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Medicina & Salute: i soldi fanno la felicità?

Medicina & Salute

di Erica Zanghellini *

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I soldi fanno la felicità?

Mi capita di sentire molte persone che pensano che se fossero ricchi la loro vita sarebbe una meraviglia. Detto in altre parole sembrerebbe che la ricchezza coincida con felicità, come se la condizione emotiva dipendesse proprio da quanto riconoscimento arrivi dall’esterno e dalla possibilità di comperare oppure no quello che si vuole. Sicuramente in questo periodo, fatto per la maggior parte di complessità e difficoltà continue (soprattutto per alcune categorie produttive) non voglio mettere in dubbio l’importanza di avere una disponibilità economica per dormire sogni tranquilli. Questo articolo va al di là, e non vuole in alcun modo offendere nessuno, vuole solo far riflettere su come il nostro assetto mentale può far la differenza. Può farci vedere l’importanza di alcune componenti che per chi invece è solamente fissato con i soldi non può apprezzare. Ma ritorniamo a noi, è proprio vero che per vivere intensamente e appieno la propria vita è necessario essere una persona economicamente abbiente? E’ come se la “forza economica”, ovvero quanto posso permettermi di comperare, oppure che tipo di vacanza mi posso permettere sia la cartina torna sole della gioia che prova una persona. In realtà non sembrerebbe proprio così, ad esempio ci possono essere persone che passano la loro intera vita ad inseguire il successo e nonostante il loro conto in banca sia consistente non riescono a godersi la quotidianità e vivono in uno stato di insoddisfazione generale e costante. Si può anche instaurare uno stato di avarizia per cui non riescono nemmeno a concedersi una buona cena al ristorante per il pensiero del conto da pagare. Dall’altra parte invece, possiamo avere persone con una condizione economica molto semplice che invece, si ritengono fortunati, sempre col sorriso sulle labbra e che riescono ad assaporare tutte le piccole cose che succedono nella loro vita. Dove sta quindi la verità? Le ricerche ci riportano che sebbene ci sia un collegamento tra ricchezza e felicità la loro correlazione, non sia direttamente proporzionale o comunque così lineare. Ad esempio uno studio del 1990 di Inglehart, nel quale veniva indagato quando si dichiarano gioiosi gli abitanti delle nazioni, ha rilevato che popoli come i giapponesi o anche i tedeschi si percepiscono molto meno contenti che altri paesi con un PIL nettamente inferiore al loro. Questo ci fa capire come sicuramente il denaro ci assiste, perché può aiutare a realizzare i nostri desideri, ma, come dall’altra parte, non sia la chiave assoluta per una vita appagante.

Ma quindi quali sono i fattori da perseguire per la felicità?

Impariamo a cambiare la nostra cultura, cerchiamo di tramandare alle nuove generazioni l’importanza delle relazioni. Costruire relazioni sane e che si instaurano per il piacere di condividere, di stare assieme senza dover per forza fare qualcosa di strabiliante è uno di quei valori che dovrebbe essere passato. Ricordiamoci che la felicità è uno stato effimero, dura poco ma, quando arriva va assaporato appieno. Rammentiamoci e trasmettiamo che è il tempo il nostro bene più prezioso, soprattutto nella nostra società. Nessuna somma di denaro può portarci indietro per riassaporare un nostro vissuto, parlare con quella persona così a noi cara che ci siamo fatti scappare o che non c’è più. I nostri figli si ricorderanno di chi giocava con loro, non di chi portava il regalo più bello. Certo sul breve tempo il giocattolo sarà una cosa meravigliosa, ma poi alla lunga vince l’affetto (per fortuna direi). Il consiglio è di cercare il nostro assetto mentale e non vivere in funzione solo di obiettivi come, il diventare ricco, ma di puntare sul desiderare e perseguire una vita completa, piena di affetti, ricca di condivisioni, e consapevole. Proviamo a pensare ai nostri valori e decidiamo quali voler provare a trasmettere a un figlio, a un amico o una persona in difficoltà. Noi saremo lo stesso soddisfatti, perché i valori sono a disposizione indipendentemente dalle condizioni in cui viviamo, ma sono presenti sempre e li vedremo “vivi” tutti i giorni in cui quella persona deciderà di comportarsi in una determinata maniera.

* Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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CONOSCIAMO IL DIABETE

Secondo numeri e dati ricavati da varie fonti, nel nostro paese ci sono più di 4 milioni di italiani che hanno il diabete e sono diagnosticati e seguiti. Il diabete di tipo 1 -detto anche insulino-dipendente o autoimmune- colpisce oltre 600mila persone mentre 3 milioni e mezzo circa soffrono di diabete del tipo 2. Si stima anche che 1 milione di persone abbia il diabete di tipo 2, ma non sa di avere la malattia. Ci sono poi 2,6 milioni di persone che hanno difficoltà a mantenere la glicemia nella norma, una condizione che nella maggior parte dei casi prelude allo sviluppo del diabete di tipo 2. A questi numeri si aggiungano quelli di una recentissima analisi sul diabete che evidenzia il fatto sottolinea che almeno 4 milioni di persone sono ad alto rischio di sviluppare il diabete. Altri dati ci dicono anche che su 10 persone affette da diabete, il 70% ha più di 60/65 anni mentre il 40% più di 75 anni. Nel 2030, secondo una statistica, si prevede che in Italia le persone diagnosticate con diabete saranno oltre 5 milioni. Il diabete è una malattia cronica in cui si ha un aumento della glicemia, ovvero dei livelli di zucchero nel sangue. Questa condizione può dipendere da una ridotta produzione dell’insulina, l’ormone secreto dal pancreas per utilizzare gli zuccheri e gli altri componenti del cibo e trasformarli in energia, oppure dalla ridotta capacità dell'organismo ad utilizzare l'insulina. I livelli elevati di glucosio nel sangue, se non corretti con la terapia, possono, nel tempo, favorire la comparsa delle complicanze croniche della malattia, cioè danni a reni, retina, nervi periferici e sistema cardiovascolare (cuore e arterie). Oggi, grazie ai funzionali ritrovati della scienza e della ricerca medica è possibile convivere con il diabete e prevenire attivamente le complicanze, ma è necessario conoscere che cosa, nella vita di ogni giorno, causa un aumento o una diminuzione della glicemia in modo da mantenerla il più possibile vicino ai livelli normali fin dall’esordio della malattia e per tutta la vita. In altri termini la conoscenza e la gestione attiva da parte del paziente della malattia sono la base di una buona cura del diabete. Sono conosciuti tre tipi di diabete: Il diabete di tipo 2 è la forma più frequente ed è comunemente chiamato anche 'diabete dell'anziano' o 'diabete alimentare': si manifesta, infatti, generalmente dopo i 40 anni e soprattutto in persone in sovrappeso oppure obese. Spesso l’esordio è privo di sintomi, oppure sono presenti, in modo più lieve, sintomi simili a quelli del diabete tipo 1 (vedi oltre). L’evoluzione è lenta e anch’essa spesso con pochi o nessun sintomo: la persona perde comunque progressivamente la capacità di controllare l'equilibrio della sua glicemia. Il diabete tipo 2 si cura principalmente con una dieta appropriata, un buon esercizio fisico, farmaci orali e, solo in una minoranza dei casi, con l’insulina. Il diabete di tipo 1 è una condizione molto diversa e più rara. Si manifesta più comunemente prima dei 20 anni d’età (pur con non rare eccezioni) in modo spesso improvviso e con dei sintomi sempre più evidenti (dimagrimento, aumento della quantità di urina emessa, sete eccessiva, disidratazione). Nel diabete di tipo 1 un processo infiammatorio di origine immunologica distrugge le cellule beta del pancreas, che producono l'insulina. Il diabete tipo 1 si cura con l’insulina, abitualmente con più somministrazioni nella giornata per riprodurre la normale secrezione dell’insulina nel digiuno ed in risposta ai pasti. Il diabete gestazionale è una situazione temporanea relativa all’aumento della glicemia in gravidanza, presente nel 6-10% delle gravidanze, in cui a partire dal secondo trimestre di gestazione la madre non riesce a tenere in controllo la glicemia, al di sotto di certi parametri superati i quali possono insorgere dei rischi a carico del

