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Confessa che ti passa

La religione in cronaca di Franco Zadra

Confessa che ti passa...

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Èraro di questi tempi leggere un articolo sulla confessione, ma qui dove vogliamo parlare anche di benessere e salute ci è parso opportuno affrontare l’argomento, sorvolando sul fatto, ormai sotto gli occhi di tutti, che si tratti ormai di una pratica quasi scomparsa, riservata anche nelle parrocchie a quei gruppetti sempre più esigui di catechesi della seconda elementare e ai loro genitori, nel esasperato tentativo pastorale, fallito da decenni, di farne un momento solenne, titolato con “la prima confessione”, mai assurta ai fasti solenni della prima comunione o della cresima. Pur se di confessione dei peccati si dovrebbe trattare in campo religioso e sotto una prospettiva di fede, considerando l’aspetto teologico del sacramento che altro non è se non un incontro con il Signore risorto, ne vogliamo parlare qui solo per un suo aspetto secondario, quello della salute e del benessere, inteso in senso laico, che ne può derivare. Non è questo che può motivare una pratica religiosa, ma ne rappresenta comunque un effetto collaterale importante che è andato perduto per la nostra società e che non sappiamo più recuperare. Si pensi solo a quanto benessere ha portato nella vita di Agostino d’Ippona, lo scrivere quel bestseller mondiale intramontabile, conosciuto come Le Confessioni. Un'opera autobiografica in 13 libri, scritta intorno al 400, unanimemente ritenuta tra i massimi capolavori

La religione in cronaca

della letteratura cristiana. Sant'Agostino, rivolgendosi a Dio, narra la sua vita e in particolare la storia della sua conversione al Cristianesimo. Si tratta di un continuo discorso che Agostino rivolge a Dio, da qui il termine confessione, che inizia con una Invocatio Dei (invocazione di Dio), e una narrazione, interrotta frequentemente da ampie e profonde riflessioni, della sua infanzia, vissuta a Tagaste, e degli anni dei suoi studi e poi di professione come retore nella città di Cartagine. Una confessione che ha stravolto una vita improntata alla più sfenata dissolutezza e libertinaggio morale. Possiamo ben credere che proprio quell’esercizio di scavo nella propria memoria, quel suo confidarsi, affidarsi a Dio, gli abbia salvato la vita oltre che l’anima. Oggi tutto questo è scomparso dal nostro orizzonte sociale e il motivo si potrebbe ricercare in quel sospetto di “controllo sociale” che dalla rivoluzione francese in poi ha segnato la pratica religiosa agli occhi dei laici ormai prossimi a svincolarsi totalmente dalle “paturnie medievali” che li volevano soggetti e intrappolati in una divisione del lavoro per caste e una rigida e immobile scala sociale. Un pallido riverbero del concetto di confessione lo ritroviamo nell’espressione inglese “coming out”, utilizzata, per esempio, per indicare una dichiarazione di omosessualità volontaria e su iniziativa personale. Diversa da “outing”, usato quando uno è “outed”, cioè viene scoperto, esposto, quindi si rivela l’inclinazione sessuale di una persona senza il suo consenso. L’outing è dunque spesso associato a un’accezione negativa, a una situazione spiacevole che viola la privacy di una persona che si trova quindi a subire una rivelazione senza il proprio benestare. Se però Coming Out è tutto ciò che ci resta della confessione, possiamo scordarci per sempre gli effetti terapeutici che essa poteva rappresentare, anche se si è tuttavia convinti, sempre per rimanere in tema di omosessualità, che un gay dichiarato, per amore o per forza, scoperto o autorivelatosi, sia più felice di chi invece vive, e può continuare a vivere, nella riservatezza il proprio orientamento sessuale. Tutta un’altra storia dal confidare in Dio, dal trovare un gancio in mezzo al cielo. Su quel tipo di salute è calato un definitivo Amen… e così sia!

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