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Arte urbana

Uomo, ambiente e società di Caterina Michieletto

Arte urbana

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Il colore è vita: la nostra meravigliosa Terra, con il suo eccezionale, ricco e multiforme patrimonio ambientale è un pullulare di vita ed una festa di colori. Da questa associazione colore-vita nascono quel curioso fascino per la tavolozza dei colori e quel magico gioco di sfumature che nell’infanzia sono una scoperta sensazionale. Come diceva Pablo Picasso: “Tutti i bambini sono degli artisti nati; il difficile sta nel fatto di restarlo da grandi”. Da questo felice “matrimonio” tra i colori e la vita nasce l’arte, una tecnica che unisce abilità manuale e sensibilità spirituale per costruire o progettare qualcosa. Spesso il “bello dell’arte” coincide con il “bello della natura”: ci sono luoghi che già di natura sono forme d’arte si pensi a paesaggi incantevoli che diventano protagonisti di quadri, fotografie, cartoline etc., ma possono esistere dei luoghi innaturalmente incolori? È difficile pensarlo, perché anche in quelle zone sbiadite perché spogliate da catastrofi naturai o abusi dell’uomo, la natura, come osservava il poeta inglese “Gerard Manley Hopkins”, non è mai esausta e con il ritorno della vita riappaiono i colori. Arte e natura, bellezza dell’arte e bellezza nella natura, arte urbana e qualità dell’ambiente. L’arte urbana si propone di recuperare il nesso tra territorio e bellezza dove questo si è interrotto con un risvolto sociale educativo ed anche economico di non poco conto. L’intervista che segue racconta un’esperienza significativa di arte urbana, “Restera Art District”, inaugurata nel 2015 nella Restera del Sile, una passeggiata fluviale particolarmente suggestiva ulteriormente abbellita da questi contributi artistici. Intervista a Michele Zappia, Responsabile di “Restera Art District”.

La tua esperienza si è chiusa a cerchio: partito da Treviso, la tua formazione si è snodata tra l’Italia e l’estero e al termine di questo percorso il ritorno alle radici. Cosa ti ha spinto a tornare? Un’istintiva una voglia di seminare nel mio territorio quello che avevo raccolto dagli studi universitari di Economia e Antropologia, che mi avevano portato in Spagna e negli Stati Uniti. Si era concluso un ciclo di vita e volevo chiudere il cerchio così ho fatto ritorno nel 2009. Tutto è partito 2014 con l’Associazione culturale “La Pulperia”, il cui nome deriva da un programma radiofonico che facevo a Barcellona. Nel 2015 abbiamo organizzato la prima edizione del “Festival di Anthropica”, manifestazione con la quale, anno dopo anno, è stato realizzato “museo a cielo aperto” con murales affreschi e altre installazioni artistiche che costellano la Restera del Sile e rigenerano i resti dell’architettura industriale. Nel 2021 abbiamo battezzato questo distretto artistico che si snoda tra la Restera e la Silea “Restera Art District”. Parlando del nome, “Anthropica”, qual è la filosofia di fondo? “Anthropica” è esattamente questo: la messa al centro dell’essere umano. L’antropologia era una disciplina che tradizionalmente costruiva “ponti” tra le culture e l’antropologo era colui che andava nelle colonie con osservazione partecipante si calava nella in quella realtà sociale, culturale ed economica, per documentare l’esperienza nel “taccuino”. Nel 2017 l’edizione di “Anthropica” si era intitolata “l’arte sono le relazioni sociali” in un duplice senso: le relazioni sociali sono il bene maggiore che abbiamo perciò da curare come fosse un’opera d’arte preziosa; il valore dell’arte deriva dal contesto in cui è inserita l’opera e dalle relazioni sociali che la costellano. Non è solo l’opera in sé stessa. Se ci pensiamo ogni cosa non ha valore in sé, ma acquisisce significato nel contesto, dalle relazioni che si tessono attorno. Mettere l’accento sulle relazioni sociali, il che non vuol dire che tutto è arte... Altrimenti, passa il messaggio che per essere un’artista sia sufficiente un po' di creatività, un po' di esuberanza e di manualità; non è così, ci vuole preparazione, sacrificio e ore di lavoro. L’importante è saper contestualizzare. L’arte urbana non è soltanto un mezzo espressivo, è un “collante sociale” ed anche uno strumento di rigenerazione e sviluppo urbanistico. “Città più belle persone più felici” è il “testamento spirituale” che vorreste lasciare a chi conosce questa parte di Treviso. Questa forma d’arte è un importante strumento di espressione perché con relativamente pochi mezzi è possibile avere un forte, reale e concreto impatto, che va oltre il piano estetico ed artistico, si interviene sul tessuto sociale. Per noi fondamentale è incentivare, coltivare e perpetuare il dialogo tra arte e società. L’arte è spesso, per certi aspetti giustamente, per altri limitatamente, racchiusa in contesti specifici e determinati come può essere un museo, una chiesa, questo ha dei vantaggi, ma anche degli svan-