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nascituro. Questo situazione perde significato dopo il parto, ma costituisce una avvisaglia per la successiva comparsa di diabete tipo 2 negli anni successivi. Chiunque può essere colpito dal diabete, ma la probabilità di sviluppare questa malattia è maggiore se si ha una relazione di parentela in primo grado (genitori, figli, fratelli) con una persona diabetica e, per il diabete di tipo 2, si è obesi, ipertesi o si hanno valori elevati di grassi nel sangue. (trigliceridi, colesterolo) Pertanto, l’incremento della prevalenza del diabete mellito tipo 2 si manterrà verosimilmente nel tempo se non saranno messe in atto strategie di educazione di massa volte a modificare abitudini e atteggiamenti nocivi alla salute, in particolare l’eccessivo apporto di cibo e la sedentarietà. Prevenire il diabete di tipo 2 è possibile e, puntando a questo obiettivo, si riduce drasticamente anche il rischio di sviluppare ipertensione, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e altri fattori di rischio per l’apparato cardiovascolare. Alcuni studi clinici hanno dimostrato che, in soggetti ad elevato rischio di sviluppare il diabete, una adeguata modificazione dello stile di vita riduce di oltre il 50% la possibilità di diventare diabetici. I pilastri della prevenzione sono il movimento fisico, anche solo camminare mezz’ora al giorno a passo svelto, e l’alimentazione corretta: consumare, nelle giuste proporzioni, ben definite in tutte le linee guida preventive internazionali, tutti gli alimenti: verdure, ortaggi, frutta, pasta, pane, pesce, carne, formaggi; controllare le quantità per correggere o prevenire il sovrappeso; tornare ai cibi genuini, senza ricorrere a cibi preconfezionati o di origine non nota. Il diabete di tipo 1 invece al momento non si può prevenire. In primo luogo, nel 95% dei casi il diabete di tipo 1 appare in famiglie dove non ci sono stati casi simili, quindi le persone “a rischio” di svilupparlo (figli e soprattutto fratelli di persone con diabete di tipo 1) sono solo una minoranza; in secondo luogo anche tra le persone a rischio finora nessuna strategia preventiva si è dimostrata abbastanza efficace da poter essere utilizzata nella pratica clinica. Sono tuttavia in corso importanti sperimentazioni internazionali, cui partecipano anche gruppi italiani, volte a studiare l’efficacia di diversi interventi preventivi. Le basi della terapia del diabete sono lo stile di vita e l’alimentazione corretti, personalizzati sulla base del tipo di diabete, dell’età, del grado di sovrappeso e dell’esigenza individuali quotidiane. Il diabete tipo 1 si cura con l’insulina in somministrazioni multiple nella giornata, mentre per il diabete tipo 2 esistono numerosi farmaci, scelti sulla base delle caratteristiche e delle esigenze del singolo paziente. In alcuni casi l’insulina può essere una scelta anche per il diabete tipo 2.

COMPLICANZE

*Il 15% delle persone con diabete soffre di coronaropatia *Il 38% delle persone con diabete ha insufficienza renale (micro-macro albuminuria e/o ridotto tasso di filtrazione glomerulare) che può portare alla dialisi *Il 22% delle persone con diabete soffre di retinopatia *Il 3% delle persone con diabete ha problemi agli arti inferiori e ai piedi (piede diabetico)

COSTI SOCIO-SANITARI

*Il diabete in Italia costa oltre 20 miliardi di euro l’anno, dei quali 9 miliardi di euro per spese dirette ovvero farmaci, ospedalizzazioni e assistenza e 11 miliardi per spese indirette come perdita di produttività e spese a carico del sistema previdenziale *600 euro è il costo medio annuo di una persona con diabete, il doppio rispetto a una persona senza diabete *Il 25% è legato ai costi delle complicanze diabetiche, il 7% deriva dalla spesa per i farmaci, ed una fetta più cospicua è relativa alle ospedalizzazioni

DIABETE E OBESITÀ

*Obesità e vita sedentaria sono i principali fattori di rischio per il diabete tipo 2. *Tra i 45 e i 64 anni, la percentuale di persone con obesità tra i soggetti maschi con diabete è del 29% verso il 13% di non diabetici. Per le donne, le differenze sono ancora maggiori: 33% per quelle con diabete vs 9.5% senza diabete.

CONTROLLO DEL DIABETE

*Circa il 50% del totale delle persone con diabete tipo 2 e il 72% di quelle con diabete tipo 1 non raggiungono un buon controllo glicemico

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I sintomi PREMONITORI

Per sua natura il diabete è subdolo, spesso asintomatico o con una sintomatologia non specifica e quindi più difficile da riconoscere; specialmente quello di tipo 2 può comparire a qualsiasi età, quasi senza preavviso. Non sempre, infatti, è semplice per le persone comuni cogliere quelli che sembrano sintomi normale, ma che a volte possono essere gli iniziali segni della sua comparsa. E non di rado capita che essendo i sintomi così lievi, ci si accorge del problema diabete, purtroppo, quando si è già dentro il problema. E vediamoli questi sintomi iniziali che possono indicarsi la possibile comparsa del diabete: 1) Aumento della minzione: ovvero un irrefrenabile stimolo a urinare (diabete mellito vuol infatti dire : tante urine dolci); 2) Sete inappagabile: per effetto del continuo urinare e la disidratazione del corpo il paziente deve reintegrare i liquidi persi. Da qui la sensazione di sete e il bisogno di bere moltissimo; 2) Intorpidimento e formicolio alle mani, alle gambe e ai piedi: questi sintomi sono dovuti all’usura cronica di circolazione e nervi legata all’aumento del livello del glucosio 3) Dimagrimento: causato da fatto che il corpo non assorbe gli zuccheri. E' comune nel diabete non trattato ed è l’assurdo di un corpo che pur avendo abbondanza di zucchero a disposizione, non riesce ad utilizzarlo; per lo stesso motivo -> Aumento di appetito 4) Visione sfuocata e non nitida: è un indizio molto comune nella possibile comparsa del diabete di tipo 2. Tale sintomatologia è dovuta al

