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Ieri Avvenne: la morte di Mario Moranduzzo
Ieri avvenne
di Massimo Dalledonne
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La tragica morte di Mario Moranduzzo:
primo italiano ucciso a Dachau
Fu il primo detenuto italiano a morire nel campo di concentramento di Dachau. Si chiamava Mario Guido Moranduzzo (Balòta) ed era nato il 9 settembre 1923 a Castello Tesino. Morì all’età di 20 anni per setticemia e cancrena tra il 1 e il 4 novembre 1943. Con i genitori viveva in Lombardia quando, mentre stava per imparare il mestiere di venditore ambulante, nel 1942 venne convocato per la visita di leva a Borgo Valsugana. Come si legge nel libro “Non dimenticare Dachau”, testo ripreso anche su Castello Tesino Notizie a cura dello storico Giuseppe Sittoni “nel gennaio 1943 venne assegnato al 79° reggimento di fanteria di stanza a Verona. Subito si dimostrò insofferente verso l’ambiente militare: scappò due volte dalla caserma, ma venne ripescato entrambe le volte a Trento presso la fidanzata e riportato a Verona. Alla terza fuga e alla seguente cattura sempre a Trento venne rinchiuso nel carcere militare di Torricelle. Denunciato al Tribunale militare di guerra per il reato di diserzione, venne condannato a quattro anni e due mesi e trasferito il 1 giugno al carcere militare di Peschiera”. Nei mesi successivi Mussolini venne destituito, l’Italia era guidata dal governo Badoglio ed i nazisti ci invasero. Anche la fortezza di Peschiera venne occupata da un reparto della Wehrmacht e i 1700 detenuti messi di fronte ad una scelta terribile: unirsi all’esercito nazista o essere trasportati in un lager tedesco. “Solo 10 optarono per l’arruolamento, ma essendo troppo pochi – si legge ancora - furono tutti e 1700 caricati su treni merci destinati a Dachau come prigionieri politici. Una volta giunti a destinazione i detenuti italiani insorsero e dopo la repressione, alcuni, tra i quali Mario, furono contrassegnati col triangolo nero: il simbolo che nei lager designava gli asociali. Mario fu immatricolato col numero 54081 e con altri italiani venne inviato all’Außenkommando di Kottern: un distaccamento a un centinaio di chilometri da Dachau, poco distante dal confine austriaco e svizzero. Da Kottern i detenuti dovevano recarsi due volte al giorno a lavorare in una fabbrica di cacciabombardieri distante 7 chilometri”. Il 25 ottobre, assieme ad un altro detenuto, Umberto Gioco, Mario Moranduzzo tentò la fuga. Quando i due fuggitivi vennero ricondotti nel lager inizio la brutale punizione. “Quando arrivò il turno di Mario, egli tentò di resistere, ma venne denudato e anche lui legato saldamente al tavolo della tortura. Con degli staffili, nerbi di bue inguainati di cuoio, due SS del lager, uno da un lato e uno dall’altro, iniziarono a frustarlo furiosamente. Ad ogni colpo che il ragazzo riceveva invocava la mamma. Ma gli aguzzini non desistevano. Anzi, uno di loro impugnò persino il frustino con due mani e si alzò sulle punte dei piedi per colpire più forte. Quando i carnefici giunsero allo sfinimento Mario non dava più segni di vita: il suo bacino era del tutto scarnificato e lo staffile batteva secco sulle ossa. Chi ebbe il coraggio di contare i colpi, disse che superarono i 350”. Mario Guido Moranduzzo ancora oggi viene ricordato come il primo detenuto italiano a morire nel campo di concentramento di Dachau. Era nato a Castello Tesino, morto all’età di 20 anni.