambiano e così anche le emoji si stagliano sullo schermo di casa nostra. Le più diffuse tra gli italiani rimangono il romantico bacio, la risata con lacrime e il pollice alzato come risposta breve per dire ok. Se pensiamo che siano i giovani ad abusarne, sbagliamo, perché le maggiori utilizzatrici sembrano essere le donne fra i 35 e i 44 anni. Nonostante l’Accademia della Crusca e Treccani ci dicano che il termine emoji è maschile, c’è ancora chi lo ritiene femminile, visto che la traduzione italiana potrebbe corrispondere al termine icona. Tra le stranezze, qualcuno ritiene che addirittura Abraham Lincoln abbia inserito un emoticon in un suo discorso del 1862, ma forse, lo ha fatto solo per correggere e quindi nascondere un errore di battitura. In realtà sotto il nome di “arte tipografica” le emoticon fecero la loro prima apparizione nel lontano 1881 nella rivista americana Puck.