fatto che l'aumento del glucosio danneggia i vasi sanguigni limitando la vista. E' un sintomo da non sottovalutare poiché se non diagnosticato in tempo si può perdere completante la vista. 6) Stanchezza inspiegabile: è dovuta al fatto che le cellule non riescono ad assorbire energia essenziale e quindi il malato prova stanchezza mentale e fisica; 7) Prurito e pelle secca: il diabete può interrompere il giusto funzionamento delle ghiandole sudoripare; 9) Gengive irritate, gonfie e arrossate; 10) Lenta cicatrizzazione di ferite o contusioni: i livelli alti di zucchero nel sangue oltre a ridurre la velocità di guarigione possono determinare deficienze nel sistema immunitario; 11) Disfunzione erettile o impotenza sessuale: è un sintomo molto comune tra gli uomini affetti da diabete o potenzialmente tali. Secondo una recente indagine soffre di questa patologia una percentuale di diabetici compresa tra il 40 e il 72%. Ecco perché è molto importante fare lo screening del diabete di tipo 2 specialmente dopo i 40/45 anni, fondamentale per i soggetti a rischio che devono controllare annualmente i livelli di glicemia. Vanno inoltre analizzati: la familiarità (l’essere figli o fratelli di diabetici), lo stile di vita, il peso corporeo, la sedentarietà, altri fattori di rischio associati come l’ ipertensione arteriosa, l’ ipercolesterolemia, il tabagismo.

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Le COMPLICANZE diabetiche

La vera spada di Damocle del diabetico sta nel rischio che la sua patologia possa degenerare nelle "complicanze", spesso legate alla durata di malattia e al grado di compenso. Gli organi bersaglio sono il sistema cardiovascolare, l'occhio, il rene, il sistema nervoso.

Le maggiori complicanze del diabete sono dovute ai danni ai vasi sanguigni, sia i grossi vasi (macroangiopatia) che irrorano cuore, cervello e arti, sia i piccoli vasi (microangiopatia) che irrorano la retina dell'occhio, i nervi e il rene. Le malattie cardiovascolari sono la più comune causa di morte nel mondo sia per persone con diabete, sia per i soggetti non diabetici; nei primi tuttavia il rischio di morire per queste malattie è da 2 a 4 volte maggiore rispetto ai non diabetici. Numerosi studi scientifici, su casistiche di molte migliaia di persone, hanno dimostrato che il controllo migliore dell’equilibrio glicemico, della pressione arteriosa e del profilo dei grassi del sangue ( del colesterolo in particolare) sono capaci di prevenire queste complicanze. E’ importante che la terapia con l’igiene di vita ed i farmaci capaci di agire su questi parametri sia iniziata presto nel corso della malattia diabetica, perché solo con il controllo precoce dei valori dei diversi fattori di rischio si ottengono i risultati migliori. Gran parte dei diabetici presenta segni di retinopatia, una lesione dei vasi sanguigni nella parte posteriore dell'occhio, entro dieci anni dall'insorgere del diabete: Inizialmente è la retinopatia emorragico-essudativa, che può evolvere in retinopatia proliferativa, responsabile della perdita o di una grave riduzione della vista. Quest'ultima richiede, data la sua gravità, interventi tempestivi. Altra complicanza è la nefropatia diabetica, che colpisce il rene al punto che questo organo non filtra adeguatamente le scorie con le urine. Nella sua forma più lieve interessa una buona percentuale di diabetici, di cui una quota degenera nell'insufficienza renale al punto da richiedere il trapianto del rene. La neuropatia è invece una malattia del sistema nervoso: colpisce circa il 30% dei diabetici e si presenta sotto forma di intorpidimento e formicolio agli arti, dolori tipo crampo ai polpacci, specialmente notturni, diminuita sensibilità e comparsa di ulcerazioni alla pianta dei piedi. Può degenerare nel piede diabetico, determinato da lesioni vascolari e nervose che provocano gravi deformazioni ossee e disturbi della vascolarizzazione terminale. Le complicanze del sistema neurovegetativo possono determinare disturbi intestinali (diarrea), vescicali (incontinenza urinaria) e sessuali (impotenza). Infine possono manifestarsi nei diabetici anche forme di coronaropatia e vasculopatia cerebrale (infarto acuto del miocardio, ma anche espressione cronica dell'angina pectoris, e ictus cerebrale). Tutte queste complicanze croniche ad insorgenza subdola e progressiva ( e purtroppo spesso irreversibili) sono spesso sottovalutate e per tale motivo quando giungono alla osservazione del medico è tardi per una cura efficace. Da qui l'imperativo categorico di una precoce diagnosi e terapia che mantenga la glicemia nella normalità evitando fluttuazioni e picchi iperglicemici, che sarebbero la causa principale delle complicanze croniche. Prima si diagnostica il diabete e prima lo si cura.

