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Buon compleanno Stivor
Tra Italia e l’Europa
di Massimo Dalledonne
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BUON COMPLEANNO STIVOR
Nel 1877, in seguito alla rivolta scoppiata in Bosnia da parte dei contadini cattolici ed ortodossi contro i funzionari ed i grandi proprietari, ci furono delle violente reazioni da parte dei turchi. A queste violenze, con lo scopo di proteggere gli Slavi, rispose la Russia dichiarando guerra alla Turchia. Dopo un anno di combattimenti la Turchia ne uscì sconfitta e fu costretta a firmare un accordo di pace molto vantaggioso per la Russia, accordo che, le altre grandi potenze europee non hanno “digerito” bene. Con il congresso di Berlino (13 giugno - 13. luglio 1878) uno dei provvedimenti presi fu quello di consentire all’Impero austro-ungarico l’occupazione “provvisoria” della Bosnia ed Erzegovina. E ciò avvenne. In che modo? Colonizzarlo parzialmente con la popolazione cristiana del proprio Impero. Per far questo, l’Imperatore promise ai futuri coloni di “dare una delle sue terre, tolta ai Turchi, che si trova vicino alla città di Banjaluka, sul cui antico forte ora sventola la sua bandiera” (Guido Lorenzi: Stivor, ritorno a casa). A questo annuncio ha risposto anche un bel numero di famiglie trentine, soprattutto quelle della Valsugana che, in quel periodo era stata devastata dall’inondazione. E cosi iniziò l’emigrazione dei trentini (1882 – 1892) anche verso il territorio del comune di Prnjavor, uno dei comuni della regione di Banjaluka. La maggior parte delle famiglie italiane si stabiliscono a Palackovci, una località di Prnjavor che i suoi nuovi abitanti la chiamavano Palascozia. A metà dicembre del 1891 il parroco Marsic di Prnjavor (BiH) informa con una lettera il vescovo Markovic di Banjaluka (BiH) che i coloni Italiani hanno già cominciato a disboscare la nuova località Stivor (una delle più piccole delle 63 località del comune di Prnjavor), dove intendono trasferirsi e costruire una cappella. Il nome Stivor compare per la prima volta in questa corrispondenza ecclesiastica, per cui si può ritenere che il 1891 è l’anno della nascita di questa località. Buon compleanno Stivor, quindi! Una storia che abbiamo ricostruito insieme ad Anton Andreata, ex sindaco di Prnjavor, da anni residente a Borgo Valsugana dove ha ricoperto anche l’incarico di consigliere comunale. “Moltissime famiglie trentine, deluse dalle promesse governative non mantenute, sono tornate in Italia, ed un numero significativo di queste famiglie hanno intrapreso un’altra odissea, quella verso l’America. Quelle rimaste sul territorio del comune di Prnjavor – ci racconta - si sono rimboccate le maniche e con estrema fatica hanno realizzato le condizioni minime per sopravvivere. L’ultimo censimento austriaco (1910) certificava una importata crescita del numero di trentini a Stivor (+30%), una conferma che la battaglia per la sopravvivenza era stata vinta. Dai registri parrocchiali di Prnjavor risulta che il 70% delle famiglie italiane si sono inizialmente sistemate a Palackovci ed il rimanente 30% si è distribuito nelle altre cinque località dello stesso comune. Con il passare del tempo, tutte le famiglie sono confluite a Stivor o alla confinante località Tabak (Donja) Ilova, sul cui territorio si sono trasferite soprattutto
Una veduta di stivor
