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I giardini Zen
Conosciamo l'Oriente di Chiara Paoli
I Giardini Zen
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Quelli che noi oggi definiamo giardini Zen, sono nati in tempi medievali, in quello che è il Periodo Heian, compreso fra 794 e 1185. Il nome originario di questi spazi è karesansui, e i primi, vengono realizzati nei palazzi nobiliari di Kyoto. Il termine karesansui compare per la prima volta all'interno del trattato di giardinaggio intitolato “Sakuteiki”, elaborato nell'XI secolo e significa letteralmente "natura secca". In realtà al tempo non si trattava di un giardino a sé stante, quanto piuttosto di un settore, che si inseriva in un contesto più ampio. È solo nel periodo successivo, quello Muromachi (1336-1573) che il giardino karesansui diviene una tipologia a sé stante, strutturandosi all'interno dei monasteri del buddhismo zen. Da questa collocazione prende perciò il nome di Giardino Zen, così come lo conosciamo noi oggi; ed è dentro le mura del monastero che esso diviene espressione e simbolo di visione cosmica. Il giardino Zen, ha un notevole vantaggio, non necessità di acqua e perciò può essere realizzato anche in zone aride. A volte, però, capita che anche l’acqua entri a far parte di questi luoghi dediti alla meditazione, poiché è simbolo di vita, in questo caso essa deve essere immobile, come avviene nel caso degli stagni, oppure il suo scorrere in pendenza, deve procedere da est verso ovest, accompagnando il levarsi e il calar del sole. Oltre al Karesansui, vi sono altre 3 tipologie di giardini giapponesi: il Kaiyu-shiki-teien, in cui il visitatore deve seguire un percorso immerso in un micro-paesaggio attraverso il quale è possibile scoprire le bellezze naturali che lo compongono. I Roji o “giardini della quarta parete”, giardini rustici creati su un lato delle case del tè, come emblema della fine di un percorso, e i Tsubo-Niwa che si caratterizzano come piccoli cortili, realizzati con rocce, muschio e vegetali, cui si aggiungono piccole vasche, necessarie per detergere le mani. I tradizionali giardini giapponesi possono essere concepiti quali “oasi” dove è possibile ritrovare l’equilibrio psico-fisico; fin dall'antichità giardini Zen miravano a ricostruire scenari immaginari in scala ridotta. Quelli ambìti dalla nobiltà o dagli imperatori erano concepiti per dare piacere all’osservatore, mentre nei templi buddisti servono a favorire la riflessione e la contemplazione, trascendendo dal fine estetico. L’idea di fondo di questa cultura è che il benessere assoluto è raggiungibile solo attraverso la relazione con la natura, di cui l’essere umano non solo è parte integrante, ma anche in prima istanza custode. Prendersi cura di un giardino zen corrisponde all’aver riguardo per sé stessi e per il proprio spirito, di fatto esso rappresenta il viaggio trascendentale che ci conduce verso l’eternità; è quindi un espediente in grado di ristabilire la pace interiore. Proprio per questo, in questi ultimi anni, nelle case vanno di moda i Bonseki, giardini Zen in miniatura, si tratta per lo più di quelli secchi, i Karesansui, considerato che sono più facilmente riproducibili. Vengono forniti su vassoi di lacca nera riempiti di sabbia bianca, sassi e rocce; per prendersene cura vengono forniti adeguati strumenti, come piccoli rastrelli, piume, rametti e setacci. Il rastrellare la sabbia, dando vita a linee curve continue intorno ai sassolini presenti, è espressione dei pensieri che si fronteggiano e dopo aver percorso molteplici strade differenti, conducono a nuove rappresentazioni, innalzandoci a più sagge riflessioni. Lo stesso suono dei sassolini rimanda al fluire dell’acqua, così come lo scorrere delle idee nella nostra testa.