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Storie di guerra: il Sentiero Rommel

Storie di guerra di Davide Pegoraro

Sentiero Rommel

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Un sentiero nel bosco, all’ombra di grandi alberi, ci guida verso un pomeriggio che ricorda l’estate, forse l’ultimo concesso prima del grande bianco. Luoghi solitari ideali per riflettere, luoghi che, potessero mai, ci mostrerebbero un diverso aspetto di loro, fonte di riflessioni meno spensierate e oggi più che mai necessarie. Sotto a quegli stessi faggi, alla fine del 1917, soldati da ogni parte d'Europa si erano trincerati per affrontare uno scontro decisivo, tale da determinare l’esito dell’intero conflitto sul fronte italo-austriaco.

Erano i giorni della Battaglia d’Arresto e la devastazione imperversava in ogni dove, tanto tra le linee fortificate, tanto nell’animo dei protagonisti di quegli eventi. Volti cupi davano voce a parole sussurrate a pochi metri dal nemico o ad urla violente e improvvise, pronunciate in tantissimi dialetti delle regioni italiane ed anche in una enorme varietà di lingue, come quelle parlate dai “tedeschi”, definizione troppo riduttiva per descrivere germanici, austriaci, slavi, ruteni, cechi e molti altri nel carosello di etnie che componevano i loro vasti imperi. Interpretare quei linguaggi non doveva essere cosa di poco conto e, proprio per questo, la presenza tra i comandi dei reparti di interpreti capaci era quanto mai preziosa. Una storia su tutte però è quanto mai singolare: quella di Anna Amalia von Hauler. Una ragazza di poco più di vent’anni proiettata dalla sua Graz ai campi di battaglia del Grappa; Fontanasecca, Fontanel, Valderoa e appunto Spinoncia. Crocerossina sul campo, rimasta orfana del padre, un colonnello dell’esercito imperiale caduto sull’Isonzo, decise di ingaggiarsi per poterlo vendicare noncurante del fatto che, per le donne, la vita militare non era prevista dalle leggi vigenti. Fu capace di contraffare i documenti necessari ad arruolarsi e approfittando del caos derivante dalla disfatta di Caporetto riuscì ad infiltrarsi con il ruolo di traduttrice tra le fila dell’esercito del Kaiser Guglielmo, niente di meno che nel reparto dei fucilieri del Wurttemberg. Il fisico esile e minuto ed i lineamenti aggraziati, la fecero passare per un giovanotto, anche grazie ai capelli rasati. Tra i commilitoni capitanati dal maggiore Theodor Sproesser, militava un giovane tenente: Erwin Rommel. Con lui, la ragazza partecipò ai combattimenti nei pressi di Udine, all’inseguimento degli italiani in rotta dal Tagliamento al Piave, agli scontri di Redona, Forcella Clautana e Cimolais, oltre che alla presa di Longarone, fino ai combattimenti nell’alta valle del Piave. Proprio nella località vicina al Vajont verrà smascherata da un aiutante di sanità chiamato “ zio Paul” che, insospettito, con la scusa di una visita passò in rassegna tutti i piedi dei componenti della compagnia trasmissioni, verificando come, sugli alluci di Wolfe (lupetto era il soprannome dato ad Anna dai compagni), mancasse del tutto la peluria. Il maggiore non la punì, si congratulò per il comportamento fin lì tenuto e la propose per il conferimento della medaglia d’argento. La vicenda non venne resa pubblica per evitare ripercussioni sul buon nome del reparto, ma nonostante la volontà di far assegnare la ragazza al comando di Feltre, questa si presentava puntualmente al fronte. Era a Quero per i preparativi

della conquista del Fontanasecca ed infine giunse sul Tomba, all’alba dell’attacco francese, quando i suoi stavano sotto al monte Palon, tra il Pian di Lou e le Forcelle, nell’alta Val Bicadora. Proprio quel 29 dicembre si offrì volontaria per consegnare un messaggio partendo da Alano, visti i ritardi dei portaordini costretti a percorsi lunghissimi dal fuoco a gas nemico. Respirò più volte le esalazioni e dopo aver assolto il suo compito, crollò a terra svenuta. Trasportata a spalla ad Alano, raggiunse la chiesa dove venne rianimata con l’ossigeno e subito trasportata a Zermen, dopo essersi trascinata con le proprie gambe fino a Santa Maria di Quero. Causa un peggioramento fu portata fino al 18 marzo al Kriegslazarett 131 di Udine, il 23 venne aggregata all’Ersatz Gebirgs Battailon, per poi essere di nuovo ricoverata all’ospedale di Leutkirch, dal 5 maggio al 9 luglio, per una ricaduta. Mentre era al sanatorio di Uberruh si diffuse la notizia della sua presenza come donna tra i ranghi del battaglione e solo con grande difficoltà i comandi riuscirono a circoscriverla. Solo dopo diversi mesi riuscì a rimettersi. Ebbe una vita molto movimentata, dapprima facendo la scrittrice in patria e a Vinica, dove era nata la madre, e poi trasferendosi a Tokyo per prendere in marito un diplomatico giapponese conosciuto a Vienna. Della signora Saka non si seppe più nulla dopo il 1940 quando, in un'ultima lettera inviata ad un camerata, raccontava di essersi separata e di voler acquistare una cinepresa ed un apparecchio da registrazione per documentare usi e costumi di quel paese dove faceva fatica ad ambientarsi, diversamente da quanto le riusciva nel dedalo delle trincee o nella babele del parlare dei tanti che, lassù, ascoltò vivere e morire.

Storie di guerra

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