dopo il rimpatrio della popolazione di origine tedesca avvenuta all’inizio della Seconda guerra mondiale. Nel 1899 a Stivor era stata costruita la prima chiesetta, venticinque anni dopo un’altra più grande e nel 1979 quella attuale, alla cui costruzione hanno contribuito anche concittadini di altre confessioni e la stessa Provincia di Trento”. Stivor con il suo popolo, durante questa sua “lunga” vita, ha condiviso il destino di tutti gli altri abitanti di quel territorio. Ancora Andreata. “Oltre ad un lungo periodo di crisi economica il territorio balcanico è stato tropo spesso coinvolto nei vari scontri bellici con tutto quello che ne deriva. Anche se i coloni trentini in Bosnia hanno tentato sempre di stare fuori da tali scontri, qualche vittima sui campi di battaglia c’è stata in ambedue guerre mondiali (una quindicina solo nella prima guerra). Il fatto che, da quanto si sa, non ci sia stata nessuna vittima civile, vuole dire che la nostra gente si è sempre comportata bene e che, tutto sommato, ha creato intorno a se, solo buoni rapporti. L’uva ed il vino di Stivor erano molto apprezzati in molte zone bosniache. Le sue squadre di operai specializzate in opere edili erano conosciute in quasi tutto il territorio yugoslavo e di loro si trovava anche qualche lodevole articolo sui giornali dell’epoca”. In una poesia dedicata ai Stivorani, in occasione della visita di un gruppo di trentini a Stivor negli anni settanta, Luigi Ferrai di Telve scrisse una poesia di dieci strofe tra cui anche queste: “I omeni, note e giorno se dà le man d’atorno, a nome de l’Austria o de l’Italia, spianano na gran boscaglia. Veri e autentici pionieri, del lavoro gran cavalieri, senza aiuti, a proprie spese no pianteli en paese! Or questi vèci sono morti ma i figli di questi forti, m’è stato reso noto, parlano ancora el valsuganòto”. Stivor era alla soglia di festeggiare il suo centenario quando sul territorio yugoslavo è arrivato un nuovo assetto politico, quello “democratico”. “Le prime elezioni democratiche hanno partorito una guerra (in)civile mai vista finora. La Yugoslavia – scrive ancora Anton Andreata - si è disciolta ed è partita un incredibile migrazione della sua popolazione. A causa della guerra degli anni novanta ha cominciato anche lo spopolamento di Stivor, cosi come anche di altri comuni e località bosniache”. Se nel 1882 iniziò l’odissea della speranza verso Prnjavor (Sandra Frizzera: Stivor, odissea della speranza), centodieci anni dopo ha avuto inizio una nuova odissea, questa volta in senso opposto, quella dei discendenti di quelli sfortunati “austriaci” trentini. “Dal censimento della popolazione bosniaca, eseguito nel 1991, risultava che a Stivor e nella confinante località Donja Ilova abita poco più di cinquecento persone di origine italiane. Questo numero è calato di oltre il 75% se si analizzano i dati del censimento realizzato nel 2013. Oggi la situazione risulta essere ancora peggiore. Esistono circa 130 case nelle quali abitavano gli oriundi italiani, delle quali adesso più di due terzi sono chiuse. Delle rimanenti case, circa cinque sono abitate in maniera stabile di famiglie con tre o più componenti familiari mentre in una ventina di dimore vivono solamente una vedova o un vedovo”. Questi dati confermano che, al suo centotrentesimo compleanno, Stivor si trova in disperate condizioni di sopravvivenza. “Il suo precoce invecchiamento era prevedibile, visto tutto quello che succedeva sulla penisola balcanica dai primi anni novanta in poi. Oggi, quando sarebbe il momento di festeggiare, si pone una seria domanda: questa sproporzionata declinazione del villaggio di Stivor si poteva evitare o quantomeno attenuare? La domanda va fatta ai stivorani in primis, ma altrettanto alle istituzioni italiane e/o provinciali”. Una ultima considerazione. “Anche se non si intravede granché futuro per Stivor, io gli faccio un cordiale augurio per il suo centotrentesimo compleanno, nella speranza che la mia visione del suo futuro risulti infondata e che ci sia ancora tempo e voglia per cambiare le sue sorti”.