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Anno 1866: le guerre in Valsugana
Le guerre in Valsugana
di Andrea Casna
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ANNO 1866
La Terza guerra di Indipendenza in Valsugana
«Fate presto, attaccherete alla baionetta; siete a cin que minuti da Levico; ivi potrete ristorarvi e riposarvi». Furono le parole, riportate da Tito Tabacchi nel libro dal titolo «La divisione Medici in Trentino», del Generale Giacomo Medici (1817-1882) per incoraggiare i propri uomini a sferrare l’attacco su Levico durante la guerra -la Terza Guerra di Indipendenza- combattuta nell’estate del 1866.
Tutto iniziò quando la Prussia di Bismark, il 15 giugno 1866, dichiarò guerra all’Austria. L’Italia, desiderosa di ultimare l’unità nazionale si alleò con la Prussia impegnando in questo modo l’esercito dell’Imperatore Francesco Giuseppe sul fronte meridionale. Da parte italiana la guerra, conosciuta come Terza Guerra di Indipendenza, iniziò a giugno con la sconfitta a Custoza delle truppe italiane guidate dal generale La Marmora. Nel corso dell’estate, però, gli italiani riuscirono ad invadere alcune porzioni di Trentino: Garibaldi arrivò a Bezzecca e il generale Medici giunse quasi alle porte di Trento dalla Valsugana. In Valsugana la colonna guidata dal generale Medici sbaragliò con manovre fulminee l’esercito austriaco occupando velocemente Primolano, Borgo Valsugana, Levico e Civezzano. Alcuni scontri vi furono fra Valsorda e Vigolo Vattaro e oggi, lungo la strada, in località “Val della Calcara”, si trova il Parco della Rimembranza, eretto per commemorare i caduti della battaglia che si svolse in quel luogo il 25 luglio 1866.
11 agosto 1866 - Combattimento fra garibaldini e austriaci a Bezzecca (Illustrazione d'epoca)
Il cippo commemorativo recita: «A ricordo dei valorosi soldati del 61° Reggimento Fanteria Brigata Sicilia, che qui caddero combattendo il 25 luglio 1866 per la redenzione di Trento, i Trentini finalmente redenti questo cippo vollero consacrato – giugno 1924». Il 20 luglio il Medici partì da Padova, e il 21 arrivò a Bassano. Lo stesso giorno Garibaldi respingeva un assalto austriaco a Bezzecca. Il Medici occupò Borgo Valsugana e Levico. La situazione non era delle migliori e le autorità militari austriache ordinarono di fortificare anche la zona di Lavis e di organizzare un corpo di volontari fidati da mettere a guardia della rete ferroviaria del Brennero per ostacolare l’attività di possibili sabotatori. Il generale Medici entrò a Pergine il 25 luglio, attestandosi poi di fronte alle difese austriache alla stretta di Civezzano. Lo stesso giorno giunse la notizia, a un passo da una possibile marcia italiana su Trento, dell’entrata in vigore della tregua. Il 30 luglio, il Medici informò La Marmora del piano di far scendere una divisione anche a Lavis per prendere Trento da nord, ma il 9 agosto, con l’annuncio dell’armistizio tra Italia e Austria, il Medici dovette abbandonare il Trentino. Si dovrà attendere il novembre del 1918 per vedere l’entrata del Regio Esercito Italiano a Trento.
Con la fine della guerra l’Italia ottenne il Veneto, Mantova e le attuali province di Udine e Pordenone. La guerra del 1866 fu un evento rivoluzionario dal punto di vista militare. Nella battaglia di Sadowa in Boemia (3 luglio 1866), le truppe
Le guerre in Valsugana
prussiane utilizzarono per la prima volta fucili a retrocarica, sconfiggendo gli austriaci armati ancora di fucile ad avancarica. Rispetto alle guerre precedenti, i soldati iniziarono ad inserire una cartuccia in metallo nella parte posteriore della canna potendo sparare, anche da sdraiati, 8-10 colpi al minuto, quasi il doppio che con le armi fino a quel momento utilizzate. Da quel momento tutti gli eserciti europei iniziarono ad utilizzare questi moderni sistemi aprendo la strada alla guerra moderna.
Chiudiamo questa nostra breve narrazione riportando un passo dalla narrazione di Tito Tabacchi «La divisione Medici in Trentino». «Le truppe marciarono innanzi sotto le palle che partivano dal fitto nebbione senza pur sparare un sol colpo. Ordinata la carica alla baionetta si udì il grido di Savoia su tutta la nostra linea: per un istante si illuminò tutto il terreno al crepitare di una salva di fucilate, e più forte indi proruppe il grido di Savoia. A quest’ultimo grido più non rispose il fuoco nemico. I nostri che avevano scorti gli Austriaci alla luce delle schioppettate quasi inaspettati giunsero loro addosso a baionetta calata. Immediatamente si accese la mischia sul posto tenuto dagli Austriaci. Fu breve, accanita, corpo a corpo, senza voci. Gli Austriaci piegarono su Levico. Si udirono nuovamente i Savoia e la valanga dei nostri soldati si diè impetuosamente ad incalzarli. Altra zuffa impegnossi nelle contrade di Levico. Sulla piazza principale teneva fermo e faceva fuoco un buon nerbo di Austriaci. Accennavano a contr’offensiva. In poco tempo anche’essi furono sopraffatti. Non un borghese incontrossi per Levico, non un lume era alle finestre, né una casa aperta. Gli Austriaci zitti dietro gli svolti delle vie ci attendevano rischiarandoci il cammino colle fucilate. I nostri non curando il fuoco del nemico si precipitarono colla baionetta sui loro avversari inseguendoli e ricercandoli ovunque...si combatté furiosamente da ambe le parti ad arma bianca. I due battaglioni Austriaci, Hartmann e Martini, spiegarono allora speciale valore, ma avviluppati dalla nostra sinistra, la quale aveva girato il paese, e risospinti su nuove truppe che giungevano anelanti ad attaccarli nelle vicinanze dei Bagni, si sbandarono, e la maggior parte di essi colpiti da una sorta di vertigine, gettate le armi, non ascoltando la voce dei loro ufficiali, si misero a fuggire. Il combattimento ebbe fine verso le undici e mezzo pomeridiane. L’effetto morale del combattimento di Levico fu più grande dell’effetto materiale. Molti Austriaci caddero a Levico. Alla Madonnina dove stavano ad attenderci, il suolo era seminato, sugli angoli delle vie, nei larghi di Levico ve ne giacevano a mucchi».