Uomo, ambiente e società

taggi. Noi vogliamo portare l’arte nella quotidianità delle persone, nei luoghi che attraversano di giorno. L’arte urbana contemporanea ha soprattutto come significato quello di creare ponti tra le persone, creare luoghi vivibili e umani. Abbiamo riscontrato con mano quello che prima di Anthropica era un convincimento teorico: facendo un intervento artistico in un luogo cambia il significato del luogo e si crea più socialità attorno ad esso, diventa un punto di riferimento: una piazza dove ci sono i classici gradoni grigi, non più frequentata (una volta erano gremite di persone di tutti le generazioni, ora pressoché deserte) se si decorano diventano “volani” per la socializzazione. Abbellisci la città e abbellisci la vita di chi vive la città. La bellezza aiuta a vivere meglio: se siamo circondati da luoghi anonimi e grigi, non troviamo spazio per coltivare noi stessi e noi stessi in relazione ad altri. Il degrado chiama degrado, la bellezza chiama bellezza. La pigrizia e l’inerzia portano al decadimento. Se si riesce ad innescare un meccanismo virtuoso di più cura, più bellezza, più socialità ci guadagniamo tutti. Com’è stato il dialogo con gli enti pubblici? Il progetto ha incontrato resistenze oppure è partito con una “calda accoglienza”? Difficoltà ce ne sono tante e sono sempre molto maggiori di quelle che si immagini. Se agli esordi di “Anthropica” avessi immaginato tutte le difficoltà che avrei dovuto affrontare non avrei fatto nulla, come in tutte le cose della vita. Treviso per molto tempo è stata una città fredda, per certi versi spenta, che si è rianimata negli ultimi dieci anni: noi siamo nati, come altre associazioni culturali, in quel contesto. La città ha conosciuto un vero e proprio “piccolo Rinascimento”. Il problema maggiore? Nessuno ti limita appositamente, però l’indifferenza è pesante, bisogna ricavare gli spazi, dialogare con tutte le parti, poi c’è una marea di burocrazia. Abbiamo ricevuto qualche aiuto, ma più che altro è necessario contare su sé stessi. L’arte urbana sta dando alla città, può attrarre turisti ed essere un motore di crescita artistica culturale, sociale ed urbanistica, che però le pubbliche amministrazioni a tutti i livelli non colgono. Paradossalmente, il fatto che in Italia ci sia così tanta cultura ereditata dai secoli passati da un lato ci favorisce perché fa crescere in un ambiente stimolante, dall’altro lato si dà per scontata, perciò non si avverte il grande valore di investire in arte e cultura. L’arte è lavoro e senza investimenti non c’è lavoro, non c’è qualità del prodotto finale. Investimenti pubblici, coinvolgimento di tutte le figure istituzionali e professionali e partecipazione della collettività per uno sviluppo globale ed integrato della città. L’idea è che il futuro del tuo quartiere e della tua città dipende anche da te: a tal fine deve sussistere coesione sociale e senso di appartenenza della comunità al territorio, diversamente nessuno avrà a cuore la qualità e la preservazione degli spazi pubblici. Quindi, la cittadinanza attiva deve incontrare le istituzioni che a loro volta dovrebbero investire di più: sarebbe un piccolo passo che poi avrebbe un effetto dirompente a catena. Concludiamo con uno sguardo all’orizzonte: quale meta vuole raggiungere “Anthropica” e quali aspettative coltiva per un domani? Il sogno sarebbe portare l’arte urbana lungo questa passeggiata fino alla Laguna di Venezia. La possibilità di realizzare materialmente queste aspettative dipende molto da quella collaborazione istituzioni da un lato e tra istituzioni e comunità dall’altro. ognuno con le sue responsabilità e a ciascuno offre opportunità. Se si imbocca questa strada allora si può creare veramente tanto. Grazie infinte a Michele Zappia per la sua gentile disponibilità e per aver condiviso con noi i frutti del suo progetto, nel desiderio di “seminare” e far germogliare questa iniziativa ricca di potenzialità anche in altri luoghi. Un sentito ringraziamento a tutto il gruppo di “Anthropica” per il loro costante impegno in questa attività artistica, una preziosa risorsa per la costruzione di legami sociali e un valido strumento per la rigenerazione urbana attraverso l’arte urbana.

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