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Le più COMUNI ANALISI per il diabete

Per un diabetico, il principale obiettivo è mantenere la glicemia il più possibile all’interno dell’intervallo di normalità durante l’intera giornata. Necessario, quindi, eseguire l’auto monitoraggio quotidiano dei livelli di glucosio nel sangue, attraverso una serie di operazioni quotidiane di misurazione definite di autocontrollo. La glicemia, ovvero il livello di glucosio nel nostro sangue, ci consente di stabilire possibile insorgenza o la presenza certa del diabete: valori normali sono fino a 100 mg%, tra i 100 e i 125 si parla di alterata glicemia a digiuno (prediabete), oltre 125 mg% e se il dato è confermato si parla di diabete. Ma quali altre analisi sono eseguibili in caso di diabete ? La glicosuria (analisi delle urine) ci indica la presenza di zuccheri nelle urine che si riscontrano quando la glicemia supera determinati valori nel sangue (solitamente 180 mg%). E quando ciò avviene il diabete è già rilevante; spesso assieme alla glicosuria nelle urine è possibile ricercare la presenza di corpi acidi (chetonici) quali segno di ulteriore complicazione bioumorale. Molto importante, è l’analisi delle emoglobina glicata che descrive la qualità e la quantità media del controllo glicemico raggiunta nelle 8/9 settimane precedenti all'esame e rappresenta uno strumento ideale per capire cosa accade davvero nell'organismo fra una misurazione della glicemia e l'altra. La glicazione è un processo biologico mediante il quale lo zucchero si lega in maniera irreversibile ad una parte dell’emoglobina formando appunto l’emoglobina glicata. Tanto più alta è la concentrazione ematica di glucosio e tanto maggiore risulta la percentuale di emoglobina glicata. Diversi studi, eseguiti nel corso degli anni su pazienti diabetici hanno inconfutabilmente dimostrato che vi è una stretta correlazione tra il grado di controllo glicemico, lo scompenso dello stesso ed il rischio di sviluppo e progressione delle complicanze croniche del diabete. L'emoglobina glicata, quindi, è considerata ed è utilizzata sia come indice di glicemia media (nell’arco di un determinato periodo) che come valutazione del rischio di sviluppare le complicanze del diabete. Un esame che oggi può essere eseguito anche in alcune farmacia in possesso degli idonei strumenti e reattivi. Vengono elaborate delle fasce per età entro cui considerare ottimali determinati livelli massimi di emoglobina glicata in funzione del rischio predittivo di complicanze d’organo nel lungo termine.

*NOTE DI REDAZIONE

Numeri e dati sul diabete ricavati da varie fonti: Annali AMD, ISTAT, Associazione Ricerca e Diabete, SID, Italian Diabetes & Obesity Barometer Report. CONSULENZA MEDICA: dr. Alberto De Micheli - dr. Stefano Enrico Garavelli

Il dr. Alberto De Micheli è stato Direttore AMD Comunicazione della Associazione Medici Diabetologi, autore, in collaborazione con altri o come unico autore, di 74 pubblicazioni scientifiche, coautore di sei testi sul diabete e le sue complicanze e ha svolto attività di docenza svolta presso le Scuole di Specializzazione in Diabetologia, Endocrinologia e Nefrologia dell’Università di Genova.

Il dott. Stefano Enrico Garavelli, specializzato in Endocrinologia e in Medicina Interna, dirigente medico presso l'Unità operativa di medicina - Ospedale S.Lorenzo -Borgo Valsugana – nonché responsabile di struttura semplice per le attività di gestione e controllo dei Centri diabetici dei distretti di Alta, Bassa Valsugana e Primiero.

UN SENTITO RINGRAZIAMENTO AL DR. DE MICHELI E AL DR. GARAVELLI PER LA PREZIOSA CONSULENZA E COLLABORAZIONE

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